Favola, sogno, gioco o realtà?

Favola, sogno, gioco o realtà?
Questa la domanda del Natale 2017.

Potrebbe essere una favola tra le tante, ben confezionata; abbiamo sempre bisogno di favole che ci portino per un poco fuori dalla realtà per riprendere a vivere bene l’ogni giorno.
Potrebbe essere un sogno che il nostro inconscio produce per denunciare qualche lontano e nascosto bisogno di umanità che la vita di ogni persona porta con sé.
Potrebbe essere un gioco, a basso costo per distrarci un poco, anche se non si vince nulla.

E se invece fosse realtà?

La realtà di un uomo e una donna costretti a cercare un rifugio per ripararsi; piegati dal freddo di una grotta per partorire il proprio figlio; condannati poi a fuggire in Egitto a causa dell’egoismo dei potenti e degli uomini. Ieri come … oggi!
È la realtà di un Dio che sceglie ciò che è fragile e debole per rivelarsi.
È la realtà di un Dio che sceglie il corpo di una donna e la cura di un uomo per rivelarsi nel corpo di un bambino.
È la realtà di un Dio che sceglie un corpo come il mio, come il vostro, come quello di tanti poveri per rivelarsi.

Forse non ci pensiamo abbastanza, perché è più bello evidenziare la favola: le stelle, il freddo, i pastori, il bue e l’asinello; ma Dio sceglie un corpo: «caro cardis salutis»!
La carne è il cardine della salvezza!

Abbiamo ancora un concetto di salvezza troppo spiritualistico. Mentre Dio ha un modo di pensare «più terreno» di quanto noi vorremmo permettergli. Forse perché una carne, un corpo ci interpella troppo su quanto poco apprezziamo noi stessi e la nostra terra.
Certo noi oggi amiamo molto il nostro corpo, ma solo il nostro; il nostro pezzetto di terra, ma solo il nostro; chiusi in noi stessi, nei nostri sogni e nelle nostre favole e proprio per questo ci sentiamo più che mai dolorosamente separati da tutto ciò che è grande e definitivo, dall’esperienza salvifica?

Eppure Dio ha scelto un corpo e un pezzo di terra per rivelarsi proprio per affermare la dignità di ogni corpo, con i suoi piaceri, con i suoi dolori, con le sue angosce e le sue speranze.
Eppure Dio ha scelto un pezzo di terra per rivelarsi, con la sua bellezza, con i suoi drammi, con i suoi deserti e relativi muri, con le sue discariche e i suoi giardini proprio per affermare il valore della terra intera, per dire che è proprietà Sua quindi di tutti e non di questo o di quel potente.

Per me il Natale è realtà che chiede a tutti noi credenti di portarla a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, vicini e lontani.
Per me il Natale è realtà perché – diceva papa Francesco alla Curia – «ricorda che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci». Anche perché «una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede», che si può realizzare pienamente solo «quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore».

Per me il Natale è realtà perché Dio ha scelto di incarnarsi in un corpo e in un pezzo di terra 2000 anni fa e oggi sceglie la mangiatoia del cuore di ognuno di noi riscaldandola col soffio del suo Spirito perché ognuno di noi possa scaldare il cuore di ogni uomo e donna che Dio ama.
Per me il Natale è realtà perché Dio condivide la sua carne divina con la nostra carne umana affinché condividiamo la nostra carne divinizzata con tutta la terra e tutti gli uomini che Dio ama.

