Sono Alessandra, 23 anni, quasi architetto e nella vita mi piace fare di tutto, vivo ad Eupilio, un paesino sperso tra monti e laghi.
Ogni anno il nostro vecchio parroco cercava giovani volontari disposti a donare qualche settimana delle loro vacanze per aiutare i missionari in Africa, Brasile, Albania e Messico. Nel 2003 nessuno si propose per Milot, la parrocchia albanese dei Padri Barnabiti. I miei genitori pensarono di offrirsi, fu così che accettai di partire con la mia famiglia per questa nuova esperienza. Avevo 11 anni e pensavo solo a come rendermi utile per il campo estivo. Non sapevamo bene cosa avremmo dovuto fare, ma immaginavo di assistere i bambini più piccoli. Mi sbagliavo, erano le animatrici albanesi che facevano giocare me! L’anno seguente fui io a chiedere a mia madre di tornare.
Nel corso di questi anni sono tornata ogni anno, con motivazioni sempre diverse. All’inizio mi piaceva e basta. Poi di anno in anno incominciai a ricoprire ruoli sempre più impegnativi.
Iniziai a occuparmi della parte “artistica” del campo estivo: murales, allestimento di benvenuto, scenografia e costumi per lo spettacolo, inno e gesti e infine mi chiesero di disegnare il logo del campo per le maglie. Più che un’esperienza di volontariato, l’Albania per me è un laboratorio di apprendimento. È qui che ho imparato a fare di tutto; mi si chiedeva molto con poco e dovetti aguzzare l’ingegno. In realtà con quei pochi cartelloni colorati e costumi fatti di stoffa di recupero, avevo in cambio i visi sorpresi e contenti di un centinaio di bambini. Le fatiche erano presto ripagate e riempivano il cuore di tanta gioia. Ogni anno, per ben undici estati, sono partita persuasa di andare per essere utile agli altri e ogni anno sono tornata a casa convinta che erano gli altri ad aver dato qualcosa a me.
Milot è una palestra di vita: persone dai 16 ai 60 anni che condividono camera, bagno, cibo, lavoro domestico di cucina, pulizie, oltre alla preparazione e allo svolgimento del Grest giorno dopo giorno. Non mancano momenti di riflessione e preghiera quotidiane e si riesce pure a trovare il tempo per giocare e conoscersi! Infatti, da qualche anno, partecipano alla “missione” ragazzi provenienti da diverse comunità barnabitiche di tutta Italia, ed è così che s’incontrano non solo dialetti diversi, ma anche usanze, cibi e caratteri diversi. È un’esperienza davvero sempre nuova, nonostante l’impostazione sia sempre la stessa. Non ci si annoia mai, non si è mai soli!!
Non sono ancora riuscita a spiegare quale filo leghi tutte le persone che partecipano al campo estivo, perché ogni anno ci sono veterani e nuovi arrivati, giovani e meno giovani, suore, preti, cristiani, atei, non praticanti. Forse siamo mossi tutti da una ricerca di noi, degli altri, da una piccola o grande voglia di fare che ci spinge a “correre come matti, non solo verso Dio, verso gli altri” come dice il nostro santo fondatore Antonio M. Zaccaria.
Personalmente ritengo di essere fortunata perché sento di far parte di una piccola comunità, quella barnabitica; sia essa in Albania, a Eupilio o altrove nel mondo, la sento come una seconda famiglia e come tale in essa si dà e si riceve. Questo per me è più del volontariato inteso come volontà di dare gratuitamente senza chiedere nulla in cambio. Per me è mettersi al servizio degli altri, servire con gioia anche se si fatica; spesso è obbedire invece che comandare, senza chiedere perché si fa così, ma fidandosi dell’altro. È stringersi uno vicino all’altro nei momenti di difficoltà o di dolore, come in quelli di gioia e divertimento. È mettersi sempre in gioco, in ogni situazione e a qualsiasi età. È accettare e rispettare l’altro, le diversità anche d’opinione e convivere con lui, perché si è lì entrambi per aiutare qualcun altro. È accettare di smussare gli spigoli del proprio carattere, rischiando di tornare a casa cambiati e non sentirsi più gli stessi di prima. È voler bene a qualcuno anche se non lo si conosce. È aprirsi agli altri e donare se stessi sicuri che facendo posto dentro di sé, si troverà qualcosa di arricchente.
Il “volontariato”, come lo penso io, non è un qualcosa che si fa per esperienza o per cambiare tipo di vacanza, non dura qualche giorno e tutto finisce lì. È una scelta di vita quotidiana. È difficile da spiegare a parole, per capirlo si può solo viverlo sulla propria pelle.
Quest’anno studio e lavoro non mi hanno permesso di partecipare, ma il cuore è comunque a Milot e Milot è comunque nella mia vita.
Alessandra Spreafico
- 31 luglio 2014 san felice a cancello
- Perché amo (e amerete) il cinema