Più sensibili al Signore

Dal 22 al 23 Luglio una quarantina di giovani adulti parigini hanno soggiornato nei locali della parrocchia Divina Provvidenza di Firenze in occasione del loro pellegrinaggio.
Partiti da Parigi, in arrivo da Torino e diretti verso Roma attraversando Assisi sulle tracce di San Francesco, questi giovani raccontano quel che intravedono come lo sbocciare di una rinnovata forma di fede.
È cosa ardua raccontare con chiarezza l’esperienza che è stata il pellegrinaggio in Italia dell’estate 2022. Di certo la maggior parte di noi aveva già vissuto vari ritiri di due o tre giorni con i compagni della propria parrocchia (siamo i giovani di due parrocchie parigine, ove studiamo la parola del Signore per via del programma EVEN*), ma mai ci era capitato trascorrere undici giorni con sconosciuti nell’ambito della fede e della religione. Tutti aspettavamo il giorno, una volta tornati alle nostre quotidianità, in cui ci saremmo accorti di aver scordato il pellegrinaggio; come se quei pochi giorni trascorsi in comunione con i nostri padri e compagni in direzione di Dio non fossero mai esistiti. Tutti pensavamo di vivere quell’impressione caratteristica del ritorno a casa, quando le vacanze di tre giorni fa sembrano già distanti di parecchi mesi.
Sono trascorsi già più di un mese e mezzo e questo giorno non è ancora arrivato. Anche per questo abbiamo messo tanto tempo a scrivere questa testimonianza. Fosse quel giorno arrivato, sarebbe stato più semplice capire cosa abbiamo vissuto.
Alcuni di noi lo descrivono come se il nostro passaggio in Italia fosse stato solo ieri. Altri, come me, hanno l’impressione di non essere mai completamente tornati. Quel che ci mette tutti d’accordo è che siamo diventati molto più sensibili alla presenza del Signore ai nostri fianchi e che la preghiera fa ormai completamente parte delle nostre giornate. Da quando siamo tornati alcuni vanno “finalmente” a messa, altri ci vanno più volte a settimana o partecipano a tempi di adorazione. Tanti di noi desiderano trovare il tempo di pregare le lodi e/o i vespri ogni giorno.
Credo che questo significhi che la conversazione con il Signore è diventata più semplice e più diretta. Anche per coloro di noi che dicono non credere, o quelli che come Ornella Vanoni hanno appena avuto il coraggio di dire “proviamo anche con Dio, non si sa mai”. Perché i pensieri e le emozioni di ognuno di noi sono stati così forti in quei dieci giorni, che in un certo senso sono diventati dei nuovi punti di riferimento. Quindi anche per i nostri compagni che non credono o che addirittura si sono allontanati dalla chiesa, il nuovo punto di riferimento nella loro vita spirituale è un tempo segnato dalla persona di Cristo grazie al pellegrinaggio.
Sembra che per tanti, le parole di una suora alcantarina, incontrata ad Assisi, hanno avuto molto effetto. Le trascrivo qui affinché possano risuonare anche nel vostro cuore. Questa suora ci insegnò a pregare chiedendo: «Signore, chi sono io? E chi sei tu? Signore, cosa vuoi che faccia?».

un momento di preghiera davanti alla Croce

In undici giorni abbiamo potuto visitare parti di Torino, approfittare di Firenze, vivere l’atmosfera e l’energia del santuario di La Verna e dell’Eremo delle Carceri, pregare nelle chiese di San Damiano così come nella Porziuncola, fare il bagno in vari laghi (eravamo pur sempre in estate!), visitare San Clemente a Roma tra tante altre cose, e anche fare sosta a Milano e celebrare una messa presso Sant’Ambrogio.
Di certo i nostri due giovani sacerdoti non avrebbero potuto gestire tutta l’organizzazione necessaria a tale programma senza trascurare le anime dei giovani accompagnati. Così hanno chiesto ad alcuni di noi di assisterli in tutte le faccende materiali. Questo servizio dei nostri compagni è stato per loro fonte di tanta gioia (dico “loro” i nostri compagni, non i preti!), mentre per noi è stato anche un modo di accorgerci, tramite le loro assenze, la loro fatica ma soprattutto i loro sorrisi, che più si dà e più si riceve.
Così vorremmo ringraziare una volta ancora la vostra parrocchia della Divina Provvidenza, specialmente Giordana e il Padre Giannicola, che ci hanno accolti con grande gentilezza, in condizioni che erano tra le più confortevoli del nostro tragitto. Per di più ci sono stati regalati portachiavi con la vostra Madonna della Provvidenza che continuano ad accompagnarci. Anche se siamo rimasti poco tempo, anche se agli inizi del nostro percorso italiano, la vostra ospitalità continua ancora a guidarci verso Gesù.

