The Neon Demon

Beautiy isn’t everything. It’s the only thing.

Non è una coincidenza che abbia diviso Cannes.
Non è nemmeno un caso che la maggior parte dei fan storici si sia schierata contro.
Non li biasimo. È possibile che si siano sentiti traditi, perché abituati a tutt’altro
Refn. E un po’, lo ammetto, mi sono sentito tradito anche io.
The Neon Demon, l’ultimo lungometraggio franco-danese-americano di Nicolas
Winding Refn, presentato in concorso a Cannes, convince fino a un certo punto.
L’ho visto con un amico il giovedì di prima in un cinema della Capitale e sono uscito
dalla sala due ore dopo non senza qualche riflessione.
Jesse è un’aspirante modella senza genitori e – apparentemente – senza passato, che dalla Georgia si trasferisce in un motel nei sobborghi di Los Angeles per seguire il suo sogno. Farà alcune amicizie, giuste o sbagliate che siano, che la guideranno in quel mondo fino alla fine.
Si parte quindi da un’idea in sé parecchio debole, che ha del “già visto” e “già raccontato”. E le recensioni così poco entusiaste ne danno adito.
Refn è colui che si era costruito una fama come narratore di storie dure e violente con protagonisti uomini la cui esistenza veniva portata a confrontarsi con un mondo in cui la redenzione totale era impossibile; basti pensare a Pusher (1996) o Bronson (2008). The Neon Demon non vorrebbe prendere le distanze da questi titoli, ma in realtà la lontananza è abnorme, misurabile in chilometri.

L’intro convince da subito, e i primi dieci minuti sono oro per ogni studente di cinema e non. Dall’undicesimo minuto, però, inizia un costante calo che cresce e rovina tutto. Fino alla fine.
La fotografia rimane buona, dove praticamente la totalità delle riprese si palesa con una cura e un’attenzione al dettaglio sopra la media. Ciò che però maggiormente infastidisce non è tanto la ricerca di un estetismo e di simbolismi spesso fini a sé stessi, quanto piuttosto la misoginia che sottende l’intero evolversi della vicenda che (va sottolineato) Refn ha girato in ordine cronologico, concedendosi quindi la possibilità di apportare variazioni giornaliere alla sceneggiatura.
Stupisce l’innervata negatività di sguardo che disamina il sesso femminile come profondamente cinico, dove l’amore e l’amicizia sono concetti che non hanno ragione di sussistere. Una negatività che non ha complessità, e quindi superficiale.
Refn, Mary Laws e Polly Stenham – che quella sceneggiatura l’hanno composta con lui giorno per giorno – scrivono un film sulla bellezza, un “horror senza horror”, alla ricerca di quel quid che non troveranno.

Andate a vedere The Neon Demon se e solo se:

  1. Siete dei fan sfegatati di Refn
  2. Non c’è nient’altro da andare a vedere al cinema

Se non incontrate questi due parametri, allora risparmiate i soldi del biglietto e aspettatelo in chiaro. E per sentirvelo “dire” da me…

GreggFC

La crisi dell’Europa e san Benedetto

Crisi è la parola che più ricorre pensando all’Europa oggi.

Crisi significa anche opportunità, opportunità di guardare oltre le macerie e le fatiche.

Oggi 11 luglio 2016 la Chiesa celebra San Benedetto da Norcia, patriarca del monachesimo occidentale ma anche Patrono principale dell’Europa.

Ricordare san Benedetto significa accendergli una candela perché il suo percorso religioso possa continuare a illuminare la nostra storia. La vera devozione infatti è quella di saper discernere quegli insegnamenti dettati da un’epoca perché la trascendano e possano guidare l’oggi.

Benedetto ha vissuto il travaglio della caduta dell’impero romano, della sua politica, della sua cultura e, con il suo ora et labora ha aiutato quell’epoca a traghettare verso il domani in molti dei suoi ambiti: politico, culturale, religioso, sociale.

Con Spirito illuminato papa Paolo VI scelse quest’uomo come patrono principale del nostro continente quando i traumi delle grandi guerre del secolo scorso cominciavano ad allontanarsi, ma non ancora a spegnersi come dimostrerà la storia successiva.

I momenti di crisi, causata dal corso della Storia ovvero dalla miopia egoistica dei popoli, come nella situazione attuale, accadono e distruggono. In queste crisi può accadere anche la possibilità di affrontare con sapienza e speranza il futuro.

Benedetto ci indica la possibilità di ridare un’anima e un valore alle cose che viene loro dall’azione dello s(S)pirito che aleggia continuamente sull’universo desideroso sempre di piste sulle quali “atterrare”!

Una di queste piste è sicuramente quella di ritornare ai Padri dell’Europa e al loro progetto non solo ideale o meramente economico di Unione Europea.

C’è bisogno di recuperare una paternità se vogliamo capire la strada da percorre per affrontare le molte inadempienze dei politici, le preoccupazioni spesso egoistiche di molti cittadini, le sfide della globalizzazione i sogni e la vita delle nuove generazioni.

