Perfetti sconosciuti

Nel 1970 veniva premiato col David di Donatello come “Miglior film” Il conformista di Bernardo Bertolucci. Vent’anni dopo, nel 1990, Porte aperte (Gianni Amelio).
E qualcosa nell’aria stava cambiando, dunque. In peggio.

Nel 2016 si aggiudica il Primo titolo nientemeno che Perfetti sconosciuti, l’ultimo lungometraggio di produzione italiana firmato Paolo Genovese – stiamo parlando del Paolo di Immaturi – Il viaggio (2012) e Questa notte è ancora nostra (2008). Proprio lui…
Quando un film ha qualcosa da raccontare, ovvero quando ha un messaggio da “consegnare”, è allora che la settima arte adempie alla sua funzione originale di medium. Ci si libera da ogni censura sociale e si va oltre, trattando di temi che possano in qualche modo arricchire lo spettatore.
Lo facevano Antonioni e Godard, Fellini e Rivette, Argento e Altman… lo facevano i registi che hanno sempre avuto qualcosa da “dire”, qualcosa da “raccontare”.
E lo facevano perché i tempi lo richiedevano: si parlava di “schizofrenia borghese” (Il deserto rosso, Michelangelo Antonioni, 1964) e di “presunzione marxista” (La chinoise, Jean-Luc Godard, 1967); si filmava di “dopoguerra giovanile” (I vitelloni, Fellini, 1953) e “magico realismo” (L’amour fou, Jacques Rivette, 1969); si arrivava perfino a “sfidare” le compagnie farmaceutiche (Il gatto a nove code, Dario Argento, 1971) e i sei gradi di separazione (Nashville, Robert Altman, 1975).

Fare un film era un “work in progress”, un’opera sulla quale si ragionava il più a lungo possibile perché le chances che venisse cassata dalla critica e dal pubblico erano parecchio più alte di adesso – sembra che si sia perso quello spirito critico necessario a rendere un film “memorabile”. E non mi rivolgo esclusivamente a lavori italiani.
Il trend che sembra più di moda oggi è quello di creare storie con il solo intento di stupire, divertire, intrattenere; di suscitare le emozioni e reazioni basiche che sembrano definire le masse. E non c’è nulla di male in questo, per carità, non sto dicendo che si debba solo trattare di marxismo o borghesia!
Penso però che mettere insieme sette attori – bravi e mediocri – attorno a un tavolo e farli blaterare su un qualsiasi stereotipato preconcetto passato poi per “nuovo” e “originale” sia un approccio sbagliato – un modo scorretto di raccontare una storia.

Il concetto cardine da cui parte Perfetti sconosciuti è: cosa succederebbe se una sera a cena con gli amici di sempre, si decidesse di scomodare gli smartphone dalla privacy delle tasche dei nostri pantaloni, metterli sul tavolo e fare outing leggendo i messaggi ricevuti – per tutta la durata del pasto – ad alta voce e rispondere alle chiamate con il vivavoce?
L’idea di per sé è carina, no? Voglio dire, non è per niente fresca e si sa dove voglia andare a parare sin dal primo minuto, ma incuriosisce.
In questa storia, però, ci si aspetta che i “segreti” siano qualcosa di più che quattro stupidaggini taciute per quieto vivere.
Posto che sia possibile in una coppia o fra amici tacere di tette finte, psicanalisi e ospizi, quello che rende due persone sconosciute fra di loro non sono corbellerie da adolescenti, ma veri e propri lati oscuri nascosti sotto la superficie di un’intimità che si dipinge come “normale”: sono manie morbose e inconfessabili che trasformano e trascendono la comprensione umana.
È quello su cui hanno sempre sperimentato Hitchcock o Haynes, etichettabili come i portavoce – odierni e di ieri – di storie dai personaggi fragili e impuri, schiacciati dal peso della società e costretti a crearsi alter ego adatti.
Genovese & Co., ahimè, ci propongono un’apparenza di film impegnato, ma in realtà ne tengono basso il profilo sociale. Fast food, ma senza scivolare nel cibo spazzatura.
Non mancano riferimenti a una società che il caro Paolo descrive come corrotta e corruttibile, edificata su tette finte e omosessualità repressa, padri emancipati, internet, social network… e ovviamente immancabili tradimenti. Tradimenti in lungo e in largo. Ma attenzione: guardandone solo il lato peccaminoso; mai le ragioni, le sofferenze, i disagi, quelli no!
Affidandosi a facili cliché, scontati e bacchettoni, Genovese racconta una storia distante dai problemi reali di oggi, piena di preconcetti e scene già viste, confenzionata in una fotografia abbastanza scarna ma un montaggio perlomeno ritmato.

Non condivido il consenso generale che è stato dato a questa pellicola.
Non ne condivido né la forma, tantomeno il contenuto.
Non ne condivido la recitazione, teatrale e asciutta (forse salverei le performance di Battiston e della Rohrwacher in extremis).
Perfetti sconosciuti è esattamente come certi cibi industriali che hanno la pretesa di ricordarci la cucina casalinga. Li compriamo ugualmente, ma li consumiamo scordando che sono precotti e congelati, e che assomigliano a qualcosa di commestibile grazie a coloranti, esaltatori di sapidità e conservanti, per niente sani e dannosi in fondo.

