La tenacia di Alessandro Sauli santo

Oggi la Chiesa e specialmente i Barnabiti celebrano la memoria di un santo forse non troppo conosciuto, ma a noi molto caro: Sant’Alessandro Sauli.

Alessandro ci è molto caro per la sua tenacia, per la sua disponibilità, per la sua cultura, per la sua santità. Non una santità di devozione, ma una santità di profonda attenzione e amicizia a Dio, una santità di azione che lo ha spremuto fino alla morte in ancora giovane età.

Ciò che colpisce di Alessandro Sauli è sicuramente la sua tenacia, la tenacia nel bussare ripetutamente alla porta dei primi Barnabiti, la tenacia nel cogliere lo spirito di riforma proprio di questi primi Barnabiti giovani orfani del loro Antonio Maria Zaccaria. La tenacia nel continuare a riformare questo piccolo gruppo di religiosi laici e religiosi, a riformare se stesso, per riformare la Chiesa. E tralasciando la sua azione di insegnamento, mi piace sottolineare la tenacia pastorale per portare un vangelo vivo e vivificante là dove il Papa lo ha inviato. La tenacia nel rievangelizzare la Corsica e, i più poveri e dimenticati di quell’isola periferica, la tenacia nel riprendere il Vangelo da vivere e annunciare.

Ma vale anche ricordare la tenacia nel parlarci della bellezza dell’uomo voluta da Dio, una bellezza che si è rivelata, ecco il paradosso, nella bruttezza del Figlio sulla Croce. «Perciò, quanto più deforme volle farsi per noi, tanto più grande amore ci dimostro e tanto più bello appare… Ciò che appare deformità di Dio è quanto si più bello esiste per i credenti. Cristo è bello nel Padre; bello nel seno della Madre; bello nella nascita; bello mentre compie miracoli; bello sulla croce; bello nel sepolcro; bello nella risurrezione». Guardiamo questo Cristo perché lui guardando noi possa comunicarci la sua bellezza in favore degli uomini.

Bellezza tra arte e scienza

 

Vi sarà certamente capitato di ragionare sul concetto di bellezza e vi sarete sicuramente accorti di quanto sia complicato dare una definizione soddisfacente del termine. Forse perché, come spiegava Kant nella “critica del giudizio”, essa è indefinibile in termini logici, scientifici o matematici. “Il senso della bellezza”, documentario del 2017 accetta questa inconoscibilità insita nel concetto stesso di bellezza ma indaga sul rapporto tra arte e scienza (in particolare la fisica) e su come esse possiedano come fattore comune proprio la bellezza. Come può qualcosa di così emotivo e sensitivo avere a che fare con complesse formule matematiche o acceleratori di particelle giganteschi?

Oggi la scienza viene definita, non a torto, la religione del nostro tempo: una mano immateriale che neanche gli scienziati sanno dove ci condurrà. I fisici, per la prima volta nella storia, non hanno una strada maestra da seguire e con le loro ricerche indagano l’ignoto, ciò che non è conosciuto dall’uomo. Nessuno sa cosa verrà scoperto con i nuovi esperimenti in corso al Cern di Ginevra, ma attraverso l’LHC (Large Hadron Coolider, il più grande acceleratore di particelle del pianeta) si cerca di scoprire il senso dell’universo e quindi, in un certo senso, il fondamento della bellezza. Sì, perché il concetto di bellezza è strettamente legato al mondo fisico. La natura ricerca nelle sue forme armonia, corrette proporzioni, simmetria e semplicità che sono le caratteristiche che rendono un oggetto o un ente differente dagli altri. Sempre, però, con un miscuglio tra ordine e caos perché un universo totalmente simmetrico e perfetto sarebbe paralizzante.

Questa idea è stata perfettamente compresa non solo dagli artisti ma anche dagli uomini del passato. Un’antica leggenda racconta come i tessitori di tappeti persiani lasciassero appositamente una piccola imperfezione nelle loro opere perché temevano che nelle geometrie troppo perfette dei loro tappeti la loro anima si intrappolasse e vi rimanesse incastrata per l’eternità.

Ma la bellezza, continua il documentario, è nello sguardo dell’osservatore perché risiede nella nostra mente: ovunque potremmo vedere bellezza se solo fossimo predisposti a concepirla. Tuttavia i segreti della natura potremo comprenderli solamente quando avremo risolto ogni dubbio della fisica quantistica, perché è in essa che viene gelosamente custodita la sua essenza.

Purtroppo il mondo quantistico non è percepibile dai sensi umani, ma al contrario ricade spesso in paradossi assolutamente insormontabili se continuassimo ad affrontarli con le leggi della fisica classica. A Ginevra è stata costruita quella che è probabilmente la più affascinante macchina inventata dall’uomo: l’LHC, un enorme occhio capace di fotografare la materia, permettendoci di osservarla come mai prima d’ora. È grazie ad essa che sono state fatte incredibili e rivoluzionarie scoperte come la supersimmetria, il bosone di Higgs o sono state scattate le prime immagini degli scontri tra particelle.

