Jovem do nosso mundo

Diversas vezes nos vemos inseridos em situações de correria e agitação causadas pelo nosso trabalho, estudo e pelas tarefas que, religiosamente, temos que cumprir todos os dias. Levantamos e saímos cedo de nossas casas para chegar ao trabalho ou a faculdade. Comemos mal ou ficamos sem comer. Em nosso celular não param de surgir mensagens. A hora passa voando e o dia parece não durar o suficiente para fazermos tudo aquilo que desejamos.

Toda essa velocidade norteia a nossa jornada de jovem. Há muito movimento lá fora, o tempo não permite que paremos e é essa a marca da nossa sociedade contemporânea. Full Time. A informação é instantânea, surge num piscar de olhos, num deslizar de dedos sobre a tela do celular. Não percebemos o dia, as horas e o ano passando.

Esquecemos até de rezar e agradecer a Deus por mais um dia de vida. Agradecer por todas as graças e bençãos que recebemos d’Ele.

É nessas horas que devemos voltar o coração para o Senhor e silenciar por alguns minutos. Parar. Refletir, orar e nos recordar do Seu sacrifício na Cruz, por exemplo. Nos recordar de nossos irmãos que sofrem em algum outro lugar do planeta. Pedir perdão pelas nossas falhas. Pedir forças para continuar e sabedoria para, assim fazê-lo bem.

Essa relação paradoxal que nós jovens vivemos é por diversas vezes inquietante. Ao mesmo tempo que corremos para cumprir obrigações cotidianas convencionadas pela nossa sociedade, não temos o mesmo afinco para nos dedicar a Deus e até mesmo ao próximo. Muitas vezes não sabemos como dar o primeiro passo. Exercer o nosso espírito missionário é uma dificuldade muito grande para nós. Evangelizar o próximo tornou-se tarefa quase impossível. É preciso que vençamos a nossa preguiça, vençamos a tibieza e corramos como loucos como o nosso fundador brilhantemente nos apresenta em um de seus escritos: “Coragem, irmãos! Se até agora houve alguma falta de firmeza em nós, vamos jogá-la fora junto com a negligência e corramos como loucos não só para Deus, mas também para o próximo, pois é o próximo que recebe tudo aquilo que não podemos dar a Deus, porque Ele não precisa de nossos bens.” (10216).

Que a alegria de ser jovem não seja sufocada por todas as mazelas do nosso mundo contemporâneo. Que o sentimento de mudança tome conta do nosso espírito para que por Cristo, com Cristo e em Cristo, façamos de tudo para revelar a Sua Sagrada face para aquele nosso irmão que tem fome e sede de justiça. Tem fome e sede da única fonte de vida eterna que o mundo conheceu.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

 

Giovani del nostro mondo

Diverse volte ci vediamo immersi in situazioni di corsa e di agitazione causati dal nostro lavoro, dallo studio e da altre attività che “religiosamente”, dobbiamo compiere tutti i giorni.

Ci alziamo e partiamo presto dalle nostre case per recarci al lavoro o all’università. Mangiamo male o rimaniamo senza mangiare. Nel nostro cellulare arrivano in continuazione messaggi. Il tempo vola e il giorno sembra non durare abbastanza a lungo per fare tutto quello che vogliamo. Tutta questa velocità guida il nostro cammino di gioventù.

C’è molto movimento fuori, il tempo non ci permette di fermarci ed è questo il segno distintivo della nostra società contemporanea. Full Time.

L’informazione è immediata, arriva in un lampo, in uno scivolo di dita sullo schermo del cellulare. Non ci rendiamo conto il giorno, l’ora e l’anno che passa. Dimentichiamo perfino di pregare e ringraziare Dio per un altro giorno di vita. Ringraziare per tutte le grazie e le benedizioni che riceviamo da Lui.