Santo Natale a tutti voi!
pJgiannic

Un nuovo paradigma per la prosperità

da Il Sole24Ore del 3 maggio 2015 vi rimando questo articolo di Johan Rockstrom*

Il futuro dell’umanità dipenderà da come riusciremo a mantenere un delicato equilibrio: soddisfare più di dieci miliardi di persone salvaguardando i sistemi da cui dipende la vita sul Pianeta. Mai come adesso la recente ricerca scientifica ci fornisce tutti gli strumenti per raggiungere quell’equilibrio. L’arduo compito spetterà alla nostra generazione.
Per la prima volta nella storia dell’Umanità la fine della povertà è diventato un obiettivo realistico. Siamo in grado di garantire a ogni abitante del Pianeta cibo e acqua, una casa, un’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’energia necessarie a condurre una vita dignitosa, che offra delle opportunità. Ma potremo farlo solo se al tempo stesso proteggeremo i sistemi fondamentali del Pianeta: il clima, lo strato di ozono, il suolo, la biodiversità, l’acqua dolce, gli oceani, le foreste e l’aria, sistemi che stanno subendo pressioni senza precedenti. Negli ultimi 10mila anni, il clima della Terra si è mantenuto straordinariamente stabile, le temperature globali non hanno oscillato più di un grado Celsius e i resilienti ecosistemi rispondono ai bisogni dell’uomo. Questo periodo, noto come Olocene, ha portato una stabilità che ha permesso alla civiltà umana di fiorire e prosperare. È l’unico stato del Pianeta in grado di garantire una vita prospera a dieci miliardi di persone.
Ma oggi gli esseri umani sono diventati il principale fattore di cambiamento dell’ecosistema terrestre, segnando l’inizio di una nuova era geologica che alcuni chiamano Antropocene. L’attività umana ha attraversato ora quella che è stata definita come la Grande Accelerazione: una rapida intensificazione del consumo delle risorse e del degrado ecologico. Rischiamo di distruggere i sistemi su cui si regge la Terra e con essi tutta la civiltà moderna. La risposta del Pianeta a quelle pressioni potrebbe essere imprevedibile. Le sorprese sono già cominciate. A furia di risucchiare troppo risorse alla Terra, la Terra ci presenta il conto sotto forma di catastrofi naturali, di un’accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai, di un rapido depauperamento della biodiversità. Dobbiamo correre ai ripari e definire una soglia di sicurezza che ci impedisca di far uscire il Pianeta dal benevolo periodo dell’Olocene. Lo ha fatto il Planetary Boundaries Framework, un quadro programmatico sui limiti del Pianeta, pubblicato nel 2009 da un gruppo di 28 scienziati tra cui il sottoscritto. Il rapporto individua i processi fondamentali della Terra che regolano la sua capacità di sostenere condizioni come quelle dell’Olocene. Per ciascuno di quei processi, propone dei limiti oltre i quali rischiamo di indurre dei cambiamenti repentini che potrebbero spingere il Pianeta verso uno stato più ostile per l’Umanità.
Fra questi nove limiti vi sono il cambiamento climatico, l’assottigliamento dello strato di ozono, l’acidificazione degli oceani, l’alterazione dei cicli globali dell’azoto e del fosforo, il cambiamento nell’uso del suolo o dell’acqua dolce globale, l’integrità della biosfera, l’inquinamento dell’acqua e nuove entità. L’ultimo aggiornamento di gennaio confermava in modo preoccupante i nove limiti e ne affinava la quantificazione dimostrando che ne abbiamo già superati quattro: il cambiamento climatico, l’uso eccessivo di azoto e fosforo, la perdita della biodiversità e i cambiamenti nell’uso del suolo. La nostra sfida è riportare i sistemi della Terra entro la soglia di sicurezza, assicurandoci che ogni abitante del Pianeta abbia le risorse necessarie per condurre una vita felice e soddisfacente. Fra questi vincoli planetari e sociali c’è un margine di manovra equo e sicuro per la popolazione della Terra: i limiti che dobbiamo rispettare se vogliamo un mondo ecologicamente resiliente e libero dalla povertà.
Soddisfare questi obiettivi richiederà una distribuzione più equa e un utilizzo più efficiente delle risorse del Pianeta. Se vogliamo che il nostro Pianeta garantisca la prosperità a tutti i suoi abitanti, dobbiamo perseguire un nuovo paradigma di prosperità.

* Insegna Sostenibilità globale e dirige lo Stockholm Resilience Center all’Università di Stoccolma