Digiuno, preghiera e carità sono le parole chiave della Quaresima.
Oggi siamo troppo sazi, talmente sazi che non siamo più capaci di guardare oltre il nostro naso, oltre i nostri bisogni, oltre il nostro ragionare miope: il digiuno è lo strumento per recuperare la propria identità, la propria vocazione, la propria dignità.
Viviamo in una società dove vorremmo tutto e facciamo di tutto per ottenerlo, dove non vogliamo accettare i nostri limiti, dove non sappiamo più riconoscere i confini del lecito e dell’illecito per soddisfare il nostro egoismo.
(Penso che tutta la discussione e la preoccupazione riguardo adozioni forzate o figli voluti a forza possa bene inserirsi in questa dinamica di sazietà ed egoismo).
Nella liturgia di oggi san Paolo ci ordina: lasciatevi riconciliare con Dio! (2Co 5, 17-21)
Ma perché Dio possa riconciliarci con noi stessi e con Lui abbiamo bisogno di desiderare questa riconciliazione.
Ora se noi siamo troppo sazi, sazi di tutto (cibi, rumori, cose, immagini, odori) non riusciremo mai a riconciliarci con Dio e, di conseguenza, con noi stessi.
Se siamo troppo sazi della nostra idea di Dio, come i farisei e gli scribi, come il figlio maggiore della parabola: non riusciremo mai a lasciarci riconciliare con Dio e, con noi stessi!
La parabola dei due figli o del figlio ritrovato ovvero del Padre prodigo (Lc 15,1-3.11-32) ci viene raccontata da Gesù proprio per denunciare il pericolo della sazietà, del crederci autosufficienti in tutto (e sappiate che noi stiamo educando i nostri figli a questa autosufficienza negativa).
Sazi dell’idea di padre, di un padre che non parla, parlano solo i figli che avevano un’idea di padre tutta loro, di un padre – padrone a cui si deve solo obbedire, per il quale si deve solo lavorare. Questa infatti, l’idea che i figli si erano fatti del Padre: eppure questo Padre lascia libero il figlio più piccolo, non lo ostacola; eppure il Padre cerca il dialogo con il figlio maggiore; eppure il Padre attende continuamente il ritorno del figlio minore e vedendolo gli corre incontro e non lo lascia parlare e lo riveste dell’anello e dell’abito preziosi; eppure il Padre corre dal figlio maggiore non per giudicarlo ma per aiutarlo a riconciliarsi con la vita!
Nessuno dei due figli rispettava veramente il Padre, entrambi rispettavano solo se stessi la propria pancia, sino a quando non arriva la fame, il digiuno.
È il digiuno, seppure forzato, del figlio minore che gli permette di rientrare in se stesso. Nessuno gli dava delle carrube e tantomeno lui se le prendeva, capisce che non può arrivare a livello degli animali. Ma capisce anche che non si può vivere senza il bisogno dell’altro: nessuno glie ne dava!
La sazietà ci porta all’autosufficienza, il digiuno ci porta alla consapevolezza di sé, al riconoscimento dell’altro!
In questa nostra società quasi senza più padri, o con padri artificiali è necessario riprendere la pratica del digiuno per recuperare ciò che è essenziale.
Il Padre ha rinunciato al suo autoritarismo, ha lasciato libero il figlio minore, ha cercato il figlio maggiore e ha ottenuto il ritorno del figlio.
Il figlio minore ha digiunato cioè ha rinunciato al proprio egocentrismo e ha ottenuto un rinnovato rapporto con il Padre.
Il figlio maggiore non ha ancora imparato l’arte del digiuno, non sappiamo come andrà a finire.
Dio Padre ha rinunciato al proprio Figlio;
il Figlio ha rinunciato alla sua libertà e ha ottenuto una croce, per la nostra salvezza!
E tu chi vuoi essere?
Padre, figlio minore, figlio maggiore o semplicemente
un cristiano che si lascia riconciliare con Dio?