Percezione politica

La mia attuale percezione è che la politica in Italia non sia più lo strumento tramite il quale si risolvano i problemi sociali, bensì una grande messa in scena dove la nostra classe dirigente litighi o faccia finta di litigare su questioni più o meno importanti. Il punto fisso della scena politica italiana è il disaccordo, la distanza, la bocciatura da parte di qualsiasi colore, partito, movimento, verso qualunque altro. L’ultimo governo per poter venire ad esistere ha dovuto stilare un vero e proprio contratto, presidiato e garantito da un avvocato, divenuto, addirittura, presidente del consiglio dei ministri. Non credo che sia sbagliato nell’amministrazione della res publica obiettare, contraddire e far valere la propria, sacra, libertà di pensiero, tuttavia trovo ossessiva la ricerca del contrasto indipendentemente dal concetto, tralasciando spesso ciò che è il bene della nazione, per rincorrere interessi personali e di partito.

L’Italia è un paese ricco di storia, bellezza, arte, cristianità, cultura, ma anche di ignoranza, povertà e mafia, disunito e combattuto nei secoli, unito e diversamente combattuto nell’età moderna, un territorio dunque molto complesso da governare. La politica italiana è caratterizzata dall’essere avvolta in un sistema mediatico e giornalistico che, in moltissimi casi, a una corretta informazione preferisce la destabilizzazione di un equilibrio politico già precario, aizzando polemiche, rinforzando un sistema privo ormai della sua utilità sociale e fatto di scontri, litigi e teatrini che occupano giornali e programmi tv, ma che tolgono all’Italia la serietà e la serenità con cui si lavora e progredisce veramente.

Se alla natura di un popolo, seppur molto variegato, non si può mettere mano e quindi ci sarà sempre quel folclore caotico intorno alla politica italiana, si può e si deve mettere mano alla struttura dell’ordinamento, con rivoluzioni che rendano meno complesso il buon funzionamento dello Stato. L’Italia ha bisogno di una riforma costituzionale; la nostra magnifica Carta disciplina in molti suoi punti situazioni che non esistono più o che sono cambiate in modo notevole rispetto a quando fu scritta, in primisbasti pensare alla presenza di una sovranità europea dalla quale riceviamo regolamenti e direttive che non bisogna far altro che applicare e seguire.

Da prendere più che in considerazione in ottica di riforme sono sicuramente sia il rapporto tra Stato centrale ed enti locali, che mai è stato chiaro e che incessantemente presenta controversie e tensioni, sia il nostro obsoleto e stagnante sistema parlamentare che riflette questi suoi difetti in tanti dei settori di sua competenza: sanitario, infrastrutture e opere pubbliche, ambiente, previdenza sociale e lavoro.

Nel vento del cambiamento necessita inoltre di essere compreso tanto l’ordinamento giudiziario, caratterizzato da tempistiche bibliche, formalismi esasperati e protezionismi ultraconservatori, quanto il sistema amministrativo, inceppato molto spesso da una burocrazia straziante. È per questi urgenti e palesi motivi che avremmo bisogno di più dialogo e collaborazione in tutta la classe politica, che questa lavori unitariamente, seppur con idee e opinioni diverse, verso un obiettivo principale e totale: il bene della Nazione. La diversità di vedute, opinioni e idee è umana, bellissima e meritevole di tutela, questa deve però accrescere e arricchire il dialogo e non impoverirlo o negarlo, come, a prescindere, avviene ormai solitamente.

Paolo Peviani, Casalpusterlengo (LO)

La terra dell’abbastanza

“Siete contenti della traduzione del titolo del film in inglese, Boys Cry?”, chiede una ragazza seduta tra le prime file della sala. “Sì, perché l’abbiamo scelta noi. Siamo partiti dalla canzone dei The Cure, ci abbiamo ragionato su e il nostro film scardina i machismi e i cliché del mondo della criminalità organizzata… quindi il titolo inglese sembrava molto adatto, perché anche i ragazzi piangono in realtà.”, risponde uno dei registi.

Questa è stata la ciliegina sulla torta del Q&A in chiusura della prima danese del lungometraggio dei fratelli D’Innocenzo, Fabio e Damiano.

Un’opera prima che questi pregiudizi non li scardina ma, anzi, li rafforza, e che si crogiola nell’illusione di aver aggiunto qualcosa al panorama del cinema contemporaneo del Bel Paese perché vincente di un Nastro D’Argento come Miglior regista esordiente.

Tuttavia di quanto il Nastro si sia ormai tramutato in una celebrazione di talenti senza arte né parte ho già scritto– spiccano, tra i tanti, la Miglior regia a Gabriele Muccino e Miglior film commedia a Metti la nonna in freezer. E non mi ripeterò.

