Il tesoro che è in te

Giovani lavoratori e universitari che investono parte delle loro vacanze per correre dietro a una ciurma di calamai(così si dice bambini in Albania) con i quali scrivere e disegnare 10 giorni di serenità, allegria e opportunità per crescere sono una realtà anche questa estate 2019.
Giocare e far giocare aiuta a crescere i piccoli come i grandi al di là di ogni appartenenza sociale, linguistica, culturale o religiosa. Aiuta a trovare “il tesoro che è in te” come recita lo slogan di questa estate.
Forse è una non notizia? Non per quella parte di mondo che crede nel bene. 10 giovani italiani insieme a 15/20 adolescenti albanesi che volontariamente tra una incomprensione linguistica e la scoperta di affinità e differenze culturali non perdono la voglia di costruire un percorso di crescita tanto piccolo quanto importante come il seme della senape!
Il lavoro dei volontari del kampiveror2019, di questi giovani zaccariani è proprio il lavoro di quel piccolo seme di senape che invisibilmente e silenziosamente produce una grande pianta capace di offrire ombra, riparo dal sole e dalla calura.
Un’ombra che sono valori di dedizione, responsabilità, condivisione, pazienza, professionalità, creatività, amicizia e fraternità. Il kampiveror2019 è anche questo insieme di valori vissuti e offerti per aiutare una frazione di questa piccola nazione albanese a crescere con maggiore dignità e consapevolezza di sé.
Poter collaborare oggi con animatori albanesi che erano i bambini di qualche anno fa è una grande soddisfazione non per inorgoglirsi, quanto per rallegrarsi che la voglia di fare gratuitamente gli uni per gli altri e tutti per i più piccoli è una carta vincente in un mondo spesso troppo utilitaristico.
L’università e il lavoro sono ambiti necessari e ineludibili per ognuno di noi, ma se illuminati da questi giorni, acquistano valore migliore e immenso. Sottrarre 15 giorni a spiagge o luoghi turistici non è una perdita ma un investimento e chi ha vissuto queste opportunità non solo lo ricorda, ma lo sa bene e ne gode ancora i frutti dopo anni.
L’Albania è un paese in crescita, tra molte contraddizioni e ancora più speranze seppure costellate dalla fatica della maturazione. Dare a dei fanciulli dei momenti di gioia, delle regole per giocare bene e meglio insieme, vedere le loro mamme uscire dalle case e radunarsi insieme per parlare tra loro e aiutarci a costruire il tempo dei loro figli è il frutto più importante dopo 15 estate trascorse a Milot.
Qualche giorno fa il viceministro degli esteri, ricevendoci a Tirana ci invitava a costruire con perseveranza il futuro di questo paese specialmente di fronte a ciò che sembrerebbe non funzionare o cambiare.
I kampiveror sono questa perseverante azione educativa propria dei padri Barnabiti che viene tramandata anche dai giovani con cui essi lavorano.
Vogliamo giovani vivi, scrive papa Francesco nella sua lettera ai giovani Christus vivit: a Milot il kampiveror2019 è proprio il campo di giovani vivi per un mondo vivo; il campo di giovani che non solo si chiedono chi sono, ma anche per chi sono. Giovani per il futuro di questo paese e delle proprie vite.
Faleminderit ragazzi di Milot, suore Angeliche di Milot, padri Barnabiti di Milot, viceministro degli esteri Sokol Dedja, consiglieri del ministero Besian Zogaj e Irida Laçi.

Faleminderit (grazie) giovanizaccariani 2019, faleminderit kalamajsh!

    Giannicola M. Simone
    Ufficio Pastorale Giovanile PP. Barnabiti

Greta, Carola, Olga e tante altre: le ragazze non temono i potenti

L’ultima è stata Olga Misik. Prima di lei Carola Rackete e prima ancora Greta Thunberg. Sarà un caso che sono tutte ragazze? E che siano diventate icone transnazionali dei maggiori dossier della nostra epoca: il clima, l’accoglienza, i diritti? Un modo speciale di fare la rivoluzione, il loro, che passa attraverso l’imposizione di un’energia nuova, dove prevale una forma tutta femminile di aggressività: la difesa. Si tratti di difendere l’ambiente da politiche senza futuro, i rifugiati da chi non riconosce il loro diritto alla dignità, o la libertà di espressione dalla violenza della dittatura, il messaggio lanciato ai potenti da queste ragazze è lo stesso: siamo qui per difendere ciò che ci è stato affidato. C’è anche una bellezza speciale nel modo che hanno di condurre le battaglie: Greta e il suo cartello sotto la pioggia, Carola con la stralunata fierezza da capitana di un vascello di sventurati, Olga a gambe incrociate che legge la Costituzione a voce alta come fosse un gioco di ruolo.

