Ricevuto dal papa il parroco di Gaza city

Dall’Osservatore Romano del 30 agosto 2014

Ha portato al Papa il “grazie” dei suoi parrocchiani di Gaza, un piccolo gregge di appena 136 anime che ha vissuto il dramma del conflitto sostenuto dalla vicinanza del pastore e dalla preghiera di tutta la Chiesa.
Ricevuto in udienza dal Pontefice nella mattina di venerdì 29 agosto, padre Jorge Hernández Zanni, religioso dell’istituto del Verbo Incarnato e parroco della Sacra Famiglia a Gaza, si fa voce — in questa intervista al nostro giornale — della riconoscenza dei fedeli per la vicinanza manifestata loro in più di un’occasione da Francesco.

Quali sono le sue prime impressioni dopo l’incontro con il Papa?
Il colloquio con Francesco è stato una grazia. Mai me lo sarei aspettato. Durante i giorni di guerra a Gaza, il Pontefice ha inviato alla parrocchia un messaggio via mail. Subito ho informato tutti i fedeli di questo dono. Non immagina il sollievo che ne hanno ricavato, per il solo fatto che il Papa abbia a cuore tutti noi.

Quale il contenuto del messaggio?
Innanzitutto, Francesco ci ha incoraggiato ad andare sempre avanti, a dare la nostra testimonianza, a essere “sale della terra”. Ha fatto riferimento alla visione soprannaturale della presenza dei cristiani in quel luogo. Non dimentichiamo che su quasi due milioni di abitanti a Gaza, i cristiani sono 1350, dei quali 136 cattolici e il resto ortodossi. Una minoranza importante. E il fatto che il Pontefice si occupi di noi è un gesto significativo.

E oggi che cosa ha rappresentato l’udienza con il Papa?
Ora, con questo incontro ho avuto la stessa certezza: il pastore è presente tra i suoi fedeli, offre incoraggiamento e sapienti consigli. È una grazia enorme per noi.

Com’è attualmente la situazione nella Striscia?
Grazie a Dio è stato concordato un cessate il fuoco duraturo, almeno per dare la possibilità di tornare ai negoziati in Egitto. Anche questo per noi è una grande grazia, perché le persone non ce la fanno più. Oltre ai danni, alla paura, la situazione è divenuta insostenibile per entrambe le parti in conflitto.

In questo momento qual è l’opera svolta dalla sua parrocchia?
La parrocchia della Sacra Famiglia è l’unica cattolica di Gaza. Durante il conflitto abbiamo ospitato più di milleduecento persone che scappavano dalle loro case. La nostra è stata una testimonianza di carità. Abbiamo accolto, appoggiato e sostenuto nel dolore molti rifugiati, anche fornendogli aiuti materiali, grazie alla Caritas internationalis che ci è sempre stata vicina. Devo dire che abbiamo sempre avuto l’appoggio incondizionato del patriarcato latino di Gerusalemme. Il patriarca Twal in persona si è occupato di farci avere gli aiuti umanitario e lui stesso ha telefonato più volte alla nostra comunità. Chi ha vissuto una guerra sa il valore straordinario di questi gesti. Ecco la presenza della Chiesa: una ferma testimonianza caritativa. Purtroppo, abbiamo avuto anche tre vittime tra la nostra comunità cristiana.

Preghiera del 31 Agosto 2014

Preghiamo per tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà dell’Oriente perseguitati.

Oggi chiediamo alla Vergine che ci salvi in questi momenti tremendi, così pregando:
O purissima sovrana,
tu che sei poderoso muro di cinta,
indistruttibile sostegno e salvezza del tuo popolo e della tua città,
hai dato come splendida difesa la tua preziosa cintura,
che salva da ogni sorta di sventure quanti la onorano con fede e con fervido zelo,
o sposa di Dio, salvaci!

Nella liturgia orientale oggi 31 agosto si fa memoria della deposizione nella santa urna della preziosa cintura della santissima madre di Dio.