Roberto Fecarotta – Paris

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*EVEN: Ecole du Verbe Eternel et Nouveau; si tratta di un percorso spirituale destinato a giovani adulti che hanno voglia di approfondire la loro fede, e di lasciare la Parola di Dio convertire il loro cuore. «EVEN», in ebraico, significa «pietra».

Il multiverso o Dio?

«Poiché ci sono troppi / molti universi come poter pensare a un Dio capace di governare mondi così distanti tra loro? il razionale davvero non implica l’ipotesi di Dio?».

Trovando questa citazione ho cercato di dare una risposta, senza la pretesa di studi accurati, però con la curiosità che mi pervade anche per gli studi di astrofisica che affronto in università.

Subito è affiorata una domanda: “Oggi si è meno credenti? Cosa è cambiato rispetto al passato?”.

Credo di sì. È possibile vedere come, passando da una generazione all’altra, la percentuale delle persone credenti diminuisca drasticamente, passando dalla generazione dei nostri nonni/bisnonni, così fedeli e devoti, alla generazione dei nostri genitori, in cui il concetto di fede per lo più esiste ancora ma è sicuramente meno sentito, fino ad arrivare alla generazione di noi ragazzi, dove la maggior parte non crede all’esistenza di alcun dio.

Questo calare della fede lo attribuisco all’evoluzione scientifica che ha caratterizzato e sta caratterizzando il nostro periodo. L’aumento delle scoperte scientifiche ha portato ad una totale fiducia nella scienza, e a credere a tutto ciò che possa essere spiegato in maniera razionale e scientifica.

Personalmente, il mio distacco dalla fede, e dal pensiero che possa esserci un Dio, è dovuto soprattutto con le scoperte scientifiche legate all’universo. Negli ultimi secoli l’universo conosciuto (inteso come tutto ciò che ‘circonda il nostro pianeta) è aumentato sempre di più, fino a raggiungere dimensioni spaventose, ed è ancora molto da scoprire. Siamo passati dalla concezione che l’universo si espandesse fino al sistema solare, fino ad arrivare ad osservare galassie distanti da noi miliardi e miliardi di anni luce.

Tutto questo mi ha portato a chiedere se esistesse veramente un Dio in grado di governare e vegliare su un mondo così enormemente vasto. Una risposta più plausibile potrebbe essere che di Dio ne esista più di uno, ma allora quanti ce ne devono essere? Gli ultimi studi parlano di un universo in espansione, quindi anche il numero di Dio è in espansione? Era già difficile credere all’esistenza di un Dio, figuriamoci alla possibilità che ce ne siano infiniti.

Allora la risposta più semplice è che non c’è un Dio (o almeno inteso come nella Bibbia).