Si sono scelte inoltre degli avversari di peso: Trump e i potenti della Terra, la leadership sovranista di Matteo Salvini, il presidente russo Vladimir Putin. E li hanno affrontati con i codici della civilizzazione di cui sono figlie – le parole, i gesti belli – mostrando non soltanto di avere un indiscutibile coraggio personale, ma anche di incarnare la forza di una collettività che malgrado tutto ha trasmesso loro la libertà, se non come dato acquisito, almeno come possibilità da conquistare. Non stupisce che siano state coperte di insulti, sbeffeggiate, diversamente umiliate; stupisce piuttosto che resistano, che continuino, che non si mettano paura.

Guardandole in azione si guarda già un’epoca nuova, come se il tempo della muscolarità, ma anche del progresso tecnico che ha segnato il Novecento si fosse esaurito, e fosse cominciato un tempo in cui è più importante conservare, riparare, distribuire che non produrre all’infinito, sfruttare al massimo le risorse, concentrare il potere e le ricchezze. Per farlo c’è bisogno di dialettica, della forza che viene dalla persuasione (i greci avevano un culto speciale per Peitho, la dea della persuasione, considerata l’anima della vita pubblica, sempre in opposizione alla violenza), la stessa che abbiamo sentito nei discorsi di Greta Thunberg, Carola Rackete, Olga Misik. La loro storia di ragazze occidentali (sì, anche Olga è un prodotto della grande cultura occidentale) è già di involontario esempio – o forse si tratta di un irresistibile contagio – per altre latitudini del mondo: ci sono le ragazze iraniane che sfidano il regime degli ayatollah togliendosi il velo e postando le immagini sul web, c’è Alaa Salah, la giovane sudanese che guida la rivolta contro il presidente Omar al-Bashir, e c’è stata Malala, un esempio per tutte le ragazzine che sceglievano l’istruzione, “whatever it takes”. Il fatto nuovo, che le accomuna tutte, è una diversa energia nell’interpretazione dei diritti, a dimostrazione che l’emancipazione raggiunta fino a oggi mette in circolo forze che non sembrava si sarebbero facilmente liberate. È una fortuna che il loro mondo sia anche il nostro.

L’estate è cominciata

L’estate è cominciata!

Estate è sentirsi liberi,
è sentire il vento fresco in montagna che ti sferza la faccia,
ma anche i brividi di calore che arrivano quando stai troppo al sole.
L’estate è il sale sulla pelle, gli acquazzoni improvvisi, e notti sotto le stelle passate
a parlare con la Luna.
L’estate sono le scottature, i giri in moto in due, le urla di gioia e le lacrime di tristezza.
L’estate è riposo, divertimento, è il primo bacio, il primo schiaffo, la prima delusione.
L’estate è la voglia di buttarsi: in mare, nel lago, nel fiume o in nuove esperienze,
con lo zaino in spalla e tanta voglia di camminare.
Estate è il momento delle nuove avventure, delle nuove lezioni di vita.
È il momento in cui lavorare su noi stessi, è un momento tutto nostro
in questa vita sempre più “condivisa”.
È il momento di metterci alla prova, di scoprire nuovi lati di noi stessi,
di meravigliarci di fronte a cose nuove mai viste prima.
L’estate è la fine di un anno pesante, è un “carpe diem”, un cogliere l’attimo
per non lasciarci mai sfuggire dalle mani esperienze che
potrebbero cambiare la nostra vita,
che potrebbero o no smarrirci.
È perdersi, è incertezza e dubbio davanti all’anno che verrà, ma è anche
tanta voglia di trovare un nostro nuovo senso,
una nuova strada da percorrere.
L’estate sono gli attimi dilatati dal caldo in cui si perde di vista
ciò che durante l’anno è abitudine,
e ci si lascia trasportare dalla discontinuità
di una routine inesistente.
L’estate è il momento in cui ci si gode i frutti
dell’anno e si prepara una nuova semina.
L’estate è anche il tempo in cui
il cammino formativo percorso durante l’anno può dare frutti
se durante l’estate si rimane legati a ciò che si è costruito
insieme ai propri educatori o ai propri amici.
L’estate: una grande occasione
ma anche un grande punto interrogativo.
Perché la vita possa continuare.