Certo per noi occidentali è un fatto di tradizione, ma la preghiera qui sopra espressa ci indica il senso della fede di questa tradizione. Preghiamo con zelo per la salvezza del popolo cristiano dalla tirannica barbarie persecutoria che si è abbattuto su di esso.

Veramente la cintura della preghiera ripari da ogni male quanti sono perseguitati e anche ognuno di noi. Le preghiere sono tratte dalle liturgie dei cristiani greco-melkiti, che hanno sede in Italia a Roma, Basilica S. Maria in Cosmedin.

Preghiera del 22 Agosto 2014

Cari amici,

credo che quanto sta accadendo in tutto il mondo mediorientale non possa lasciarci in silenzio e ci chiede almeno di pregare e di pregare in abbondanza. Gli appelli di papa Francesco non possono essere lasciati in un angolo, appelli per tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà perseguitati a causa delle proprie idee. Siamo di fronte a una 3 guerra mondiale sparsa (dalla Libia all’Ucraina, attraverso il Medioriente)? Non lo so, so solo che possiamo almeno pregare con tutte le nostre forze. Per questo motivo ogni domenica pubblicherò la preghiera che si leva da una piccola chiesa di Roma, S. Maria in Cosmedin (quella della bocca della verità), curata dai cristiani cattolici di rito greco-melkita. Cristiani che hanno sede centrale a Damasco; cristiani che usano l’arabo come lingua per rivolgersi a Dio; cristiani ai quali sono state distrutte chiese dei primi secoli del cristianesimo. Forse non sarà tanto, ma vi assicuro che per loro, sapere che noi preghiamo per loro e con loro è di grande, grande, grandissimo sollievo.

Grazie

padre Giannicola M. Simone b.

preghiera di domenica 17 agosto 2014

 

La Basilica continua a mantenere, ora più che mai, tra le normali litanie della liturgia due Litanie speciali per la Pace in Siria e in Medio Oriente, ed in questi giorni particolarmente duri per quella Regione, ama aggiungere a chiare lettere anche l’Iraq vista la sempre tragica e persistente situazione di violenza e barbarie mostruose ed inaccettabili che continua a mietere vittime innocenti sotto il silenzio e la distrazione e il vergognoso silenzio del mondo stanco dell’ormai solito sangue degli orientali che viene versato come fosse acqua; delle inammissibili esecuzioni in nome e per la fede; delle pulizie etnico-religiose, e continuerà a pregare così finché non torni a regnare il silenzio delle armi e risuoni invece la bella melodia della giustizia ed una volta per tutte sia chiarito che ogni essere umano ha diritto alla vita e di viverla in piena libertà di coscienza, essendo tutti uguali.

–           In modo particolare preghiamo per i responsabili di questa nobile terra di Siria e d’Iraq. Concedi loro saggezza, lungimiranza e perseveranza; che essi non cedano mai allo scoraggiamento nel loro impegnativo compito di edificare la pace duratura a cui tutti i popoli anelano, preghiamo il Signore.

–           Ti preghiamo per tutti i popoli del Medio Oriente. Aiutali ad abbattere imuri dell’ostilità e della divisione e a edificare insieme un mondo di giustizia esolidarietà, preghiamo il Signore (Dalla preghiera del Santo Giovanni Paolo II per la Pace in Terra

Santa, Chiesa Greco Ortodossa di Quneitra, Siria, lunedì 7 maggio 2001).

Perché amo (e amerete) il cinema

Il cinema è tra le forme di arte forse quella più seguita e utilizzata nel formare il proprio modo di pensare e agire, anche nel mondo giovanile. Per questo motivo ci pare giusto dedicare una sezione del nostro blog a una lettura della cinematografia contemporanea, specialmente quella riguardante i giovani. Curerà questa pagina Fabio che da quando era studente liceale già si preoccupava di leggere, o meglio, vedere i film con occhio intelligente. Buona lettura. La redazione.

Una pagina di diario, un racconto personale sul perché amo il cinema, su come mi sono avvicinato alla settima forma d’arte: in ciò dovrebbe consistere il mio contributo a questo blog, come “articolo” di apertura credo possa andare bene.