Con l’umiltà di precisare che queste critiche partono da un’ex studente di cinema che di cinema respira, ci paga l’affitto e pure le vacanze, mi permetto di parafrasare la recensione di Giancarlo Zappoli, un critico cinematografico italiano che stimo e seguo da quasi un decennio, e di dissentire profondamente con quanto ha scritto.

La terra dell’abbastanzanon rappresenta un’indagine morale su cosa significhi crescere in Italia nel 2018, ma solo un’opera prima che non dimostra nessuna ricerca di originalità,  nessun tensione morale, nessuna epifania scritturale, nessuna evoluzione.

La terra dell’abbastanzaè l’ennesimo film sulle periferie e sui cosiddetti “coatti” della Roma Nord, che condivide le stesse tematiche dell’80% dei film italiani di oggi: la criminalità organizzata (l’amica con cui sono andato a vedere il film dice che a Roma la “mafia” non esiste), e che non aggiunge niente al panorama cinematografico dal 1866 a oggi.

La terra dell’abbastanzaè l’esempio lampante di come l’incoscienza di chi non sa cosa sia il cinema e né come si faccia ma ha comunque la presunzione di approcciarvisi, possa provocare più danni che benefici. Questa è l’ingenuità di chi non si sbilancia, di chi non fa un passo in più del dovuto, di chi non osa, di chi nonsi sforza nemmeno dimostrare qualcosadi diverso, di chi non scardina machismi e non ribalta nessun cliché– anche se al pubblico racconta tutto il contrario.

I fratelli D’Innocenzo non sono le due nuove stelle del cinema italiano, ma due registi ingenui che hanno sfornato un’opera prima sì solida dal punto di vista della distribuzione, ma che è destinata inesorabilmente a infrangersi contro un orizzonte a pochi passi dal punto di partenza, dietro le caseche trasudano grigiore e desolazione della periferia nord della capitale, in cui Manolo e Mirko passano le loro giornate.

Non ne sto facendo loro una colpa, perché non sono altro che il simbolo di un velleitarismo atavico che sta inghiottendo l’Italia cinematografica da decenni ormai e che sta trascinando – quasi – tutti giù con sé, in quel grigiore e in quella sciattezza che non lascia più spazio al talento e all’originalità, ma solo agli incassi e alla stampa. Ma un po’ li redarguisco, perché hanno perso un’occasione immensa.

Fabio Greg Cambielli

“Giovani distratti? Adulti, gli insegnanti!”. Intervista a P. Lello Lanzilli membro del Sinodo Giovani


Sinodo Giovani, Cari amici di Giovani Barnabiti, una nuova tappa del nostro cammino di riflessione sul Sinodo Giovani, che inizierà oggi  mercoledì 3 ottobre 2018 qui a Roma, dove ci troviamo adesso insieme a padre Lello Lanzilli, gesuita, che fa parte del equipe di organizzazione ai livelli più alti del Sinodo, “I giovani la fede e il discernimento vocazionale”; gentilmente ci concede un po’ di tempo per ragionare insieme su questa bella opportunità che la Chiesa sta giocando come sfida nell’ incontro con voi giovani. Qualche domanda, quasi una chiacchierata amichevole, per entrare un po’ di più in questa macchina così importante e anche su qualche riflessione in risposta a domande da voi poste.

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Il Sinodo è l’assemblea primaria dei vescovi del mondo voluta da Paolo VI per aiutare il papa a riflettere sui temi importanti e talvolta difficili della Chiesa, dei cristiani, prima di tutto cosa significa il titolo del Sinodo, “I giovani la fede e il discernimento vocazionale”?

Il Sinodo che è dedicato ai giovani ha l’intenzione di concentrare l’attenzione di tutta la Chiesa sulla realtà giovanile, su questa età della vita in cui tutti siamo chiamati e siamo impegnati a prendere delle decisioni importanti, sia per quanto riguarda lo stato di vita, sia per quanto riguarda le scelte professionali, sia per l’inserimento nella società. Per questo i giovani sono al centro dell’attenzione della Chiesa, ma non come soggetti passivi come se la Chiesa si interessasse a loro con un atteggiamento di tipo statistico o sociologico, sono al centro della vita della Chiesa, perché la Chiesa desidera che siano sempre più protagonisti. E quindi il tema della Fede è il tema della possibilità che loro hanno di esprimere la relazione che hanno con il trascendente, la relazione che hanno quelli che sono cristiani cattolici con Nostro Signore Gesù Cristo. E poi il discernimento vocazionale, e bisogna dire che il discernimento è un tema che i giovani nella riunione pre sinodale hanno faticato a comprendere, nessuno o quasi sapeva con precisione cosa significasse la parola discernimento, ma è semplicemente il discernimento e l’opportunità che viene data affinché i giovani possano scoprire qual è la loro vocazione, cioè qual è il loro posto nel mondo, nella società e nella vita, e farlo non in maniera superficiale ma a seguito da una riflessione alla luce dello Spirito che orienti la loro comprensione della loro vita e del loro posto nella società.