Dopo aver cercato di descrivere come siano correlate fisica e bellezza cercherò di sintetizzare quale siano invece i punti di contatto tra arte e scienza studiati dal documentario e come essi abbiano concetti di bellezza molto simili tra loro. Innanzitutto c’è una poetica inutilità nelle ricerche fisiche che vengono svolte a Ginevra: esse non servono a nulla se non a cercare risposte. Ciò che accomuna gli scienziati e gli artisti è la passione verso la conoscenza, entrambi provano a comprendere il ruolo dell’uomo nell’universo e il senso delle cose. Il fisico crede che la natura comunichi con un suo linguaggio specifico che è quello matematico e attraverso gli esperimenti cerca di esprimere la propria creatività come un artista con una tela. Non solo, entrambi sono fortemente ispirati dal mondo naturale e così come esso fa un uso incredibile dell’immaginazione e della fantasia anche loro vi fanno spesso ricorso. Infatti, come un uomo che osserva un panorama non può sapere cosa vi sia oltre l’orizzonte ma può solo immaginarlo, noi non possiamo vedere le cose come sono ma solo come appaiono. Dietro ad un’incredibile complessità della natura vi si nasconde un’estrema semplicità ed è questa la sua bellezza. Perciò più le leggi fisiche possiedono un’estetica semplicità più esse sono esatte, in quanto scoprono l’essenza delle cose. Se consideriamo che l’universo non ha alcuna conoscenza del costrutto umano, è assolutamente affascinante come i Greci che costruirono il tempio di Agrigento, pur non sapendo nulla di fisica quantistica, utilizzarono le medesime proporzioni che 2500 anni dopo sono state ritrovate nelle particelle sub-atomiche dai fisici di oggi.

Ma gli studi al Cern, come nel resto del mondo, non sono ancora finiti. Resta da scoprire circa il 95/96% del nostro universo ancora totalmente ignoto all’essere umano. In questo senso gli esperimenti compiuti a Ginevra, con lo scopo di simulare nella maniera più vicina alla realtà possibile il Big Bang, stanno provando a scoprire i misteri del mondo fisico a partire dalla sua nascita. Nessuno sa quali nuove leggi riusciranno a descriverli. Quel che è certo è che saranno bellissime.

Luigi Cirillo– Roma

A raiz humana da crise ecológica. I

Folha 4

A actual crise está enraizada no presente predomínio tecnocrático e na concepção do homem que dele deriva.

  1. “A técnica exprime a tensão do ânimo humano para uma gradual superação das limitações materiais” ( B XVI, CV, 69). A tecnociência, se devidamente orientada, também é capaz de produzir o bonito. Assim, no desejo de beleza do artesão e em quem contempla aquela beleza se realiza o salto para uma certa plenitude própria do homem (cf. 102ss).

No entanto, não podemos ignorar os perigos no guiar o poder do progresso (nas suas dimensões económica, técnica, científica e social), normalmente nas mãos de poucos oligarcas.

Tende-se a crer que “cada poder aquisitivo é simplesmente progresso, aumento de segurança, utilidade, bem-estar, força vital, de plenitude de valores” (R. Guardini), como se a realidade e o bem surgissem espontaneamente do mesmo poder e da tecnologia e da economia. A verdade é que «o homem moderno não foi educado para o reto uso do poder» (ib.)… cada época tende a desenvolver uma baixa auto-consciência de seus próprios limites … liberdade do homem adoece, quando se entrega às forças cegas do inconsciente, das necessidades imediatas, do egoísmo, da violência brutal; mas podemos afirmar que carece de uma ética sólida, uma cultura e uma espiritualidade que lhe ponham realmente um limite e o contenham dentro dum lucido domínio de si (105).

 

  1. Mas o problema fundamental é a globalização do paradigma tecnocrático. Se até ontem o progresso acompanhou a natureza, a humanidade hoje tomou a tecnologia e seu desenvolvimento, juntamente com um paradigma homogêneo e unidimensional. O problema não é a tecnologia em si, mas sim as consequências socio-antropologicas dos mesmos. Algumas decisões que parecem puramente instrumentais, na verdade, são escolhas relevantes para o tipo de vida social a ser desenvolvido. Desta forma, a capacidade de tomada de decisão, a liberdade autêntica e mais o espaço para a criatividade alternativa dos indivíduos são reduzidas. Estamos diante ”a um domínio, no sentido verdadeiro da palavra “(R. Guardini) (cr. 106ss).

Não se aprendeu a lição da crise financeira mundial (A finança sufoca a economia real) e, muito lentamente, se aprende a lição do deterioração ambiental” (109). A maximização do lucro não é suficiente. O mercado por si só não garante o desenvolvimento humano integral e inclusão social (B XVI , CV 35).

