La sfida

La vita è una sfida!
È una sfida il nascere, il vivere, il morire… il risorgere, infatti noi siamo nati per risorgere!
È una sfida l’avere fede, infatti il vangelo che abbiamo ascoltato termina con un’assurdità: Gesù è andato via da questo mondo e i discepoli “erano con grande gioia!”.
Ma ancora di più una sfida è quella che Dio lancia a questi undici uomini e alcune donne: “siate testimoni, rivestiti di potenza dall’alto”.
Il mistero dell’Ascensione è il mistero della sfida di Dio alle tenebre, al male, alla solitudine;
il mistero dell’Ascensione è il mistero della sfida di Dio che vuole vivere con noi uomini.
Non è chiaro in quale esatto giorno sia accaduto il mistero dell’Ascensione di Gesù: 1 giorno o 40 giorni dopo la risurrezione. Un dato è certo, i discepoli hanno avuto bisogno di macinare, metabolizzare i fatti della passione, morte, sepoltura e risurrezione del Cristo prima di poter entrare nella pienezza della comprensione di quanto accaduto.
Dio ha avuto l’attenzione di lasciare il tempo dovuto ai discepoli perché vedessero il suo corpo, ascoltassero la sua voce, toccassero le sue piaghe, mangiassero il suo pane, la vita di Gesù risorto; ma ora scatta la sfida: “siate miei testimoni… e se ne tornarono a Gerusalemme ricolmi di gioia!”.
Una sfida non semplice, in un mondo pagano e ostile abituato a una religione accanto alla storia ma non dentro la storia di tutti i giorni.

«La risurrezione è un evento dentro la storia, che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa… Potremmo considerare la risurrezione quasi come una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata in un nuovo genere di realtà… Nella risurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio.” (J. Ratzinger)
Ma questa storia è la storia di tutti noi da costruire ogni giorno. Nell’«Ascensione i discepoli non si sentono abbandonati… L’Ascensione è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole… Gesù parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione rimane. Le sue mani rimangono stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge, sono un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi una presenza. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi: è questa la ragione permanente della gioia cristiana”. (J. Ratzinger)

Ma noi oggi, qui, ora, accettiamo questa testimonianza? Viviamo questa gioia? O meglio, vogliamo partecipare alla sfida di questa testimonianza? Vogliamo essere testimoni della benedizione di Dio al mondo?
Pongo questa domanda perché oggi siamo di fronte alla sfida di un mondo che pensa di poter vivere senza Dio e rischiamo anche noi di diventare cristiani anonimi o cristiani che stanno bene solo tra loro. Questo è un rischio corso anche dai primi discepoli.
Diceva papa Francesco: «Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che a volte sono perfino difficili da comprendere», ma che siamo chiamati ad affrontare se vogliamo che il Vangelo sia ancora annunciato a ogni creatura.
L’uomo e la donna di oggi stanno interpretando se stessi in maniera diversi dal passato. Sembra che la Chiesa oggi non riesca più a comprenderli come una volta.
Per far si che i cristiani, la Chiesa oggi sia ancora sale e luce, deve essere insieme “faro” che illumina da una posizione alta e stabile, ma anche “fiaccola” che si sa muovere in mezzo agli uomini, accompagnandoli nel loro cammino, difficile e accidentato.
Portare la buona novella, scriveva Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (18-20), significa «portare la buona novella in tutti gli astrati dell’umanità che si trasformano», altrimenti l’evangelizzazione rischia di trasformarsi in una decorazione, in una verniciatura superficiale.
Contemplando le mani aperte di Cristo che benedicono tutti noi, diventiamo anche noi mani capaci di benedire questa umanità, perché tutti possano vivere nella gioia!

Riflessioni in merito alla solennità dell’Ascensione 2019

Come un vaso d’argilla

«Come un vaso di argilla il corpo umano ha bisogno per prima cosa di venir purificato dall’acqua, quindi di essere reso saldo e perfetto per mezzo del fuoco spirituale cioè di Dio che è fuoco divorante. Poi deve accogliere in sé lo Spirito Santo, dal quale riceve la sua perfezione e da cui viene rinnovato: infatti il fuoco spirituale è anche in grado di irrigare e l’acqua spirituale può anche far divampare» (Didimo d’Alessandria).

Cari amici oggi Gesù dopo averci donato la sua divinità prende la nostra carne per portarla dal Padre, un felice scambio tra Dio e noi e noi e Dio. Il cielo e la terra oggi sono un unicum e l’uomo non è più limitato al suo mondo, ma per il dono dello Spirito santo può capire, vivere, testimoniare la lingua di Dio tra gli uomini che cercano la felicità.