Il Papa ha invitato i giovani, credenti cristiani e non, non credenti per un dialogo in cui riuscire a sbriciolare un po’, per far comprendere meglio l’importanza di questa parola “discernimento”, ma anche l’importanza della parola “vocazione”: credo che sia un impegno molto importante. Come hanno accolto i giovani la sfida di questa parola magari poco usata nella loro quotidianità?

Mi riferisco soprattutto ai 300 giovani della riunione pre-sinodale, dal 19 al 24 marzo, convocati qui a Roma da tutto il mondo e dai vari ambiti della società, ma anche provenienti dall’esperienza di droga o carcere, poi giovani sportivi e giovani vittima di tratta perché proprio in questo Sinodo il Papa desidera che nessun giovane si senta escluso dall’attenzione e sollecitudine della Chiesa e dalla possibilità di partecipare attraverso le diverse forme che abbiamo individuato, come il questionario online, per esempio, di partecipare a questo momento di vita della chiesa cattolica. Alla riunione pre-sinodale oltre 300 giovani hanno partecipato anche 15.000 giovani, tutti hanno contribuito alla stesura del documento finale. A Roma erano presenti anche 5 o 6 non credenti; 7 giovani di altre confessioni cristiane; anche questi, sebbene il termine discernimento non facesse parte del loro vocabolario, hanno compreso l’importanza di fermarsi a riflettere in maniera seria e approfondita e alla luce di un criterio di alcuni criteri, un metodo, a riflettere su quello che è la loro vita e la possibilità di scelta e di progetti seri perché la propria vita abbia un senso, perché la propria vita possa sentirsi una vita realizzata non nel senso di potere raggiungere gli apici del successo, ma di potere raggiungere la gioia e la felicità, perché in fondo quello che è in linea con i sinodi precedenti, ma un po’ con tutto il magistero del Papa, quello che è importante è che i giovani capiscano che c’è una via per la gioia, che c’è una via per la felicità, che c’è la gioia dell’amore, che c’è anche la gioia della scienza.

Parlare di gioia significa anche, credo, parlare di salvezza; effettivamente alla domanda quale è la salvezza che ti aspetti molti si sono sentiti con le spalle al muro. La cercano in modi diversi.Nel suo ultimo viaggio nei Paesi Baltici Papa Francesco denunciava la disaffezione dei giovani per la Chiesa, a causa degli scandali della chiesa o della troppa commistione con il potere. Chiedeva alla Chiesa di riprendere ad ascoltare i giovani. Secondo te sarà facile o difficile ascoltare i giovani, specialmente tenere conto delle loro parole, delle loro denunce che purtroppo sono reali? Quando li incontri hanno una tensione verso la Chiesa ma sono preoccupati o allontanati da queste situazioni, se pur riconoscono che non è solo questo la Chiesa.

Tutto il percorso sinodale durato 2 anni, dall’ annuncio il 6 ottobre 2016, fino ad arrivare all’assemblea generale che comincerà il 3 ottobre 2018, fino alla stesura delle linee guida per la discussione, è stato un percorso di ascolto dei giovani in varie forme. Attraverso le conferenze episcopali (maniera classica), le associazioni o il web; tutti hanno ricevuto un documento preparatorio con annesso 15 domande generali e 3 per ogni continente. Anche questa è una particolarità, una novità di questo Sinodo. Sappiamo benissimo che la realtà giovanile, pur avendo diversi tratti in comune, ha anche delle differenze enormi, diversa è la società in cui vivono i giovani che sono stati oggetto di attacchi dell’ Isis per esempio e vivono situazioni di guerra, di tratta. Diverse dalle situazioni dei giovani che vivono nelle società occidentali dove i bisogni primari sono stati soddisfatti e magari c’è più un senso di insoddisfazione diffusa, di noia rispetto alla vita. Quindi i giovani sono stati protagonisti della prima fase del Sinodo, con l’ascolto diretto della riunione pre-sinodale e del documento finale; con il seminario di studi nel settembre 2017, con 50 esperti a livello mondiale più una ventina di giovani; con il questionario online che conteneva delle domande diverse rispetto a quello mandato ai Vescovi, domande più specifiche alla realtà dei giovani. Uscirà il report tra non molto, del questionario online, e ci sono delle sfumature particolarmente interessanti. Sono arrivati più di tremila contributi di singoli giovaniMi sono commosso leggendo questi contributi, mi sono commosso per il loro desiderio di vivere una vita piena di senso, per la loro difficoltà a farlo e il sentirsi prigionieri in una società e un mondo che non promuovono le cose più belle dentro di loro. Le loro solitudine e difficoltà di vivere con un mondo di adulti, che continua a rimproverarli ma non vuole lasciargli le chiavi di casa sebbene ci dia degli esempi che sono pessimi e sono scandalosi. Noi parliamo spesso dei problemi dei giovani. Credo che il problema fondamentale siano gli adulti, non sono i giovani. Gli adulti che non sono stati in grado di indicare ciò che veramente vale nella vita. E continuano ad andare dietro a quelle cose. Rimproverano i giovani: sono distratti, stanno al cellulare, pensano solo alla palestra, ma questo l’hanno imparato dagli adulti. Genitori che prima di pensare alla possibilità di educare davvero i propri figli in molti casi hanno pensato al proprio autoreferenziale modo di vivere.

