Le sporche lezioni di fisica

Mi è capitato recentemente di discutere riguardo ad alcune notizie legate ai comportamenti più o meno scorretti in ambito clericale. In questi anni la stampa ha portato alla luce diverse vicende sul comportamento di alcuni servi di Dio. Si passa dai peccati più materiali come lo scandalo riguardante il cardinal Bertone a faccende decisamente più serie come i fatti legati alla pedofilia.

Ciò che più sorprende è proprio la contrapposizione tra il messaggio puro che questi uomini dovrebbero trasmettere e il degrado delle loro azioni.

Tuttavia si tende poi a unificare il messaggio con il messaggero, dimenticandoci che siamo tutti peccatori, anche chi, in linea teorica, dovrebbe esserlo “di meno”.

La stessa situazione in realtà la ritroviamo nell’ambito della ricerca scientifica.

I personaggi che hanno creato la relatività e la meccanica quantistica, sono considerati universalmente dei geni o comunque il meglio a cui un essere umano possa aspirare. Eppure ci si dimentica, volutamente o meno, che anche loro erano dei peccatori.

Si prenda Einstein, scienziato e filosofo, ormai elevato a semidio dalle masse. Ebbene ciò che spesso non viene raccontato nei documentari è il suo rapporto con la moglie, di cui il risultato furono delle regole di comportamento che la consorte era obbligata a rispettare, che vanno da “smetterai di parlare quando ne farò richiesta” a “ti assicurerai che riceverò tre pasti al giorno”.

Il grande scienziato Paul Ehrenfest quando comprese che la scienza stava avanzando troppo velocemente perché lui potesse tenerne il passo, mise fine non solo alla sua vita ma anche a quella di suo figlio, affetto dalla sindrome di Down.

Erwin Schroedinger aveva inclinazioni che oggi definiremmo pedofile, infatti amava intrattenersi con ragazzine in età puberale. La sua famosa equazione venne concepita durante un soggiorno di due settimane con l’amante sulla Alpi Svizzere, mentre la moglie era ad attenderlo a Zurigo.

Richard Feynman era un abile adescatore di donne, che nei suoi scritti erano paragonate a un oggetto sessuale o poco più.

Werner Karl Heisenberg, autore del famosissimo principio di indeterminazione, premio Nobel nel 1932, viene ricordato per il suo appoggio al regime nazista Tedesco. Egli cercò in tutti i modi di costruire l’atomica per il regime ma non ci riuscì. In seguito, finita la guerra, dichiarò che in realtà egli si oppose alla costruzione dell’atomica ma i documenti storici suggeriscono il contrario.

Arrivando ai giorni nostri è interessante la storia di Paul Frampton, fisico delle particelle arrestato per spaccio internazionale di cocaina. Adescato da una modella su un sito di appuntamenti on-line, con l’inganno si è ritrovato a portare una valigia in aeroporto con due chili di cocaina all’interno.

Tutto ciò per insegnare che bisogna distinguere il messaggio dal messaggero. La fisica, come la religione, in sé è pura. Ma questo messaggio è trasmesso dalle persone, che in fondo subiscono le tentazioni che noi tutti subiamo.

Roberto Nava

Onde gravitazionali

Onde gravitazionali ovvero, il senso della ricerca.

Questa settimana la fisica ha raggiunto un altro risultato fenomenale: sono state individuate le onde gravitazionali.

Esse sono un’increspatura dello spazio-tempo generate dalla fusione di due buchi neri. Nonostante la loro esistenza sia una diretta conseguenza della relatività generale, teorizzata 100 anni fa da Albert Einstein, fino ad oggi non si era riusciti a dimostrarne l’esistenza. Data la loro natura, abbiamo dovuto aspettare un secolo per avere la tecnologia sufficiente per poterle rivelare. Ma grazie ai progressi tecnologici e come sempre grazie ad un pizzico di fortuna abbiamo raggiunto questo importante obiettivo. Perché importante?