Quello che vorrei fare è tentare di spiegare perché ogni volta che rivedo Cœur Fidèle sento brividi correre lungo tutta la schiena, pur sapendo ormai chi tra i due uomini sceglierà Marie; o perché tutte le volte che sono un po’ triste e guardo Manhattan Murder Mystery mi sento subito meglio, oppure…

No, è inutile, non sono in grado di esprimere certe cose. Non mi riesce, punto e basta. probabilmente dovrei vergognarmene (ventun anni, maturità classica, due anni di università sulle spalle e ancora non riesco ad esprimermi in italiano), eppure non provo vergogna alcuna. Anzi, in un certo qual modo ne vado fiero, perché il giorno in cui saprò trovare le giuste parole per descrivere cosa rappresenta per me il cinema, vorrà dire che non lo amerò più o, per lo meno, non con la stessa intensità con cui l’amo adesso.

Quando si ama veramente qualcosa, quando la si ama totalmente, con tutti noi stessi insomma, non si può spiegarne il motivo. Qualunque tentativo di delucidazione al riguardo risulta essere riduttivo, come se non appena si cercasse di palesare la natura del nostro amore tramite la lingua, si finisse con lo sminuirlo.

Lo so che può sembrare assurdo, però è così.

Insomma… eravamo arrivati al punto in cui dicevo che non sapevo dire perché amo il cinema. Beh, in effetti non è facile da spiegare: in primo luogo lo amo perché mi emoziona, mi scombussola come nessun’altra forma d’arte riesce a fare.

Si, la pittura mi piace, mi rilassa molto leggere e talvolta frequento con piacere il teatro. Amo la musica ma il cinema è un’altra cosa. Il cinema è pittura, musica e teatro insieme; è fusione di immagini e movimento, è energia cinetica allo stato puro. “Il cinema è diffusione di idee” come direbbe Majakovskij.

Qualcuno a questo punto avrà da obiettare: “Si, ma anche la letteratura, la musica… tutta l’arte serve ed è in grado di veicolare idee”. È vero, niente in contrario al riguardo, solo che il cinema ci riesce fondendo una serie di elementi che le altre forme d’espressione non hanno a disposizione. In quanto ultima arrivata, l’arte cinematografica rappresenta in certa misura la fusione di tutte le precedenti e questo indubbiamente la facilita. La completa.

In un qualsiasi film di Renoir, ad esempio, si ritrovano continui riferimenti ai quadri di suo padre. Eppure si tratta di cinema, non di pittura. Nel cinema convergono tutte le altre arti (Wright sosteneva che il cinema fosse architettura infatti), anche se alla fine l’insieme che si percepisce sullo schermo non coincide affatto con la somma delle singole parti, ma ha qualcosa in più. Cosa esattamente non lo so, ed è questo che adoro del cinema.

Ci penso da una vita ormai, eppure ancora non ho capito che ingrediente misterioso lo renda tanto speciale.

Al cinema devo tanto, forse tutto. Devo le mie conoscenze, la mia mentalità, la mia vita, tutto. Per tutto ciò intendo onorare (e, perché no, criticare) il cinema.

Sperando di non annoiarvi troppo.