Alla base dell’attuale Unione Europea prima ancora di questioni economiche nella mens dei Padri Fondatori, K. Adenauer, R. Schumann e A. De Gasperi c’è stata una idea di persona e di persone chiamate a vivere insieme. Una vita comune animata dalle anime greco-latina, giudeo-cristiana e germanica. Un incontro di popoli con identità diverse quindi con necessari cammini diversificati nei tempi, nelle possibilità di nuove tappe, ma anche di passi indietro. Di queste persone che hanno combattuto per un’Europa di popoli bisogna essere fieri ancora oggi. Come affermava il cardinale di Westminster, deciso sostenitore del “remain”: «We need to grasp again our basic sense of purpose» (Dobbiamo di nuovo cogliere il senso di fondo del nostro scopo).

Accendendo una candela a san Benedetto dobbiamo imparare – come scrive nella sua regola – a cingere i nostri fianchi con la fede e le buone opere per poter un domani abitare nei padiglioni del suo regno.

Ma la prima opera è proprio quella di studiare il passato, capire il presente e costruire il futuro se vogliamo cogliere l’opportunità di questa crisi.

 

Giannicola M. Simone

Obiettivo raggiunto, pedofilia e preti

A proposito di pedofilia e chiesa mi pare corretto pubblicare questa riflessione del nostro p. Giovanni M. Scalese, dal suo blog http://querculanus.blogspot.it/2016/07/obiettivo-raggiunto.html

È dei giorni scorsi la notizia che nella diocesi di Montreal in Canada, da settembre, i sacerdoti non potranno più avvicinarsi da soli ai bambini: potranno farlo solo alla presenza di un testimone (qui). Si tratta di una decisione ecclesiastica, non civile: la diocesi, evidentemente stremata per i risarcimenti milionari pagati per le cause di abusi, cerca ora di coprirsi le spalle. Si può quindi anche comprendere il provvedimento; ma ciò non toglie che esso provochi ugualmente una grande tristezza. Praticamente, la grande campagna mediatica contro i preti pedofili — che ebbe il suo culmine nel 2010, proprio durante l’Anno sacerdotale, e che sembrava essersi attenuata con l’avvento del nuovo pontificato — ha conseguito il risultato che si proponeva, quello di screditare in maniera generalizzata e definitiva il clero cattolico. Ormai, diciamocelo chiaramente, tutti — e sottolineo tutti, anche i cattolici più tradizionalisti — sono convinti che i preti — tutti, senza eccezione — sono dei pedofili. Per carità, si può anche nutrire stima e rispetto per alcuni preti, specialmente per quelli che si conoscono personalmente; ma nel fondo rimane la convinzione, o perlomeno il sospetto, che anche quei preti, che tu conosci e stimi, sotto sotto siano dei pedofili come gli altri. Ora, finché si tratta del giudizio, per quanto ingiusto, che la gente nutre sul nostro conto, può dispiacere; ma possiamo anche accettarlo, in spirito di penitenza, come la croce che ci tocca portare in questo tempo in cui viviamo. Il vero problema è un altro. Il problema è che in questo modo nessun prete oserà più avvicinarsi ai bambini e ai giovani in generale; si limiterà a fare un lavoro d’ufficio, molto meno rischioso. Lo accuseranno forse di essersi ridotto a fare il burocrate; ma almeno non potranno più accusarlo di essere un pedofilo. Voi capite però che questa sarà (o meglio, in molti luoghi, è già stata) la fine di tutte le attività giovanili della Chiesa. Il problema non è tanto il sacramento delle Penitenza: per questo, basta tornare all’uso dei vecchi confessionali, con tanto di grata (se li avevano inventati, ci sarà pure stato un motivo…) in chiesa, sotto gli occhi di tutti; e il problema è risolto. Il problema sono tutte le attività pastorali che vedevano il prete in mezzo ai giovani. Magari potevano essere anche considerate attività poco qualificate, una perdita di tempo; ma avevano comunque un profondo valore educativo e costituivano pur sempre una presenza capillare della Chiesa nella società. E chi si sognerà più di avere il gruppo dei chierichetti o degli scout, o di fare l’oratorio, o di organizzare una gita, una vacanza o un campo-scuola? D’ora in poi, il prete si limiterà a celebrare la Messa; il catechismo per la prima Comunione lo farà fare alle mamme; i giovani, una volta terminato il catechismo, non metteranno più piede in parrocchia e non avranno più alcuna occasione di incontrare un prete nella loro vita. E poi ci si lamenterà (sta già avvenendo) che i giovani sono abbandonati, che non hanno più punti di riferimento, che crescono senza valori, ecc. ecc. È esattamente quel che volevano quanti hanno promosso la martellante campagna contro gli abusi del clero. Credete che avessero a cuore le vittime? Se così fosse stato, si sarebbero interessati anche alla pedofilia diffusa in altre confessioni religiose, nella famiglia, nella scuola, nello sport e, soprattutto, alla pedofilia d’alto bordo (rock star, registi, musicisti, parlamentari, ministri, capi di stato e di governo…); e invece no, di quella pedofilia non interessava niente a nessuno. In quei casi non c’erano vittime da difendere; in quei casi si poteva tranquillamente coprire, occultare, insabbiare (basti pensare alla BBC…). Al massimo, quando la notizia veniva a galla e non poteva più essere ignorata, si trattava del caso singolo (come è giusto che sia); nessuno si sognava di criminalizzare la categoria. Quel che fa riflettere poi è che, contemporaneamente alla campagna contro gli abusi del clero, è stata portata avanti un’altra campagna, quella per i “diritti civili”, tra i quali prima o poi si arriverà a comprendere anche la pedofilia. Ha già iniziato a farsi sentire qualche voce sommessa per rivendicare il diritto dei minori ad avere una propria sessualità… In alcuni paesi sono stati addirittura fondati dei partiti politici che si propongono la legalizzazione della pedofilia. C’è qualcosa che non torna: si va verso lo sdoganamento della pedofilia e, allo stesso tempo, essa costituisce un motivo di criminalizzazione per il clero. C’è una sola spiegazione: evidentemente la pedofilia era solo una scusa: l’obiettivo vero era colpire la Chiesa, impedirle di svolgere liberamente la sua missione e così scristianizzare la società. Obiettivo raggiunto.