Alessandro Bevilacqua – Napoli

Il dramma della Palme a Napoli

Un dramma, quello che abbiamo appena ascoltato in questa domenica delle Palme, all’inizio di questa settimana santa, la settimana più importante dell’anno, è un dramma.
L’evangelista Matteo ci racconta il dramma di un Dio che diversamente da tutte le altre manifestazioni divine non ha ricusato non solo di farsi uomo in Maria affidandosi a Giuseppe; di condividere la propria vita con 12 scapestrati; addirittura lasciarsi morire così come conosciamo. Un dramma che lascia perplessi non per i patimenti ma perché questo uomo che poteva tutto ha abbandonato tutto e da tutti è stato abbandonato. Può un Dio o un eroe lasciarsi finire così!
E qui comincia anche l’altro dramma, quello dei discepoli, di Pietro in particolare, che non sanno capire questo lasciarsi umiliare del loro leader, ne restano scandalizzati. Una reazione talmente forte che li porterà al dramma del rinnegamento della sua amicizia, della sua comunione, sino a scappare, ad abbandonarlo sulla strada della Croce. Un dramma che le donne, solo le donne sapranno seguire, condividere, sostenere. Forse perché solo la donna capisce il valore profondo della vita. Almeno sino a ieri, oggi chissà!
In questo dramma siamo chiamati in causa anche noi qui presenti. Forse con un poco più di consapevolezza, poiché viviamo dopo la Pasqua, poiché leggiamo questa vicenda dopo la Pasqua.
Ma noi avremmo agito diversamente?
In questo dramma c’è tutto il dramma della nostra storia, del dolore degli innocenti, della superbia dei potenti, siano essi terroristi o russi o americani (preghiamo ancora per la Siria). Si legge che Erode e Pilato divennero amici facendo del male a Gesù! Quando diverranno nemici Trump e Putin per fare il bene della Siria e non solo?
Ma noi che centriamo con questo dramma, quali scandali o responsabilità possiamo denunciare?
A Napoli accade in questi giorni che tanti Fuffi, Bob, Cochi e altri quadrupedi di compagnia siano usciti dal dramma di essere senza diritti, senza possibilità di avere spazi propri e libertà di movimento in città. Infatti il governo locale ha istituito il “garante degli amici dell’uomo”: ce n’era proprio bisogno.
Peccato che lo stesso governo, in sintonia con la Regione Campania, abbia tagliato i fondi per il sostegno di tanti bambini e giovani disabili che non possono più permettersi di andare a scuola e non per colpa di genitori inetti o menefreghisti!
Ecco il dramma, il dramma della nostra città e noi non ci scandalizziamo!
Sapete perché Gesù ha scelto i piccoli, gli ultimi, i poveri per rappresentare se stesso? Perché sono gli unici che possono profondamente comprendere il dramma della sua passione e morte, comprendere senza scandalizzarsi o fuggire.
Chiediamo a questa Settimana Santa di aiutarci a penetrare il dramma di tanti Gesù presenti nella nostra città per comprendere meglio il dramma della passione di Cristo e imparare ad accompagnarli nella loro Via Crucis; e arrivare così alla gioia della risurrezione anche per questi nostri amici oggi trafitti da tanta ipocrisia.

pJgiannic

Jovem do nosso mundo

Diversas vezes nos vemos inseridos em situações de correria e agitação causadas pelo nosso trabalho, estudo e pelas tarefas que, religiosamente, temos que cumprir todos os dias. Levantamos e saímos cedo de nossas casas para chegar ao trabalho ou a faculdade. Comemos mal ou ficamos sem comer. Em nosso celular não param de surgir mensagens. A hora passa voando e o dia parece não durar o suficiente para fazermos tudo aquilo que desejamos.

Toda essa velocidade norteia a nossa jornada de jovem. Há muito movimento lá fora, o tempo não permite que paremos e é essa a marca da nossa sociedade contemporânea. Full Time. A informação é instantânea, surge num piscar de olhos, num deslizar de dedos sobre a tela do celular. Não percebemos o dia, as horas e o ano passando.

Esquecemos até de rezar e agradecer a Deus por mais um dia de vida. Agradecer por todas as graças e bençãos que recebemos d’Ele.

É nessas horas que devemos voltar o coração para o Senhor e silenciar por alguns minutos. Parar. Refletir, orar e nos recordar do Seu sacrifício na Cruz, por exemplo. Nos recordar de nossos irmãos que sofrem em algum outro lugar do planeta. Pedir perdão pelas nossas falhas. Pedir forças para continuar e sabedoria para, assim fazê-lo bem.

Essa relação paradoxal que nós jovens vivemos é por diversas vezes inquietante. Ao mesmo tempo que corremos para cumprir obrigações cotidianas convencionadas pela nossa sociedade, não temos o mesmo afinco para nos dedicar a Deus e até mesmo ao próximo. Muitas vezes não sabemos como dar o primeiro passo. Exercer o nosso espírito missionário é uma dificuldade muito grande para nós. Evangelizar o próximo tornou-se tarefa quase impossível. É preciso que vençamos a nossa preguiça, vençamos a tibieza e corramos como loucos como o nosso fundador brilhantemente nos apresenta em um de seus escritos: “Coragem, irmãos! Se até agora houve alguma falta de firmeza em nós, vamos jogá-la fora junto com a negligência e corramos como loucos não só para Deus, mas também para o próximo, pois é o próximo que recebe tudo aquilo que não podemos dar a Deus, porque Ele não precisa de nossos bens.” (10216).

Que a alegria de ser jovem não seja sufocada por todas as mazelas do nosso mundo contemporâneo. Que o sentimento de mudança tome conta do nosso espírito para que por Cristo, com Cristo e em Cristo, façamos de tudo para revelar a Sua Sagrada face para aquele nosso irmão que tem fome e sede de justiça. Tem fome e sede da única fonte de vida eterna que o mundo conheceu.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

 

Giovani del nostro mondo

Diverse volte ci vediamo immersi in situazioni di corsa e di agitazione causati dal nostro lavoro, dallo studio e da altre attività che “religiosamente”, dobbiamo compiere tutti i giorni.