Perché innanzitutto è un’ulteriore conferma della teoria di Einstein e in secondo luogo apre la porta a nuove tecniche di indagine del cosmo, che fino ad ora è stato studiato utilizzando la luce.

Tuttavia ciò che mi ha lasciato perplesso in questi giorni è la reazione di molti italiani di fronte a questa eccezionale scoperta. Confrontandomi con i miei amici e leggendo i commenti delle notizie, ho riscontrato una certa indifferenza di fronte a questo avvenimento.

Il perché è semplice.

La scienza si è evoluta enormemente nell’ultimo secolo. Ora si parla di Big Science, poiché le nuove scoperte vengono effettuate dai grandi centri di ricerca e dai gruppi di ricercatori. La figura del singolo scienziato, capace di creare da solo una teoria, è quasi sparita.

Il motivo è che si è raggiunto un livello di complessità che necessita un approccio di massa, per risolvere i problemi. E sono necessari anche grossi investimenti per costruire macchine sempre più potenti.

Il nocciolo della questione è proprio questo: la complessità degli argomenti nasconde l’utilità pratica delle scoperte effettuate nell’ultimo quarto di secolo. Allora per i non addetti ai lavori è quasi giustificata la perplessità di fronte a queste notizie ed è quasi lecito che il popolo si chieda perché non investire quell’enorme quantità di soldi in progetti all’apparenza più utili.

Tutto ciò perché ciò che spesso si ignora sono le conseguenze pratiche della ricerca di base. Tutto ciò che ci circonda, le lampadine, la risonanza magnetica, internet e i computer, derivano proprio dalla ricerca di base, che come prodotto secondario fornisce la tecnologia che usiamo quotidianamente. Forse noi scienziati dovremmo essere più bravi nel comunicare questo fatto, in modo da poter far conoscere l’importanza della ricerca scientifica.

Inoltre è proprio la curiosità dell’uomo che ha permesso la sua evoluzione nella storia. Una curiosità fine a se stessa. Un po’ come la letteratura, la musica, la pittura e il teatro. Tutto ciò non risolve i grandi problemi del mondo, ma permette all’uomo di innalzarsi e di vivere, non solo di sopravvivere.

Roberto Nava

Palla da biliardo

Palla da biliardo ovvero l’indeterminazione nella vita di tutti i giorni. Immaginate un tavolo da biliardo. Immaginate di essere ciechi. Immaginate che sul tavolo ci sia una palla da biliardo e che qualcuno vi chieda di dirgli esattamente la posizione di questa palla sul tavolo. Come fareste? La soluzione più semplice è quella di utilizzare proprio una stecca da biliardo. Tramite la stecca si può pensare di “sondare” il tavolo finché la stecca non tocca la pallina. Proprio quando c’è il contatto avete l’informazione sulla posizione della pallina. Tuttavia nel processo di misura, voi urtate la pallina giusto? Avendola urtata, questa si muoverà dalla sua posizione di partenza. Ciò significa che per conoscere la posizione della pallina, voi perdete completamente informazione sulla velocità della pallina. L’esperimento può essere condotto al contrario pensando di misurare la velocità della pallina ma si scopre che anche in questo caso si perde informazione sulla posizione. Velocità e posizione della pallina non possono essere misurate contemporaneamente con infinita precisione. Ciò ci insegna che la conoscenza dell’uomo ha un limite. Non è colpa degli strumenti che usiamo per misurare la natura, ma è qualcosa che riguarda la natura stessa. Questo fatto prende il nome di “principio di indeterminazione” e fu formalizzato da Werner Heisenberg nel 1927 generando un certo sgomento nella comunità scientifica, perché per la prima volta ci si è imbattuti contro un limite della nostra conoscenza che non può essere superato. A mio parere questo principio va oltre all’aspetto puramente fisico ma riguarda la nostra quotidianità. Mi riferisco al fatto che ognuno di noi vuole avere sempre il controllo, sulle proprie scelte, sulle proprie emozioni e sulle proprie idee. Eppure proprio la natura ci insegna che non è sempre possibile. Prima o poi tutti sono costretti ad affrontare questa realtà, che è difficile da accettare. Crescere significa anche questo, abituarsi all’idea di non avere sempre il controllo. Che per quanto si viva una vita sana ci si può ammalare, che per quanto una persona sia buona possa anch’essa sbagliare, oppure vivere una vita di stenti solo perché nata nella nazione sbagliata al momento sbagliato. Le persone religiose sono inclini a pensare che ciò che succede faccia comunque parte di un “disegno” più grande. Le persone meno religione attribuiscono tutto ciò al caso. Il punto è che non abbiamo sempre il controllo sulle nostre vite e questo fatto va accettato con serenità perché non si può fare altrimenti. Roberto Nava

