MESSAGGIO P. GENERALE AI GIOZACC A CRACOVIA

INCONTRO GIOVANI ZACCARIANI
DURANTE LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
Presso “Casa Italia”
Venerdì 29 luglio 2016 – Krakow

Saluto introduttivo di padre Giannicola M. Simone,
resp. Ufficio Pastorale Giovanile dei PP. Barnabiti.

Buon giorno reverendo p. Generale e ben trovati a tutti voi giovani.
Ecco davanti a Lei i nostri SAMZfollower, dal Brasile, dall’Italia, dal Belgio, dalla Polonia.
Dopo l’incontro di Rio de Janeiro nel 2013 è la prima volta che giovani barnabiti/zaccariani si ritrovano per conoscersi e vivere insieme la propria fede sulla strada tracciata dal nostro SAMZ.
L’incontro di oggi è il frutto del lavoro di tanti dei suoi confratelli e sicuramente della pazienza di tanti dei nostri giovani.
Alcune realtà locali hanno già dei propri incontri: l’Enjuz per l’America Latina; il Pellegrinaggio della Provvidenza per l’Europa; vorremmo creare altre opportunità per l’Asia, l’Africa.
Siamo di fronte a giovani che hanno molta voglia di essere, fare e pensare anche quando sono senza un pastore;
sono giovani che si chiedono come potrà essere il loro futuro da cristiani adulti;
sono giovani che hanno a cuore la nostra famiglia barnabitica, che sanno poco delle Sorelle Angeliche, che sanno poco dei Laici di san Paolo;
sono giovani che vorrebbero vedere maggiore unità e comunione nel lavoro di noi religiosi verso di loro;
sono giovani che hanno bisogno di famiglia, anche di famiglia zaccariana, in questo mondo globalizzato.
SAMZ nel Sermone V parla della bontà delle passioni se sono usate bene.
Anche questi giovani zaccariani hanno buone passioni:
– la fede, che chiede di pregare con maggiore unità;
– la carità, che vuole esprimersi specialmente nel volontariato;
– la speranza, che si manifesta nella capacità di pensare il futuro con Intelligenza.
Rev.mo P. Generale, non smettiamo di coltivare questa “stupenda arte di Dio” che sono i nostri giovani, con la stessa passione che ci ha trasmesso il nostro Fondatore.
Grazie

Intervento del rev.mo padre Generale Francisco Chagas Santos da Silva

Buona sera e ben trovati.
Abbiamo avuto un po’ di problemi nell’organizzare questo incontro ma ci siamo finalmente riusciti.
Ho pensato che ormai staccarvi dalle giornate della gioventù sarebbe stato faticoso quindi meglio non fare un altro incontro, ma padre Giannicola ha procurato questo appuntamento qui a “Casa Italia” e sono contento.
Alcuni di voi vissero già l’incontro di Rio de Janeiro tre anni fa, ecco oggi un’altra opportunità di esperienza insieme tra noi, come religiosi barnabiti e voi giovani.
Già dal 2012, quando divenni padre Generale, cominciammo a lavorare per una possibilità di coordinamento tra i giovani delle nostre opere nel mondo, nei 18 paesi dove siamo presenti.
Un lavoro non solo per condividere la comunicazione tra voi e noi, ma specialmente per coltivare lo spirito di famiglia sotto una medesima spiritualità e direzione, quella di SAMZ.
Questo lavoro di coordinamento non è facile, perché molte sono le difficoltà non di voi giovani, ma spesso di noi religiosi che guardiamo di più al nostro piccolo orto che al bene della Congregazione, noi religiosi che spesso ci chiediamo perché dobbiamo fare qualche cosa di più oltre al nostro lavoro locale, perché cercare il bene comune richiesto da SAMZ?
Dobbiamo noi religiosi avere il coraggio di fare un passo in avanti e lasciarci stuzzicare da voi giovani.
Quindi il nostro essere qui è il risultato di un lavoro splendido, bello anche se con tante fatiche; ma quanto noi affrontiamo le fatiche tanto più sperimentiamo la grazia di Dio e il senso di famiglia.
Voi quindi giovani zaccariani, qui, in Europa, in Asia, in Africa, in America possiate riconoscervi una vera famiglia insieme a noi religiosi e religiose e così sentirvi accolti.
Grazie

P. Giannicola:
Prima di tutto grazie al padre Generale per le sue parole.
Ora vediamo se qualcuno di voi ha delle domande, dei consigli da offrirci.

