Aspettiamo l’autobus o Gesù?

Cari amici è la seconda domenica di Avvento: vi interessa?

Ho trovato alcune citazioni che voglio condividere con voi giovani di oggi.

Il nome del cristiano è: “Colui che attende il Signore” (J. H. Newman).

In realtà l’Avvento è il solo specifico cristiano, perché un tempo di digiuno e penitenza come la Quaresima lo condividiamo con l’islam, il tempo della Pasqua con l’ebraismo, ma l’attesa della venuta del Kyrios è solo cristiana, solo noi cristiani attendiamo il ritorno di Cristo da lui stesso promesso: “Sì, vengo presto! Amen! (Ap. 22,20).

Siete uomini che attendete il ritorno del Signore o vi accontentate di un presepe? Siete uomini che si interrogano su come incontrare e far incontrare Gesù ai vostri contemporanei o preferite l’indifferenza e il tran tran quotidiano?

Scriveva da qualche parte Ignazio Silone: “Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l’arrivo dell’autobus”.

È vero spesso attendiamo il Signore come se stessimo attendendo l’autobus, ma l’autobus fa sempre lo stesso tragitto, limitato: Gesù ti permette un viaggio infinito alla scoperta della tua esistenza, sotto la guida della speranza.

Domenica scorsa ragionavamo sul fatto di verificare se abbiamo un senso spirituale, un motivo per cui esistiamo, oggi ci domandiamo se abbiamo speranza, se abbiamo l’audacia di salire sulla pianta (come Zaccheo) per vedere Gesù e cominciare una vita rinnovata.

Non scrivo una vita nuova, perché credo che molti di voi hanno già il sentimento di Cristo, ma rinnovata perché forse questo sentimento richiede una “rinascita”, una riforma, un non avere paura di ricominciare come chiede il vangelo di oggi.

Oggi il Vangelo comincia con… l’“inizio”. Inizio del Vangelo di Gesù, comincia una nuova storia di Dio con noi e di noi con Dio; comincia la possibilità di essere rigenerati nello Spirito santo (è la differenza dal battesimo di Giovanni) per iniziare a portare speranza al mondo.

La situazione sociale e politica e valoriale di oggi è sempre più drammatica e ci sentiamo inetti, incapaci di reagire. È proprio in questi momenti che siamo chiamati a consolare (la prima lettura del profeta Isaia), cioè iniettare speranza. Siamo chiamati a rimboccarci le maniche per iniziare, dalle piccole scelte quotidiane, a ridare credibilità a questa nostra umanità, certo anche rinunciando a qualche comodità materiale e intellettuale.

I politici, a Roma e non solo, hanno usato la povertà, gli scarti umani per fare soldi: usiamo lo scarto d’Europa per ridare fiducia alla società malata in cui viviamo (papa Francesco a Strasburgo).

La speranza è esattamente questo: volere infinitamente il finito, è vivere eternamente il tempo. La speranza “rifà ciò che è l’abitudine disfa. È la sorgente di tutte le nascite spirituali, di ogni novità, di ogni libertà. Semina cominciamenti là dove l’abitudine immette morte” (E. Mounier): questo è attendere Gesù, non l’autobus!

Buona seconda domenica di Avvento.

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