Essere vicini a situazioni difficili come l’Afghanistan non è facile. Volevamo porre alcune domande al nostro confratello p. Giovanni Scalese da 6 anni a Kabul come cappellano dell’Ambasciata Italiana e rappresentante della Santa Sede. Per il precipitare della situazione non è stato possibile. Ci siamo rivolti al nostro amico Federico Romoli che ben conosce l’Afghanistan e i Barnabiti ( https://giovanibarnabiti.it/2021/05/23/un-avvocato-a-kabul/ ) per chiedere qualche luce.
Ciao Federico, c’è un affetto particolare tra il mondo barnabitico e l’Afghanistan, ma ha senso preoccuparsi anche di Afghanistan, tra le tante situazioni delicate nel mondo?
Da uomini, prima ancora che da cristiani, è nostro dovere interessarci del mondo. In Afghanistan o ad Haiti, sono giorni bui per tanti nostri fratelli. È necessario pregare per loro e per il loro avvenire.
Tra i Barnabiti e l’Afghanistan, un paese in enorme difficoltà già da oltre quarant’anni, vi è sempre stato un forte legame, che adesso si spera possa continuare.
Bastano il sollecitare l’opinione pubblica, il rammarico diffuso per essere vicino all’Afghanistan?
Proprio per il ritorno dei Talebani è giusto guardare agli errori del passato per poter aiutare ancora di più il paese che si trova dentro una crisi così grande. Il rammarico e lo sgomento dell’opinione pubblica non sono un aiuto concreto al paese, ma sono di certo meglio del disinteresse. Dell’Afghanistan sembravano tutti essersene dimenticati, stampa
compresa, nonostante il paese avesse ancora molti problemi anche prima del ritorno dei Talebani.
Certo l’opinione pubblica statunitense pare abbia molto contato sulle scelte che vediamo in questi giorni, ma noi?
Negli Stati Uniti il dibattito politico sembra essersi fermato alla critica delle modalità del ritiro delle truppe, come se gli errori compiuti nei due decenni precedenti non abbiano avuto influenza su questo esito.
Qualche giorno fa il Corriere della Sera pubblicava un dettagliato articolo di Roberto Saviano sul ruolo dell’eroina nella politica ed economia dei talebani e renderli così “rispettabili” nel mondo: cosa ne pensi?
Il controllo del traffico di eroina da parte dei Talebani è in realtà solo una parte del problema. Lo sfruttamento illegale delle risorse minerarie, ora anche i dazi doganali, poi altri finanziamenti clandestini compongono anch’essi gli introiti dei Talebani. Anche vari altri signori della droga hanno potuto continuare il loro traffico in questi anni. Ma la formazione e ora il ritorno al potere dei Talebani sono un fenomeno molto più ampio e complesso.
Padre Giovanni Scalese ci chiede giustamente di pregare, di pregare, e molti di noi lo stanno facendo: realmente la preghiera è di conforto, sostegno, stimolo a non mollare? Realmente non è un modo “spirituale” per mettersi un po’ di più l’anima in pace?
Il minimo che noi, così limitati, possiamo fare è pregare per i nostri amici afghani, sperando di portar loro un po’ di conforto e rimettendoci così a qualcosa di Onnipotente. La preghiera è come l’ossigeno che produce un albero, non si vede, ma senza si muore.
a cura di Luigi Cirillo – Roma