Madison, Belem:
C’è in questo lavoro insieme la possibilità, o forse già esiste, un interscambio tra i giovani delle diverse provenienze, non solo un sentire, ma anche un fare sul territorio?

P. Generale:
Sì, ci proponiamo di realizzare un’azione comune di giovani su più territori. Creare occasioni di scambio tra voi è un desiderio che vogliamo realizzare quanto prima.
L’Europa già fa questo lavoro in Albania, un lavoro sociale e spirituale. In passato esperienze simili in Africa, poi interrotte. Riprendere questo lavoro è veramente importante, ma chiede del tempo di preparazione perché le comunità e i territori locali siano pronti ad accogliervi.

P. Giannicola:
già ci sono dei progetti per il Brasile sia a Rio, forse a Belem, speriamo siano realizzabili velocemente.

Chiara, Roma:
essere cristiani in Italia non è facile. A Roma è difficile convocare altri giovani: ha qualche consiglio per la nostra piccola comunità del Gianicolo?

P. Generale:
Il consiglio che posso darti è sempre relativo. È vero che in Europa i giovani faticano a restare in Oratorio, in Chiesa dopo la Cresima. Cosa fare?
È importante mantenere la vostra testimonianza, continuare a incontrarvi tra voi per riflettere, per pregare anche se siete pochi. Pensare a grandi numeri in in Europa è irreale. Bisogna lavorare nel piccolo.

Lukas, Warszawa:
Noi vogliamo chiedere al padre generale cosa dovremmo fare per essere un gruppo zaccariano? Noi abbiamo fatto ancora poco sulla spiritualità zaccariana, cosa vi aspettate da noi?

P. Generale:
Credo sia meglio risponda padre Giannicola.

P. Giannicola:
Noi chiediamo che la vostra esperienza di fede locale possa diventare un’esperienza anche nostra illuminata dagli insegnamenti di SAMZ dove ci siano delle tappe insieme, dei cammini insieme in cui ognuno porta il proprio contributo; nella preghiera, nell’agire, nel pensare. Ma avremo modo lunedì per approfondire questa appartenenza.
Intanto ringrazio per la domanda e per le tappe che già abbiamo camminato insieme.

Ora dobbiamo chiudere, ma prima della foto ufficiale voglio approfittare per ringraziare:
il padre Generale della sua disponibilità e presenza;
tutti i confratelli di Warszawa per il lavoro e l’accoglienza offerti da un anno a questa parte per tutti noi e voi;
i confratelli presenti con i loro giovani con i quali abbiamo cominciato a lavorare in rete: non smettiamo di lavorare juntos, ne abbiamo bisogno per la nostra Congregazione;
le sorelle Angeliche qui presenti, segno significativo per le nostre ragazze;
le Figlie della Divina Provvidenza.

Concludiamo ora, prima della foto ufficiale, cantando la versione portoghese di Correte come matti, Corremos comos loucos.

Ancora per la nostra amata Siria

Aspettando il giorno
in cui tutti
ci renderemo conto
che ciascuno
è il collaboratore
della gioia e della pace dell’altro,
preghiamo il Signore con fede
che quel giorno giunga presto,
prestissimo,
magari facendoci carico
delle tristezze di coloro
che non hanno pace e gioia
a causa di questa vergognosa
mancata collaborazione!

buona riflessione

Continuiamo a pregare per la Siria!

Mi scuso per il ritardo ferragostano, ma la preghiera non ha tempo, è sempre opportuna.
Non cessiamo di pregare con i nostri amici siriani per la Siria.
Pregare non è poca cosa.

Augurando
una buona festa della Dormizione
nella speranza
che questo periodo
non sia solo
tempo di vacanza mondana,
ma tempo di ristoro per l’anima,
chiediamo di non dimenticare
di pregare
o almeno di rivolgere il proprio pensiero
a quanti ancora non sono in vacanza,
ma non perché abbiano finito le proprie ferie da chiedere,
bensì perché gli è stata distrutta
casa famiglia e paese
o peggio ancora
ne è stato cacciato
e non può farci ancora ritorno.