52628Fabio Gregg Cambielli

Serafino Ghidini un seme per tutti

In occasione dell’anniversario della nascita ci affidiamo alla penna di p. Giorgio M. Vigano per ricordare un nostro purtroppo nascosto “santo”.

Nascosto con Cristo in Dio: se dovessi raccontare Serafino Ghidini con poche parole userei proprio queste.
Normalmente quando vengono proposte alla nostra attenzione delle figure di santi o anche semplicemente di uomini illustri domandiamo subito «che cosa ha fatto? Quali imprese ha compiuto?».
Nel caso del nostro Serafino dobbiamo rispondere che non ha avuto il tempo di fare imprese o azioni particolari che possano meritargli uno spazio sui libri di storia.
Ha però sicuramente avuto il tempo necessario per essere qualcosa di molto importante: essere seme che cade e che muore; essere morto con Cristo vivendo la grande ma intima e silenziosa storia d’amore che inizia col battesimo.
Serafino ha avuto tempo per essere preghiera e per salire sulla croce della malattia trasfigurata dalla fede nell’amore più forte anche della morte i cui flutti non possono travolgerlo.
Il Ghidini nasce a Cavallara (CR) il 10 gennaio del 1902. Per aiutare l’economia di casa si trasferisce a Cremona: lavora come garzone presso una libreria in corso Garibaldi vicino alla nostra bella chiesa del San Luca. Chiederà di farsi Barnabita nonostante l’opposizione del padre. Dopo due anni di vita presso i padri di Cremona dove si distinguerà per lo spirito di preghiera e di umile servizio passerà al noviziato a Monza: l’anno in cui si scompare al mondo per imparare a tornarci ma abitati e guidati da Dio. In quel contesto il nostro Serafino avrà una madre maestra particolare: la sua malattia.
Emessi i voti semplici il primo novembre del 1924 dopo una breve visita ai suoi famigliari viene condotto privo di forze alla comunità del san Francesco di Lodi. Sorella morte venne a chiedere di lui quando dopo pochi giorni fu ricoverato all’ospedale Fatebenefratelli di Milano dove unica sua preoccupazione fu di ricevere quotidianamente la santa Comunione. Possiamo dire che le sue ultime parole furono quelle della professione solenne pronunciate nella austera liturgia di un ospedale.
Il suo segreto?
Ce lo raccontano le tre immaginette da cui mai si separava: il Crocifisso, l’Immacolata e Antonio Maria Zaccaria.

  • p. Giorgio M. Vigano

La magia dell’Epifania

Ci risulta un po’ strana e forse un po’ “magica” questa festa dell’Epifania.

È la festa del Natale ortodosso perché secondo il più antico calendario giuliano il 6 gennaio cadeva il solstizio di inverno, quindi in quella data doveva nascere il Salvatore.

Forse una festa un po’ “magica” con questi cercatori venuti dall’Oriente, una stella che illumina, dei segreti da scoprire e comprendere.

Sì, la magia c’è: la magia del non arrendersi, del cercare, del porsi delle domande, di scoprire qualche cosa di inaudito.

Possiamo riflettere e contemplare su questa festa dal punto di vista di Dio o da quello dell’uomo, meglio se dal punto di vista di entrambi perché Dio si è fatto uomo, conosce l’uomo e l’uomo ha imparato a conoscere Dio.

E il punto di vista è: abbiamo ancora domande oggi? Voglia di cercare oggi? Voglia di arrivare oggi? L’uomo infatti scopre se stesso e si afferma come tale solo quando si riconosce capace di porsi domande importanti, fondamentali, capace di fermarsi nel silenzio della propria coscienza per godere del dono di se stesso e, perché no, del dono degli altri.

Anche all’uomo di oggi non mancano le domande, manca la pazienza e la passione di ascoltarsi e di cercare. La festa dell’Epifania ci invita proprio a fermarci per scegliere la giusta guida per percorrere la giusta strada verso la verità.

Nel quadro del Vangelo, e delle letture che lo preparano, si rivela un Dio che non ha risposte preconfezionate (mai nel Vangelo Gesù ha risposte preconfezionate, se non quella della Carità), ricette pronte, ma un Dio capace di accogliere chiunque si pone domande semplici, come quelle dei pastori; domande articolate, come quelle dei Magi, forse. E Dio risponde con la semplicità di un bambino, con la calda sobrietà del luogo dove nasce.

E questi uomini venuti da lontano offrono oro, incenso e mirra.

L’oro, tutto se stessi, le proprie esperienze, la proprie vite; l’incenso, le proprie domande, che sono preghiere quando sono vere; la mirra, la domanda sul finire della vita, di chi “non ha paura” di farsi delle domande sul morire, perché Cristo è nato per morire per noi e per il nostro vivere.

Allora chiediamo a questa Epifania che ci doni la possibilità di inginocchiarsi davanti a noi stessi con umiltà, semplicità e molta gioia, la gioia di scoprire che nella nostra coscienza non siamo mai soli ma possiamo trovare un Dio che ama parlare con noi, come si parla a un amico. È quello che è accaduto a questi Magi d’oriente: arrivati dove la stella li aveva condotti provarono una gioia grandissima!

