I piani alti di questo blog preferiscono che vengano recensiti film “non vetusti” per una serie di ragioni – tra cui il fatto che siano “difficilmente reperibili” e “di scarsa fruibilità”.
Il primo anno di triennale al corso “Istituzioni di storia del cinema” il professore esordì citando Tucidide: «Bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro». Allora capii – fui costretto a capire – che oggi non ci sarebbe stato alcun Allen senza Keaton, nessun Argento senza Murnau, né un Virzì senza De Sica.
Facciamo un salto indietro, di 66 anni, nel 1950.
A nove anni di distanza dal “debutto noir” di Humphrey Bogart nel primogenito del genere, Il mistero del falco, si considerava come b-movie quello che poi sarebbe diventato uno dei capolavori più acclamati del cinema indipendente americano anni ‘50 – Gun Crazy (titolo alternativo, forse per i più maschilisti, Deadly is the Female).
Prima che nascesse la New Hollywood, prima di Bonnie and Clyde e Dennis Hopper, allora c’era Gun Crazy. Cinetico, psicosessuale lungometraggio di Joseph H. Lewis, fu in grado di gettare alcune tra le basi creative più solide del cinema americano del ventennio seguente, benché sia prima dovuto arrivare fino in Europa per poi vantarsi di una reputazione back in patria.
Allora, infatti, sembrava che solo i critici francesi – fuori dai già citati cinéma – ne cogliessero in toto il valore; e idolatrarono Gun Crazy per la sua tenebrosità, le emozioni crude e l’enorme portata innovativa, di cui ne è un esempio la sequenza della rapina in banca in long-take (cfr. Victoria (Schipper, 2015)) girato all’interno della macchina con un dialogo in gran parte improvvisato.
Quegli stessi critici francesi sarebbero poi diventati i registi della Nouvelle Vague, che fu a sua volta idolatrata da una generazione di aspiranti cineasti americani, molti dei quali non si resero conto che il nervosismo associato al movimento francese ebbe in realtà origine proprio in quello americano.
Quindi sarebbe forse più appropriato scrivere che Gun Crazy, che rappresentò uno degli esempi di cinema più sfacciati per i francesi e per gli americani che impararono da loro, sbucò dalla purga più repressiva mai conosciuta a Hollywood: la “lista nera”. E nemmeno Lewis stesso sapeva che questa storia di violenza sessualizzata e amour fou criminale venne scritta da nientedimeno che Dalton Trumbo, la cui paternità autoriale sarebbe rimasta ignota fino al 1992.
Pochi mesi dopo l’uscita del film Trumbo dovette scontare un periodo di lavori forzati in una prigione federale per un episodio di oltraggio alla corte. Risulta perciò facile leggere una rabbia più ampia e profonda nelle frustrazioni incontrollate del film, unite alla libertà di movimento della macchina da presa di Lewis, a tutti quei long takes e agli strati d’ombra e nebbia che hanno contribuito a elevare Gun Crazy a “perla” del cinema d’oltreoceano di metà secolo, oro per qualsiasi studente di cinema e non.
Un noir con tutti gli ingredienti al posto giusto – e in giusta quantità: una storia frenetica, rapine memorabili, una femme fatale dominante, un’ossessione per le pistole e l’attrazione fatidica tra due giovani dal grilletto facile – il tutto suggellato dall’uso quasi spasmodico della traccia “Mad About You” di Victor Young e Ned Washington.
Io ho avuto il lusso di poterlo vedere poche settimane fa su grande schermo, ma per chi dovesse continuare con la storia della reperibilità, Gun Crazy è disponibile:
- su Netflix,
- in DVD tramite Amazon,
- in digitale su iTunes,
- VUDU,
- e in HD su Google Play.
“Abbondante reperibilità”.
Fabio Greg Cambiali