Scrivere non è facile, richiede arte innata, richiede tempo.
Scrivere impegna: la mente, la mano, il cuore.
Quando si è abituati a scrivere in continuazione messaggi e messaggini, non so quanto siano veramente impegnati mente, mano e cuore. Forse o l’uno o l’altro. Perché scrivere richiede arte e impegno.
Non so perché molti facciamo fatica a scrivere. Non perché tutti dobbiamo essere Dante o Manzoni, a ognuno è bene lasciare le proprie doti, piuttosto perché scrivere – come leggere – apre la mente e dà ritmo al cuore.
Ognuno ha un proprio tesoro nel cuore, piccolo o grande che sia, comunque sempre prezioso. Forse se don Abbondio avesse scritto qualche cosa di sé, anche solo per sé, anche senza la pretesa di farlo leggere a qualcuno, anzi con la piena consapevolezza che nessuno avrebbe letto il suo scritto, avrebbe imparato a essere meno il don Abbondio che conosciamo e più il don Abbondio che non conosciamo.
Noi delle persone conosciamo solo degli aspetti, e su quelli ci fermiamo con ostinazione incapaci di andare oltre: il giudizio si fa pregiudizio inamovibile. Se potessimo leggere qualche cosa di questo o quello forse scopriremmo dietro le corazze di ognuno un cuore.
Dio non ebbe paura di scoprire la corazza di Caino, per citare un caso. Ma Lui è Dio!
Se Etty Hillesum, per parlare di una umana, non avesse scritto del suo modo di vivere, di affrontare il soldato della Gestapo che la processava, non avremmo mai potuto scoprire il bene che anche quel giovane soldato ostinatamente nascondeva nel più profondo del cuore. Il pregiudizio di tutti noi in Etty diventa giudizio, giudizio per il bene.
Si scrive, scrivo perché ognuno ha un proprio tesoro nel cuore che non è proprietà privata, o meglio è proprio, per l’umanità.
L’uomo è sulla terra, forse creato, per il bene degli altri uomini e del creato. La preoccupazione massima dell’uomo dovrebbe essere quella di prendersi cura dell’altro intorno a sé. Scrivere è il modo, non esclusivo ma forse più semplice, per prendersi cura di sé, quindi dell’altro
Lo scrivere è una sorta di crema da corpo per prendersi cura di sé, è uno specchiarsi non come la strega di Biancaneve, tronfa di sé, ma per aprirsi all’altro da sé. Siamo soliti a parlare male di Narciso, forse perché pensiamo solo al momento dell’annegamento dimenticando che la ricerca di sé non è cosa malvagia se sa fermarsi prima di specchiarsi troppo. Se Narciso avesse scritto un poco più di sé avrebbe scoperto la possibilità di dirsi e di dire qualchecosa di sé.
Oggi non scriviamo quasi più perché è più seducente annegare nella propria immagine, che affascinarsi della propria storia.
Scrivere aiuta a invecchiare imparando a riconoscere i propri giorni come delle opportunità, questo è sapienza, questo è vivere in un mondo che sembrerebbe voler vivere solo per se stesso.
È trascorso già un mese di questo nuovo anno, un mese appendice del precedente anno orribile 2020 scriveva qualcuno.
Non voglio scrivere tutto ciò che l’anno scorso mi ha tolto o donato, mi basta scrivere quanto vorrei ancora di più ricevere anche quando dovrò sperimentare altri vuoti.
Il dono della fede non è il dono dell’ingenuità, ma della responsabilità di continuare a sperare perché vivo della vita di Uno che è vivo e vivifica, anche tra i dirupi del dolore. Di questa speranza vivente voglio continuare a scrivere in ogni giorno che il proseguire di questo anno mi darà, con l’incoscienza di voler scrivere un poco della storia non solo mia.
Per questo è stato scritto il Vangelo.