L’onda, il film: alcune riflessioni

Il film “L’onda” risale al 2008, è diretto da Dennis Gansel, tratto dal tratto dall’omonimo romanzo di Todd Strasser, a sua volta basato sull’esperimento sociale chiamato La terza Onda (The Third Wave), avvenuto nel 1967 in California. Sulla base di questo esperimento, Todd Strasser scrisse il romanzo Die Welle (L’onda), che in Germania è diventato un classico della lettura scolastica.
È dunque ambientato in Germania, in una scuola superiore, durante una settimana ‘a tema’, in cui ogni docente è chiamato a trattare un argomento monografico con gli studenti.
Al professore Rainer Wenger viene assegnato il tema dell’autocrazia, anche se avrebbe voluto trattare dell’anarchia perché più vicina a ciò che sostiene personalmente. Inizialmente parecchi ragazzi si trovano di fronte ad una lezione noiosa, che non rispecchia i loro ideali, e subito alla domanda del professore: “sarebbe possibile ristabilire una dittatura in Germania” tutti gli alunni negano fermamente, soprattutto perché il passato del loro paese è ben noto a tutti e di conseguenza anche solo il pensiero sembra molto lontano.
Il professore allora comincia a dare loro degli ordini molto semplici, come alzarsi in piedi per parlare e scandire le parole, ma con un’intonazione brusca e dura. La maggioranza dei ragazzi obbedisce e non comprende il significato più profondo di un’azione così piccola. Col trascorrere della settimana il professore ordina ai ragazzi di vestire con una camicia bianca, di inventare un saluto e un logo, però tutto in ambito scolastico. I ragazzi che hanno comprato le camicie bianche, di loro spontanea volontà, cominciano a escludere chi si rifiuta di metterla e chi non pratica le azioni che vengono assegnate dal professore. Nella classe dopo pochi giorni si è creata un’unità e un’uguaglianza mai vista prima! I ragazzi più deboli all’interno dell’onda diventano tali e quali agli altri, se non più protetti e più protettivi nei confronti del gruppo, mentre chi era più forte caratterialmente al di fuori dell’onda, dentro questa comincia a proteggere i compagni e cercare un’unità, una famiglia.
Nonostante la formazione di un gruppo ben consolidato sembri un sogno agli occhi di molti studenti, due ragazze si opporranno. La prima, che inizialmente cercava l’unità come gli altri, si ribella dopo aver visto il fidanzato e i fratelli cambiati. Il fidanzato infatti diventa più aggressivo e meno rispettoso dato che la ragazza non vuole fare parte di una ‘famiglia’ come l’onda, mentre i fratelli più piccoli sviluppano comportamenti ancor più rozzi e aggressivi di quanto già avessero; praticano atti di bullismo su ragazzini più piccoli e non li fanno entrare a scuole se non sanno l’esistenza del saluto dell’onda. La ragazza si rende conto dei problemi che questa unità così esclusiva sta creando e assieme a un’amica, contraria al progetto fin da subito, decide di fermare lo scempio pieno di aggressività ed esclusività che si sta creando. Le due cominciano a spargere volantini per fare una sorta di propaganda contro l’onda mostrandone i lati negativi, ma l’onda ormai è troppo potente e nessuno, se non il professore, potrà fermarla.
La ragazza in seguito a diverse azioni dell’onda, come il vandalismo in città e il bullismo, parla con il professore per mettere in evidenza i problemi principali che ha riscontrato e che stanno danneggiando gli studenti, ma solo dopo che anche il fidanzato di quest’ultima, in seguito al suo comportamento aggressivo, si ricrede sull’onda e ne parla con il creatore vero e proprio, egli si deciderà a mettere un punto alla faccenda.
Il professore aveva visto anche con i suoi occhi diversi comportamenti da parte di uno studente molto convinto, che lo avevano lasciato esterrefatto, come il desiderio di costui di proteggerlo a tutti i costi e quindi di seguirlo, ma aveva deciso di ignorarli.
La storia si conclude con una riunione del gruppo, che si rende conto, solo dopo le parole del professore, che oramai tutti acclamano come una figura quasi divina, che la scuola è ricaduta in una dittatura. Proprio il contrario di ciò che gli studenti stessi avevano affermato solo una settimana prima.
Purtroppo il film vede come conclusione il suicidio del ragazzo particolarmente accecato dallo spirito del gruppo durante l’assemblea, incapace di accettare che tutto ciò che avevano costruito sarebbe finito in un istante. Il ragazzo, possessore di una pistola, colpirà un altro studente, che fortunatamente riesce a sopravvivere, ma il professore verrà portato in carcere per istigazione all’omicidio e al suicidio, lasciando sola a casa sua moglie incinta.

