“In missione per conto di Dio” era il famoso motto dei Blues Brother: solo una battuta? Una realtà che per il cristiano dovrebbe essere continua. Il cristiano è in perenne “missione per Dio”.

Oggi la Chiesa celebra la giornata mondiale missionaria per sollecitare tutti noi a pregare per le missioni ma specialmente per ricordarci la dimensione missionaria propria di ogni credente, di tutta la Chiesa.

Se una volta la dimensione missionaria richiamava esclusivamente l’andare ad annunciare il Vangelo in terre lontane, oggi non può più essere così. In una Europa che non è più cristiana, in una Italia che sta raggiungendo livelli minimi di cristianesimo, livelli alti di ateismo e livelli altissimi di indifferenza la missione deve essere anche per se stessi. I molti sacerdoti stranieri in arrivo nel vecchio continente sono la spia d’allarme!

La missione perciò riguarda prima di tutti ognuno di noi uomini di fede, mette in gioco la nostra fede, il nostro essere cristiani, la nostra testimonianza del Vangelo.

Come gli Apostoli e i primi cristiani hanno messo in gioco se stessi a partire dal Vangelo, altrettanto e di più è chiesto a noi oggi!

La preghiera del fariseo e del pubblicano al tempio (ascoltata oggi alla messa) sono l’emblema di cosa significhi mettere in gioco se stessi. Il missionario non è colui che offre sterili giudizi sul mondo intorno a se, mondo di cose e persone sulle quali scaricare il proprio sapere, anche la propria fede. Il missionario è colui che riconoscendosi bisognoso dell’amore misericordioso di Dio annuncia agli altri questo grande dono di Dio per tutti.

Attraverso la figura del pubblicano Gesù ci esorta a umiliarci nel senso di lasciarci accogliere e perdonare da Dio, che con la sua forza può curarci e guarirci; a non perdere tempo a guardare fuori di noi, scrutando gli altri con occhio cattivo e spiando i loro peccati; ad accettare di riconoscere la nostra condizione di persone che “non fanno il bene che vogliono, ma il male che non vogliono” (cf. Rm 7,19). Il pubblicano si è affidato a Dio, invocando come unico dono di cui aveva veramente bisogno la sua misericordia.

Questa consapevolezza propria del pubblicano, che lo rimette in circolo con Dio e con l’umanità bisognosa di salvezza deve diventare consapevolezza di ognuno di noi per poter essere credibili nell’annuncio della bella notizia che il Battesimo e la Cresima ricevuti ci impegnano a perseguire.

Ci sono una sete di Dio, da una parte, e una indifferenza di Dio dall’altra che non possono lasciarci tiepidi, bensì devono farci correre verso Dio e verso il prossimo.

Con questo spirito vogliamo anche noi giovani barnabiti celebrare questa giornata missionaria mondiale ricordando tutti i nostri fratelli sacerdoti e non che vivono in prima linea l’annuncio del Vangelo e sollecitando tutti noi a rispondere alla domanda di missione personale che Dio ha per tutti noi.

Siamo sempre in missione per conto di Dio!

 

 

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