Belém 2025 – COP30

Belém não é apenas o destino desta minha viagem, Belém, porta de entrada para a Amazônia, é a cidade escolhida para sediar a COP30 (conferência das partes organizada pela ONU sobre problemas climáticos) em novembro de 2025.
O que tenho a ver com a COP30?
O que os Barnabitas têm a ver com isso?
Não sou um cidadão deste mundo?
Os Barnabitas não são chamados a servir este mundo, a reconhecer os seus gemidos e dores, a trazer esperança e justiça?
A questão climática não é apenas ideologia ou moda atual: para um crente significa cuidar da criação na qual Deus nos colocou. A ecologia diz respeito ao clima e ao ambiente, mas antes de tudo ao próprio homem, à forma como o homem e a mulher se reconhecem para além ou antes de reconhecerem o ambiente.
Os Barnabitas estão presentes em Belém há 110 anos. Quem vive mais as alterações climáticas e as consequências para a natureza e para os homens e mulheres do que eles? Quem mais do que eles, pode nos ajudar a construir caminhos de verdade e justiça?
Faz sentido que um homem simples e desconhecido vá perturbá-los vindo da Itália?
Somos cidadãos deste mundo, responsáveis pelos danos causados e pelas soluções a oferecer e construir.
Devemos isso, em primeiro lugar, aos jovens e às crianças com quem trabalhamos, se não quisermos ser hipócritas. Devemos isso à Verdade. Devemos isso a Deus!
Talvez os nossos jovens consigam intervir diretamente na COP30, mas este não é o objetivo final.
Belém não é apenas o destino da minha viagem, Belém é a oportunidade para exortar a nós, Barnabitas, a uma pastoral renovada para uma ecologia integral.
Giannicola M. prete
29 janeiro 2024

In viaggio verso Belém do Parà

Belem non è solo la meta di questo mio viaggio, Belem, la porta dell’Amazzonia, è la città scelta per ospitare nel novembre 2025 la COP30 (conferenza delle parti organizzata dall’ONU riguardo i problemi del clima).
Che c’entro io con la COP30?
Che c’entrano i Barnabiti?
Non sono forse io un cittadino di questo mondo?
Non sono forse i Barnabiti chiamati a servire questo mondo, a riconoscerne i gemiti e i dolori, a portare speranza e giustizia?
La questione climatica non è solo ideologia o moda del momento: per un credente è prendersi cura del creato in cui Dio ci ha posti. L’ecologia riguarda il clima e l’ambiente ma prima di tutto l’uomo in sé, il modo in cui l’uomo e la donna si ri-conoscono oltre o prima di ri-conoscere l’ambiente.
A Belem i Barnabiti sono presenti da 110 anni, chi più di loro sperimenta i cambiamenti climatici e le conseguenze sulla natura e sugli uomini e le donne?
Chi più di loro può aiutarci a costruire dei percorsi di verità e giustizia?
A senso che un semplice e sconosciuto uomo vada a disturbarli dall’Italia?
Siamo cittadini di questo mondo, responsabili dei danni operati e delle soluzioni da offrire e costruire.
Lo dobbiamo prima di tutto ai giovani e bambini con cui lavoriamo, se non vogliamo essere ipocriti.
Lo dobbiamo alla Verità. Lo dobbiamo a Dio!
Forse i nostri giovani potranno intervenire direttamente alla COP30, ma non è questa la meta finale.
Belem non è solo la meta del mio viaggio, Belem è l’occasione per sollecitare noi Barnabiti a una rinnovata pastorale per una ecologia integrale.