Ci alziamo e partiamo presto dalle nostre case per recarci al lavoro o all’università. Mangiamo male o rimaniamo senza mangiare. Nel nostro cellulare arrivano in continuazione messaggi. Il tempo vola e il giorno sembra non durare abbastanza a lungo per fare tutto quello che vogliamo. Tutta questa velocità guida il nostro cammino di gioventù.

C’è molto movimento fuori, il tempo non ci permette di fermarci ed è questo il segno distintivo della nostra società contemporanea. Full Time.

L’informazione è immediata, arriva in un lampo, in uno scivolo di dita sullo schermo del cellulare. Non ci rendiamo conto il giorno, l’ora e l’anno che passa. Dimentichiamo perfino di pregare e ringraziare Dio per un altro giorno di vita. Ringraziare per tutte le grazie e le benedizioni che riceviamo da Lui.

È in questi momenti che dobbiamo volgere i nostri cuori al Signore e rimanere in silenzio per qualche istante. Fermarsi. Riflettere, pregare e ricordarci del Suo sacrificio sulla Croce, per esempio. Ricordarci dei nostri fratelli che soffrono in qualche altro luogo del pianeta. Chiedere perdono per le nostre mancanze. Chiedere la forza di continuare e la saggezza, di continuare bene.

Questo rapporto paradossale che noi giovani viviamo è spesso inquietante. Mentre corriamo per compiere impegni quotidiani concordati dalla nostra società, non abbiamo lo stesso tempo da dedicare a Dio e anche al prossimo. Spesso non sappiamo dove fare il primo passo.

Esercitare il nostro spirito missionario è una grande difficoltà per noi. Evangelizzare il prossimo è diventato un compito quasi impossibile.

È necessario che noi superiamo la nostra pigrizia, vinciamo la tiepidezza e corriamo come matti, come il nostro Fondatore brillantemente ci presenta in uno dei suoi scritti: «Sù, sù, Fratelli! Se finora in noi è stata alcuna irrisoluzione gettiamola via, insieme con la negligenza: e corriamo come matti non solo a Dio, ma anche verso il prossimo, il quale è il mezzo che riceve quello che non possiamo dare a Dio, non avendo Egli bisogno dei nostri beni» (10216).

Che la gioia di essere giovani non sia soffocata da tutti i problemi del nostro mondo contemporaneo. Che il sentimento di cambiamento si prenda cura del nostro spirito perché per Cristo, con Cristo e in Cristo, facciamo di tutto per rivelare il Suo sacro volto verso quel nostro fratello che ha fame e sete di giustizia. Ha fame e sete dell’unica fonte di vita eterna che il mondo ha conosciuto.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