Il volontario come lo penso io

Sono Alessandra, 23 anni, quasi architetto e nella vita mi piace fare di tutto, vivo ad Eupilio, un paesino sperso tra monti e laghi.
Ogni anno il nostro vecchio parroco cercava giovani volontari disposti a donare qualche settimana delle loro vacanze per aiutare i missionari in Africa, Brasile, Albania e Messico. Nel 2003 nessuno si propose per Milot, la parrocchia albanese dei Padri Barnabiti. I miei genitori pensarono di offrirsi, fu così che accettai di partire con la mia famiglia per questa nuova esperienza. Avevo 11 anni e pensavo solo a come rendermi utile per il campo estivo. Non sapevamo bene cosa avremmo dovuto fare, ma immaginavo di assistere i bambini più piccoli. Mi sbagliavo, erano le animatrici albanesi che facevano giocare me! L’anno seguente fui io a chiedere a mia madre di tornare.
Nel corso di questi anni sono tornata ogni anno, con motivazioni sempre diverse. All’inizio mi piaceva e basta. Poi di anno in anno incominciai a ricoprire ruoli sempre più impegnativi.
Iniziai a occuparmi della parte “artistica” del campo estivo: murales, allestimento di benvenuto, scenografia e costumi per lo spettacolo, inno e gesti e infine mi chiesero di disegnare il logo del campo per le maglie. Più che un’esperienza di volontariato, l’Albania per me è un laboratorio di apprendimento. È qui che ho imparato a fare di tutto; mi si chiedeva molto con poco e dovetti aguzzare l’ingegno. In realtà con quei pochi cartelloni colorati e costumi fatti di stoffa di recupero, avevo in cambio i visi sorpresi e contenti di un centinaio di bambini. Le fatiche erano presto ripagate e riempivano il cuore di tanta gioia. Ogni anno, per ben undici estati, sono partita persuasa di andare per essere utile agli altri e ogni anno sono tornata a casa convinta che erano gli altri ad aver dato qualcosa a me.
Milot è una palestra di vita: persone dai 16 ai 60 anni che condividono camera, bagno, cibo, lavoro domestico di cucina, pulizie, oltre alla preparazione e allo svolgimento del Grest giorno dopo giorno. Non mancano momenti di riflessione e preghiera quotidiane e si riesce pure a trovare il tempo per giocare e conoscersi! Infatti, da qualche anno, partecipano alla “missione” ragazzi provenienti da diverse comunità barnabitiche di tutta Italia, ed è così che s’incontrano non solo dialetti diversi, ma anche usanze, cibi e caratteri diversi. È un’esperienza davvero sempre nuova, nonostante l’impostazione sia sempre la stessa. Non ci si annoia mai, non si è mai soli!!
Non sono ancora riuscita a spiegare quale filo leghi tutte le persone che partecipano al campo estivo, perché ogni anno ci sono veterani e nuovi arrivati, giovani e meno giovani, suore, preti, cristiani, atei, non praticanti. Forse siamo mossi tutti da una ricerca di noi, degli altri, da una piccola o grande voglia di fare che ci spinge a “correre come matti, non solo verso Dio, verso gli altri” come dice il nostro santo fondatore Antonio M. Zaccaria.
Personalmente ritengo di essere fortunata perché sento di far parte di una piccola comunità, quella barnabitica; sia essa in Albania, a Eupilio o altrove nel mondo, la sento come una seconda famiglia e come tale in essa si dà e si riceve. Questo per me è più del volontariato inteso come volontà di dare gratuitamente senza chiedere nulla in cambio. Per me è mettersi al servizio degli altri, servire con gioia anche se si fatica; spesso è obbedire invece che comandare, senza chiedere perché si fa così, ma fidandosi dell’altro. È stringersi uno vicino all’altro nei momenti di difficoltà o di dolore, come in quelli di gioia e divertimento. È mettersi sempre in gioco, in ogni situazione e a qualsiasi età. È accettare e rispettare l’altro, le diversità anche d’opinione e convivere con lui, perché si è lì entrambi per aiutare qualcun altro. È accettare di smussare gli spigoli del proprio carattere, rischiando di tornare a casa cambiati e non sentirsi più gli stessi di prima. È voler bene a qualcuno anche se non lo si conosce. È aprirsi agli altri e donare se stessi sicuri che facendo posto dentro di sé, si troverà qualcosa di arricchente.
Il “volontariato”, come lo penso io, non è un qualcosa che si fa per esperienza o per cambiare tipo di vacanza, non dura qualche giorno e tutto finisce lì. È una scelta di vita quotidiana. È difficile da spiegare a parole, per capirlo si può solo viverlo sulla propria pelle.
Quest’anno studio e lavoro non mi hanno permesso di partecipare, ma il cuore è comunque a Milot e Milot è comunque nella mia vita.
Alessandra Spreafico