Giannicola M. prete
29 gennaio 2024

SANTOCIELO

«Se qualcuno ci ascolta o no è secondario, ma mi sento meno solo quando prego.»
Dal 14 dicembre è nelle sale il nuovo film di Ficarra e Picone, Santocielo, diretto da Francesco Amato; già regista di 18 regali.
Personalmente, il loro cinema non mi ha quasi mai convinto a differenza di quando li vedo in televisione. Nonostante il trailer non mi abbia fatto suscitare nulla, ero curioso di vederlo perché in primis il duo comico ritornava a parlare di religione dopo Il primo Natale e di cose legate all’ambiente cattolico, ma anche perché la nuova pellicola verteva su un argomento tanto interessante quanto delicato: un uomo che resta incinto per uno sbaglio commesso dall’Angelo mandato dal Padre Eterno con lo scopo di far nascere un nuovo Messia. Come si può capire, la premessa è fantasiosa e surreale. Ero quindi curioso di vedere se la coppia riusciva nell’intento di far riflettere gli spettatori e la critica circa un tema difficile da trattare e molto facile da far sfuggire di mano se non si riesce ad amalgamare bene con la trama, la durata e il racconto che vuole essere pure comico.
Il primo tempo può risultare anche carino da guardare, nonostante non si fosse prestato subito a rispettare le mie attese. La trama è molto banale e anche certi passaggi nel film non sono da meno. Ci sono diversi difetti: troviamo Giovanni Storti nei panni di Dio, uno dei ruoli più funzionali del film, ma lo si vede soltanto pochi minuti in circa due ore di pellicola. Inoltre, la durata è troppo lunga perché le commedie simili a questa dovrebbero durare sui 90-100 minuti. È un film che tratta l’inversione dei sessi in modo molto leggero, confuso nei suoi intenti e poco incisivo con l’umorismo. Tutto sembra spento, anche le gag non sembrano divertenti e spesso forzate.
Nel secondo tempo invece troviamo problemi legati alla Bibbia che possono essere orientati verso una mancanza di coraggio nell’affrontare certe tematiche. Santocielo sembra voler parlare della Chiesa che, come nella realtà, non accetta l’unione tra due persone dello stesso stesso, figuriamoci doversi trovar di fronte ad un uomo che deve partorire suo figlio. Da questo pretesto sarebbero potute nascere cose interessanti e stimolanti che avrebbero portato il pubblico a ridere, ma anche e soprattutto a pensare e riflettere su ciò appena visto. Mi è sembrato che il film non volesse aprire alcune porte, bensì tenersi nella “safe zone”.
Si va verso un finale accomodante, per niente incisivo dove forzatamente regnano i buoni sentimenti, ma dove anche non si ha il coraggio di criticare nessuno. Tutto quello che potrebbe essere devastante viene trattato come una piccola notazione irrilevante, macchiettistico e caricaturale. Come, ad esempio, la storia d’amore parallela tra l’Angelo e la suora. Essa è esterna al tema del film, ma condotta con una banalità che lo spunto non avrebbe. Pensiamo infatti a come una suora si sentirebbe e cosa proverebbe qualora si dovesse mai innamorare di una persona. Probabilmente le susciterebbero pensieri lontani dal percorso che ha scelto per la sua vita, e quindi di star perdendo la propria fede.
In Santocielo però ci sono proprio in ballo questioni cristiani come l’aborto o la tendenza degli umani a invocare l’aiuto divino per questioni triviali o altre situazioni scherzose che solitamente il cinema cristiano non fa. Quindi anche qui, non si capisce molto bene il taglio che hanno voluto dare all’opera. Avrei preferito e mi sarebbe piaciuto vedere uno spettacolo che, tra una risata e l’altra, denunciasse anche l’aspetto più bigotto della Chiesa (che non significa essere anticlericali) circa le unioni omosessuali, in quanto, lo ripeto, avrebbe fatto riflettere su una piaga che coinvolge la Chiesa da anni.
Marco C. – Milano

Per le strade

La strada, non una strada qualsiasi, anzi le strade è la caratteristica dei Magi che vanno a Betlemme. Oggi, ma non è proprio così, si chiude il tempo del Natale, con questa immagine tra il fantastico e il romantico. Ma non è questa la strada che ci vuole tracciare il Dio fatto bambino a Betlemme e uomo, dopo 33 anni, a Gerusalemme.
La strada che un credente è chiamato a percorrere è quella dell’innamorato, è quella del costruttore di Pace – lo dicevano a Natale e al 1 gennaio, è quella del cercatore della verità – lo diciamo oggi.
I Magi non sono degli abitudinari, sono degli Innamorati della vita e forse diventeranno innamorati di questo Dio fatto bambino. Ma Dio non si formalizza, Lui è tanto innamorato di ognuno di noi che si “accontenta” che noi ci innamoriamo della Vita, della Pace, dell’Umanità. D’altra parte nel racconto dei Magi non si dice il nome di Dio: Gesù, ma semplicemente “videro il bambino con Maria sua madre”. Il volto di questo bambino è il volto dell’Umanità.
Un cristiano innamorato è un cristiano che si sa inginocchiare davanti al volto di questa umanità offrendo i propri doni: ognuno quelli che ha! Anche i propri peccati – parola desueta!
Siamo innamorati o abitudinari?
L’innamorato è colui che è sempre in ricerca sulle strade della Vita; è colui che conosce il rischio di poter sbagliare strada; è colui che non si assoggetta al potere ma sa distinguerlo tra vero e falso; è colui che adorare, contemplare perché la verità non è un veloce messaggio: richiede tempo e profondità. L’innamorato è colui che non cerca il nulla, l’ignoto, ma un volto; è colui che supera l’individualismo ma si affida ad altri e dona fiducia ad altri. I Magi non erano 1, forse 3, forse di più. Uomini e donne che hanno imparato il rischio della fiducia reciproca.
Concludo con le tre citazioni che mi hanno accompagnato in queste feste di Natale:

«Ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. È questione di amore. Ci vuole coraggio per amare… La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare.» papa Francesco.
«Com’è possibile che in ogni ambito si studino teorie e pratiche innovative, mentre la violenza rimane l’unico, arcaico mezzo per risolvere i conflitti fra gruppi, popoli, nazioni?
Com’è possibile che manchino sempre le risorse per la salute, l’istruzione, la lotta alla povertà o al cambiamento climatico, mentre i soldi per le armi si trovano sempre, persino nei paesi più disastrati? Cercare la pace interiore non significa pacificare la nostra coscienza. La pace può e deve convivere con l’inquietudine, col dubbio, con le domande che danno senso e sapore all’esistenza.» Don Luigi Ciotti
«Poi gli offriamo i nostri doni: l’oro, cioè la libertà (la cosa più preziosa che hai), la decisione di giovarti col segno. L’incenso, cioè la preghiera – la Messa, le lodi, i canti… – e la mirra. E questo è il dono più difficile; perché è il sacrifico, l’offerta, il dono di sé.» Angelo Scola, vesc.