Passiamo ora a un altro aspetto più vicino a noi in Europa e Italia. Alcuni nostri giovani brasiliani e messicani mi dicono che forse questo Sinodo riguarda più l’Europa, l’Occidente, la sua ormai poca fede che il resto del mondo. Cosa ne pensi?

Si ci può essere questo rischio, però devo dire che c’è stata un’attenzione da parte di tutti ad allargare gli orizzonti, per esempio le domande specifiche per ogni Continente. Nella riunione pre-sinodale personalmente ho avuto l’impressione che la vitalità della chiesa è sicuramente nei continenti come l’Asia, l’Africa e l’America Latina. Piccolo esempio. Alla riunione abbiamo invitato i giovani per un momento di festa. Ognuno a seconda dei propri Continenti hanno presentato dei numeri, degli spettacoli. Hanno iniziato gli africani, molto bello e coinvolgente; hanno continuato gli asiatici con un loro stile più compassato, ma con humor molto sottile; poi il Medio Oriente, con canti molto armonici; l’America Latina ha concluso tutto con un trenino. Gli unici continenti che non hanno presentato nulla sono America del Nord ed Europa. Sicuramente la vita della Chiesa deve guardare sempre di più a questi continenti dove anche i numeri dicono che la realtà ecclesiale sta crescendo e dove c’è, in molti casi, un desiderio di accogliere la proposta di vita nuova, quale quella del Vangelo, che, a volte, nel mondo occidentale, sembra essersi perso; dico sembra perché, probabilmente, quello che si è perso non è il gusto, il desiderio, il senso, ma la capacità di saperlo trasmettere, in una maniera che sia sensata.

Torniamo al discorso degli adulti; è un Sinodo dei giovani ma che dovrebbe essere molto seguito da parte di tutti gli adulti, anche nella vita della Chiesa. Non tocchiamo ora la questione della trasmissione della fede ai giovani, ma sono d’accordo che noi adulti dovremmo interrogarci e quindi capire in cosa siamo stati mancanti, non per accusarci ma per essere più coerenti e capaci di comprendere la Verità.

Io faccio sempre un esempio; alcuni anni fa, nei tempi della mia gioventù, della mia adolescenza, il modello di riferimento della pubblicità, della società, delle riviste, era la persona adulta; si sapeva che la persona realizzata, colui che aveva raggiunto la pienezza dell’essere uomo, era l’adulto, con alcune caratteristiche: un senso di responsabilità, una capacità di sapersi divertire ma senza fare male agli altri; se guardiamo oggi, il modello che viene proposto, anche per gli adulti, è l’adolescente, cioè, colui che cerca di divertirsi, si ubriaca, passa il tempo solamente per il proprio piacere, il proprio tornaconto, questo è il modello di riferimento; non ci siamo resi conto che, noi vogliamo che i giovani siano adulti, ma in realtà, stiamo costringendo gli adulti a essere adolescenti. Altro tema su cui si spalancherebbero diverse riflessioni.

Ancora due domande; come funzionerà esattamente il Sinodo?

