Gandhi e Bianchi, luci gentili

Gandhi, il Mahatma, morì oggi nel 1948 per tre colpi di pistola,
Francesco Saverio Maria Bianchi, il Barnabita, morì domani nel 1815, per una lunga malattia, ma lo si festeggia oggi.


Non sapevo di questa felice coincidenza; per taluni potrebbe apparire forzata, per chi guarda con gli occhi della gentilezza che accomuna questi due uomini così lontani e così sconosciuti no.
Gentilezza si scopre nella vita e nella sofferenza di questi due uomini, vita e sofferenza spese per il bene dell’umanità. Una umanità tanto affaticata e oppressa quella del Bianchi durante la tempesta napoleonica, quanto quella di Gandhi durante il cammino di indipendenza dell’India.
Una gentilezza che sa fare delle piccole cose, delle piccole leggi della vita domestica il paradigma per la vita sociale e politica.
Erano tempi turbolenti tanto quelli dell’India del secolo scorso quanto quelli italiani a cavallo tra il 18 e il 19 secolo, ma la luce, sicuramente più famosa quella di Gandhi, irradiata dai due maestri ancora continua a illuminare tutti noi. Una luce che l’uno riceve dall’incontro tra lettura del Vangelo e della Bagavadgita; l’altro dalla contemplazione del volto di Cristo nelle anime a lui affidate.
Luce gentile quella ricevuta e quella riflessa su quanti hanno incontrato nelle strade della vita, l’uno percorse a piedi nudi nella sua India; l’altro percorse nella sofferenza nella propria Napoli.
Incontrare i volti, parlare ai cuori, pregare per entrambi: la ricetta di questi due uomini così lontani e così vicini.
Guardare e parlare ai volti dei più piccoli e dimenticati, per parlare alle coscienze dei politici, dei potenti, questo lo stile tra due persone così diverse e distanti tra loro eppure cosi simili nell’umiltà.
Erano tempi difficili e duri quelli del Bianchi e del Mahatma, privi di muri di mattoni ma ricchi di muri tra le relazioni, non tanto diversi dai nostri tempi dove i muri di mattoni sono sempre di più e sempre aggiunti a quelli di relazioni tra le persone, i popoli, le opportunità.
Luce gentile siamo chiamati a crescere e diffondere noi uomini di oggi se vogliamo fare memoria non solo di parole ma di vita i sacrifici di Mohandas Karamchand Gandhi e di Francesco Saverio M. Bianchi; una luce gentile vera ed efficiente arma per abbattere i muri dell’egoismo, dell’ipocrisia, del pregiudizio e della paura che affliggono questi nostri tempi peggio di una catastrofe napoleonica o di un monsone indiano.
Il Signore Dio ci guardi e benedica; volga il suo Divin Volto verso di noi; ci dia pace, ci liberi dal peccato; ci accresca l’amore suo e ci conceda il gran dono della perseveranza finale.

Concludo con la benedizione propria di Francesco Maria e ringrazio il @monasterodibose per gli spunti offerti anche con la poesia di H. Newman, Tu luce gentile.

pJgiannic