È in questi momenti che dobbiamo volgere i nostri cuori al Signore e rimanere in silenzio per qualche istante. Fermarsi. Riflettere, pregare e ricordarci del Suo sacrificio sulla Croce, per esempio. Ricordarci dei nostri fratelli che soffrono in qualche altro luogo del pianeta. Chiedere perdono per le nostre mancanze. Chiedere la forza di continuare e la saggezza, di continuare bene.

Questo rapporto paradossale che noi giovani viviamo è spesso inquietante. Mentre corriamo per compiere impegni quotidiani concordati dalla nostra società, non abbiamo lo stesso tempo da dedicare a Dio e anche al prossimo. Spesso non sappiamo dove fare il primo passo.

Esercitare il nostro spirito missionario è una grande difficoltà per noi. Evangelizzare il prossimo è diventato un compito quasi impossibile.

È necessario che noi superiamo la nostra pigrizia, vinciamo la tiepidezza e corriamo come matti, come il nostro Fondatore brillantemente ci presenta in uno dei suoi scritti: «Sù, sù, Fratelli! Se finora in noi è stata alcuna irrisoluzione gettiamola via, insieme con la negligenza: e corriamo come matti non solo a Dio, ma anche verso il prossimo, il quale è il mezzo che riceve quello che non possiamo dare a Dio, non avendo Egli bisogno dei nostri beni» (10216).

Che la gioia di essere giovani non sia soffocata da tutti i problemi del nostro mondo contemporaneo. Che il sentimento di cambiamento si prenda cura del nostro spirito perché per Cristo, con Cristo e in Cristo, facciamo di tutto per rivelare il Suo sacro volto verso quel nostro fratello che ha fame e sete di giustizia. Ha fame e sete dell’unica fonte di vita eterna che il mondo ha conosciuto.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

Giuseppe uomo giusto

Ognuno di noi ha una chiamata alla vita, a una vita buona, cui rispondere.
Ognuno è chiamato ad annunciare con la propria vita la bellezza della vita, di una vita giusta, preoccupata delle vite intorno a sé.
Il cristiano è chiamato ad annunciare la bellezza della vita proclamando il Vangelo (2 lettura) secondo la propria personale vocazione, la propria originalità.
Giuseppe, lo sposo di Maria, si inserisce in questa schiera di uomini e donne che annunciano la fedeltà di Dio verso l’umanità.
Giuseppe è un uomo di cui non si conosce parola, di cui si riconosce il silenzio, non un silenzio vuoto, ma un silenzio di riflessione, di discernimento: cosa devo fare?
Forse oggi nessuno lapiderebbe o denuncerebbe una donna rimasta incinta prima del matrimonio, forse oggi la maggior parte consiglierebbe un aborto o un abbandono della persona.
Giuseppe era un uomo giusto, cioè un uomo che conosceva il pensiero di Dio, la storia di Israele, gli interventi dei profeti, i desideri degli uomini del suo tempo.
Giuseppe si trova ad affrontare una situazione che poteva capitare ma che non si sarebbe aspettato: che fare?
Riflettere, ragionare, pregare, chiedere aiuto a Dio.
Giuseppe è chiamato a capire cosa vuole Dio da lui, perché mi succede questo?
Nella storia di Israele Dio aveva chiesto ai profeti dei segni per aiutare Israele a crescere nella fede: chi non doveva sposarsi, chi doveva sposare una prostituta, chi doveva…
Giuseppe entra in questa richiesta di segni e comprende che deve accogliere questa donna, questo bambino che doveva nascere per intervento divino: Dio può intervenire come vuole nella storia e interviene come sempre collaborando con gli uomini. Non siamo di fronte a un mito, ma di fronte a un intervento di Dio nella storia degli uomini collaborando con una donna, Maria e con un uomo, Giuseppe. I miti, come le favole, sono sempre fuori dalla storia.
Giuseppe entra nel silenzio della notte, del sonno e sogna!
Il sogno riguarda la capacità dell’uomo di avere un progetto, un obiettivo da realizzare: guai non avere dei sogni;
il sogno riguarda il proprio inconscio, il profondo desiderio di felicità, di Dio che è in ogni uomo anche in chi non ha o non avrà la rivelazione di Dio;
il sogno riguarda, significa anche la capacità di dialogare con Dio, di ascoltare l’intervento di Dio che interviene quando l’uomo si dispone nel silenzio ad accoglierlo (pensiamo al sonno di Adamo, da cui venne tratta Eva!).
In questo sogno Giuseppe scopre che Dio cambia i suoi progetti, porta una novità, una sorpresa che si può accogliere o negare!
Giuseppe è un uomo giusto non perché osservante le leggi, ma perché capace di riconoscere, accogliere e realizzare la giustezza di Dio per tutti noi.
La liturgia di oggi quindi ci invita a chiederci:
quanto tempo abbiamo dedicato in questo Avvento ad ascoltare la parola di Dio?
quanto abbiamo o stiamo sognando con Dio il modo di vivere il vangelo?
quanto abbiamo imparato un po’ di più a essere papà e mamma di Gesù? Accogliere questo Dio che si fa uomo per annunciarlo a questa umanità bisognosa di salvezza?