Preghiamo la Madre di Dio
chiedendole di voler
dare a tutti noi la salvezza!

Un meritato … divano

Dopo #Krakow2016, che ha visto radunati più giovani dal mondo delle nostre attività pastorali barnabitiche, si conclude a Milot, Albania, il #KampiVeror2016: un campo scuola dove giovani di diverse età e provenienze hanno dato tempo, fantasia, preghiera e azione per animare 100 bambini di questi villaggi sconosciuti ai più, ma non a Dio!
Non sono le uniche attività estive dei Padri Barnabiti, ma sicuramente le più “significative” per cui è giusto ringraziare anche questi giovani che hanno creduto nel nostro lavoro e ci hanno testimoniato gioia, pace, giustizia, verità, dedizione, stanchezza e voglia di continuare. Nel mondo lacerato da violenze e soprusi, nel mondo dove sembra prevalere l’arroganza e il pessimismo la voglia di spendersi per altri, di spendere il proprio tempo a Milot piuttosto che al mare o chissà dove è segno di misericordia di Dio e di speranza.
Misericordia perché dove si lavora con gratuità e dedizione per bambini sconosciuti là agisce la grazia di Dio, là si prepara la propria salvezza eterna, perché qui e non dopo comincia l’eternità di cui tutti hanno sete.
Speranza perché dove si lavora con pazienza e disponibilità con propri coetanei si contribuisce a dare credibilità, responsabilità, voglia di futuro migliore per il proprio paese, l’Albania.
Grazie e questi giovani che invece di Mercedes o fabbriche che normalmente sfruttano donne e uomini in Albania, hanno portato l’idea di un’Italia capace di donare il proprio tempo, la propria esperienza educativa, il sogno di poter condividere un mondo migliore.
Scoprire e riconoscere che i bambini di 20, 10 anni fa sono gli animatori e gli amici di oggi; notare che genitori prima “assenti” dalle attività dei propri figli, chiedono e condividono la passione educativa e la voglia di giocare dei più piccoli aiuta a credere di più in se stessi, nelle proprie possibilità di lasciare un segno.
Il segno della fatica educativa che premia quanti non hanno paura di sognare il futuro in Italia, in Albania, in Europa.
Si dice che i giovani non sono solo oggetto di consumo o voglia di far rumore, ma anche persone capaci costruire con senno. L’esperienza di questa estate 2016, a Krakow per un verso, a Milot per un altro è il frutto di un attento e voluto cammino di collaborazione nel quale adulti, preti e laici e suore, e giovani hanno sognato e costruito insieme il futuro di un piccolo villaggio d’Europa.
Senza superbia, ma con un pizzico di orgoglio possiamo dire che in questa estate2016 ha vinto la fiducia reciproca tra adulti e giovani, hanno vinto quelle responsabilità e partecipazione che la Chiesa con passione ci chiede.
E ora credo che papa Francesco non si arrabbierà se consiglierò a tutti noi di ricorrere per qualche giorno a un bello e comodo … divano! Per ripartire con grinta il prossimo autunno.
Grazie a tutti i SAMZfollower 2016!

P. Giannicola M. Simone
Uff. Pastorale Giov. PP. Barnabiti

Giovani del presente per il futuro

Cari amici di GiovaniBarnabiti,

non ne avrà male Enzo Bianchi se pubblico il suo articolo, I giovani non sono il futuro, ma il presente, alla conclusione della scorsa GMG, credo sia un ottimo spunto di riflessione per tutti noi.

Da anni i più attenti conoscitori del mondo giovanile vanno ripetendo che siamo di fronte a un cambiamento radicale nella difficile arte di trasmettere alla generazione successiva i principi ritenuti fondamentali per affrontare il duro mestiere di vivere e di vivere in società. Non solo perché sono crollate le ideologie e i sistemi sociali che ad esse si ispiravano, ma ancor più perché alla consueta diffidenza che ogni generazione nutre per il patrimonio di valori che quella precedente ha da trasmettere, si è aggiunta la convinzione che non c’è più nemmeno un patrimonio da ricevere: la cultura globalizzata dominante sembra affermare che il mondo inizi sempre da capo, che l’umanità non possieda capisaldi condivisi, che una scelta equivalga all’altra e che domani si possa «rottamare» quello che abbiamo acquisito oggi.

