14 estate a Milot

14 estate a Milot

Nei mesi da marzo a giugno 1999, cruciali per gli abitanti del Kosovo che varcavano i confini dell’Albania cercando rifugio e protezione, la Caritas Bergamasca aveva attivato un’iniziativa umanitaria di aiuto alla popolazione albanese che soccorreva i kosovari. Ogni settimana partiva dal porto di Bari un gruppo di volontari bergamaschi e non che si alternavano nell’opera di affiancamento e aiuto materiale alle due popolazioni in emergenza. Anch’io ho fatto parte dell’ultimo gruppo, partito alla fine di giugno, con destinazione Arrameras, tra le colline a nord di Tirana. È stata la prima, forte, significativa esperienza in un Paese straniero, che non dimenticherò mai! Una sera ci siamo recati a Milot per incontrare altri bergamaschi impegnati nelle operazioni di soccorso. Ricordo ancora le flebili luci che illuminavano il percorso, le strade sconnesse e la gioia di condividere le emozioni con gli altri volontari, l’ammirazione verso i Padri e le Suore che con la loro presenza dimostravano la capacità di donare sollievo a tutti.

Agosto 2002. Trascorsi tre anni, la Comunità Ruah di Bergamo, che aveva scelto Milot come luogo dove poter dare un contributo e un sostegno alla Comunità parrocchiale dei Padri Barnabiti e delle Suore Angeliche, aveva organizzato un campo di lavoro. All’incirca 20 persone, tra giovani e meno giovani, suddivisi in tre gruppi, hanno dato il via a qualche “opera muraria” e, affiancati da giovani albanesi, organizzato attività di animazione per i bambini e i preadolescenti del luogo. Quell’anno il mio operato si è tradotto in mansioni quotidiane soprattutto in casa. Sono stata spettatrice attenta nel cercare di conoscere una realtà nuova e, a tratti, problematica, tuttavia caratterizzata da persone fortemente determinate a migliorarla.

2003-2004-2005-2006-2008-2010-2012-2013-2014-2015-2016-2017-2018. Qualcuno potrebbe a ragione obiettare: “Quanti anni, sempre a Milot! Perché?”. Sì, tanti scorci d’estate vissuti a Milot, ciascuno con il suo prezioso carico di ricordi, attività, difficoltà, gioie, preghiere e legami d’amicizia.

Nonostante la mia non più giovane età, ancora mi sento coinvolta in un’esperienza che ritengo importante, vissuta anche con altre persone adulte. Soprattutto negli ultimi anni ho avvicinato i bambini più piccoli e ho cercato di allietarli mettendo loro a disposizione colori, carta, colla e disegni creativi, ricevendo in cambio un largo sorriso.

Certamente forze giovani potranno sempre più rendere accogliente e stimolante l’atmosfera del kampi veror che, anno dopo anno, ho visto perfezionarsi sia nell’organizzazione sia nell’apporto di iniziative di gioco innovative.

Altrettanto indispensabile ritengo sia l’apporto dei giovani albanesi, non solo perché aiutano noi italiani a comunicare, ma soprattutto perché possono essere loro gli artefici di un cambiamento positivo, improntato alla speranza di un domani migliore.

E che dire dei Padri, delle Suore: fondamentale è la loro presenza di Testimonianza evangelica!

Con riconoscenza, Antonella Donghi