Jovem do nosso mundo

Diversas vezes nos vemos inseridos em situações de correria e agitação causadas pelo nosso trabalho, estudo e pelas tarefas que, religiosamente, temos que cumprir todos os dias. Levantamos e saímos cedo de nossas casas para chegar ao trabalho ou a faculdade. Comemos mal ou ficamos sem comer. Em nosso celular não param de surgir mensagens. A hora passa voando e o dia parece não durar o suficiente para fazermos tudo aquilo que desejamos.

Toda essa velocidade norteia a nossa jornada de jovem. Há muito movimento lá fora, o tempo não permite que paremos e é essa a marca da nossa sociedade contemporânea. Full Time. A informação é instantânea, surge num piscar de olhos, num deslizar de dedos sobre a tela do celular. Não percebemos o dia, as horas e o ano passando.

Esquecemos até de rezar e agradecer a Deus por mais um dia de vida. Agradecer por todas as graças e bençãos que recebemos d’Ele.

É nessas horas que devemos voltar o coração para o Senhor e silenciar por alguns minutos. Parar. Refletir, orar e nos recordar do Seu sacrifício na Cruz, por exemplo. Nos recordar de nossos irmãos que sofrem em algum outro lugar do planeta. Pedir perdão pelas nossas falhas. Pedir forças para continuar e sabedoria para, assim fazê-lo bem.

Essa relação paradoxal que nós jovens vivemos é por diversas vezes inquietante. Ao mesmo tempo que corremos para cumprir obrigações cotidianas convencionadas pela nossa sociedade, não temos o mesmo afinco para nos dedicar a Deus e até mesmo ao próximo. Muitas vezes não sabemos como dar o primeiro passo. Exercer o nosso espírito missionário é uma dificuldade muito grande para nós. Evangelizar o próximo tornou-se tarefa quase impossível. É preciso que vençamos a nossa preguiça, vençamos a tibieza e corramos como loucos como o nosso fundador brilhantemente nos apresenta em um de seus escritos: “Coragem, irmãos! Se até agora houve alguma falta de firmeza em nós, vamos jogá-la fora junto com a negligência e corramos como loucos não só para Deus, mas também para o próximo, pois é o próximo que recebe tudo aquilo que não podemos dar a Deus, porque Ele não precisa de nossos bens.” (10216).

Que a alegria de ser jovem não seja sufocada por todas as mazelas do nosso mundo contemporâneo. Que o sentimento de mudança tome conta do nosso espírito para que por Cristo, com Cristo e em Cristo, façamos de tudo para revelar a Sua Sagrada face para aquele nosso irmão que tem fome e sede de justiça. Tem fome e sede da única fonte de vida eterna que o mundo conheceu.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

 

Giovani del nostro mondo

Diverse volte ci vediamo immersi in situazioni di corsa e di agitazione causati dal nostro lavoro, dallo studio e da altre attività che “religiosamente”, dobbiamo compiere tutti i giorni.

Ci alziamo e partiamo presto dalle nostre case per recarci al lavoro o all’università. Mangiamo male o rimaniamo senza mangiare. Nel nostro cellulare arrivano in continuazione messaggi. Il tempo vola e il giorno sembra non durare abbastanza a lungo per fare tutto quello che vogliamo. Tutta questa velocità guida il nostro cammino di gioventù.

C’è molto movimento fuori, il tempo non ci permette di fermarci ed è questo il segno distintivo della nostra società contemporanea. Full Time.

L’informazione è immediata, arriva in un lampo, in uno scivolo di dita sullo schermo del cellulare. Non ci rendiamo conto il giorno, l’ora e l’anno che passa. Dimentichiamo perfino di pregare e ringraziare Dio per un altro giorno di vita. Ringraziare per tutte le grazie e le benedizioni che riceviamo da Lui.

È in questi momenti che dobbiamo volgere i nostri cuori al Signore e rimanere in silenzio per qualche istante. Fermarsi. Riflettere, pregare e ricordarci del Suo sacrificio sulla Croce, per esempio. Ricordarci dei nostri fratelli che soffrono in qualche altro luogo del pianeta. Chiedere perdono per le nostre mancanze. Chiedere la forza di continuare e la saggezza, di continuare bene.

Questo rapporto paradossale che noi giovani viviamo è spesso inquietante. Mentre corriamo per compiere impegni quotidiani concordati dalla nostra società, non abbiamo lo stesso tempo da dedicare a Dio e anche al prossimo. Spesso non sappiamo dove fare il primo passo.

Esercitare il nostro spirito missionario è una grande difficoltà per noi. Evangelizzare il prossimo è diventato un compito quasi impossibile.

È necessario che noi superiamo la nostra pigrizia, vinciamo la tiepidezza e corriamo come matti, come il nostro Fondatore brillantemente ci presenta in uno dei suoi scritti: «Sù, sù, Fratelli! Se finora in noi è stata alcuna irrisoluzione gettiamola via, insieme con la negligenza: e corriamo come matti non solo a Dio, ma anche verso il prossimo, il quale è il mezzo che riceve quello che non possiamo dare a Dio, non avendo Egli bisogno dei nostri beni» (10216).

