La cicogna vista dall’alto

Da poco più di tre settimane sono iniziate le lezioni del secondo semestre del corso di Psicologia che frequento e per la prima volta mi sono imbattuto, io che esco da un Liceo Scientifico, nella studio della Sociologia. La mia docente ha esordito raccontandoci una storia di Karen Blixen una scrittrice danese che in un suo libro “La mia Africa” riporta una breve storia.
“Un uomo viveva in una casupola tonda con una finestra tonda e un giardinetto a triangolo. Non lontano da quella casupola c’era uno stagno pieno di pesci.
Una notte l’uomo fu svegliato da un rumore tremendo e uscì di casa per vedere cosa fosse accaduto. E nel buio si diresse subito verso lo stagno.
Prima l’uomo corse verso Sud, ma inciampò in un gran pietrone nel mezzo della strada; poi, dopo pochi passi, cadde in un fosso; si levò; cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.
Allora capì di essersi sbagliato e rifece di corsa la strada verso Nord. Ma ecco che gli parve di nuovo di sentire il rumore a Sud e si buttò a correre in quella direzione. Prima inciampò in un gran pietrone nel bel mezzo della strada, poi dopo pochi passi, cadde in un fosso, si levò, cadde in un altro fosso, si levò, cadde in un terzo fosso e per la terza volta si rimise in piedi.
Il rumore, ora lo avvertiva distintamente, proveniva dall’argine dello stagno. Si precipitò e vide che avevano fatto un grande buco, da cui usciva tutta l’acqua insieme con i pesci. Si mise subito al lavoro per tappare la falla, e solo quando ebbe finito se ne tornò a letto.
La mattina dopo, affacciandosi alla finestrella tonda, che vide? Con le sue orme aveva disegnato una cicogna!”.
Esistono varie varianti della storia: chi racconta che l’uomo lasciò le tracce nella neve, chi nella sabbia, ma il messaggio di fondo è lo stesso: l’uomo cercando la provenienza del rumore lascia delle tracce che da sole hanno poco, se non alcun, significato ma se viste da un altra prospettiva, se viste dall’alto formavano un disegno perfetto, un disegno della cicogna.
Inizialmente non mi sono soffermato a riflettere sulla storia, troppo preso dal prendere appunti e cercare di stare concentrato sulla materia, ma la sera, dopo essermi coricato mi è venuta in mente e mi sono immaginato che io stesso dopo aver giocato con il mio cane in giardino, uscissi in terrazzo e vedessi un qualche tipo di figura perfetta disegnata nel prato.
Le azioni che facciamo ogni giorno, dunque non sono mere azioni, senza un significato anche se li per li lo sembrano. Le nostre scelte di ogni giorno, guidate dai nostri atteggiamenti, dalle nostre credenze, dai nostri valori non sono fini a se stesse ma sono rivolte a un disegno più grande, alla formazione di una nostra identità, di un nostro io, rivolte alla genesi di un progetto, del nostro progetto di vita.
Ciò che noi siamo, ciò che vorremmo essere un giorno dipende strettamente dalle nostre scelte, dalle nostre decisioni di tutti i giorni. Noi siamo i responsabili del nostro disegno, noi siamo il piede che lascia l’orma nel prato, noi siamo i pittori dell’opera d’arte che deve essere la nostra vita.
E non importa se l’opera d’arte abbia delle sbavature, se in certi punti il tratto sia insicuro o instabile, se in certi momenti si esca fuori dalle righe o si commettano errori.
L’importante è riuscire a vedere il disegno che noi stessi facciamo, il riuscire a trovare il senso in quello che facciamo e in quello che crediamo; l’importante è non essere trascinati dall’indifferenza, dalla sufficienza e dalla superficialità che dominano certi ambiti della nostra realtà ma di essere responsabili, partecipi alla creazione del nostro disegno di vita, della formazione della nostra identità e della nostra persona.
Un giorno quando guarderemo dall’alto della nostra finestra le nostre tracce in giardino dovremmo essere fieri, soddisfatti e felici del disegno che ci apparirà, perché noi stessi siamo i grandi protagonisti della storia della nostra vita.

Samuele Grosso, Genova

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Martedì 12 febbraio, nell’Aula Magna del nostro Istituto Alberghiero a Vieste, abbiamo incontrato padre Giannicola Simone con Sofia Rossi e Andrea Bianchini, due giovanissimi associati del gruppo GiovaniBarnabiti sul tema del volontariato.

