La radice umana della crisi ecologica

Nel terzo capitolo dell’enciclica Laudato sì, che stiamo rileggendo con voi, la riflessione di Papa Francesco si concentra sulle radici umane della crisi ecologica su un’analisi del paradigma tecnocratico dominante.
La riflessione inizia con un elogio dei progressi tecnologici e scientifici, che sono in grado di produrre “cose preziose”, trovando rimedi per i mali che affliggono l’essere umano e aiutandolo a compiere un salto nel mondo della bellezza. La tecnica infatti esprime la tensione dell’uomo verso il graduale superamento dei suoi limiti materiali.
Allo stesso tempo, però, le nostre acquisizioni scientifiche e tecnologiche offrono un enorme potere a coloro che detengono le conoscenze e le risorse economiche per sfruttare la conoscenza che nel corso della storia l’essere umano ha acquisito, i quali possono sfruttare tale conoscenza come forma di dominio sul resto del mondo. A questo proposito vengono citate le bombe atomiche e gli strumenti via via più tecnologicamente avanzati che vengono sempre più usati in guerra.
Il grande problema, afferma Papa Francesco, è che l’uomo moderno “non è sato educato al retto uso della potenza”, poiché la crescita e lo sviluppo tecnologico non sono stati accompagnati da un necessario sviluppo morale, di valori e di coscienza, ma anzi l’uomo si trova a vivere in un’epoca in cui le pretese principali sono di utilità e sicurezza (Laudato Sì, cap. 3.I).
Le cause di tale processo sono da rintracciare nel paradigma tecnocratico che è stato adottato dall’uomo nella sua interazione con la tecnologia, nel quale il soggetto non si trova più ad assecondare e accompagnare le possibilità offerte dalle cose stesse, ma è teso a comprendere progressivamente per poi possedere l’oggetto che si trova all’esterno, per estrarre tutto quanto è possibile dalle cose.
Questo paradigma tecnocratico, così diffuso e omnicomprensivo da portare l’uomo a avanzare pretese di dominio sulla natura, si applica non solo alla tecnica in senso stretto ma anche all’economia e alla politica, sottoposte alle logiche utilitaristiche del profitto. L’economia, infatti, assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza considerare eventuali conseguenze negative per l’essere umano, soffocata dalla logica della finanza internazionale. Papa Francesco sottolinea come la logica economica dominante, tutta improntata al profitto e alla crescita del mercato, non considera a sufficienza fattori di sviluppo umano e di integrazione sociale, portando a quello che viene definito un “supersviluppo umano dissipatore e consumistico che contrasta con perduranti situazioni di miseria disumanizzante” (Laudato Sì, cap. 3, II).
A questo si ricollega una riflessione generale sulla specializzazione economica, che porta a frammentazione, atomizzazione e mancanza di uno sguardo di insieme che si soffermi sulle relazioni fra le cose. Questa visione così frammentata sarebbe una delle cause alla base della difficoltà di risolvere problemi così complessi come la crisi climatica e la povertà, questioni indissolubilmente interconnesse ma che richiederebbero uno sguardo di insieme più ampio.
Per questo quindi la cultura ecologica si dovrebbe porre agli antipodi rispetto a questa visione frammentata e proporsi come uno sguardo diverso, un pensiero, una politica e un programma educativo alla base di uno stile di vita nuovo. Quindi ciò che è necessario è che l’uomo agisca non come sottomesso al paradigma tecnocratico, ma metta la tecnica al servizio degli altri con un tipo di progresso sano, umano, sociale e integrale.
Tale ecologia integrale deve avere come fondamento il valore fondamentale del lavoro. L’intervento umano che favorisce lo sviluppo del creato, infatti, è il modo più adeguato per prendersi cura del creato stesso ed è quindi il modo con cui l’uomo si pone a strumento di Dio. È pertanto necessario recuperare una corretta concezione del lavoro, poiché in esso si esplica il fulcro dell’interrogativo circa il senso e la finalità dell’azione umana sulla realtà. Il lavoro dovrebbe essere l’ambito in cui avviene il multiforme sviluppo personale dell’essere umano, mettendo in gioco la propria creatività, le proprie capacità, l’esercizio di valori, la relazione con gli altri. Tuttavia, le crisi economiche e la perdita di posti di lavoro intaccano questo processo di maturazione, di sviluppo e di realizzazione, oltre che causare ulteriori danni economici.
La riflessione di Papa Francesco, infine, si conclude con un breve accenno alle questioni etiche sollevate dalla questione degli OGM e degli interventi umani a modificare il mondo vegetale e animale, affermando che secondo la Chiesa, le sperimentazioni in tali campi sono legittime solo se si mantengano in limiti ragionevoli e contribuiscano a salvare vite umane, e che on ogni caso è contrario alla dignità umana infliggere sofferenze sugli animali e non rispettare l’integrità della creazione. In ogni caso, è sempre necessario considerare gli impatti sociali che tali interventi hanno in zone del pianeta già fragili, a vocazione agricola, in cui tali colture finiscono nelle mani di grandi produttori, determinando perdite di lavoro, migrazioni, povertà e perdita di diversità. (continua)
Giulia C. – Firenze