Giovanni Scalese, CRSP, Kabul

SAMZDAY2016

SAMZday 2016

Cari amici giovani e meno giovani,

 

L’imminenza della festa del nostro padre e fondatore Antonio Maria vedrà ognuno di voi prepararsi in modo proprio. Questa piccola data del calendario ci ricorda la storia di un uomo tra i tanti che ebbe il coraggio di non lasciarsi trascinare dalle consuetudini negative e ripetute di una Chiesa affaticata nel vivere coerentemente il Vangelo.

In questa preparazione ci sarà un attimo di preghiera e magari voglia di riflettere su una o su altra vicenda del nostro SAMZ?

Una vicenda, quella di SAMZ che ci insegna a non demordere nel riformare la realtà in cui viviamo. Se nel 1500 questa riforma riguardava particolarmente la Chiesa, oggi ha a che fare con una società sull’orlo di una, forse molte crisi che rischiano di non trovare soluzione. Lo spirito zaccariano anche oggi vuole attingere allo Spirito santo per dare una risposta ai fatti che stanno devastando il nostro vivere insieme (non ultimo gli attentati in Bangla Desh).

Nel Sermone V SAMZ leggiamo: «Oh, meraviglia della stupenda arte delle cose fatte da Dio! L’uomo è tale, che con libertà del suo animo può fare che il male gli sia bene».

Noi siamo questa meraviglia, noi il risultato dell’arte creativa di Dio, noi la forza della libertà che Dio ha posto in noi per costruire il bene, anche dal male che ci circonda.

Prima di parlare di leggi e doveri morali da osservare, SAMZ ci aiuta a riconoscere il dono delle nostre passioni, delle nostre virtù, ma anche la presenza dei nostri vizi. Riconoscere ciò che siamo realmente, anche dei nostri limiti è la forza per costruire un futuro rinnovato e migliore. Il termine arte richiama da sé il rapporto con il fare, con il bello. Noi siamo la più bella arte di Dio non per noi stessi, ma per rendere più bello il mondo. Questa è la libertà cui siamo chiamati specialmente in questo 5 luglio: libertà di fare il mondo più bello di quanto lo abbiamo trovato perché il male non è una barriera insormontabile. L’opera d’arte più bella di Dio è stata, anzi è la Croce per insegnarci a non rinunciare nel trarre anche dal male il bello, il bene.

L’arte è anche una passione e la passione più bella di Dio è proprio quella di insegnarci a utilizzare le nostre passioni per far emergere il bene che è celato anche dove non penseremmo. In questo sermone SAMZ riflette sul bene delle passioni; le passioni sono strumenti per il bene ovvero per il male: sta all’uomo praticare l’arte del discernimento e dell’investimento delle passioni.

«Concludi, adunque, Carissimo:
– se tanta è la potestà dell’uomo, che cava utilità etiam dal male;
– e se le passioni sono tali, che alcuni le hanno esercitate in bene, ed alcuni in male;
– ed inoltre se sono da Dio;

chi è quello così pazzo, che non voglia tenere per certo che [le passioni] sono nell’uomo per sua grande utilità, e che il combattere e vincere quelle gli sia una gran corona, e non sian date da Dio per il amale che porta all’uomo, anzi per il suo grande bene?» (p. 186s)

Buon SAMZday a tutti voi, pJgiannic

PS.: avremo di approfondire queste riflessioni a Krakow