Cari amici di GiovaniBarnabiti.it eccoci ancora con padre Lello Lanzilli, gesuita, membro della segreteria per il Sinodo dei Vescovi I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

Dopo avere discusso sulla preparazione del Sinodo discutiamo ora sulla sua conclusione e prospettive.

PER IL VIDEO DELL’INTERVISTA CLICCA  QUI

Come è cominciato il Sinodo?
Dobbiamo distinguere tra l’inizio assembleare il 3 ottobre, quello riportato dalla stampa, e quello ufficiale, cominciato prima, con l’ascolto. L’ascolto delle chiese locali, dei giovani, l’assemblea presinodale dei giovani a Roma (che sono stati ascoltati in presa diretta), quindi l’instrumento laboris per sostenere i lavori dei vescovi nell’assemblea generale in aula. Un sinodo non si fa perché si vuole sapere cosa la Chiesa pensa di un tema o perché i vescovi possano discuterne e indicare il da farsi. Un sinodo si fa perché le indicazioni che emergono dall’ascolto possano incarnarsi nella Chiesa perché questa possa meglio vivere e annunciare il messaggio di Gesù.
Grazie per questa delucidazione, di un percorso più ampio, per un coinvolgimento maggiore e uno sviluppo migliore. Ma dopo la messa il primo giorno cosa è successo?
Io, in quanto membro della segreteria non ero in aula, però dopo il saluto iniziale del papa è cominciata la riflessione sulla prima parte dell’instrumento laboris, il vedere cui hanno partecipato non solo i vescovi ma anche i giovani presenti in aula. (la 2 parte riguarderà il giudicare, riflettere, discernere, e la 3 l’agire, le proposte). Ci sono state poi 4 assemblee generali quindi 4 sessioni di lavori nei circoli linguistici per le 6 lingue ufficiali; abbiamo saputo che più che altre volte i giovani sono stati molto coinvolti nel dialogo, nel confronto, non solo nel lavoro di gruppo. Perciò il Sinodo, che nasce come una assemblea dei e per i vescovi, per i vescovi, si è aperto ai giovani presenti. Per la verità il coinvolgimento è stato vicendevole, dei vescovi verso i giovani, ma anche i giovani hanno potuto superare alcune preoccupazioni e pregiudizi sulla chiesa istituzionale, sulla eventuale formalità; hanno potuto conoscere dei vescovi vicini, più disponibili a incontri anche fuori dall’ aula, per chiedere pareri su questioni importanti e delicate. La Chiesa qui si è riconosciuta nella sua ricchezza: questa è la sinodalità. Questa dimensione sinodale è molto importante, primo perché richiesta dal cammino cominciato con il Concilio Vaticano II, secondo – come emergerà dal documento finale – perché è un vero e proprio bisogno della chiesa di oggi. Infatti alla fine del Sinodo il papa ha detto che è stato prodotto un documento, ma questo non è importante quanto l’esperienza di comunione tra vescovi e quella parte di popolo di Dio, i giovani, che deve diventare modello e testimonianza. Dobbiamo lasciarci convertire da questa esperienza e farne uno stile nuovo della Chiesa. La sinodalità, la condivisione è molto importante per aiutare il vescovo a decidere. Una decisione si prepara, è il punto di arrivo di un cammino condiviso con i giovani. Nel documento finale si invita caldamente a coinvolgere meglio e di più i giovani anche nei processi decisioniali. Questo è lo stile del discernimento, la comunione delle diverse esperienze perché non si possono prendere delle decisioni se non si conoscono le realtà. I giovani, i fedeli hanno una conoscenza della realtà ineludibile che la Chiesa deve fare più sua.
Spesso i giovani denunciano i sacerdoti come troppo giudicanti o incompetenti, segno di una chiesa moralista e paternalista, cosa si è detto in merito?
I giovani hanno sottolineato con forza il bisogno di essere ascoltati, accompagnati e non solo di essere usati o diretti. I sacerdoti spesso si sentono in dovere di dire la verità a priori piuttosto che cercarla insieme, ma ciò allontana i giovani. I giovani hanno bisogno di pastori che gli stiano accanto, cosa rara perché troppo impegnati dalla burocrazia, dalle attività, che non siano sacerdoti a tempo.
Nel documento finale si legge che bisogna guardare ai giovani con “atteggiamenti, occhi di Gesù”? cosa significa?
Qui entra in gioco la formazione dei sacerdoti perché imparino un nuovo atteggiamento verso i giovani. È necessaria una formazione più incarnata che superi l’attuale metodo formativo ormai obsoleto. I seminaristi devono confrontarsi meglio con la realtà pastorale se vogliono essere preti per il domani. Questo ancora non accade. Gesù andava per le strade, porta a porta e aveva uno sguardo attento a tutti. Ricordo lo stupore dei giovani che incalzati da noi a terminare un intervento scritto entro la sera, hanno chiesto tutta la notte per poter finire con cognizione; pensavano a una risposta negativa! Alla nostra disponibilità e fiducia nella loro proposta hanno risposto che mai un sacerdote si era loro dimostrato così fiducioso e disponibile al “rischio”.
Quale idea il Sinodo si è fatta dei giovani: Inquieti, tiepidi, audaci, protagonisti, tranquilli..?
Secondo me tutto quello che dici. C’è un potenziale enorme nel mondo giovanile, vicino o lontano alla Chiesa, che non viene utilizzato. Come accennavo, facciamo ancora fatica a dare loro fiducia!
Infine, dalla tua esperienza pastorale e di segreteria, quali indicazioni daresti ai giovani ai loro pastori?
Di continuare in questa via della comunione e della conoscenza reciproca: non solo una relazione funzionale, ma anche esistenziale.
La Chiesa è nata dal “porta a porta”, da persone affascinate da Gesù, capaci di trasmetterlo a quanti le incontravano. Questo fascino può nascere solo da una maggiore comunione e fiducia reciproca.
Ancora una volta grazie a padre Lello e come dice lui per salutare: buona vita.
Grazie a voi e buona vita a tutti.

 

Intervista a cura di P.Giannicola Simone.

Riprese e montaggio: Giacomo Camilletti e Luigi Cirillo