Ultima domenica di avvento, ancora qualche giorno per preparare il Natale.
Se vogliamo prepararlo!

Di fronte ai drammi cui abbiamo assistito, centinaia di bambini uccisi, cioè la morte del futuro; di fronte allo scoraggiamento che molti lasciano trapelare verso il futuro avremmo ben donde chiederci perché attendere ancora Natale?
Meglio tornare ad attendere solo il Natale del presepe, con qualche lucina e delle pecorelle tanto per consolarci, piuttosto che attendere il Natale del ritorno del Signore nella sua gloria, infatti a questo serve l’Avvento, prepararci al ritorno del Signore perché egli viene!

Siamo convinti che il Signore viene?
Ci ricordiamo che il vero nome del cristiano è “colui che attende?”;
siamo consapevoli che questo tempo è proprio dei cristiani e di nessun altra religione?
siamo consapevoli che non attendiamo la fine della storia in un modo qualsiasi ma nell’incontro con il nostro Salvatore?
Se siamo convinti di tutto ciò certamente non possiamo vivere questo tempo con la stessa indifferenza con cui attendiamo l’autobus!

Il vangelo di questa domenica, l’annunciazione a Maria, è proprio lo scacco nei confronti del pessimismo e dello scetticismo. Non è il Vangelo della fantasia, ma del sano realismo.
Se noi attendiamo veramente Gesù, egli arriva; se noi cerchiamo veramente Gesù, egli ci cerca e fa per noi e con noi cose grandi.
Maria era una donna come le altre, in attesa delle grandi promesse di Dio, non sapeva come queste si sarebbero realizzate e sicuramente non sapeva di essere priva di peccato. Perché anche questo fatto è importante: Dio che si era rivelato nella notte dei tempi in un universo “vergine”, lasciando aleggiare il proprio spirito perché creasse il mondo; non poteva che scegliere un grembo vergine per ricreare l’universo! Un grembo, un cuore, una mente vergini, pure, belle per incarnarsi e rivelarsi.
Maria era una donna sconosciuta, viveva in una terra sconosciuta, in un’era sconosciuta eppure viene scelta da Dio e da Dio fatta strumento di salvezza.
Maria era preoccupata, perché non conosceva uomo – diversamente da Elisabetta – e colui al quale era promessa avrebbe potuto perderlo!
Ma anche qui, Dio, non avrebbe potuto scegliere diversamente per incarnarsi e questo non per strabiliare, ma per farci capire che, come nella notte dei tempi, quando il suo Spirito aleggiava sul caos informe primordiale per dare vita all’universo, così oggi aveva bisogno di un grembo assoluto per dare origine alla nuova creazione.

Il sì di Maria, di questa donna sconosciuta al messaggero di Dio, a un progetto sconosciuto di Dio di cui mai avrebbe pensato il divenire, l’accadere diventa il sì per tutti noi, il sì della speranza, della possibilità!

Guardare a Maria non significa guardare a un presepe del passato, ma al presepe del futuro;
guardare a Maria significa, riconoscere che nonostante il nostro peccato – redento dalla Croce – anche noi siamo oggetto della rivelazione, della scelta di Dio;
guardando a Maria comprendiamo che anche noi siamo responsabili di un futuro migliore: un nostro si o un nostro no significa costruire un futuro peggiore o migliore;
Maria si è fidata della parola di Dio e non aveva ancora la sicurezza della risurrezione, noi abbiamo la parola di Dio e la sicurezza della risurrezione, ma facciamo ancora fatica a fidarci della promessa di Dio che anche attraverso di noi può e vuole fare cose grandi, per questo il bene fatica a crescere.

Impariamo a fidarci della parola di Dio e il bene continuerà a crescere da quel momento in cui Maria disse di sì.

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