Cosa ha spinto i calciatori a scommettere? Detta così sembra una domanda retorica ed inutile perché i calciatori hanno tutto: soldi, fama, donne… eppure come se non bastasse hanno voluto provare l’ebbrezza di scommettere. Penso però che il giocatore (in quanto giocatore d’azzardo) non vuole giocare d’azzardo per arricchirsi o perché ha bisogno di soldi facili, bensì perché vuole provare l’emozione di aver battuto il banco. Ovvero quella “persona” che non perde mai. O quasi. Si inizia a giocare da giovani, per noia, passatempo, capriccio e pian pianino, se non si è bravi a dosarsi, diventa una vera e propria ossessione. I ragazzini cominciano a giocare pochi spicci al videogame di un bar e le prime volte, magari, vincono. Successivamente, l’eccitazione della sfida e l’illusione di facili guadagni li spinge a continuare il gioco nelle ricevitorie o addirittura in siti online, rubando prima i dati sensibili ai genitori e poi iscrivendosi alle piattaforme. Una droga che ti prende il cervello e non ti lascia pensare ad altro. Ti rende ridicolo e cieco di vedere comportamenti bizzarri e alquanto superstiziosi. Non riesci a scindere i problemi della vita vera da quello che dovrebbe essere un gioco. È un problema che è in aumento e secondo me questo è dovuto al fatto che al giorno d’oggi i ragazzini vivendo nell’era digitale e avendo sempre in mano uno smartphone o un tablet crescono più in fretta, conoscono più cose e sono più sgamati.
In queste settimane si è parlato tanto, forse troppo, di Fagioli e Tonali che da calciatori hanno scommesso su partite di calcio. Ai professionisti non è negato il gioco d’azzardo purché sia legale, su piattaforme legali (per intenderci quelle che vediamo in tutte le pubblicità e/o sponsor di eventi) e non su eventi sportivi rientranti nelle federazioni quali FIGC, UEFA e FIFA. Inoltre, la grande differenza con il passato è che loro hanno scommesso, fino a quello che sappiamo oggi, solo per proprio interesse personale senza commettere eventuali illeciti sportivi e/o combinare partite. È una finezza particolare che però molti media non tengono a precisare tanto da far passare i due calciatori come coloro che si sono venduti le partite, come successo anni fa.
Detto ciò, cosa ha spinto due calciatori a scommettere ed essere definiti dai giornalisti ludopatici? Come riportato dalla Rai nell’intervista mandata in onda durante “Avanti Popolo” ai dirigenti del Piacenza calcio (squadra in cui sono cresciuti Fagioli e Tonali), gran parte del problema sta nei soldi. I calciatori guadagnano troppo fin da giovane. Infatti, se un calciatore guadagnasse 1.000 – 2.000 euro al mese, tolte le spese delle bollette e altro, non gli rimarrebbero molti soldi da investire in schedine e slot machines. Di certo, se anziché 1.000, la giovane promessa ha una busta paga 10 volte superiore la situazione si complica drasticamente e di conseguenza anche le eventuali, se non quasi certe, perdite che accumulandosi diventano debiti. Poi però c’è anche una sorta di abbandono. I giocatori nelle giovanili sono spesso soli, i loro compagni al di fuori del calcio hanno una vita normale e lo stesso vale per le ragazze che frequentano. Di conseguenza, non hanno modo di vivere una vita normale di un adolescente e questo può portare a stare in casa, su internet e scoprire siti illegali e non dove con poco ci si può registrare e scommettere. Bisognerebbe che questi ragazzi venissero educati dal principio, dai primi stipendi con l’aiuto di tecnici per capire come gestire i guadagni. Anche solo far capire loro che non tutti hanno quella possibilità economica, che, ad esempio, 10.000 euro è quasi metà stipendio annuale medio di una persona. In fin dei conti questi calciatori sono nel bene o nel male ignoranti del settore. Negli USA questa formazione c’è già da qualche anno. In NBA, infatti, girano cifre molto più grosse di quelle calcistiche italiane ed europee, tant’è vero che le squadre sono corse subito a investire nell’educazione finanziaria dei propri giocatori.
Forse, tra tutte le cose che prendiamo dall’America, questa potrebbe veramente salvare molte persone giovani e non solo.
Marco C. – Milano
calcio
QUANDO IN UN MONDIALE DI CALCIO NON CI SI INTERESSA DEL CALCIO
Il campionato mondiale di calcio 2022 sarà la ventiduesima edizione della massima competizione per le rappresentative di calcio maschili delle federazioni sportive affiliate alla FIFA. Il Mondiale si svolgerà in Qatar dal 20 novembre al 18 dicembre 2022 e fin da subito risaltano all’occhio le date anomale nelle quali si svolge il torneo. Seppur poco tradizionali, esse sono comprensibili per via delle temperature proibitive del Paese ospitante. Oltre a ciò, sarà l’ultima edizione con sole 32 nazionali partecipanti, ma verrà ricordata quasi sicuramente anche per essere la prima in quasi 100 anni di storia a disputarsi in uno Stato del Medio Oriente.