Che la gioia di essere giovani non sia soffocata da tutti i problemi del nostro mondo contemporaneo. Che il sentimento di cambiamento si prenda cura del nostro spirito perché per Cristo, con Cristo e in Cristo, facciamo di tutto per rivelare il Suo sacro volto verso quel nostro fratello che ha fame e sete di giustizia. Ha fame e sete dell’unica fonte di vita eterna che il mondo ha conosciuto.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

Giuseppe uomo giusto

Ognuno di noi ha una chiamata alla vita, a una vita buona, cui rispondere.
Ognuno è chiamato ad annunciare con la propria vita la bellezza della vita, di una vita giusta, preoccupata delle vite intorno a sé.
Il cristiano è chiamato ad annunciare la bellezza della vita proclamando il Vangelo (2 lettura) secondo la propria personale vocazione, la propria originalità.
Giuseppe, lo sposo di Maria, si inserisce in questa schiera di uomini e donne che annunciano la fedeltà di Dio verso l’umanità.
Giuseppe è un uomo di cui non si conosce parola, di cui si riconosce il silenzio, non un silenzio vuoto, ma un silenzio di riflessione, di discernimento: cosa devo fare?
Forse oggi nessuno lapiderebbe o denuncerebbe una donna rimasta incinta prima del matrimonio, forse oggi la maggior parte consiglierebbe un aborto o un abbandono della persona.
Giuseppe era un uomo giusto, cioè un uomo che conosceva il pensiero di Dio, la storia di Israele, gli interventi dei profeti, i desideri degli uomini del suo tempo.
Giuseppe si trova ad affrontare una situazione che poteva capitare ma che non si sarebbe aspettato: che fare?
Riflettere, ragionare, pregare, chiedere aiuto a Dio.
Giuseppe è chiamato a capire cosa vuole Dio da lui, perché mi succede questo?
Nella storia di Israele Dio aveva chiesto ai profeti dei segni per aiutare Israele a crescere nella fede: chi non doveva sposarsi, chi doveva sposare una prostituta, chi doveva…
Giuseppe entra in questa richiesta di segni e comprende che deve accogliere questa donna, questo bambino che doveva nascere per intervento divino: Dio può intervenire come vuole nella storia e interviene come sempre collaborando con gli uomini. Non siamo di fronte a un mito, ma di fronte a un intervento di Dio nella storia degli uomini collaborando con una donna, Maria e con un uomo, Giuseppe. I miti, come le favole, sono sempre fuori dalla storia.
Giuseppe entra nel silenzio della notte, del sonno e sogna!
Il sogno riguarda la capacità dell’uomo di avere un progetto, un obiettivo da realizzare: guai non avere dei sogni;
il sogno riguarda il proprio inconscio, il profondo desiderio di felicità, di Dio che è in ogni uomo anche in chi non ha o non avrà la rivelazione di Dio;
il sogno riguarda, significa anche la capacità di dialogare con Dio, di ascoltare l’intervento di Dio che interviene quando l’uomo si dispone nel silenzio ad accoglierlo (pensiamo al sonno di Adamo, da cui venne tratta Eva!).
In questo sogno Giuseppe scopre che Dio cambia i suoi progetti, porta una novità, una sorpresa che si può accogliere o negare!
Giuseppe è un uomo giusto non perché osservante le leggi, ma perché capace di riconoscere, accogliere e realizzare la giustezza di Dio per tutti noi.
La liturgia di oggi quindi ci invita a chiederci:
quanto tempo abbiamo dedicato in questo Avvento ad ascoltare la parola di Dio?
quanto abbiamo o stiamo sognando con Dio il modo di vivere il vangelo?
quanto abbiamo imparato un po’ di più a essere papà e mamma di Gesù? Accogliere questo Dio che si fa uomo per annunciarlo a questa umanità bisognosa di salvezza?

PS.: non dimentichiamo di pregare per la pace in Siria.

Allegri e contenti?

«Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la terra arida».
Con queste parole del profeta Isaia comincia la liturgia di questa 3 domenica di Avvento.
Si rallegrino perché imminente è la venuta del Signore Gesù!
Ma c’è da rallegrarsi oggi?
Le situazioni, le guerre, gli egoismi, l’indifferenza non permettono di rallegrarsi.
Eppure il credente è sempre nella gioia, anche quando affronta il dolore, il sorriso di Dio abita nella sua coscienza, tra i suoi pensieri.
Rallegrarsi è difficile.
È difficile rallegrarsi per Giovanni Battista (Mt 11,2-11) che aveva una idea di Messia imparata dalla propria fede ebraica, un messia che libera i prigionieri, che rialza gli umili, che combatte i potenti.
E invece Giovanni Battista si trova in carcere, soggiogato dai potenti, Erode, forse dimenticato da
Ma i suoi discepoli gli raccontano quello che opera Gesù con i suoi discepoli: la sua attenzione ai poveri, agli ultimi, quel suo farsi ultimo, piccolo tra i piccoli!
«Non ve n’è uno più grande di Giovanni Battista – dice Gesù – ma il più piccolo è più grande di lui!». Il più piccolo è questo Dio che si fatto uomo in Gesù, condividendo le nostre miserie e limiti.
Gesù condivide le nostre miserie, le nostre tragedie, i nostri limiti e noi – suoi discepoli – cosa condividiamo con questa umanità in cui siamo chiamati a vivere?
Più che condividere sembra siamo abili nel creare miseria, limiti e tragedie e quasi non ce ne preoccupiamo. Ci preoccupiamo di un cagnolino, di un animale che soffre, ma di un uomo?
Non si può attendere Gesù – dicevamo – come attendendo un tram. Bisogna attendere Gesù con costanza, pazienza, senza lamentarsi, impegnati in ogni momento a una piccola o grande azione per il bene degli uomini.
Non lasciamo che la sorte di tanti Giovanni Battista ci passi accanto come se nulla fosse, recuperiamo non delle emozioni generiche e temporali per quanto ci accade intorno; ricostruiamo una cultura dell’altro con la quale poter costruire il bene di tutti.
Così hanno fatto i profeti, così Giovanni Battista, così Gesù, così siamo chiamati a testimoniare noi cristiani.