PS.: non dimentichiamo di pregare per la pace in Siria.

Una zuppa di plastica

BRUXELLES, 16. Nel Mediterraneo occidentale c’è una vera e propria “zuppa di plastica”, con concentrazioni tra le più alte nel mondo. È quanto si legge in una stima della presenza di microplastica galleggiante in mare aperto pubblicata dall’istituto di scienze marine del consiglio nazionale delle ricerche di Lerici (IsmarCnr), in collaborazione con l’Algalita Foundation (California). «Per la prima volta — si legge nel documento — sono stati individuati i polimeri che costituiscono la microplastica galleggiante in mare e la loro distribuzione».
Ogni anno, nel mondo, vengono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica e si stima che fino a 12 milioni di tonnellate finiscano in mare. La microplastica è costituita da quei frammenti di plastica più piccoli di due millimetri che, per quanto non visibili a occhio nudo, sono stati trovati a galleggiare pressoché ovunque nel Mediterraneo, una “presenza” tra le più alte al mondo. Ad esempio, nel vortice subtropicale del Pacifico settentrionale alcuni anni fa sono stati stimati circa 335.000 frammenti di plastica per chilometro quadrato, mentre nel Mediterraneo si parla di una media di circa 1,25 milioni.
Allarme anche nell’Artico, dove quest’anno temperature senza precedenti hanno contribuito a un ritardo record nella formazione autunnale di ghiaccio marino, causando un ampio scioglimento nella Groenlandia. È quanto emerge dal rapporto dell’Arctic Program della Noaa, l’agenzia statunitense per la meteorologia. Stando allo studio, che mette insieme il lavoro di 61 scienziati in 11 paesi, la temperatura dell’aria sopra la terraferma è stata la più alta mai registrata, con una media annuale di 3,5 gradi centigradi in più rispetto agli inizi del XX secolo. Il termometro ha segnato 2 gradi in più rispetto alla media del periodo 1981-2010, con punte di 8 gradi in più a gennaio.

(L’Osservatore Romano – 16 dicembre 2016 / ANSA 15 dicembre)

Allegri e contenti?

«Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la terra arida».
Con queste parole del profeta Isaia comincia la liturgia di questa 3 domenica di Avvento.
Si rallegrino perché imminente è la venuta del Signore Gesù!
Ma c’è da rallegrarsi oggi?
Le situazioni, le guerre, gli egoismi, l’indifferenza non permettono di rallegrarsi.
Eppure il credente è sempre nella gioia, anche quando affronta il dolore, il sorriso di Dio abita nella sua coscienza, tra i suoi pensieri.
Rallegrarsi è difficile.
È difficile rallegrarsi per Giovanni Battista (Mt 11,2-11) che aveva una idea di Messia imparata dalla propria fede ebraica, un messia che libera i prigionieri, che rialza gli umili, che combatte i potenti.
E invece Giovanni Battista si trova in carcere, soggiogato dai potenti, Erode, forse dimenticato da
Ma i suoi discepoli gli raccontano quello che opera Gesù con i suoi discepoli: la sua attenzione ai poveri, agli ultimi, quel suo farsi ultimo, piccolo tra i piccoli!
«Non ve n’è uno più grande di Giovanni Battista – dice Gesù – ma il più piccolo è più grande di lui!». Il più piccolo è questo Dio che si fatto uomo in Gesù, condividendo le nostre miserie e limiti.
Gesù condivide le nostre miserie, le nostre tragedie, i nostri limiti e noi – suoi discepoli – cosa condividiamo con questa umanità in cui siamo chiamati a vivere?
Più che condividere sembra siamo abili nel creare miseria, limiti e tragedie e quasi non ce ne preoccupiamo. Ci preoccupiamo di un cagnolino, di un animale che soffre, ma di un uomo?
Non si può attendere Gesù – dicevamo – come attendendo un tram. Bisogna attendere Gesù con costanza, pazienza, senza lamentarsi, impegnati in ogni momento a una piccola o grande azione per il bene degli uomini.
Non lasciamo che la sorte di tanti Giovanni Battista ci passi accanto come se nulla fosse, recuperiamo non delle emozioni generiche e temporali per quanto ci accade intorno; ricostruiamo una cultura dell’altro con la quale poter costruire il bene di tutti.
Così hanno fatto i profeti, così Giovanni Battista, così Gesù, così siamo chiamati a testimoniare noi cristiani.

Per essere santi e immacolati (Ef. 1,4)

+ Questa festa dell’Immacolata Concezione di Maria ci è sicuramente un po’ ostica, forse un po’ lontana dalla nostra mente razionalista; eppure ci è più intima di quanto pensiamo.

+ Non è una festa irrazionale, perché Dio necessita un suo spazio sacro, puro, bello.

Dio non entra nella storia in modo drammatico (come nei miti); Dio non combatte il male, il peccato con la forza, la violenza, ma con la semplicità di una donna che accoglie una chiamata, una proposta; l’uomo combatte il male con il male, Dio no!

+ È una festa intima, perché Dio apre la sua maestà, la sua coscienza, la sua Trinitarietà a una donna, a tutti noi. L’intimo di Dio entra nell’intimità di una donna.

È a Maria che Dio, per la prima volta si rivela nella sua totalità: Padre, Figlio e Spirito santo; si rivela a una donna per chiedere a Maria di diventare Madre sua e così chiedendo fa di Maria anche la Madre nostra.

+ Ciò che non era accaduto a Eva con Adamo, essere la madre di tutti gli uomini, è riuscito a Maria. Eva non è stata capace di mantenere gli uomini nell’amicizia con Dio; Maria con il suo sì ci ha rimessi nell’amicizia, comunione con Dio.

+ Certo il peccato rimane tra gli uomini anche dopo l’Immacolata Concezione, ma con Maria è tagliato il cordone ombelicale con il peccato, con Maria Dio può incarnarsi per sconfiggere il peccato.

Il peccato è quel mettersi al posto di Dio come hanno fatto Eva e Adamo: erano con Dio, intimi, amici ma hanno voluto mettersi al suo posto; Maria era amica di Dio, ha ricevuto le perle più preziose di Dio: la sua anima lo Spirito santo e il suo corpo, Gesù ma non per questo si è messa al posto di Dio.

+ Pregare Maria quindi significa non mettersi al posto di Dio, ma lasciarsi inondare dalla forza dello Spirito santo, dal corpo di Cristo perché sia fatta la sua volontà.

Forse non ci pensiamo, ma ogni volta che celebriamo l’Eucaristia siamo inondati dalla forza dello Spirito, diventiamo portatori del Corpo di Cristo.

Forse non riusciamo sempre a fare la sua volontà, ma con l’intercessione di Maria possiamo fare cose grandi!

Per ora preghiamo Maria per tutte le mamme di Napoli e non solo alle quali sono stati uccisi dei figli o che hanno figli assassini: l’Immacolata Concezione possa ridare loro quella purezza di cui tutti necessitiamo per vivere.