(Le canzoni di Dio)
Quanti artisti, italiani e stranieri, hanno scritto almeno una canzone rivolgendosi direttamente o indirettamente a Dio? Quanti sono coloro che a Dio si sono affidati, hanno chiesto il perché di certe situazioni o addirittura hanno scaricato parte della loro rabbia e incomprensione? Probabilmente tanti da non riuscire neppure a contarli. Però qualche testo vogliamo spulciarlo!
Muoviamo dalla “christian song” che a livello di ascolti e vendite in questo mese, febbraio 2016, ha superato tutte le altre e confrontiamola non più con uno o due brani, ma con tanti, forse i più significativi che nel tempo, a livello nazionale ed internazionale, sono stati rivolti a Dio, così da analizzare in che modo una figura artistica e musicale, più o meno vicina alla fede, si può sentire legata a Dio e qual è la visione di Lui che ha ciascuno.
La canzone cristiana del momento, con ben più di due milioni di visualizzazioni in tutto il mondo su Youtube, è stata scritta da Chris Tomlin, cantante statunitense, nato a Grand Saline, Texas, nel 1972, in attività dal 1995. Dopo aver iniziato gli studi di fisioterapia, una volta ricevuta la “chiamata di Dio”, si è dedicato a tempo pieno alla sua vera passione: la musica, rivolgendo questa a Colui che aveva appena svoltato la vita del giovane Chris. Amante della chitarra e del pianoforte, strumenti che spesso lo accompagnano nei suoi concerti, propone al mercato musicale il suo ultimo singolo, dal nome “Good, good Father”. Questo brano è il più recente tra tutti quelli che finora abbiamo analizzato, poiché inciso solamente l’anno scorso e distribuito come singolo a partire dalla fine del 2015. Il titolo, così come l’intera canzone, è dedicato a Dio, rivolgendosi a Lui come Padre “buono e buono ancora”. In “Good, good Father”, Chris Tomlin descrive il rapporto che lo lega al suo Signore: un rapporto di amore, che gli permette di non sentirsi mai solo, perché Dio lo accompagna e gli è vicino ogni giorno, non smettendo mai di amarlo. Un giro di due accordi nell’introduzione e nella strofa, un crescendo di emozioni che il coro rende più intime, quasi a dire quanto sia bello e gratificante il rapporto di amore che lega Dio e l’artista, invitando l’ascoltatore a sentirsi parte di questo, e a vivere lui stesso personalmente, tale sensazione. Così Chris descrive la sua amicizia con Dio. Ma, dopo la seconda strofa, è soprattutto il successivo ritornello, all’interno del cosiddetto “bridge”, il quale porta alla fine della canzone, che si riesce ad apprezzare la canzone per la sua sincerità, grazie a questa totale trasmissione di emozioni, di euforia e gratitudine allo stesso tempo.
Siamo di fronte a un pezzo vicino alla musica commerciale di oggi, per orecchiabilità e semplicità di ascolto, ecco perché in questi tre mesi è il più ascoltato e venduto. Ascoltatelo: chissà che non susciti emozioni anche in voi.
E il resto delle canzoni cos’anno scritto? Atei, miscredenti, cristiani, dubbiosi, e non praticanti, praticamente tutti si sono rivolti a Dio.
In Italia, nel 1967 i Nomadi cantano Dio è morto scritta da Francesco Guccini. Considerata blasfema dalla Rai, e dunque censurata, viene ascoltata e riproposta al mercato musicale, da Radio Vaticana, convinta che l’importanza dei temi trattati dalla canzone, dovessero arrivare a tutti. Inizialmente, questa canzone venne presentata con il punto interrogativo: ciascuno risponderà personalmente, dopo aver considerato quanto Guccini scrisse sulle disgrazie di Auschwitz.
Fabrizio De André, dedica molte delle sue canzoni a Dio, la più conosciuta è forse “Il pescatore”, del 1968, che allude al gesto di dare da mangiare e da bere a chi è affamato e assetato. Quindici anni dopo anche il giovane Vasco Rossi si rivolge a Dio. Nell’anno di successi, come “Bollicine”, “Una canzone per te” e “Vita Spericolata”, viene presentata “Portatemi Dio”. Da sempre dichiarato ateo, ma comunque non contrario alla Chiesa, ma ai falsi predicatori della parola di Dio, tanto da essere stato molto amico di Don Andrea Gallo, con questo brano mostra il suo sgomento per quanto accade attorno e dentro di lui e Lo invita a rispondere a domande che affliggono la promettente rockstar. Nel 1996, dopo un processo di rinascita, in cui lo stesso Vasco Rossi fa intendere di aver riscoperto un nuovo senso della vita, canta, in “Un gran bel film”: “Quindi tu prega il tuo Dio, che io prego il mio”, evidenziando diverse esperienze del divino rivolgendosi anche a coloro che amano il denaro e altri beni materiali.
A metà degli anni ’80, anche Luca Carboni permette a tutti i suoi fans e non solo, di conoscere il suo rapporto con la fede e con Dio. Nel suo terzo album, “Luca Carboni”, la seconda traccia è rivolta al Figlio di Dio. Si tratta di “Caro Gesù”. Più interessante e sicuramente più conosciuta, è però la traccia numero uno. Qui la figura di Dio, viene appena accennata, ma è interessante perché legata ad un argomento molto delicato e sentito in quegli anni: l’abuso di eroina presso i giovani. “Silvia lo sai” parla di Luca, amico di Carboni che già dall’infanzia mostrava evidenti segnali di debolezza relazionale. Queste difficoltà lo porteranno poi nel mondo della droga e a cantare di Dio come “cattivo e noioso, preso andando a dottrina, (che) come un arbitro severo fischiava tutti i perché”. È curioso notare una lettura polemica sulle istituzioni religiose e scolastiche dell’epoca e un’esperienza di Dio incapace di aiutarlo.
Anche Renato Zero ha parlato di Dio nelle sue canzoni e lo ha fatto soprattutto nel 1980, in “Potrebbe essere Dio” e l’anno dopo in “Più su”. La seconda, capolavoro di testo e significato, analizza, con quell’intimità e delicatezza che contraddistinguono il “cantattore”, l’ascesa al cielo a cui possono prendere parte tutti, rivolgendosi direttamente a lui quando canta “fino a sfiorare Dio, e gli domando io: ‘Signore, perché mi trovo qui, se non conosco amore?’”. Questa volta sembra dunque che la figura di Dio, sia quella di un Dio buono e misericordioso, in grado di accettare chiunque nel suo Regno, e di consolare gli afflitti e di rassicurare coloro che soffrono e hanno paura.
È di Luciano Ligabue probabilmente, la canzone rivolta a Dio, più interessante della musica italiana. Stiamo parlando di “Hai un momento, Dio?” (1995). Anche il rocker emiliano si trova in un momento di solitudine che lo affligge tanto da invitare Dio a bere qualcosa assieme a lui e rispondere ai suoi perché. Il tono scherzoso del testo sembra evidenziare una forte delusione da parte del Liga, ma allo stesso tempo un desiderio di appacificarsi con Dio e con la sua vita.
Il forse poco conosciuto Alessandro Bono (avrebbe dovuto cantare “Terra Promessa”) scrisse e cantò “Gesù Cristo”, Gesù Cristo ritorna, qui c’è ancora bisogno di te: una preghiera a una persona particolare in un momento particolare della vita. Come a dire, o meglio cantare, che anche la musica moderna nella sua ricerca di cantare il vero e il bello non può evitare questo buon, buon Padre il quale non disdegna di usare anche questo linguaggio per parlare con ognuno di noi.