La festa di oggi, che la si chiami Ferragosto o dell’Assunta, ha diverse origini pagane e cristiane, senza nulla togliere all’una o all’altra radice.
Una festa è sempre una festa e questo è importante per il bene dell’uomo e della donna. Una festa serve per rigenerare il pensiero e l’anima e il corpo, per questo una festa quando è veramente una Festa è sempre religiosa, al di là che sia pagana o – nel nostro contesto – cristiana.
Forse che i cattolici hanno “imposto” questo evento della vita di Maria a questa festa di origine romane? O forse hanno semplicemente evidenziato il bisogno di luce e di bene che questa festa portava con sé e che il dogma dell’Assunzione non solo riecheggia, ma amplifica? Io credo di più a questa seconda versione, non perché cattolico, ma perché comunque la fede cristiana ha nel suo DNA la preoccupazione di esaltare il bisogno di luce, di vita, di eternità che ogni uomo porta con sé. In una società sempre più secolarizzata, cioè priva di riferimenti a Dio, dove per molti versi emerge il delirio di onnipotenza piuttosto che il bisogno di eternità è veramente importante recuperarne il senso. In una società dove spesso anche i cristiani sono più inclini all’intimismo piuttosto che alla testimonianza è importante recuperare il valore anche di questa festa.
Che Maria non debba subire la corruzione del corpo dopo la morte non è un manga (?), una burla o una boutade pubblicitaria è la risposta al bisogno di mistero e di senso che ogni uomo e donna hanno.
Se ci pensiamo bene facciamo di tutto per il nostro bene, per il bene del nostro corpo; se ci pensiamo bene facciamo di tutto per fermare il disfacimento del corpo fino a praticare l’eutanasia. La festa dell’Assunzione di Maria al cielo continua non solo il bisogno di bene che già l’Imperatore Augusto indisse con la Feriae Augustales, ma lo risolve affermando che il bene per eccellenza è quello dopo la morte. Ma non un bene del Dopo, bensì un bene che sollecita, sostiene, guida e coltiva il bene del qui e ora. Il cristiano non crede al Paradiso per fuggire dal terreno, bensì per credere meglio e di più nel presente.
«Quando Nietzsche si pone questioni sul senso di questa festa, scopre, indagando l’incantesimo del dionisiaco, che in essa si celebra la riconciliazione tra la natura e il suo figlio perduto, l’uomo. Scrive ne La nascita della tragedia che diventa il tempo in cui si coglie la luce della dimensione aurorale del mondo, che si rinnova in virtù dell’incantamento della forza di liberazione che lo percorre» (IlSole24ore, 15 08 2021, III).
Nella storia semplice e fantastica di questa piccola e sconosciuta donna semita (meglio di qualsiasi anima giapponese) troviamo la risposta a quel bisogno della luce aurorale del mondo di incontrare l’uomo. In Maria però non c’è solo una eccelsa filosofia, bensì la storia concreta del Mistero di Dio che incontra e abbraccia il mistero dell’Uomo e della Donna.
A noi volontari zaccariani è chiesto di essere ancora più consapevoli del senso di tale festa dell’Assunzione di Maria al Cielo, non solo per recitare qualche Ave Maria in più (che fa sempre bene come direbbe il nostro SAMZ) bensì per testimoniare la vita di Dio tra la vita degli uomini.
Specialmente dopo che il recente Capitolo della neoprovincia Italiana ha riconosciuto e incentivato la nostra BarnabitiAPS abbiamo realmente bisogno di ri-conoscere e qualificare la nostra vocazione umana e cristiana.
Come Maria con la sua vita ha permesso alla vita di Dio di entrare nella vita degli uomini e delle donne, così a ognuno di noi è chiesto di continuare a coltivare questo mistero della Vita. Non è delirio di onnipotenza niciana, è risposta alla vocazione cristiana.
corpo
Favola, sogno, gioco o realtà?
Favola, sogno, gioco o realtà?
Questa la domanda del Natale 2017.
Potrebbe essere una favola tra le tante, ben confezionata; abbiamo sempre bisogno di favole che ci portino per un poco fuori dalla realtà per riprendere a vivere bene l’ogni giorno.
Potrebbe essere un sogno che il nostro inconscio produce per denunciare qualche lontano e nascosto bisogno di umanità che la vita di ogni persona porta con sé.
Potrebbe essere un gioco, a basso costo per distrarci un poco, anche se non si vince nulla.
E se invece fosse realtà?
La realtà di un uomo e una donna costretti a cercare un rifugio per ripararsi; piegati dal freddo di una grotta per partorire il proprio figlio; condannati poi a fuggire in Egitto a causa dell’egoismo dei potenti e degli uomini. Ieri come … oggi!
È la realtà di un Dio che sceglie ciò che è fragile e debole per rivelarsi.
È la realtà di un Dio che sceglie il corpo di una donna e la cura di un uomo per rivelarsi nel corpo di un bambino.
È la realtà di un Dio che sceglie un corpo come il mio, come il vostro, come quello di tanti poveri per rivelarsi.
Forse non ci pensiamo abbastanza, perché è più bello evidenziare la favola: le stelle, il freddo, i pastori, il bue e l’asinello; ma Dio sceglie un corpo: «caro cardis salutis»!
La carne è il cardine della salvezza!
Abbiamo ancora un concetto di salvezza troppo spiritualistico. Mentre Dio ha un modo di pensare «più terreno» di quanto noi vorremmo permettergli. Forse perché una carne, un corpo ci interpella troppo su quanto poco apprezziamo noi stessi e la nostra terra.
Certo noi oggi amiamo molto il nostro corpo, ma solo il nostro; il nostro pezzetto di terra, ma solo il nostro; chiusi in noi stessi, nei nostri sogni e nelle nostre favole e proprio per questo ci sentiamo più che mai dolorosamente separati da tutto ciò che è grande e definitivo, dall’esperienza salvifica?
Eppure Dio ha scelto un corpo e un pezzo di terra per rivelarsi proprio per affermare la dignità di ogni corpo, con i suoi piaceri, con i suoi dolori, con le sue angosce e le sue speranze.
Eppure Dio ha scelto un pezzo di terra per rivelarsi, con la sua bellezza, con i suoi drammi, con i suoi deserti e relativi muri, con le sue discariche e i suoi giardini proprio per affermare il valore della terra intera, per dire che è proprietà Sua quindi di tutti e non di questo o di quel potente.
Per me il Natale è realtà che chiede a tutti noi credenti di portarla a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, vicini e lontani.
Per me il Natale è realtà perché – diceva papa Francesco alla Curia – «ricorda che una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci». Anche perché «una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede», che si può realizzare pienamente solo «quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore».
Per me il Natale è realtà perché Dio ha scelto di incarnarsi in un corpo e in un pezzo di terra 2000 anni fa e oggi sceglie la mangiatoia del cuore di ognuno di noi riscaldandola col soffio del suo Spirito perché ognuno di noi possa scaldare il cuore di ogni uomo e donna che Dio ama.
Per me il Natale è realtà perché Dio condivide la sua carne divina con la nostra carne umana affinché condividiamo la nostra carne divinizzata con tutta la terra e tutti gli uomini che Dio ama.
Santo Natale a tutti voi!
pJgiannic