Viviamo bene questa settimana tra l’Ascensione e la Pentecoste, dicendo ogni giorno “Vieni Spirito santo, amico vero” e trovando il tempo per la santa messa oggi e domenica di Pentecoste.

Non spegnete il desiderio di Dio in voi.

pJgiannic

Il cielo nella coscienza

Viviamo oggi una delle feste cristiane più particolari e delicate da comprendere perché riassume tutto il movimento della proposta di Dio per la nostra salvezza: la festa dell’Ascensione di Gesù.

Infatti, la crocefissione ha ancora un che di umano e comprensibile; la resurrezione ci costa un po’ più di fatica, ma in un certo senso ci fa anche “piacere” credere in un Dio che fa qualche cosa di differente. Ma l’Ascensione va completamente al di là del bisogno di concretezza che sempre abbiamo, che contrasta con la nostra idea dell’al di là, del dopo la morte. Dobbiamo invece convincerci che questo è il mistero riassuntivo di tutta la vita di Gesù.

Volere capire tutto è una pretesa di onnipotenza che toglie a Dio la possibilità di essere Dio: sapere che non possiamo comprendere tutto ci aiuta a voler camminare ancora, ci aiuta a voler cercare ancora, ci aiuta a scoprire che Dio ci vuole bene proprio è più grande di noi.

Ma come riconosciamo e verifichiamo questa grandezza?

Forse perché egli sale al cielo? Perché si allontana da noi in un luogo irraggiungibile? Perché state a guardare il cielo? Questo Gesù ritornerà come vi ha promesso (leggiamo nel Vangelo). Il cielo.

Il cielo non è tanto ciò che c’è sopra di noi; il cielo è il segno della grandezza di Dio, del suo amore. E dove è il luogo, lo spazio dell’amore di Dio se non la coscienza dell’uomo?

Contemplare che Gesù sale al cielo significa riconoscere che egli ama abitare nel vero tempio di Dio che è la coscienza di ogni uomo; il cristiano è colui che per rivelazione dello Spirito santo riconosce e comprende che Gesù abita in Dio nella sua coscienza e nella coscienza parla all’uomo come a un amico!

Perché Gesù ascende al Padre, nella coscienza dell’uomo? Per insegnarci ad andare verso il Padre, per portarci verso il Padre suo e Padre nostro.

Quel Dio che Mosè non poteva vedere nel volto, questo Dio ora si è fatto amico dell’uomo nel volto di Gesù che chiede di abitare in noi e così ci prepara al suo ritorno. Il mistero dell’Ascensione infatti non è il mistero di Gesù che scappa, ma l’opportunità per imparare a vivere con fervore nell’attesa del suo ritorno definitivo.

La domanda che emerge è perciò: come attendo questo ritorno di Gesù, della gloria di Dio?

Non guardando il cielo, ma vivendo una vita “affocata” dell’amicizia con Gesù, nella testimonianza tra gli uomini. Stavano nel tempio lodando Dio. Nell’attesa della potenza di Dio, lo Spirito santo.

Qui è un’attesa di preghiera, ma non una preghiera passiva, bensì una preghiera che introduce alla conoscenza e alla testimonianza.

La conoscenza.

Nell’Ascensione noi entriamo in contatto con tutti i misteri della vita di Gesù, riconosciamo la sua preesistenza. Dobbiamo ricordarci della sua eternità se vogliamo entrare nell’eternità. L’Ascensione è la porta da aprire per fare entrare Dio in noi: quanto apriamo questa porta?

La testimonianza.

Si è amici di Dio perché fissiamo Gesù nel volto di tutte le povertà del mondo, povertà che chiedono di essere redente, superate, eliminate.

Il mistero dell’Ascensione è necessario non solo per poter ricevere il dono dello Spirito santo, ma perché impariamo a essere portatori dello Spirito santo nel mondo.

Il mistero dell’Ascensione non è il mistero dei tiepidi, ma dei credenti infuocati dallo Spirito santo per annunciare a tutti che Gesù è vivo per noi, che Gesù agisce in noi, che Gesù tornerà per raccoglierci in un’unica famiglia.

Si crea una catena di comunione e di amore tra Dio e noi, tra noi e l’umanità.

Dobbiamo rinnovare la celebrazione di questa festa, è una festa per tutta la Chiesa, per tutti gli uomini; è la festa della consolazione per la Chiesa, per noi, per gli uomini tutti; è una festa non solo per oggi, ma per tutto l’anno.