fare o essere volontari

31 luglio 2014

In una tranquilla mattina di finta estate si sono incontrati giovani da diverse parti d’Italia legate alla nostra spiritualità zaccariana per scambiarsi idee sul proprio modo di vivere e definire il campo di volontariato che inizierà tra pochi giorni a Milot, Albania.
Il cosiddetto “precampo” ha visto letteralmente in gioco volontari da Genova, Altamura, Lodi, Roma, Napoli, san Felice, Milot e Livorno per capirsi e capire come meglio lavorare insieme in favore dei bambini che incontreranno.
Precisamente questa mattina alcuni giovani di San Felice hanno raccontato come è nata, come si è qualificata la loro vita cristiana che ha trovato nel Movimento Giovanile Zaccariano un punto di non ritorno per essere Santi, Amici, Missionari, Zaccariani. Una spiritualità che trova nel Crocefisso vivo (parole di SAMZ) e nell’Eucaristia lo sprone a essere cristiani con tutte le lettere maiuscole. Essere parte dell’MGZ non significa essere perfetti, ma camminare, inciampare, rialzarsi e camminare ancora forti dell’amicizia di Cristo. Grazie a questa amicizia, mediata dalla forte esperienza e testimonianza di SAMZ, è cambiato il nostro modo di vedere e vivere e custodire il mondo che ci è stato donato.
A seguire Gaia ha brevemente spiegato come è nata l’esperienza del QenderAgorà: la naturale evoluzione missionaria, caritativa della spiritualità zaccariana, il modo di correre verso il prossimo oltre che verso Dio (sempre per riprendere delle SAMZ parole!). Questo precampo poi è proprio un buon risultato in quanto “ponte interculturale” tra diverse persone e culture per costruire quell’attenzione al prossimo che non possiamo eludere.
Ergisa, di Milot, invece ha sottolineato come, grazie a questo lavoro di volontariato la parrocchia di Milot sia diventata un vero e proprio punto di riferimento culturale, sociale, evangelico per il territorio.
Di conseguenza Padre Giovanni, parroco di Milot, ci tiene ad evidenziare la necessità ma anche la bellezza di formare i formatori, i volontari, non tanto per avere dei cristiani professionisti, bensì dei cristiani che sappiamo consapevolmente prendersi a cuore il vangelo da testimoniare.
Il volontario non è solo uno che sa fare, deve essere prima di tutto uno che sa essere! Questa la naturale sintesi del lavoro di questi giorni.
In quanto responsabile dell’Ufficio di Pastorale Giovanile dei Padri Barnabiti, mi piace sintetizzare il valore di questo precampo che, seppure ha sottratto qualche giorno di lavoro con i bambini di Milot, ha permesso di rafforzare l’identità e le competenze dei nostri volontari. Si è aperta una scuola di volontariato barnabitico? Io penso di sì e credo che continueremo a vederne i frutti non solo a Milot ma in tutto il mondo.
Grazie a tutti e ora buon KampiVeror2014 domani si salpa da Bari per Durazzo quindi Milot.
pGiannicola M. Simone

#Estatezaccariana2014, pronti per Kampi Veror!

Manca pochissimo alle varie partenze: chi dalla Puglia, chi dal Lazio, chi dalla Liguria e chi dalla Lombardia. Ancora tutti verso una meta: San Felice a Cancello. Qui, infatti, alcuni di noi giovani volontari zaccariani, si troveranno per un precampo, in compagnia dei nostri amici albanesi, che ci aiuteranno ad organizzare il Kampi Veror 2014. Questo precampo ci consentirà di dedicare alcuni giorni alla nostra formazione, mirando specialmente a creare un gruppo sempre più compatto attraverso momenti di riflessione e di gioco. Sfrutteremo questa nuova occasione anche per discutere sulle proposte organizzative per il Kampi Veror, per preparare il materiale e i giochi da noi organizzati per i bambini e ragazzi che ci attendono a Milot!! Trascorsi questi 5 giorni, ci imbarcheremo da Bari verso il porto di Durazzo. Non appena salperemo per la Terra delle Aquile, saremo senz’altro carichissimi ed entusiasti per affrontare il Kampi Veror 2014, per divertire ed educare i nostri piccoli amici e per metterci in gioco in una serie di “giorni magici”! Francesca Beretta – Lodi

Apriti alla verità, porterai la vita

Con questo articolo iniziamo una rubrica a cura del gruppo Beta della nostra parrocchia di Genova, rubrica nella quale vogliamo offrire di volta in volta la recensione di alcuni libri interessanti per la vostra riflessione, per il nostro cammino cristiano.

