Nemmeno a fine anno la mia scrivania ha una parvenza di ordine. Non un ordine maniacale, ma un sano ordine per poter lavorare senza fogli di giornale, o di appunti o chiavi o penne (stilografiche per lo più) che si accumulano nella attesa di trovare una risposta al proprio essere come oggetto e come posizione!
Sì, perché c’è una identità propria di ogni oggetto data dal suo “essere” per…, ma anche dal suo stare di qui o di là su una scrivania o… Talvolta penso che gli oggetti sulla mia scrivania siano troppi, troppi i motivi o i legami con questa o quell’altra situazione o persona che l’ha donato o fatto arrivare fin su questo piano. Per quanto sia minimalista su alcuni aspetti della mia visione della vita, degli spazi che abito, altrettanto non lo sono nei richiami alla memoria del mio vivere.
Ma il sano disordine delle cose… cosa richiama? Forse è segno di un disordine nel modo di gestire la vita, una vita che non riesce a entrare nelle profondità delle sue esigenze?
Alle volte credo che sia così, penso che un altro anno trascorso altro non abbia che certificato la fatica di andare in profondità. Questo non significa vivere una vita mediocre, piuttosto considerare gli istanti della quotidianità come belli in sé, capaci di dare senso sia con una lacrima, sia con un sorriso. Dimenticavo, anche con una incazzatura!
Mi ritrovo attorniato da decine e decine di giovani, anche in questo 2024 ormai trascorso, giovani che sostano, che ascoltano, che osservano e piano piano sbocciano. Talvolta vorrei che si sbocciasse tutto in una volta e mi arrabbio perché non riesco a indurre lo sbocciare, non riesco a vederlo nel suo compiersi. Oppure penso che non si voglia sbocciare, ma lo sbocciare ha un suo tempo che fortunatamente non possiamo forzare o variare. I boccioli nel giardino di questo 2024 sono stati parecchi anche se riuscire a considerarli tutti non è possibile. La maggior parte non sono rose o orchidee, sono semplici fiori di campo. Eppure anche questi sono necessari per far proseguire il mondo e rallegrare i campi della vita. Spesso si fanno i paragoni tra i giovani di oggi e quelli di ieri o ieri l’altro. Quale generazione è la migliore? Quella che sa ascoltare!
Oggi si ascolta molto, troppo e altrettanto vale per il vedere e quindi pare di sapere. Ma troppo spesso è un ascoltare che non ascolta. Oggi è difficile educare all’ascolto. La paura di ascoltarsi e di ascoltare è elevata, se non ti educhi ad ascoltare poi non ti trovi più.
La mia sfida più grande, nell’aprire le porte alle decine di ragazzi e giovani che incontro è proprio quella di formare ad ascoltare. Fermare ragazzetti o adolescenti (ma anche giovani) anche solo 5 minuti (la soglia di attenzione non è molto alta) ad ascoltare è una vera e propria sfida.
Poi c’è il branco (almeno in questo nulla è cambiato tra le generazioni) che sollecita e crea vergogna e quindi ascoltare diventa ancora più difficile. Se dico quello che ho nel cuore anche quando è bello o importante, gli altri mi giudicano: meglio fare silenzio o fare il pagliaccio, si rischia di meno. Se dico che ho bisogno di aiuto, mi prendono per matto. Ma prima o poi bisogna rischiare se si vuole imparare a nuotare la vita.
Non credo di avere molte strategie in merito, e poi l’età ci mette il suo, aiutare ad ascoltarsi è una bella impresa. Ma mi piace. Mi piace stuzzicare questo o quello, cercare di lasciargli qualche domanda nel cuore un po’ più incisiva e duratura di un post su IG o un Tik-tok! Non ho metodi o strategie se non l’esperienza e un po’ di fantasia e molta pazienza, anche se il marketing della “pedagogia” moderna aborrisce mancanze del genere. I vari social hanno sicuramente una grande potenza pervasiva e persuasiva, ma uno sguardo umano, l’offrire cura o attenzione è sicuramente molto di più. Quanti sguardi veri incontrano questi ragazzetti e adolescenti di oggi. Non lo so. Pochi. Nel disordine consapevole delle loro vite offrire degli sguardi senza la pretesa di essere il salvatore è la strategia migliore.
Mi accorgo di non avere più la forza e la creatività del passato, ma credo questo i giovani che incontro lo percepiscano più di me e si accontentano di quello che ho.
Il 2024 volge al termine e non sappiamo ancora – fortunatamente – cosa ci offrirà il 2025: scoprire il dramma della vita?
Un motto ho imparato da san Francesco di Sales: «Mai avere fretta; fai tutto con calma e in uno spirito calmo.
Non perdere la pace interiore per qualsiasi cosa,
anche se il mondo intero sembra turbato.». È la pazienza del contadino che permette al bocciolo di sbocciare. È la capacità di stupirsi che permette al cuore di riconoscere l’altro chiunque esso sia. Anche nel sano disordine che la vita porta con sé.
Auguri 2025!