Per essere santi e immacolati (Ef. 1,4)

+ Questa festa dell’Immacolata Concezione di Maria ci è sicuramente un po’ ostica, forse un po’ lontana dalla nostra mente razionalista; eppure ci è più intima di quanto pensiamo.

+ Non è una festa irrazionale, perché Dio necessita un suo spazio sacro, puro, bello.

Dio non entra nella storia in modo drammatico (come nei miti); Dio non combatte il male, il peccato con la forza, la violenza, ma con la semplicità di una donna che accoglie una chiamata, una proposta; l’uomo combatte il male con il male, Dio no!

+ È una festa intima, perché Dio apre la sua maestà, la sua coscienza, la sua Trinitarietà a una donna, a tutti noi. L’intimo di Dio entra nell’intimità di una donna.

È a Maria che Dio, per la prima volta si rivela nella sua totalità: Padre, Figlio e Spirito santo; si rivela a una donna per chiedere a Maria di diventare Madre sua e così chiedendo fa di Maria anche la Madre nostra.

+ Ciò che non era accaduto a Eva con Adamo, essere la madre di tutti gli uomini, è riuscito a Maria. Eva non è stata capace di mantenere gli uomini nell’amicizia con Dio; Maria con il suo sì ci ha rimessi nell’amicizia, comunione con Dio.

+ Certo il peccato rimane tra gli uomini anche dopo l’Immacolata Concezione, ma con Maria è tagliato il cordone ombelicale con il peccato, con Maria Dio può incarnarsi per sconfiggere il peccato.

Il peccato è quel mettersi al posto di Dio come hanno fatto Eva e Adamo: erano con Dio, intimi, amici ma hanno voluto mettersi al suo posto; Maria era amica di Dio, ha ricevuto le perle più preziose di Dio: la sua anima lo Spirito santo e il suo corpo, Gesù ma non per questo si è messa al posto di Dio.

+ Pregare Maria quindi significa non mettersi al posto di Dio, ma lasciarsi inondare dalla forza dello Spirito santo, dal corpo di Cristo perché sia fatta la sua volontà.

Forse non ci pensiamo, ma ogni volta che celebriamo l’Eucaristia siamo inondati dalla forza dello Spirito, diventiamo portatori del Corpo di Cristo.

Forse non riusciamo sempre a fare la sua volontà, ma con l’intercessione di Maria possiamo fare cose grandi!

Per ora preghiamo Maria per tutte le mamme di Napoli e non solo alle quali sono stati uccisi dei figli o che hanno figli assassini: l’Immacolata Concezione possa ridare loro quella purezza di cui tutti necessitiamo per vivere.

Aspettare il tram con Gesù?

«I cristiani dicono di attendere il Signore, e lo aspettano come si aspetta il tram!» scriveva Ignazio Silone!.

C’è un modo distratto e un modo preoccupato per attendere il tram!.

È distratto quando si vive questo tempo come qualsiasi altro, come una delle tante pubblicità che colpiscono i nostri sensi; quante volte abbiamo una fede spot tra tanti spot?

È modo preoccupato, che si prende carico, quando vuole arrivare alla meta, considera i modi per raggiungerla, è già nella gioia per quanto accadrà.

+ Con quale atteggiamento vogliamo attendere il “Signore che viene”?

+ Ma vogliamo attenderlo o pensiamo che il tempo sia scaduto o questa storia riguardi il passato?

Essere consapevoli di ciò è già il primo passo per attendere “il Signore che viene”.

+ Ma il Signore viene?

Certo che viene, perché è venuto, perché verrà.

È venuto ogni volta che è accaduto il bene (non solo 2000 anni fa a Betlemme);

viene ogni volta che accade il bene;

verrà quando si rivelerà il bene nella sua totalità, nella pienezza della misericordia di Dio.

Qualcuno potrebbe voler sapere cos’è il bene, ma prima credo sia meglio chiedersi come attendiamo, vigiliamo “il Signore che viene”!.

+ Si attende “il Signore che viene” con la preghiera.

Pregare incessantemente dicendo : “Vieni Signore Gesù”, significa gridare al cielo invocando da lui ciò che non ci possiamo dare da noi quaggiù. Significa riconoscere che ogni essere umano è abitato da un desiderio così profondo che la terra non può saziare.

Pregare leggendo con sincerità di cuore il Vangelo, anche un versetto al giorno, che come la fiamma di una candela possa illuminare il nostro andare, cambiare i nostri modi di pensare per trovare le risposte giuste.