Il Sinodo inizierà Mercoledì 3 Ottobre con una celebrazione eucaristica sul sagrato di San Pietro e poi già nel pomeriggio cominceranno i lavori.Il Sinodo prevede la partecipazione dei padri sinodali, 266, con diritto di voto; in più ci sono gli uditori, 35 giovani e 16 formatori, i quali possono intervenire, anche nei circoli minori, ma non hanno diritto di voto; in più ci sono gli esperiti, 23, che collaboreranno con i segretari speciali e il relatore generale, proprio per l’elaborazione del documento finale. Ci saranno delle congregazioni generali, cioè delle riunioni in assemblea di tutti i Vescovi, in cui ciascuno potrà prendere la parola su una delle tre parti in cui è diviso l’Instrumentum laboris; la prima parte è relativa alla condizione giovanile, la seconda parte al discernimento e alla vocazione e la terza relativa alla prassi, all’azione pastorale della Chiesa. Ogni vescovo potrà fare un intervento su una di queste parti, poi si svolgerà il lavoro nei circoli minori, cioè dei circoli linguistici (francese, inglese, italiano, portoghese, spagnolo e tedesco)in cui verranno fatti degli emendamenti, delle proposte di cambiamento al testo dell’Instrumentum laboris, che sarà il testo base anche per l’elaborazione del documento finale. Quindi possono essere fatte proposte di cambiamento, di eliminazione di parti, di aggiunta di altre parti, di altre frasi e quindi, attraverso quelli che vengono chiamati “i modi”, si procederà all’elaborazione del documento finale che sarà compito del relatore generale insieme ai segretari speciali. Questo sinodo ha 2 segretari speciali e ad una commissione di membri eletti proprio a questo scopo.

Grazie perché sapere come funziona una macchina credo che sia importante. L’ultima domanda a Padre Lello che ha una grande esperienza sia missionaria (abbiamo condiviso momenti belli anche in Albania appena dopo il crollo della dittatura), sia formatrice e che ringrazio per questa disponibilità di tempo, l’ultima domanda: che cosa ti aspetti, che cosa desidereresti di più visto da questo sinodo che stai vivendo ancora di più dal suo interno?

Ma credo che il mio desiderio e la mia speranza sia un po’ quella di tutti ed il Papa l’ha già espresso, l’augurio che questo sinodo possa davvero contribuire al rinnovamento e al ringiovanimento della Chiesa, ringiovanimento nel senso forte del termine, non nel senso adolescenziale che dicevo prima, ma nella possibilità che la Chiesa riscopra quella carica di entusiasmo, quella apertura alla vita, quel desiderio di costruire qualcosa di importante che è propria dei giovani di oggi tempo che, come dicevamo forse, nella nostra società occidentale sta venendo un po’ meno e di rinnovamento nel senso che grazie anche ai giovani, alla loro parola, alla loro creatività e al loro entusiasmo un po’ tutta la vita della Chiesa possa riprendere slancio anche nelle sue strutture e nelle modalità di celebrazione. Ecco ringiovanimento e rinnovamento della Chiesa e tutto questo non limitato esclusivamente ad usum interno, diciamo, ma perché la Chiesa possa essere davvero un fermento di vita per tutta la società. Una delle esperienze forti della riunione pre-sinodale, al di là del documento finale che, secondo me, è molto bello e molto interessante, è stata esattamente la convivenza dei giovani cattolici con giovani non credenti, giovani di altre religioni, perché gli stessi cattolici si sono accorti che il loro modo di essere, il loro linguaggio era troppo da ghetto. Hanno detto che la presenza di altri qui insieme a loro ha costretto a ripensare e a riformulare la nostra fede in una maniera che sia comprensibile per il mondo di oggi; non solo come qualcosa da condividere tra di loro, quasi fosse un codice segreto, quasi fosse una setta. I giovani, hanno detto, hanno fatto un’esperienza di Chiesa così come la vorrebbero, una Chiesa davvero sinodale, una Chiesa che accoglie tutti, pur non negando le differenze che ci sono, che accoglie tutti e che davvero si preoccupa per il bene di tutti.

Bene, avremmo ancora forse altre domande, ma ci fermiamo qui e ringraziamo di cuore Padre Lello Lanzilli della Compagnia di Gesù che ci ha dedicato questo tempo per riflettere e sicuramente i suoi spunti cercheremo di svilupparli e di “sbriciolarli” un po’ di più nelle nostre realtà, per momenti di incontro e di crescita e, chissà, forse, ci rivedremo dopo il Sinodo per sentire se ha risposto anche più di quello che magari ci si aspettasse. Grazie ancora.

Grazie a voi e buona vita a tutti

 

( Hanno collaborato:

Massimiliano Serino, Andrea Pistelli, Margherita Pedron, Bianca Contardi e Bernardo Bonaccorsi – Firenze;

per la parte tecnica Giacomo Camilletti e p. Giannicola M. Simone – Roma)