A especialização própria da tecnologia comporta grande dificuldade para se conseguir um olhar de conjunto, sobretudo os do meio ambiente e dos pobres, que não se podem enfrentar a partir duma única perspetiva nem de um único tipo de interesses. Uma ciência, que pretenda oferecer soluções para os grandes problemas, deveria necessariamente ter em conta tudo o que o conhecimento gerou nas outras áreas do saber, incluindo a filosofia e a ética social… Na realidade concreta que nos interpela, aparecem vários sintomas que mostram o erro, tais como a degradação ambiental, a ansiedade, a perda do sentido da vida e da convivência social. Assim se demonstra uma vez mais que «a realidade é superior à ideia” (EG 231)» (110).

O problema ecológico não é simplesmente uma questão de recursos técnicos, mas de uma nova cultura ecológica: um pensamento, um programa educacional, um estilo de vida e uma espiritualidade … A humanidade hoje mudou profundamente e a acumulação de novidades consagra uma transitoriedade que nos atrai para a superfície em uma única direção. Torna-se difícil de parar para recuperar a profundidade da vida … Ninguém quer voltar para as cavernas, mas precisa diminuir a marcha, à procura de sinais de liberação deste paradigma tecnocrático e ao mesmo tempo, recuperar os valores e grandes propósitos destruídos por um esagerado megalomaníaco (cf. 111 -114).

Perguntas:

O que è a tecnologia?

Que idéia você tem do “belo”, porque o Papa Francisco fala do belo?

O problema da gestão do poder não é um problema apenas de filme, é um problema que toca a todos nós: o que você acha?

O problema ecológico não é apenas um problema da poluição, é um problema da espiritualidade formada por uma ética sólida e uma cultura que realmente nos ensinar o senso do limite, do auto-controle para o bem comum.

Que estilo de vida você poderia começar a viver?

Quais pontos de referência para construir um estilo de vida renovado?

La radice umana della crisi ecologica. I

Scheda 4

L’attuale crisi trova le sue radici nel predominio tecnocratico attuale e nella concezione dell’uomo che da esso è derivato.

  1. «La tecnica esprime la tensione dell’animo umano verso il graduale superamento di certi condizionamenti materiali» (B XVI, CV, 69). La tecnoscienza, se bene orientata, è anche capace di produrre il bello. In tal modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana (cf. 102ss).

Tuttavia non possiamo ignorare i pericoli nel gestire il potere del progresso (nelle sue dimensioni economica, tecnica, scientifica e sociale), normalmente in mano a poche oligarchie.

Si tende a cedere che «ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale, di pienezza di valori» (R. Guardini), come se la realtà e il bene sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia. Il fatto è che «l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza» (Ib.) … ogni epoca tende a sviluppare una scarsa autocoscienza dei propri limiti… la libertà dell’uomo si ammala quando si consegna alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni immediati, dell’egoismo, della violenza brutale; … quando gli mancano un’etica solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé (105).

  1. Ma il problema fondamentale è la globalizzazione del paradigma tecnocratico. Se fino a ieri il progresso ha accompagnato la natura, oggi l’umanità ha assunto la tecnologia e il suo sviluppo insieme a un paradigma omogeneo e unidimensionale. Il problema non è la tecnologia in sé, bensì le conseguenze socioantropologiche che ne derivano. Certe scelte che sembrano puramente strumentali, in realtà sono scelte attinenti al tipo di vita sociale che si intende sviluppare. In questo modo la capacità di decisione, la libertà più autentica e lo spazio per la creatività alternativa degli individui sono ridotte. Siamo di fronte «a un dominio nel senso stretto della parola» (R. Guardini) (cr. 106ss).

«Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale (la finanza soffoca l’economia reale) e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale» (109). La massimizzazione del profitto non è sufficiente. Il mercato da solo non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale (B XVI, CV 35).

«La specializzazione della tecnologia non permette uno sguardo d’insieme e i problemi, specialmente dei più poveri, non si possono risolvere senza tenere conto delle diverse aree del sapere, comprese la filosofia e l’etica sociale… nella realtà concreta che ci interpella, appaiono diversi sintomi che mostrano l’errore, come il degrado ambientale, l’ansia, la perdita del senso della vita e del vivere insieme. Si dimostra così ancora una volta che la “realtà è superiore all’idea” (EG 231)» (110).

Il problema ecologico non è semplicemente una questione di rimedi tecnici, bensì di una nuova cultura ecologica: un pensiero, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità… L’umanità oggi si è modificata profondamente e l’accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie verso un’unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare le profondità della vita… Nessuno vuole tornare alle caverne, ma bisogna rallentare la marcia, guardare ai segni di liberazione di questo paradigma tecnocratico e la tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane (cf. 111-114).

Domande:

Cos’è per te la tecnologia?

Quale idea hai di “bello”, perché papa Francesco parla di bello?

Il problema della gestione del potere non è un problema solo da film, è un problema che tocca tutti noi: cosa ne pensi?

Il problema ecologico non è solo un problema di inquinamento, è un problema di spiritualità formata da un’etica solida e una cultura che realmente ci educhi al senso del limite, del dominio di sé per il bene comune.

Quale stile di vita potresti cominciare a vivere?

Quali punti di riferimento per costruire un rinnovato stile di vita?