Del resto è significativo che alla consueta e magari stantia domanda rivolta ai ragazzi – «cosa vorresti fare da grande?» – la risposta non consista ormai più nell’uno o nell’altro mestiere o professione bensì in un sempre più maggioritario e tragicamente uniforme: «Vorrei avere molti soldi per fare ciò che mi piace».

In questo contesto, cosa dire alle decine di migliaia di giovani cristiani che si ritrovano in questi giorni in Polonia all’indomani di un’impressionante serie di stragi in tutto il mondo culminate, per noi in Europa, con il brutale assassinio di un anziano prete da parte di due loro coetanei?

Cosa rispondere a quanti di loro di fronte al male nel mondo si chiedono, come ha fatto papa Francesco ad Auschwitz, «dov’è Dio?» «Dio abita dove lo facciamo entrare», risponde un detto chassidico, ed è una verità che per i cristiani ha preso carne in Gesù di Nazareth, venuto tra i suoi e accolto solo dagli ultimi. D’altro canto, la domanda lancinante ne genera da sempre un’altra, ancor più decisiva per noi: «Dov’è l’uomo?». Dov’è l’umanità quando altri esseri umani la calpestano e la negano? Dov’è l’uomo quando il grido del povero è soffocato nel sangue?

Allora ai giovani si potrebbero suggerire alcune indicazioni di senso o, meglio, qualche traccia che loro stessi dovrebbero trasformare in sentiero verso una pienezza di vita.

La prima, forse decisiva, è che, a prescindere dagli entusiasmanti raduni oceanici, non esistono «i giovani», esiste ciascuno e ciascuna di loro e, accanto a loro, quella rete reale e non virtuale di rapporti umani intessuti tra coetanei e non, affini o meno. E che in questo tessuto – che possiamo chiamare società o comunità umana – ogni persona è lì, con la sua unicità che, se non è messa e custodita in una relazione di solidarietà e comunione, muore per asfissia. Ciascuno è lì con la propria responsabilità, la capacità di rispondere alle sollecitazioni che l’altro gli pone, con la consapevolezza che da ogni gesto, parola, azione può derivare la vita o la morte di chi ci sta accanto. La seconda, a prima vista deludente, è che non è vero che ai giovani appartiene il futuro, essi non sono «il futuro» della società o della chiesa: sono parte attiva del presente che appartiene a loro come a tutti. Sta anche a loro far sì che, a partire da questo presente, si creino le condizioni affinché ciascuno abbia la possibilità di vivere con dignità, già ora e poi anche in futuro.

Pensavamo che per far questo potessimo lasciar perdere i grandi sistemi di pensiero, religiosi o no, e rifugiarci in un quotidiano plasmabile e riplasmabile a nostro piacimento, ma da anni la violenza qui in Occidente mira a colpire lo scontato delle nostre esistenze, i nostri piccoli o grandi interessi personali.

Va quindi recuperata la grandezza dello stare insieme per libera scelta consapevole, la difficile bellezza della convivenza stabile, la durata dei rapporti, la fedeltà che implica fiducia, la volontà di edificare insieme la casa comune.

Non sono impegni solo per i giovani, sono sfide che attendono tutti e che anzi richiedono una forte fraternità intergenerazionale: abbiamo tanto insistito in questi ultimi decenni sul valore della libertà – isolandolo da ogni altra istanza etica e declinandolo come licenza arbitraria priva di ogni limite – e siamo così giunti a non saper più che farcene perché abbiamo dimenticato l’uguaglianza vissuta non come livellamento al basso ma come autentica fraternità, come legame tra persone che non si sono scelte eppure condividono l’origine, la casa, il cibo e magari anche i sogni e il futuro. Sapremo, adulti, anziani e giovani, ricominciare insieme la meravigliosa, esigente avventura dell’umanità riconciliata?

La Stampa, 31 luglio 2016