Nel 2010 la FIFA, attraverso le consuete elezioni, ha infatti scelto di premiare la candidatura qatariota rispetto ad altre più ricorrenti come quella americana, australiana o giapponese. Fin da subito, però, la scelta della sede del Mondiale ha destato non poche polemiche. In quei giorni, è stato raccontato successivamente, c’è stato un pranzo all’Eliseo che ha visto come ospiti l’allora Presidente francese Nicolas Sarkozy con i presidenti di FIFA, UEFA e il principe ereditario del Qatar, che sarebbe diventato poi emiro tre anni dopo. Da quel momento, la strada spianata per un Paese ricco che poteva economicamente offrire tanto ai partner europei si era spianata.
In una costante affermazione di soft power, l’assegnazione dei Mondiali 2022 è stata seguita dall’acquisizione del PSG e da altri investimenti dal valore di centinaia di milioni di euro, che, secondo alcuni, avrebbero portato la Francia prima e l’Occidente poi a chiudere un occhio su molti aspetti etici. Tra i più noti, i modi con i quali sarebbero state costruite le infrastrutture.
Nell’ultimo decennio il Paese ha conosciuto un boom edilizio: 7 stadi, hotel, grattacieli, tram, metropolitane, strade e addirittura un aeroporto, i quali sorgono in mezzo al nulla. In occasione della competizione calcistica si sono persino costruite città nuove. L’investimento per l’emirato guidato dal 2013 da Tamim bin Hamad al-Thani è stato enorme: 229 miliardi di dollari, 15 volte in più del budget utilizzato per finanziare i Mondiali in Russia nel 2018 (all’epoca record per una competizione calcistica).
Ma perché tutte queste polemiche? Durante questi anni, ci sono state svariate indagini condotte da giornalisti e organizzazioni (tra le più note la Human Rights Watch) che hanno denunciato le numerose violazioni dei diritti umani nei confronti dei lavoratori migranti da paesi africani e asiatici, i quali lavoravano in condizioni disumane cercando di rispettare le scadenze della road map che prevede, come già accennato precedentemente, la costruzione di un numero di strutture senza precedenti in un’area geografica che ne era completamente sprovvista.
Recentemente, in Germania, i tifosi del Bayern Monaco e del Borussia Dortmund hanno criticato all’unisono il Mondiale sottolineando come per la costruzione delle infrastrutture siano morte migliaia di persone. Lo striscione recitava proprio così “15000 morti per 5760 minuti” (15000 tote für 5760 minuten fussball scham buch). Oltre a questi decessi, purtroppo, ve ne sono altrettanti che non vengono contati per via di una poca trasparenza delle informazioni diffuse dalle autorità locali. Tutte le morti per infarto, eccesso di stress fisico, asfissia e patologie derivanti dal lavoro estenuante nei cantieri, ma non avvenute sul posto di lavoro, rientrano tra le morti naturali e di conseguenza non conteggiate. Oltre a ciò, in questa decade vi sono state anche diverse morti per suicidio o derivanti dalle condizioni igieniche e climatiche precarie; ricordiamo che la competizione viene giocata d’inverno proprio perché d’estate si raggiungono facilmente 50°.
Il disappunto non proviene soltanto dai tifosi, bensì anche la Danimarca, squadra partecipante al torneo, si è schierata al coro della gente comune attraverso l’ideazione e la presentazione di divise ad hoc per il torneo nelle quali lo stemma e lo sponsor tecnico non si vedono. Come se non bastasse, a pochi giorni dalla gara inaugurale, il Qatar è di nuovamente accusato per il mancato rispetto dei diritti civili. L’ambasciatore dei Mondiali 2022, l’ex calciatore qatariota Khalid Salman, nel corso di un’intervista all’emittente televisiva tedesca Zdf ha definito l’omosessualità “una malattia mentale”, suscitando lo sdegno del ministro degli Esteri tedesco. Il Qatar, infatti, non vuole che le persone omosessuali manifestino il proprio orientamento sessuale o il sostegno ai diritti LGBT. Salman ha continuato dicendo che le persone gay saranno accettate, ma dovranno rispettare le regole del Paese; quindi evitare di manifestare la propria omosessualità.
Da qualche giorno, infine, girano notizie riguardanti una possibile assunzione di lavoratori migranti da parte del Qatar per fingere di essere supporters delle nazionali che disputano la partita. Essa è una notizia uscita già qualche anno fa, quando si parlò anche del fatto che per la prima volta una nazione ospitante un evento pagava gruppi di tifosi per riempire gli stadi. L’obiettivo è infatti quello di simulare arene, negozi, aree urbane e sportive piene in modo tale da avere uno spettacolo televisivo migliore e da qui tutto l’indotto diretto e indiretto dei diritti tv ed eventuali nuove possibilità di ospitare futuri eventi sportivi come le Olimpiadi.
Insomma, che dire, questi Mondiali non sono ancora iniziati e già non si fa altro che parlarne. Sicuramente, sotto questo punto di vista, il Qatar ha già vinto in quanto ha creato un hype dietro a un evento mondiale che raramente si è in grado di riscuotere.
Marco C. – Milano