Dopo un’attesa di 3 anni Hwang Dong-hyuk, insieme a Netflix, fa uscire la seconda stagione di una delle serie tv più iconiche degli ultimi anni: Squid Game.
Il successo mondiale è stato clamoroso e per diversi aspetti ricorda tanto quello avuto dalla Casa di Carta (vedi la divisa simbolica o le canzoni). È risaputo infatti come la società statunitense di streaming sia abile a cavalcare l’onda del momento sfruttando al meglio tutte le sue munizioni, spesso snaturandole.
Per chi non lo sapesse, la prima stagione ci mostra come la vita di Gi-Hun Seon sia alla deriva: sommerso dai debiti, un matrimonio fallito e una madre profondamente delusa che deve sopperire all’incapacità del figlio di guadagnarsi da vivere. Con i creditori alle calcagna, Gi-Hun Seon decide di accettare l’invito per partecipare a un gioco nel quale si possono vincere tanti soldi. Così si ritrova invischiato, insieme a numerosi disperati, in una competizione strutturata in una serie di giochi che ricordano l’infanzia. Inizialmente ricorda molto una Battle Royale, ma il fattore che la distingue è quel mood di nichilismo derivato da una profonda consapevolezza della propria situazione sociale che caratterizza i protagonisti della serie: non importa se chi perde muore, i protagonisti arrivano a scegliere di continuare il gioco di loro spontanea volontà anche quando gli si presenta la possibilità di interromperlo.
La seconda stagione ripercorre lo stesso credo della prima. La caratterizzazione dei personaggi, che va a creare una vicenda profondamente umana e al tempo stesso anche politica, fa sì che lo spettatore riesca a immedesimarsi creando continue situazioni di pathos.
Squid Game attraverso una serie di giochi mortali si rifà al dramma vissuto da migliaia di persone più di 40 anni fa. In Corea, qualche decennio dopo la Guerra di inizio anni ’50 e a ridosso dei giochi Asiatici del 1986 e Olimpici del 1988, furono istituiti una serie di centri di assistenza sociale per reprimere il vagabondaggio e purificare le città da quella che al tempo era considerata feccia. Migliaia erano i detenuti (con altrettanti deceduti) e la polizia veniva ricompensata per questa pulizia collettiva. La serie vuole quindi far emergere una non troppo velata critica sociale.
Al giorno d’oggi la società è sempre più composta da spazzatura (pensiamo alle pubblicità, ai social, all’ignoranza in televisione o sui giornali), persone superficiali, disposte a tutto pur di prevalere sulle altre, egoiste e disposte a tutto. È un campanello d’allarme sulla società di oggi. La serie lo denota chiaramente fino ad arrivare all’apice: la morte che non è solo una conseguenza, ma sottolinea l’assurdità della condizione umana.
Molto significativo è stato quando migliaia di persone povere, potendo scegliere un solo regalo, hanno preferito giocare d’azzardo piuttosto che mangiare. A seguito di questa scena, su internet sono diventati virali molti esperimenti di questo tipo e purtroppo anche nella vita reale ci sono state un sacco di persone senza nulla, drogate o tossiche che hanno preferito farsi regalare un gratta e vinci piuttosto che un pasto. Questo è lo specchio di una società malata dove, e lo si vede soprattutto nelle grosse metropoli, moltissime persone sono irrazionali e ragionano di pancia senza ponderare le loro scelte. È lo specchio dell’assurdità della società. Veramente ci possono essere persone che al giorno d’oggi si alterano fino a preferire l’incerto al certo nonostante abbiano bisogno del certo?

Marco C. – Milano