Pregare trovando spazio per il Silenzio: come un bimbo richiede 9 mesi di silenzio per nascere, così Gesù per nascere in noi ha bisogno di silenzio.

+ Una preghiera così vissuta e celebrata è un bene, è il bene!

È il bene di cui abbiamo bisogno per crescere, è il bene di cui ha bisogno il mondo per crescere. Una preghiera così celebrata crea un’energia positiva non solo per me, ma per tutti. Certo è una preghiera invisibile, agli occhi degli uomini, ma non di Dio che provvede a spargerla nell’universo.

Vieni Signore Gesù è la preghiera di chi ha l’umiltà di ammettere che non solo non ci si può dare tutto, ma che l’essenziale che ci fa vivere lo riceviamo, certi che l’unica salvezza è la vita di un altro, di un Altro. Sappiamo che il passato non ce l’ha data, comprendiamo che il presente ne è del tutto incapace, allora la attendiamo nel futuro e, invocandolo, la attraiamo a noi. “Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi molto prima che accada” (R. M. Rilke, Lettere a un giovane poeta, 12 agosto 1904).

Dipende da noi attendere il Signore come alla fermata del tram o stare alla fermata insieme a Gesù perché il futuro possa farsi storia in noi per il bene degli uomini che Dio ama.

Sul clima fase cruciale

RABAT, 16. Entra nella fase cruciale la ventiduesima conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop22) a Marrakech, in Marocco. Dopo oltre una settimana di negoziati a livello tecnico, oggi è in programma la prima sessione di lavoro tra i rappresentanti delle parti firmatarie dell’accordo di Parigi.

In apertura dei lavori, Muhammad VI, ha esortato i delegati a «tradurre i loro impegni in azioni», aggiungendo che «la posta in gioco è l’esistenza dell’uomo». È quindi «nostro dovere comune — ha concluso il re del Marocco — lavorare mano nella mano per proteggere l’umanità».

Nel suo intervento, il segretario generale dell’O nu ha assicurato che «il cammino intrapreso non si può più fermare». L’accordo di Parigi — ricordano gli analisti — ha il più alto

numero di sottoscrizioni di ogni trattato sul tema, con 109 firme.

La Cop22 è cominciata il 7 novembre scorso, ma fino a ieri ha visto solo il lavoro preparatorio degli sherpa dei paesi firmatari. Al vertice di oggi partecipano invece capi di stato e di governo e ministri dell’ambiente. Obiettivo della riunione è quello di definire le misure per attuare gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima (mantenere il riscaldamento globale entro i due gradi dai livelli pre-industriali, se possibile entro un grado e mezzo).

Nella capitale francese, ogni paese aveva portato i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, i cosiddetti National determined contributions (Ndc). Scopo della riunione di oggi è valutare se questi Ndc siano adeguati per raggiungere i risultati globali richiesti e, se necessario, aggiornarli o rafforzarli. Per l’agenzia dell’O nu sull’ambiente, l’Unep, gli impegni presi a Parigi «non sono sufficienti e devono essere rafforzati».

Il primo importante banco di prova della compattezza politica di tutti i paesi che hanno sottoscritto l’accordo di Parigi sarà la conferma degli impegni finanziari a sostegno dei paesi più poveri nella loro azione di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. A Marrakech sarà pertanto cruciale — dicono gli osservatori — rendere operativo il piano di aiuti ai paesi più poveri di 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020, in modo che le comunità più vulnerabili possano mettere da subito in campo misure ambiziose di adattamento ai mutamenti climatici.

Segnali positivi sono venuti lo scorso 17 ottobre dall’incontro dei paesi donatori, dove è stata adottata la nuova road map fino al 2020. Con gli ultimi impegni è stata raggiunta la cifra di 93 miliardi di dollari che possono mobilitare aiuti sino a 133 miliardi, se i fondi pubblici stanziati riescono ad attivare ulteriori finanziamenti privati. Nell’ambito della Cop22, si tiene oggi anche un importante vertice sul clima dei paesi africani.

(L’Osservatore Romano – 16 novembre 2016)

Con Maria M. della Provvidenza – rosario

Camminiamo con Maria

per celebrare Maria Madre della divina Provvidenza.
Da Milot 30 ottobre 2016 alle nostre case,
sabato prima della III domenica di novembre

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo
Amen

Introduzione

Cari amici ciao.

Dedichiamo questo un po’ di tempo in questo giorno consacrato a Maria, la madre di Dio e di tutti noi. A lei, che noi preghiamo con il titolo di Madre della Divina Provvidenza, ci rivolgiamo per qualificare la nostra fede, per raggiungere meglio Gesù.
Ognuno di noi è chiamato a raggiungere Gesù, diventare una sola cosa con Lui. San Paolo ci insegna che dobbiamo crescere «secondo la verità nella carità per tendere in ogni cosa a Lui. Da Lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef. 4,15s).
In questo cammino di crescita Maria è colei che meglio può aiutarci a crescere, perché mamma, quindi capace di comprendere quali sono i percorsi di crescita che ognuno di noi è chiamato a vivere; perché è mamma di Gesù, quindi sa anche quali percorsi spirituali ognuno di noi è chiamato a vivere.
La Provvidenza non è un destino qualunque, la Provvidenza è la storia tracciata per ognuno di noi, è la storia che ognuno di noi è chiamato a costruire. In questa storia Maria è colei che ci guida, conforta, sollecita e sostiene.