Meccanica quantistica e mistero della Trinità

Luce.
Ne siamo sempre circondati, in ogni momento. Ma che cos’è la luce?
Tralasciando ciò che i filosofi dell’antichità ci dicono su questo fenomeno, una prima spiegazione arriva nel diciassettesimo secolo, formulata da Isaac Newton. Egli suggerisce che la luce è composta da corpuscoli molto piccoli che viaggiano a velocità estremamente elevate. Questa semplice ed elegante teoria riesce a spiegare innumerevoli fenomeni osservati come la riflessione, l’arcobaleno e la divisione della luce a opera del prisma.
Fin qui tutto bene, eppure esistevano dei fenomeni già conosciuti, come la diffrazione e la birifrangenza, che questa teoria non spiegava molto bene.
Nel frattempo dall’altra parte del canale della Manica, alcuni scienziati tra cui Christiaan Huygens, Thomas Young, Augustin-Jean Fresnel, proposero un’alternativa alla teoria di Newton.
Strappatevi un capello e procuratevi una di quelle pennine laser da conferenze. Provate a mettere il capello di fronte al laser e puntatelo contro una parete. Cosa vedete? Sulla parete dovreste vedere delle righe orizzontali separate una dall’altra. Questo fenomeno si chiama diffrazione ed è tipico delle onde che incontrano un ostacolo.
Dunque sul continente venne proposta l’idea che la luce fosse composta da onde e non da particelle. Le due teorie sopravvissero finché non arrivo, nel 1864, la presentazione da parte di Maxwell delle sue famose equazioni che spiegavano il fenomeno luce come il manifestarsi del campo elettromagnetico. Queste equazioni hanno formulazioni tipiche delle onde, perciò sembrò che il mistero fosse risolto: la luce è un’onda.
Spesso la scienza ha più colpi di scena di una qualsiasi fiction di Hollywood, perché nel 1905 Einstein rimette tutto in discussione osservando che l’effetto fotoelettrico è spiegabile solo se si assume che la luce sia di natura corpuscolare.
Questa vicenda termina finalmente con l’avvento della meccanica quantistica. Tra i postulati fondamentali di questa teoria vi è proprio il dualismo onda-particella. Dopo la formulazione del principio d’incertezza da parte di Werner Heisenberg, Niels Bohr enuncia la famosa interpretazione di Copenaghen in cui è riassunto questo principio: la luce è contemporaneamente sia onda che particella; l’interazione dell’uomo con la luce, tramite la misura, pone in risalto uno dei due aspetti naturali della luce.
Ciò ovviamente non è facile da capire, perché siamo abituati a immaginarci il mondo fatto da particelle e per quanto riguarda le onde, il massimo che riusciamo a visualizzare sono le onde del mare. Eppure la fisica ci dice che noi stessi siamo fatti contemporaneamente sia da particelle, sia da onde.
A questo punto mi piace pensare che il concetto della Trinità cristiana abbia dei punti in comune con la dualità onda-particella. È sicuramente difficile comprendere il significato del Padre che si manifesta come Figlio e come Spirito Santo. Uno può scegliere ovviamente di crederci o meno a questa cosa. Però ciò che la scienza ci insegna è che questo mistero della fede in realtà non è cosi dogmatico e misterioso, ma anzi nella vita di tutti i giorni noi possiamo osservare che esiste ed è reale la dualità onda-particella.
Anche se per molti anni scienza e fede si sono combattute, ogni tanto capita che inaspettatamente l’una venga in aiuto dell’altra.
Roberto Nava

Atto di fede o atto di fisica?