Samuele G. – Genova (2019)

SAMZ e il WEB

L’ambiente digitale e SAMZ.

Abbiamo chiesto a p. Antonio M. Francesconi, profondo conoscitore e innamoratissimo del nostro SAMZ di scriverci una sua riflessione in merito alla recente esortazione di papa Francesco Christus Vivit; da attivo 90enne e digitalmente aggiornato non poteva che scegliere il tema seguente. Grazie.

«L’ambiente digitale caratterizza il mondo contemporaneo. Larghe fasce dell’umanità vi sono immerse in maniera ordinaria e continua. Non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri. Un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico».

Così scrive il Papa nell’Esortazione postsinodale ai giovani, al n. 86.

Ma prosegue: «Internet e le reti sociali … costituiscono una straordinaria opportunità di dialogo, incontro e scambio di persone, oltre che di accesso all’informazione e alla conoscenza» (87).

«Tuttavia, scrive ancora il Papa, …occorre riconoscere che, come ogni realtà umana, esso è attraversato da limiti e carenze. Non è sano confondere la comunicazione con il semplice contatto virtuale …I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche» (88).

  1. ANTONIO MARIA ZACCARIA ha pensato il suo progetto di “riforma” proprio sulle “relazioni interpersonali autentiche”. Questo è lo stile (“a tu per tu”) delle sue Lettere, delle sue catechesi (o Sermoni), delle Costituzioni per la nascente Congregazione.

Il suo modo di concepire il progresso spirituale si basa sulle “relazioni interpersonali autentiche”: cioè sulla comunione di persone che vivono la stessa fede, lo stesso progetto di vita e di servizio del Signore: dove la comunità è il mezzo della santificazione di ciascuno.

Basta riferire il Capitolo IX delle Costituzioni, intitolato “della collazione”, ossia “conferenza spirituale)”: «Nessuno, così Chierico, come Laico, si sottragga alla Collazione(=conferenza), che si farà quotidianamente in comune almeno per lo spazio di un’ora: nella quale, congregati tutti, conferirete sull’estirpazione delle radici dei vizi, sul modo di acquistare le vere e reali – e non le fantastiche – Virtù, sull’aiuto e Provvidenza di Dio e degli Angeli, sugli inganni diabolici, sulla perfezione della vita e sul colmo delle Virtù. (…) Non contendete in alcun modo; e, parendovi (=se vi sembrerà bene)udrete ancora il parere degli inferiori e dei semplici, i quali – dicendo forse poco a proposito o senza modo – noi non dobbiamo sbeffare, ma compassionare, ricordandoci e riconoscendoci noi stessi, perché quello che abbiamo non è nostro… Sappiate adunque, Fratelli, che tutto si rovinerà ogni volta che tralascerete questa santa Collazione; ma se quella con affetto e avidità – e non per sola consuetudine – continuerete, tutte le cose vi succederanno con prosperità” (S. Antonio M. Zaccaria – Lettere-Sermoni-Costituzioni – 1996, p.117).

La “Collazione”, proposta dal Santo Fondatore, riproposta dalle Costituzioni vigenti, sono un metodo per favorire le “relazioni interpersonali autentiche”, che è quanto dire per crescere insieme secondo il Comandamento di Gesù: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).