 

Canto di inizio: VIENI, VIENI SPIRITO D’AMORE

Vieni, vieni Spirito d’amore,
ad insegnar le cose di Dio.
Vieni, vieni Spirito di pace,
a suggerir le cose che Lui ha detto a noi.

Noi ti invochiamo Spirito di Cristo,
vieni Tu dentro di noi.
Cambia i nostri occhi, fa’ che noi vediamo
la bontà di Dio per noi. Rit.

Vieni o Spirito dai quattro venti
e soffia su chi non ha vita,
vieni o Spirito e soffia sudi noi,
perché anche noi riviviamo. Rit.

Insegnaci a sperare, insegnaci ad amare,
insegnaci a lodare Iddio.
Insegnaci a pregare, insegnaci la via
insegnaci Tu l’unità. Rit.

Rosario meditato

Senso di questo nostro pregare

Come ogni madre anche Maria respirava con il suo Figlio.
Se vogliamo essere cristiani, anche noi siamo chiamati a respirare insieme a Gesù. Per imparare il ritmo del respirare di Gesù la Chiesa ci offre la preghiera del Rosario che con la sua ripetitività ci dà il ritmo del respiro di Gesù, che poi è lo Spirito santo.
Questa preghiera, che condividiamo con milioni di uomini e donne nel mondo, oggi vuole meditare sul camminare di Maria, la madre di Gesù. Maria infatti, non era una donna che se ne stava chiusa in casa, ma una donna sempre in movimento, sempre pronta alle novità di Dio per annunciare a tutti noi il dono della salvezza di Dio: Gesù.
Camminiamo con la preghiera di Maria per imparare il ritmo di Gesù e trovare serenità e gioia per noi e per l’umanità intera.

La voce guida annuncia il mistero e legge il commento, quindi il Padre nostro e, a turno 10 Ave Maria seguite dal Gloria e dalla preghiera di perdono (volendo potete scegliere un ritornello).

I. mistero, Maria in cammino da Elisabetta sua cugina,

Dopo avere ricevuto l’annuncio dell’Angelo Gabriele, Maria non si richiude in se stessa, non tiene per sé questo grande dono, ma lo condivide subito, correndo dalla cugina Elisabetta. Il dono di Dio, la conoscenza di Gesù, non è un fatto privato, è un dono per… Il dono di Dio, l’amicizia con Gesù, non lascia tranquilli, impone di correre a raccontarlo (come i due discepoli di E’mmaus!). La fede non è mai un fatto individuale, privato ma sempre comunitario.

– La fede in Gesù mi lascia tranquillo o sollecita in me il desiderio di donare agli altri il bene ricevuto?
– Mi capita, desidero discutere con gli altri del dono della fede in Gesù o preferisco tenere tutto per me?

Padre nostro, Ave Maria (10 volte), Gloria al Padre…

            Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’Inferno,
            porta in cielo tutte le anime,
            specialmente le più bisognose della tua misericordia.

II mistero: Maria in cammino da Nazaret a Betlemme,

La storia di Maria non è una storia tranquilla, chiusa nel proprio paesello: è un continuo camminare. Le fatiche del viaggio verso Betlemme, le porte sbattute in faccia saranno molte: Maria non desiste nel rispondere alla chiamata di Dio. In questo cammino ella non fa tutto da sola, si lascia guidare da Giuseppe e dalla discreta presenza dello Spirito santo. Maria è la serva del Signore proprio in questo suo collaborare con gli strumenti di Dio per fa nascere Gesù, il suo obiettivo, preoccupazione principale. Nel far nascere Gesù ella trova la sua realizzazione.

– Quali sono le mie preoccupazioni e i miei obiettivi principali?
– Far nascere Gesù in me significa, far nascere la vera persona che devo essere?
– Chi mi accompagna nel bello e difficile cammino verso le Betlemme della mia vita?

 Padre nostro… Ave Maria (10 volte)… Gloria al Padre…

            Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’Inferno,
            porta in cielo tutte le anime,
            specialmente le più bisognose della tua misericordia.

III mistero: Maria in fuga da Betlemme verso l’Egitto.

Una delle vicende più particolari della storia di Maria e della sua famiglia è la fuga da Betlemme verso l’Egitto a causa della strage dei bambini voluta dal re Erode. Non è un vero e proprio cammino, ma una corsa per la vita, forse come quella di tanti migranti oggi. Eppure questa fuga ci insegna l’importanza di prendersi cura di coloro che sono piccoli e indifesi ovvero di quanti sono perseguitati. Forse non ce ne rendiamo conto, ma essere credenti al 100 % porta il rischio della persecuzione ieri come oggi. Essere cristiani al 100 % significa essere piccoli, come Gesù bambino, e dover scappare dai grandi infastiditi dal “potere” dei piccoli. Maria, con Giuseppe si prendono cura di questo bambino che non hanno cercato, non hanno pensato, gli è stato donato: l’hanno accolto.

– Ti è mai accaduto di dover fuggire?
– Quando ti senti piccolo, solo, perseguitato la fede in Gesù ti sostiene con intelligenza?
– Sull’esempio di Maria e Giuseppe sei capace di prenderti cura dei piccoli, dei perseguitati? 

