Il Figlio e il Diavolo

Gesù è il figlio di Dio e lo sa!
Il Diavolo, l’invidioso, colui che divide, sa che Gesù è il Figlio di Dio.

Gesù non è un figlio abbandonato, è condotto dallo Spirito santo, nel battesimo, nel deserto, nella vita, sulla Croce, nel Sepolcro.
Il diavolo è guidato dal suo ego, dalla sua brama di potere, da uno spirito di morte.

Gesù va nel deserto per riflettere, per comprendere a quale missione è chiamato, per stare con il Padre e lo Spirito santo.
Il Diavolo va nel deserto per disturbare, per imbrogliare, non per comprendere e aumentare la propria consapevolezza.

Gesù non abusa del suo potere di Figlio: si accontenta di quel poco che ha (non di solo pane), non abusa di potere (ti darò tutti questi regni…), non tenta, non mette alla prova il Padre, si fida di Lui.
Il Diavolo abusa della libertà che gli è concessa, stuzzica la fame, abbaglia di potere, insidia il timore di Dio.

Mangiare, potere, religione, ecco i tre punti vitali di ogni uomo, perché Gesù non approfitta del suo essere Dio, non vive sulla terra in modo distaccato, ma condivide la nostra umanità.
Pensando a Gesù, alla sua vita, alle sue scelte, alla sua passione, ci viene spontaneo da obbiettare: “Ma Gesù era il Figlio di Dio”. Tutto il Vangelo e in modo particolare questo racconto delle tentazioni ci mostra che proprio perché pienamente uomo egli permette al Padre di generarlo come Figlio suo.
Tutto questo significa che Gesù vive pienamente l’esperienza umana come relazione filiale con il Padre, ma questa non annulla la percezione della debolezza umana: la fede accompagna tutta la vita di Gesù, la fede fa percepire all’uomo la “sua fame”, la sua radicale non autosufficienza.

Il deserto è proprio il luogo dove ci si ferma per stare con se stessi e capire dove si è, da dove si viene, dove si va. Ed è proprio a questo punto che si inserisce la “tentazione”: quanto più l’uomo ha la chiara coscienza di sé, sente la fame di qualcosa che lo sazi. Ma può da solo rispondere a questo suo bisogno?
Il deserto è il luogo dove si mette ordine, non un ordine maniacale, ma l’armonia; il diavolo invece vuole il disordine, lo sporco perché così il male (in tutte le sue forme) può agire indisturbato.

“Se tu sei il figlio di Dio…”: il diavolo non mette in dubbio l’identità di Gesù, gli suggerisce di usarla come un potere. “Se tu sei potente, usa la tua potenza: trasforma tu queste pietre in pane che sazi la tua fame”.
“Il diavolo lo condusse in alto…”: che cos’è la grandezza che l’uomo percepisce dentro di sé, la enorme “potenza e gloria” di cui ogni uomo si sente partecipe? Gesù è “disceso” e lo Spirito di Dio è sceso su di lui. Il diavolo invece porta “in alto” Gesù e gli dà una visione falsificata di tutto.
“Se tu sei il figlio di Dio…”: “Se tu sei il figlio di Dio, perché il male, perché la morte: affidati a chi ti promette prodigi per sfuggire alla morte”.

A chi ci affidiamo noi?
A chi ci imbroglia con promesse vane, a chi vuole mantenere il disordine, dicendoci che nulla mai cambierà?
Affidati, ecco la parola “chiave” di questa I domenica di Quaresima per affrontare le fatiche di una vita vera, di una vita in Cristo. Affidarsi a Gesù e vivere di conseguenza.

Un’economia solidale

Questi anni di crisi hanno evidenziato i limiti del modello economico vigente e reso necessario un intervento radicale all’interno dell’esperienza socio-economica dei nostri tempi. L’idea di economia può essere osservata attraverso la lente di mille sfaccettature diverse, ma quella che forse più la riassume la definirebbe come la scienza dei rapporti tra soggetti che diventano in essa economici, cioè gli individui e le loro attività. Pare purtroppo che il cinismo della società moderna abbia trasformato i soggetti in oggetti, riducendo l’economia a pura contabilità e distruggendo le risorse umane; in una realtà in cui l’interesse personale sovrasta l’interesse della collettività, della società non rimane che il mercato, che pur fatica a funzionare.

Adam Smith diceva: “la società non può sussistere fra coloro che sono sempre disposti a danneggiarsi e a farsi torto l’uno con l’altro”; sfogliare i libri di un passato non più tanto recente forse non è una cattiva idea: sembra che abbiamo dimenticato, o peggio, distorto il pensiero che è alla base della scienza economica. Certo, la teoria del libero mercato va rivista, cosi come anche il ruolo dei governi al suo interno. In una società come quella di oggi in cui politica ed economia si intrecciano in una spirale inscindibile, il governo sembra essere diventato il problema, più che la soluzione alla crisi. In un mondo dominato da materialismo e individualismo non c’è spazio per una comunità di soggetti che interagiscano tra loro in armonia, senza che i potenti tessano a loro piacimento la trama della storia. “Senza volerlo, gli economisti hanno offerto una giustificazione a questa mancanza di responsabilità morale. Una lettura superficiale dei suoi scritti ha instillato l’idea che Adam Smith avesse escluso ogni scrupolo morale da parte di chi operava sui mercati. Dopo tutto, se la ricerca dell’interesse personale conduce, come una mano invisibile, al benessere della società, tutto quello che bisogna fare è assicurarsi di star perseguendo al meglio l’interesse personale. Ed è proprio quello che sembrano aver fatto gli operatori del settore finanziario. Ma ovviamente, la ricerca dell’interesse personale, l’ingordigia, non ha condotto al benessere della società” – per citare l’economista Joseph Stiglitz (v. “Freefall”), premio Nobel per l’economia nel 2001. L’individualismo esasperato ha finito col minare il “lubrificante che fa funzionare la società”: la fiducia.

“Gli storici dell’economia – continua Stiglitz – hanno sottolineato il ruolo della fiducia nello sviluppo del commercio e delle attività bancarie. Se certe comunità si sono sviluppate a livello globale nei settori commerciale e finanziario è proprio perché i suoi membri avevano fiducia gli uni negli altri. La grande lezione di questa crisi è che, nonostante tutti i cambiamenti degli ultimi secoli, il nostro complesso settore finanziario continua a fondarsi sulla fiducia: quando viene meno, il sistema finanziario si blocca”. Per riacquistare la fiducia reciproca bisognerebbe innanzitutto tornare a essere comunità, cominciare a capire che il nostro interesse è anche quello degli altri: chiamasi solidarietà! Potente arma in grado di creare suolo fertile per la condivisione di ideali e valori, in un mondo che attorno ad essi sta solo facendo terra bruciata; come il miraggio di un’oasi nel deserto, nutro la speranza che un’economia solidale possa fiorire in mezzo a una tale distesa di aridità, che da troppo tempo attende una stagione delle piogge.

Pasqua Peragine