L’incontro ha avuto inizio con un’affermazione forte e chiara “non è l’essere credenti che porta a fare volontariato”, infatti la maggior parte dei volontari comincia grazie alla sola curiosità. A questa affermazione ne è seguita un’altra altrettanto forte e cioè “fare volontariato significa mettersi a disposizione di chi ha bisogno di aiuto con gratuità”. Sofia poi ha parlato del Dynamo Camp a cui partecipa da qualche anno, definendolo “luogo magico”, infatti la sua caratteristica principale è quella di essere un campo di terapia ricreativa strutturato per assistere gratuitamente ragazzi malati e disabili. Il campo offre molteplici attività finalizzate allo svago di coloro che lo frequentano, come il teatro, laboratori creativi, scuola di circo, sport e giochi. Andrea ha preferito raccontarci delle sue estati albanesi con bambini e ragazzi “avidi” di gioco e compagnia.

Uno degli argomenti centrali dell’incontro, e non poteva essere diversamente, è stato quello dei rifugiati. Chi sono i rifugiati? Generalmente i rifugiati detti anche profughi sono tutti coloro i quali fuggono dal proprio Paese di origine per motivi politici o per la povertà, che trovano ospitalità in un paese straniero per condurre una vita migliore ed essere felici come tutti hanno diritto a essere. Senza rimanere ingarbugliati nelle polemiche che caratterizzano spesso la discussione riguardo a questo argomento, gli intervenuti hanno messo in evidenza la centralità delle personee l’importanza di venire incontro alle loro necessità.

Il volontariato in tutte le sue forme è indiscutibilmente utile in un duplice modo, utile per chi riceve aiuto, e utile per chi lo dà. Infatti se è evidente l’importanza che può avere per chiunque ricevere un supporto in caso di bisogno, sono altrettanto importanti, anche se meno visibili, le conseguenze positive che si ricevono nel dare aiuto.

Alessandra de Feo
Classe II A – IPSSAR “E. Mattei”

 

La Redazione ringrazia gli alunni per la buona partecipazione all’incontro, le loro riflessioni e specialmente per l’ottimo pranzo che ci hanno preparato!

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Lunedì 11 febbraio nell’aula magna del liceo E. Mattei di Vieste abbiamo incontrato gli studenti della scuola per parlare del nostro volontariato.
Insieme a Sofia e Andrea di Milano, Onofrio, Carlo, Francesco e Giuseppe di S. Felice (anche se ha parlato solo Francesco!) abbiamo cercato di raccontare il nostro modo di vivere il tempo libero non solo per noi stessi ma anche per gli altri. I campi con i bambini di Milot in Albania, con i bambini malati al Dynamo Camp di Pistoia; l’impegno per il territorio provato da illegalità, inquinamento e indifferenza della gente a S. Felice a Cancello (CE).
Anche se ciò che fai ti appassiona, non è facile parlarne davanti a 300 studenti, non è facile intrattenerli un’ora e mezza.
Il fatto che Andrea (3 liceo) abbia fatto delle domande, ci dice dopo, significa che l’incontro è stato interessante, che ha lasciato insegnamenti utili. L’importanza di dedicare del tempo con gratuità ai diversi tipi di bisogno nel territorio; la bellezza di scocciare le persone che non vogliono preoccuparsi di nulla; la preoccupazione di ascoltare le esigenze di persone e realtà che spesso nessuno ascolta. Poca teoria e molta concretezza, evidenzia Andrea, che piace!
Non sono mancate le lacune, specialmente il fatto che gli organizzatori dell’incontro, denunciano i giovani viestani di essere inetti, incapaci di riconoscere le esigenze dei ragazzi.
«Non si può pretendere – continua Andrea – che tutti i giovani vadano in Chiesa e quindi rispondano alle sue proposte; il mondo, anche quello di Vieste, è più grande della Chiesa. A noi piace organizzare momenti di sport o feste per raccogliere altri giovani, per creare incontro. Forse non è un vero e proprio volontariato, ma è del tempo che con passione io e miei amici spendiamo per togliere dall’indifferenza, dal non sapere cosa fare il sabato sera. Non mancano però attività sporadiche nelle mense pubbliche per i più bisognosi.»
Sicuramente il volontariato è un bel tempo da vivere per crescere come persona. Non si sa se lo si fa per Gesù, perché il rapporto con la Fede è ancora abbastanza contorto evidenziano più volte Sofia e Andrea: lo si fa perché fa crescere.
Il tempo scorre velocemente, qualche volta si perde la tensione, ma la sinergia tra di noi ci permette di recuperare subito il discorso e portarlo a termine con una certa abilità!
L’unico problema? Oltre l’audio aggiustato dal nostro Giuseppe, far parlare “timidi” liceali, ma qualcuno rompe il ghiaccio e le cose scivolano via con destrezza. Anche questo è … volontariato!

Grazie a GiovaniBarnabiti, grazie giovani di Vieste.