Giuseppe uomo giusto

Ognuno di noi ha una chiamata alla vita, a una vita buona, cui rispondere.
Ognuno è chiamato ad annunciare con la propria vita la bellezza della vita, di una vita giusta, preoccupata delle vite intorno a sé.
Il cristiano è chiamato ad annunciare la bellezza della vita proclamando il Vangelo (2 lettura) secondo la propria personale vocazione, la propria originalità.
Giuseppe, lo sposo di Maria, si inserisce in questa schiera di uomini e donne che annunciano la fedeltà di Dio verso l’umanità.
Giuseppe è un uomo di cui non si conosce parola, di cui si riconosce il silenzio, non un silenzio vuoto, ma un silenzio di riflessione, di discernimento: cosa devo fare?
Forse oggi nessuno lapiderebbe o denuncerebbe una donna rimasta incinta prima del matrimonio, forse oggi la maggior parte consiglierebbe un aborto o un abbandono della persona.
Giuseppe era un uomo giusto, cioè un uomo che conosceva il pensiero di Dio, la storia di Israele, gli interventi dei profeti, i desideri degli uomini del suo tempo.
Giuseppe si trova ad affrontare una situazione che poteva capitare ma che non si sarebbe aspettato: che fare?
Riflettere, ragionare, pregare, chiedere aiuto a Dio.
Giuseppe è chiamato a capire cosa vuole Dio da lui, perché mi succede questo?
Nella storia di Israele Dio aveva chiesto ai profeti dei segni per aiutare Israele a crescere nella fede: chi non doveva sposarsi, chi doveva sposare una prostituta, chi doveva…
Giuseppe entra in questa richiesta di segni e comprende che deve accogliere questa donna, questo bambino che doveva nascere per intervento divino: Dio può intervenire come vuole nella storia e interviene come sempre collaborando con gli uomini. Non siamo di fronte a un mito, ma di fronte a un intervento di Dio nella storia degli uomini collaborando con una donna, Maria e con un uomo, Giuseppe. I miti, come le favole, sono sempre fuori dalla storia.
Giuseppe entra nel silenzio della notte, del sonno e sogna!
Il sogno riguarda la capacità dell’uomo di avere un progetto, un obiettivo da realizzare: guai non avere dei sogni;
il sogno riguarda il proprio inconscio, il profondo desiderio di felicità, di Dio che è in ogni uomo anche in chi non ha o non avrà la rivelazione di Dio;
il sogno riguarda, significa anche la capacità di dialogare con Dio, di ascoltare l’intervento di Dio che interviene quando l’uomo si dispone nel silenzio ad accoglierlo (pensiamo al sonno di Adamo, da cui venne tratta Eva!).
In questo sogno Giuseppe scopre che Dio cambia i suoi progetti, porta una novità, una sorpresa che si può accogliere o negare!
Giuseppe è un uomo giusto non perché osservante le leggi, ma perché capace di riconoscere, accogliere e realizzare la giustezza di Dio per tutti noi.
La liturgia di oggi quindi ci invita a chiederci:
quanto tempo abbiamo dedicato in questo Avvento ad ascoltare la parola di Dio?
quanto abbiamo o stiamo sognando con Dio il modo di vivere il vangelo?
quanto abbiamo imparato un po’ di più a essere papà e mamma di Gesù? Accogliere questo Dio che si fa uomo per annunciarlo a questa umanità bisognosa di salvezza?

PS.: non dimentichiamo di pregare per la pace in Siria.

Le parole del silenzio di Dio

Venerdì santo 2016

C’è un fattore comune e necessario in questo tempo dalle 3 del pomeriggio alle prime luci del giorno dopo il sabato: il silenzio.
“Gesù chinato il capo emise lo spirito” e si fece silenzio su tutta la terra.
Forse non ragioniamo abbastanza su questo silenzio, sul silenzio che la Croce porta con sé, sul silenzio del Sabato santo.
Non ragioniamo e preghiamo abbastanza su questo silenzio anche perché troppo è il rumore che ci circonda, un rumore continuo che vuole zittire la voce del silenzio di Dio, perché ha paura di questo silenzio.
Il silenzio di Dio è importante perché dice quello che le parole non sanno spiegare, nemmeno – in un certo senso – la parola di Dio, forse perché parola comunque scritta da uomini; infatti, anche la parola di Dio tace e non dice nulla del silenzio della morte del Figlio di Dio.
Le parole non sanno spiegare perché questo Dio di Gesù Cristo invece di urlare la rabbia per la morte del Figlio, tace!
A noi invece piace parlare, parlare, parlare quando non serve tacere quando dovremmo parlare.
Ma il silenzio di Dio non è un silenzio sterile, è un silenzio fertile, perché esce dalla bocca di Dio: “chinato il capo consegnò lo spirito”.
Come quando Dio dal silenzio del cosmo spirò nelle narici di Adamo ed Eva dando vita all’umanità; come quando dal silenzio della Croce spirò per ridare vita all’umanità schiacciata dal peccato.
Il silenzio di Dio non è un silenzio sterile, ma un silenzio che dona lo Spirito.
Uno Spirito di vita che entra nelle profondità degli inferi (il Sabato santo) per recuperare alla vita i corpi mortali;
uno spirito di vita che entra nei nostri corpi mortali feriti dal peccato per recuperarli alla vita;
uno spirito di vita che entra nel segreto del sepolcro per risorgere il Figlio di Dio.

In questi drammatici giorni non solo per l’Europa ma per il mondo intero abbiamo bisogno più che di parole di silenzio, un silenzio di preghiera che possa dare luce a chi è morto e vive nella gloria di Dio; un silenzio che possa dare consolazione e speranza ai familiari; un silenzio che possa dare rinnovata coscienza a chi pensa di operare il male in nome di Dio; un silenzio che possa dare a questa Europa individualista e nazionalistica la voglia di abbattere i muri riprendere a camminare e costruire insieme.