  1. Antonio M. Francesconi

La sfida

La vita è una sfida!
È una sfida il nascere, il vivere, il morire… il risorgere, infatti noi siamo nati per risorgere!
È una sfida l’avere fede, infatti il vangelo che abbiamo ascoltato termina con un’assurdità: Gesù è andato via da questo mondo e i discepoli “erano con grande gioia!”.
Ma ancora di più una sfida è quella che Dio lancia a questi undici uomini e alcune donne: “siate testimoni, rivestiti di potenza dall’alto”.
Il mistero dell’Ascensione è il mistero della sfida di Dio alle tenebre, al male, alla solitudine;
il mistero dell’Ascensione è il mistero della sfida di Dio che vuole vivere con noi uomini.
Non è chiaro in quale esatto giorno sia accaduto il mistero dell’Ascensione di Gesù: 1 giorno o 40 giorni dopo la risurrezione. Un dato è certo, i discepoli hanno avuto bisogno di macinare, metabolizzare i fatti della passione, morte, sepoltura e risurrezione del Cristo prima di poter entrare nella pienezza della comprensione di quanto accaduto.
Dio ha avuto l’attenzione di lasciare il tempo dovuto ai discepoli perché vedessero il suo corpo, ascoltassero la sua voce, toccassero le sue piaghe, mangiassero il suo pane, la vita di Gesù risorto; ma ora scatta la sfida: “siate miei testimoni… e se ne tornarono a Gerusalemme ricolmi di gioia!”.
Una sfida non semplice, in un mondo pagano e ostile abituato a una religione accanto alla storia ma non dentro la storia di tutti i giorni.

«La risurrezione è un evento dentro la storia, che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa… Potremmo considerare la risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata in un nuovo genere di realtà… Nella risurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio.” (J. Ratzinger)
Ma questa storia è la storia di tutti noi da costruire ogni giorno. Nell’«Ascensione i discepoli non si sentono abbandonati… L’Ascensione è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole… Gesù parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione rimane. Le sue mani rimangono stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge, sono un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi una presenza. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi: è questa la ragione permanente della gioia cristiana”. (J. Ratzinger)

Ma noi oggi, qui, ora, accettiamo questa testimonianza? Viviamo questa gioia? O meglio, vogliamo partecipare alla sfida di questa testimonianza? Vogliamo essere testimoni della benedizione di Dio al mondo?
Pongo questa domanda perché oggi siamo di fronte alla sfida di un mondo che pensa di poter vivere senza Dio e rischiamo anche noi di diventare cristiani anonimi o cristiani che stanno bene solo tra loro. Questo è un rischio corso anche dai primi discepoli.
Diceva papa Francesco: «Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che a volte sono perfino difficili da comprendere», ma che siamo chiamati ad affrontare se vogliamo che il Vangelo sia ancora annunciato a ogni creatura.
L’uomo e la donna di oggi stanno interpretando se stessi in maniera diversi dal passato. Sembra che la Chiesa oggi non riesca più a comprenderli come una volta.
Per far si che i cristiani, la Chiesa oggi sia ancora sale e luce, deve essere insieme “faro” che illumina da una posizione alta e stabile, ma anche “fiaccola” che si sa muovere in mezzo agli uomini, accompagnandoli nel loro cammino, difficile e accidentato.
Portare la buona novella, scriveva Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (18-20), significa «portare la buona novella in tutti gli astrati dell’umanità che si trasformano», altrimenti l’evangelizzazione rischia di trasformarsi in una decorazione, in una verniciatura superficiale.
Contemplando le mani aperte di Cristo che benedicono tutti noi, diventiamo anche noi mani capaci di benedire questa umanità, perché tutti possano vivere nella gioia!