Il libro proposto è una testimonianza efficace da parte di un giovane e della sua vita di cristiano, occasione di crescita per un campo parrocchiale di alcuni giorni. Sullo sfondo è don Puglisi, il sacerdote che complicò la vita arrogante e criminale della mafia. Il giovane protagonista vive con coerenza il Vangelo; si mette in gioco e offre la sua collaborazione di volontario alla comunità e agli ultimi, i più poveri e bisognosi. Per questo risulta troppo scomodo, proprio come don Puglisi… Il testo si apre a spunti di riflessione e discussione; mette in risalto temi attuali per confrontarsi e aiuta a camminare nella coerenza di uno stile di vita consono a quello di Gesù. Attraverso “tappe” che propongono momenti di sosta (preghiera), alternati a momenti di attività pratica (giochi), giovanissimi, giovani e animatori si confrontano sulla difficile scelta cristiana nella società di oggi.

Quando un Barnabita chiama…

Quando un Barnabita chiama, rispondi! senza nemmeno pensarci!
Questo è quello che è successo a me e ad altri miei coetanei in questa settimana dell’Estatezaccariana2014.
Levatomi di buona mattina dal letto e preso il treno da Milano alla volta della città eterna, finii per giungere in una casa di pronta accoglienza H24, “La casa di Cristian”, un luogo ospitale sia per noi volontari e operatori che per i nuclei famigliari ospitati lì dalla CaritasRoma.
Giunti in quel luogo, da noi immaginato in modo completamente diverso, fummo spazzati via di tutte le nostre certezze, poiché tutti i piani di lavoro da noi creati e le nostre “esperienze” come animatori divennero inutili.
Il primo giorno, dopo aver sistemato tutti i nostri bagagli abbiamo atteso con ansia l’arrivo dei bimbi, credendo che essendo pochi il lavoro sarebbe stato facile; non potevamo essere più in errore, il nostro compito, che ci era stato presentato come semplice, era quello di animare, controllare, e giocare con una ventina di bambini, i figli delle mamme ospiti di “Casa di Cristian”. “Casa di Cristian” infatti ospita mamme in difficoltà a causa di violenze o maltrattamenti subiti, mamme che non hanno più un punto di riferimento, spesso nemmeno con le famiglie di origine, italiane e non.
Anche se le ore di “lavoro” – scritto tra virgolette perché non lo si può definire veramente un lavoro – non erano tantissime, si sono rivelate subito pesanti e molto laboriose. Diciamocelo, correre dietro a ogni bambino è stancante, perché hanno un energia che nessuno possiede più, nemmeno un diciottenne!
Ogni giorno dopo una breve dormita, ci svegliavamo alle sei per preparare la colazione per tutti, successivamente pulizia della cucina e intrattenimento di quei pochi bambini rimasti fino all’ora di pranzo, che io stesso mi incaricavo di preparare perché migliore in cucina rispetto i miei compagni, dopodiché un po’ di riposo, approfittando del pisolino dei bambini, ma solo fino alle 16!
Alle 16 infatti il risveglio o il rientro in casa di tutti i piccoli ospiti ed ecco l’inizio di grandi corse per il giardino, di grandi giochi sino alle 23 quando tutti si sarebbero rintanati in camera, stremati (noi o loro?) a dormire.
Così è andata avanti una settimana, una faticosa settimana, una bella settimana, dove io ho tentato di insegnare qualcosa ai bambini, come le regole di un gioco o dello stare insieme, mentre loro, con i loro furbi sorrisi, con il loro smisurato bisogno di affetto hanno invece insegnato molto di più a me.
Grazie “casa di Cristian”, grazie estatezaccariana2014!

 

Federico Locatelli, Collegio san Francesco Lodi, con gli amici di scuola e dell’oratorio del Gianicolo.