Padre nostro… Ave Maria (10 volte)… Gloria al Padre…

            Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’Inferno,
            porta in cielo tutte le anime,
            specialmente le più bisognose della tua misericordia.

IV mistero : Maria in cammino da Cana di Galilea sino al monte Calvario.

La storia di Maria è la storia di un lungo cammino cominciato dall’annuncio dell’angelo Gabriele sino alla sua assunzione in cielo. Maria – come tutte le mamme – non smetterà mai di camminare dietro la storia del proprio Figlio. A Cana di Galilea questo cammino di Maria affronta un momento importante. Invitando i servi a fare quello che dice Gesù, annuncia che la sua Ora è cominciata: non l’ora dei miracoli, ma l’ora di essere glorificato – cioè morire – per noi. A Cana di Galilea comincia il cammino più difficile di Maria, la scoperta della missione del Figlio che gli era stato donato. La Via Crucis per Maria è cominciata a Cana, dove l’acqua diventa vino, dove la vita diventa sangue versato per la salvezza degli uomini.

– Nella tua piccola o grande storia di cristiano quale Gesù hai incontrato?
– Cosa significa per te stare davanti alla Croce di Gesù?
– La forza di Maria nel camminare con la Croce di Gesù ti sostiene nell’affrontare le tue scelte piccole e grandi?

Padre nostro… Ave Maria (10 volte)… Gloria al Padre…

            Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’Inferno,
            porta in cielo tutte le anime,
            specialmente le più bisognose della tua misericordia.

V mistero: Maria dal Cenacolo alle strade del mondo, sotto la guida dello Spirito.

Ma il cammino di Maria non si ferma davanti al dolore della Croce, tantomeno alla gioia della risurrezione. Dio ha preparato per Maria un cammino ancora più lungo, anzi eterno! Maria infatti chiusa nel Cenacolo con gli 11 apostoli partecipa con loro al dono dello Spirito santo, alla Pentecoste. Si sa che lo Spirito santo non ammette flemma, tiepidezza, divani da occupare perché ormai abbiamo avuto tutto. Lo Spirito santo spinge Maria con gli 11 a correre per il mondo ad annunciare che Cristo è morto e risorto per tutti. Maria, la Madre di Dio, diventa la Madre della Chiesa. Maria diventa segno della Divina Provvidenza di Dio per accompagnare la storia della Chiesa, cioè di tutti noi credenti perché sappiamo scegliere ogni giorno il modo per essere cristiani, per portare la misericordia e la gioia di Dio a tutti gli uomini che incontriamo.

– La Cresima ti ha confermato quale discepolo di Gesù, dandoti il Suo Carattere: quale consapevolezza della forza di questo sacramento?
– Sicuramente tu non sei un cristiano da divano (cfr. papa Francesco a Cracovia): è facile o difficile correre ad annunciare il Vangelo? Perché?
– Maria Madre della Divina Provvidenza da sempre guida i Barnabiti, le Angeliche, i Laici: senti la sua presenza discreta nell’aiutarti a condurre la tua storia? Riesci ad affidarti a Lei per fare le tue scelte?

Padre nostro… Ave Maria (10 volte)… Gloria al Padre…

            Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’Inferno,
            porta in cielo tutte le anime,
            specialmente le più bisognose della tua misericordia.

Insieme:

Salve Regina,
Vita, Dolcezza, Speranza nostra, Salve.
A te ricorriamo noi esuli figli di Eva,
a te sospiriamo, gementi, piangenti, in questa valle di lacrime.
Orsù dunque Avvocata nostra,
rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi
e mostraci, dopo questo esilio,
Gesù, il frutto benedetto del tuo seno.
O Clemente, o Pia, o dolce Vergine Maria.

Voce guida:
Il Signore ci benedicda, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.
Amen (tutti fanno il segno della Croce)

PS.: Come gruppo o come singolo rispondete per iscritto almeno a una delle domande del rosario? Grazie
Canto a scelta oppure:

Correte come matti
Era giovane era ricco sai,
Ma questo non bastava alla sua vita.
Nel Vangelo che leggeva lui
Il senso ritrovava alla sua vita.
E poi un giorno con sua madre Lui parlò
Con lei comprese che esser perfetto
È stare dietro Gesù Cristo fin lassù
Sulla sua croce dietro una voce la Sua voce.

A Cremona e a Milano poi a tutti raccontava
Il Suo vangelo. E ogni cuore tiepido con lui
Di fuoco diventava, la fede cresceva.
E poi un giorno lui san Paolo incontrò
Così comprese che esser perfetto
È diventare un solo Spirito con Dio
Con la sua croce qui nel cuore mio.

SI CORRETE COME MATTI
E ANDATE VERSO DIO
E VERSO GLI ALTRI COME ME
E SIATE VERI E GRANDI SANTI
ANDANDO VERSO DIO
VERSO GLI ALTRI
SIATE SANTI INSIEME A ME

Sono giovane e anche ricco sai
Ma questo non mi basta per la mia vita.
E nel Vangelo che leggeva lui voglio ritrovare
Senso alla vita. Così un giorno con gli amici
Proverò anche a capire che essere perfetto:
È diventare un solo Spirito con Dio
Con la sua croce qui nel cuore mio.