Riflettiamo
Il film cerca di far riflettere il pubblico sull’importanza dell’individualismo e soprattutto sui risultati che può portare una cattiva influenza, o anche solo un concetto espresso a dei giovani ma con azioni ed espressioni fraintendibili.
Nella maggior parte delle famiglie dei ragazzi protagonisti, gli adulti sono rappresentati in malo modo e poco presenti. I ragazzi con una carente unità familiare alle spalle tendono quindi a cercare un gruppo primario in un altro contesto, in questo caso la scuola. Essi sono alla ricerca continua di approvazione, di uguaglianza e hanno bisogno di sentirsi parte integrante di un gruppo su cui poter contare, vista la mancanza di attenzione dei genitori. Approfondendo la storia di alcuni studenti infatti si nota come i genitori di alcuni abbiano degli ideali diversi dai figli, ma comunque cerchino di trasmetterglieli non curanti dell’identità del ragazzo, oppure ancora come una madre possa divertirsi con i compagni di squadra di suo figlio, o come all’interno delle famiglie ci sia poca fiducia e diversi tradimenti dei genitori.
La ragazza che inizialmente ha aderito al progetto dell’onda viveva con una famiglia dai valori come la libertà e la poca disciplina, con due fratelli che già a 12 e 13 anni erano rozzi, bulli e poco educati. La ragazza smetterà di frequentare il gruppo che si era creato e inizia a selezionare le persone; chi la apprezzava nella sua individualità e chi invece la disprezzava solamente perché non facente parte della nuova ‘dittatura’.
È apprezzabile come, per l’amore dei suoi fratelli e amici, ha cercato di parlare con il professore e distribuire volantini per interrompere lo tsunami di aggressività e esclusività che si era creato.
Un ulteriore personaggio interessante è lo studente che aveva dedicato anima e corpo al progetto, fino a entrare in un tunnel senza via d’uscita.
Fin da subito egli ha dimostrato un forte bisogno di appartenenza causato dalla solitudine che lo aveva caratterizzato fin da piccolo, facendolo considerare uno ‘sfigato’. All’interno dell’onda ha visto le sue debolezze volatilizzarsi e si è sentito utile per il sociale e importante, pur essendo semplicemente trattato come una persona al pari delle altre presenti. I genitori del ragazzo anche in questo caso non hanno dato segni di preoccupazione, anzi, hanno riferito alla scuola quanto loro figlio fosse entusiasta dell’idea del professore. Senza accorgersi che stava sostituendo la loro figura genitoriale.
Il professore invece è una figura che non viene descritta in pieno, è un uomo innamorato del suo mestiere e del contatto con i giovani, ma a quanto pare bisognoso di attenzioni e di potere dal suo superiore (preside). All’inizio viene messo in evidenza come egli venga surclassato da un altro professore che si appropria dell’argomento da lui prediletto ed essendo così costretto a fare lezione su un altro tema. A casa però la sua situazione sembrerebbe normale e felice, considerando il fatto che egli alloggia in una graziosa casa sul lago, con una moglie che lo ama e un figlio in arrivo.
Tutto ciò lascia lo spettatore con una domanda: il professore ha strumentalizzato gli alunni per puro piacere personale, facendo sì che essi lo idolatrassero (come in una dittatura) e per sentirsi realizzato sul piano lavorativo, oppure la sua idea iniziale non prevedeva l’influenzare così malamente i giovani?

