Nonostante alcuni giornali abbiano polemizzato sulla risonanza data alla morte di Lisa Digrisola, dimenticando altre morti analoghe, riteniamo che l’articolo di Concita de Gregorio (La Repubblica, 22 aprile 2016) meriti la pubblicazione per sollecitare il sempre necessario dialogo tra le generazioni.
Che frase, che giro di note sono state le tue ultime, Lisa? Che musica ascoltavi, in cuffia, ieri mattina? Dieci minuti prima delle otto, è tardi è tardi, devo correre, non ho sentito la sveglia, no colazione non faccio in tempo lascia stare, devo correre. Mi chiudono le porte, non mi fanno entrare in aula, ciao. Un cappuccio sui capelli, due auricolari bianchi nelle orecchie, i quaderni. Le rotaie, stazione Certosa a Milano, faccio prima se corro, attraverso, il sottopasso mi fa perdere tempo, corro. Chi perde tempo guadagna tempo, non lo diceva tua nonna? Rihanna, forse. Amavi tanto Rihanna, ti facevi chiamare Rirì. Tutta la vita in cambio di cinque minuti, Lisa. Saperlo prima. Diciannove anni, una bellezza folgorante, la passerella, il trucco le foto, la moda, devi studiare però prima, studia. La cultura è importante, non vai da nessuna parte se non studi, la bellezza non basta. Una scuola, serve, non solo un’agenzia. Sì, studio. Ecco, studio, vado. È tardi, corro. A saperlo prima, davvero. Quei cinque minuti di scale, dai, cosa costano. Ecco cosa costano, meravigliosa ragazza. E poi togli quelle cuffie, Lisa. Ascoltami quando parlo, togli quelle cuffie. La musica ti salva, la musica ti porta via. La musica ti gasa, ti pompa quando fa freddo quando non hai voglia non ci riesci, non ce la fai. Dai, alza il volume. Però quelle cuffie, Lisa. Possibile che non si riesca mai a parlare, possibile che tu sia sempre altrove. Uffa, i vecchi. Uffa gli adulti che ti dicono spegni il computer, stacca il telefono, senti il mondo. Il mio mondo è questo, non lo capite? Il mio mondo è la musica. È un mondo vero.
Lo dico da madre. Quante volte abbiamo tolto gli auricolari ai nostri figli, quante volte abbiamo detto loro: sono qui, mi vedi, mi senti? La vita è una voce vera. Una persona che ti parla, in carne ed ossa, qualcosa che succede attorno a te, un musicista di strada che suona, un treno che passa. Guardati attorno, ascolta. Che musica sentivi, Lisa, quando è arrivato il treno? Speriamo fosse magnifica, la più bella di tutte, almeno. Speriamo che tu non ti sia neppure accorta del colpo, dei volo. E poi tutti a dire, a raccomandare, a scrivere nelle leggi addirittura: mettete gli auricolari, quando guidate. Rendetevi sordi, non distraetevi. Tappatevi le orecchie, è più sicuro. Lo dico da madre. Scusa, Lisa. Siamo pazzi. Vi abbiamo cresciuto in un mondo da pazzi. Abbiamo avuto paura di sentirci vecchi, inadeguati, poco moderni, non al passo coi tempi. Non siamo stati capaci di dire: ehi, fermi un attimo, fermi tutti. Quando si parla si parla, quando si cammina si guarda e si sente, quando si ama si spegne, quando si ha di fronte qualcuno non c’è smartphone che vinca, saremo antichi ma basta, con queste cuffie, ora basta. Maledizione. Non lo sappiamo dire. Abbiamo paura. Non sappiamo essere più convincenti di un video su youtube, questa è la verità. Abbiamo perso questo giro nel gioco della vita, Lisa. Magari verrà qualcuno, un giorno, abbastanza libero da non aver timore di dire: siete pazzi, siamo pazzi. Il mondo è fuori dai vostri telefoni. Verrà, certamente verrà. Quel giorno, quella persona dirà anche, forse: ma vi rendete conto delle esistenze che abbiamo perso? Anche la tua, Lisa. Speriamo che non sia inutile, vedrai che non sarà stata inutile. Lo dico ai tuoi genitori, saranno oggi disperati. Verrà un giorno in cui ci toglieremo le cuffie, tutti, e ricominceremo a sentirci. È sicuro. Sarà stato anche pensando a te, ragazza. Fai buon viaggio, scusaci.