Riflessioni in merito alla solennità dell’Ascensione 2019

buon 5 compleanno #giovanibarnabiti

Buon 5° compleanno www.GiovaniBarnabiti.itè l’occasione per fare il punto della situazione e anche un poco di … silenzio.
Si, di silenzio, perché affinché la parola, le immagini, (il web) acquistino la propria densità, distinguendosi dal mero rumore, è necessario nutrirli del dovuto silenzio.
Quando i nostri “giornalisti” scrivono per voi, e non sono pochi e non sono avventizi, hanno bisogno del dovuto silenzio, altrimenti tutto diventa caos.
Scriveva Romano Guardini (teologo e pensatore del secolo scorso): «La parola è una delle forme fondamentali della vita umana; l’altra forma è il silenzio, ed è un mistero altrettanto grande. (…) Le due cose ne fanno una sola. Parlare significativamente può soltanto colui che può anche tacere, altrimenti sono chiacchiere; tacere significativamente può soltanto colui che può anche parlare, altrimenti è un muto. In tutti e due questi misteri vive l’uomo; la loro unità esprime la sua essenza».
Se abbiamo voluto fortemente questo blog 5 anni fa e continuiamo a sollecitare e “sfruttare” i nostri “giornalisti” è perché siamo ancora convinti che abbiamo bisogno di proseguire a ragionare e riflettere per costruire i sogni che ogni persona, anche la più impensabile, porta in sé.
Sogni semplici e piccoli, sogni complessi e giganti non importa: sogni.
Il sogno di crescere ogni giorno persone che coltivano e alimentano il proprio senso critico per vivere da persone che non amano stare sul balcone a guardare. Certo non è semplice, certo non è scontato né automatico scrivere, pubblicare, farsi leggere, ma si può e si deve fare.
Buon compleanno allora significa ringraziare i Fabio, i Roberto, i Giacomo, i Luigi, le Raffaella, i Alessandro, i Samuele, le Carmen, i Paolo, le Ana-Clara, i Mattia… ma soprattutto tutti voi che ci leggete.
E il regalo? Il regalo quest’anno è la lettera che il nostro padre generale ha scritto ai giovani delle nostre opere e l’intervista collegata. Ma altri ne arriveranno.

Tanti auguri giovanibarnabiti.it!

Maggio o dicembre?

È il 6 maggio o il 6 dicembre?
Come ogni mattina anche oggi mi sono alzato per spegnere quella dannata sveglia sul cellulare, che a malincuore mi costringe sempre a scendere dal letto per far placare quel rumore a dir poco insopportabile. Ho sbloccato la schermata, ho letto i messaggi arrivati nella notte, ho aperto Instagram e in prima pagina è apparsa una foto, tutta bianca, postata da roccaraso.net, una pagina che durante l’inverno informa i turisti, sciatori, riguardo la situazione degli impianti dell’Aremogna. Mi si sono sgranati gli occhi alla vista del comprensorio tutto innevato e mi son chiesto: “Ma è il 6 maggio o il 6 dicembre?”
Ebbene sì, oggi è il 6 maggio 2019 e da quando sono nato non ho mai visto una cosa simile. Ma perché succede tutto questo?
Oggi viviamo una situazione di squilibrio ambientale, la quale sta portando via le stagioni da noi considerate di passaggio, quelle forse più belle e amate da tanti poeti: l’autunno e la primavera. Tutto ciò è causato da una cosa più importante di tutte le altre, ovvero l’impronta sconfinata che l’uomo ha impresso su questo meraviglioso pianeta. Non ce ne rendiamo più conto ormai, ma quella di oggi è forse la segnalazione più esplicita che la terra ci sta dando; ci sta invitando a cambiare rotta: a ridurre gli sprechi, a inquinare il meno possibile e a rispettare la natura. Non ci vuole tanto, basta solo un po’ di buon senso e di civiltà, che tanto manca a queste basse latitudini, per non condurci a disastri ambientali che coinvolgono spesso la vita di noi cittadini stessi. Come se a volte, la natura inconsciamente volesse punirci per vendicarsi dal male che le facciamo.
Poche settimane fa era Pasqua ed il giorno di Pasquetta proprio nella mia città, Napoli si è assistito a scene di inciviltà inaudite: ai piedi del vulcano Vesuvio proprio nel giorno di Pasquetta decine e decine di gitanti, criminali, si sono addentrati nel Parco Nazionale e hanno lasciato il deliro: tavoli rovesciati, sedie distrutte, barbecue, addirittura hanno abbandonato un motorino. Insomma, una discarica a cielo aperto, e nessuno fa niente… Magari andranno gli enti a pulire, ma il prossimo anno si ripresenterà lo stesso problema, perché è troppo facile lamentarci dei governanti che non fanno il proprio dovere. Ma noi cittadini non siamo da meno: se la carta non la butti per terra, ma nel cestino non ci sarà bisogno dello spazzino che te le raccoglie. E qui il punto cruciale; è l’essere umano di qualsiasi etnia che deve accorgersi e comprendere fin in fondo che per il bene di tutti bisogna rispettare l’ambiente, il nostro mondo.
Le chiavi della svolta sono in mano a noi giovani che ci stiamo impegnando, chi più chi meno, per affrontare questo grande problema che tocca tutti noi. In Svezia per esempio una bambina di nome Greta ha dato inizio a un ciclo di manifestazioni del venerdì, proprio per sensibilizzare il mondo e i potenti di questo pianeta, a favore di un’economia “green”, pulita.
Nel mio piccolo ho sempre cercato di essere un buon cittadino. Da anni vado in bicicletta e ho attraversato paesi, città, ma soprattutto montagne; le salite quelle mitiche per il ciclismo. La bici mi fa vivere con i miei occhi lo spettacolo della natura; lontano dalle industrie e dai centri urbani, disperso tra le montagne, ho ritrovato me stesso, la mia essenza di uomo. Ho visto dal vivo ambienti che tutti possono vedere su National Geographic, ma ho provato emozioni che non riesco neanche a spiegare. In salita sentivo il cuore battermi nelle orecchie, e le gambe bruciare, ma la voglia di arrivare in cima per godermi il panorama, mi ha spinto sempre più in alto.
E ora il mio appello a voi lettori.
Siate rispettosi di ciò che la natura vi ha donato, per permettere ai nostri figli, nipoti e 10, 100 generazioni future di vivere a in un mondo bello come è ancor oggi. E un ultimo consiglio: dimenticate qualche volta, la macchina, il bus e la moto ma salite su quel giocattolo con due ruote e due pedali; non ve ne pentirete!