Atto di fede o atto di fisica?
Giunto al quinto anno di fisica, non posso non fare alcune considerazioni, perché dopo cinque anni qualche domanda è normale farsela: oltre a un sacco di formule e di concetti, cosa mi ha insegnato la fisica?
Io credo che appena ci si cimenta nello studio di materie scientifiche, si ha l’idea di studiare qualcosa di sacro e profondamente giusto. Mi spiego: il fatto è che la fisica, come altre materie scientifiche necessita di un linguaggio per potersi esprimere. Quel linguaggio è la matematica.
La matematica, che comprendere algebra, geometria, analisi ecc. negli ultimi 4 secoli ha raggiunto dei livelli di complessità impensabili, e li ha raggiunti “step-by-step”, ovvero da ogni teorema se ne ricava uno ancora più forte, esaustivo e generale. Tuttavia, quasi come l’universo, si può risalire indietro nel tempo e, partendo dai teoremi che usiamo adesso, possiamo giungere ai teoremi fondamentali, quelli più semplici, il BIG BANG della matematica. Stiamo parlando di quelli che studiamo alle elementari, tipo che da due punti passa una e una sola retta.
Il problema è che ora non stiamo più parlando di teoremi, ma di assiomi, cioè affermazioni che non possono essere dimostrate, ma vanno prese per vere. A pensarci bene, la matematica, la scienza considerata vera e giusta da tutti, si basa proprio su concetti dogmatici. Già, proprio come le religioni!
Beh qualcuno potrebbe pensare a qualche modo per aggirare quest’ostacolo, per cercare di rendere la matematica (o in generale un sistema logico) avulso da dogmi di partenza. Ed è proprio un matematico che pone il veto a questo tentativo: Kurt Gödel e i suoi teoremi di incompletezza. Pur essendo alquanto complessi da essi possiamo trarne l’insegnamento che è impossibile per un sistema logico dimostrare la propria coerenza utilizzando gli strumenti stessi del sistema logico, cioè la matematica non può utilizzare se stessa per dimostrarsi coerente. Quindi, per quanto la matematica e la fisica funzionino molto bene, bisogna tenere in testa che non sono la verità. Mi spiego meglio.
Quando si assiste a un fenomeno nuovo, noi fisici costruiamo un modello matematico in grado di spiegare cos’abbiamo visto. Questo modello, per essere accettato, deve essere anche in grado di fare previsioni. Quello che ho imparato è che il modello, in fondo, non dice niente su cosa sia il fenomeno. Se mai cerca di spiegarne il comportamento. In meccanica quantistica le particelle sub atomiche si trattano utilizzando un formalismo matematico che a volte è simile a quello che si usa per descrivere le onde. Da questo formalismo, nella prima metà del novecento nasce l’interpretazione di Copenaghen. Cioè la dualità onda-particella. Eppure credo che sia sbagliato pensare alla materia come un’onda o come a una particella. È giusto dire che essa si comporta come un’onda o una particella.
In queste poche righe volevo far riflettere sul fatto che spesso la realtà va oltre la nostra capacità di astrarla e spiegarla e mi piace pensare che questo discorso si possa applicare anche alla religione. Forse è per questo che non sempre è chiaro quale sia il disegno di Dio per noi e per il mondo che ci circonda. E forse siamo troppo presuntuosi nel volerlo capire fino in fondo. Come la fisica non riesce a spiegare il mondo nella sua totalità, anche la religione non può spiegare Dio nella sua totalità. Perché la religione è comunque fatta dagli uomini.
Come la fisica chiede un’“atto di fede” per poter essere creduta e continuata, così la religione richiede un’“atto di fede”. L’atto di fede non è un’invenzione, una falsa modalità di approccio alla realtà, è la prima basilare azione non teorica dell’uomo.
Roberto Nava, Milano