Caterina Ferioli, 3 LES S. Luigi, PP. Barnabiti – Bologna

Voci e occhi dal Chile

In quel novembre del 1989 a Berlino, assistemmo a una svolta storica quando un muro, che divideva ideologie, menti e cuori umani è crollato davanti agli occhi di tutto il mondo. In tanti aspettavamo che fosse davvero un cambiamento in tutti i sensi… sono trascorsi 30 anni e ci sembra che nulla si sia trasformato, anzi che le divisioni siano aumentate. Tanto che sono apparsi movimenti sociali per rivendicare più giustizia e libertà in parecchie parti del mondo.
Mi trovo a Santiago del Cile, che fino a poco tempo fa si pensava fosse un’isola di pace e stabilità in un’America latina accesa di proteste e lotte sociali: era solo un’apparenza
Un gruppo di studenti, hanno deciso di saltare i tornelli della metropolitana come segno di protesta contro il rincaro del biglietto. A loro si sono uniti tante altre persone e infine il fuoco dello scontento si è dilagato a tutte le città. Per la prima volta (tranne un breve periodo dopo il terremoto de 2010) il governo ha indetto il coprifuoco e abbiamo vissuto un periodo di grande violenza: per quanti abbiamo vissuto la dittatura di Pinochet é stato un deja vú terribile, coi militari per strada, con il divieto di uscire dopo le ore 20. IL coprifuoco ha provocato l’ira della maggior parte della popolazione e la violenza non si è fermata, anzi, sono già trascorsi trenta giorni di manifestazioni.
La convocazione che ha portato milioni per la strada, specialmente nella centrale piazza Italia (oggi piazza della Dignità!) fu lo slogan “¡Hasta que la dignidad no se haga costumbre!” (Finché la dignità diventi una consuetudine!) e i muri, proprio quando i media non dicono la verità, i muri parlano, sono scoppiati in frasi e disegni richiamando a un’altra società più giusta. Così fu in quel Maggio di Parigi.
Il Capitalismo più feroce è stato uno degli aspetti più sinistri legati alla dittatura cilena, che si è perfezionando in questi trent’anni, provocando la miseria di milioni e la ricchezza assoluta di pochi.
A questo punto i giovani cileni hanno cominciato nel 2006 una rivoluzione urbana (la rivoluzione dei pinguini) con l’esigenza di un’educazione libera e gratuita, contro le leggi scolastiche che l’avevano convertita in un affare economico. Prontamente gli si sono uniti altri organi sociali e colletivi politici e sono riusciti a trasformare il tutto in un’educazione per tutti. Trascorsi 13 anni di nuovo i giovani hanno superato la paura di rianimare le strade con bandiere e slogans contro un capitalismo assassino.
Purtroppo la violenza, soprattutto provocata per la repressione dei militari e della polizia militarizzata (i carabineros) è apparsa: saccheggi, incendi e altro, non hanno  fermato la rabbia della maggior parte dei cileni; molti, quasi tutti giovani, sono stati aceccati dagli spari della polizia, provocando una crisi sanitaria e umanitaria senza precedenti nella storia; fino a oggi piú di duecento occhi si son perduti o sono diventati cechi.
Ma i giovani continuano a marciare, a fare arte nelle piazze, a colorare un’epoca scura. Millennials e centennials poveri e ricchi, istruiti o non, senza differenze politiche, anche gli ultrà delle squadre di calcio scrivono sui muri i motivi della lotta: educazione, pensioni, rispetto per le minoranze etniche e sessuali, e tutto il mondo s’incontra per la strada, senza preoccuparsi del terribile grado di repressione delle forze d’ordine: bastano un paio di occhiali protettivi!
Pentole, tamburi e applicazioni web servono per moltiplicare lo scontento. Ogni sera le città sono una polifonia di suoni e canzoni di protesta contro un governo neoliberale, contro un presidente miliardario, che non vuole sentire niente e nessuno, rinchiuso nel suo labirinto.
Ma sempre i giovani… a noi vecchi ci hanno dato il buon esempio e continuano a darcelo… Uniti, sorridenti in mezzo ai gas e gli idranti, giovani sono pure quelli che saccheggiano e quando domandi perché? Ti dicono perché oggi si sentono parte di un tutto che prima li escludeva e vogliono colpire con la loro rabbia sopratutto quei negozi che rappresentano il potere economico di pochi.
Non sappiamo come andrà a finire tutto, in questi giorni la maggior parte dei cileni chiede un’assemblea costituente  che possa elaborare una nuova costituzione, i detenuti, i feriti, e purtroppo, i morti aumentano ogni giorno… ma pensiamo a Hong Kong che sono già cinque mesi che resiste, a una Bolivia che ha visto il presidente eletto fuggire all’esilio e i poveri a difenderlo, un Brasile accerchiato per il fascismo totalitarista del potere, a una Catalonia che resiste per decenni, Siria, Francia, ecc … ma sono i giovani quelli che maggiormente riempono le strade del mondo, quelli che non avevano incorporato nella loro esperienza la violenza politica, ma che, indubbiamente, sentono più paura per il loro futuro e quello dell’umanità…  a loro dobbiamo il coraggio, l’esempio; noi che li abbiamo legati in un mondo senza speranza.

Finché la dignità sia una consuetudine.

 p. Miguel Panes Villalobos