Vincenzo Primavera, Napoli

Il sole intorno cui girare

In questo tempo pasquale, sollecitato da alcuni spunti, mi sono fermato a riflettere sull’importanza di avere un centro della vita, una sorta di ago della bilancia che fa si che tutti noi e i nostri “ego” riescano a stare in equilibrio e non cadere senza più riuscire a rialzarsi.
Credo che non esista solo un “sole” intorno al quale girino tutti i pianeti che compongono la nostra vita, ma piuttosto un insieme di soli, che rappresentano ciò che più ci sta a cuore (e a mente); e non tutti i nostri soli sono della stessa grandezza e della stessa importanza, e questi non sono statici ma assolutamente dinamici; sono credenze, valori, persone o cose senza le quali l’universo del nostro io non può essere tenuto insieme.
Ognuno di noi crescendo, facendo esperienze e scoprendo le proprie caratteristiche, deve trovare la propria vocazione, che può essere più di una, può essere scoperta in giovinezza o solo dopo lunghi anni di riflessione, che può essere tanto semplice quanto complicata, tanto concreta quanto astratta.
Ma l’importante è averla o essere in ricerca di essa in quanto questa spinta verso l’esplorazione del nostro io ci da un senso, da un significato a quello che siamo e a quello che vogliamo essere.
Ci permette di non perderci nella confusione, nell’indeterminatezza e nell’incertezza della nostra vita ma saper stare a galla e poi un giorno spiccare il volo.
Ognuno ha la sua missione, chi vuole salvare il mondo cercando di mettere fine alle guerre, chi combattendo la fame, chi prendendosi cura dei malati, dei bambini o degli anziani, chi semplicemente, ma non troppo, donando un sorriso. Non è importante cosa si faccia, ma è importante cosa sta dietro al gesto, ciò che lo comanda, cosa gli dà il via.
Un gesto senza alcun significato è un gesto vuoto, frivolo che non porta a niente e si esaurisce entro se stesso; cosi come le persone che compiono gesti senza significato, senza avere un centro, senza avere una vocazione. Vivere senza significato è come camminare al buio, senza sapere dove tu stia andando, senza avere una meta
Avere un centro, anima la nostra vita, la colora, fa si che siamo guidati da una spinta interiore che ci porta verso la propria realizzazione, verso un noi migliore.
Avere un centro significa avere un rifugio, una guida, un filo di Arianna che ci aiuta a destreggiarsi fra le difficoltà della nostra vita e ci fa mantenere il timone della nostra nave verso la meta che ci poniamo, condotti dalla nostra vocazione dritti verso gli scopi della nostra vita.

Samuele G. Genova