Solo un pazzo non va mia in crisi

«Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi.» scrive Daniele Mencarelli nel suo romanzo Tutto chiede salvezza.

La parola “crisi” sembra andata in disuso nelle nuove generazioni, mentre nei miei 14/19 anni era un refrain continuo, era l’impulso per continuare a crescere. Forse che oggi gli adolescenti crescono senza crisi oppure vivono una crisi perenne per cui non si accorgono più di essere in crisi?
Di questo vogliamo ragionare prossimamente, intanto cominciate a leggere alcune prime sollecitazioni.

La crisi era un ritornello degli adolescenti di una volta? Il fatto che fosse un ritornello, che fosse presente fino a qualche anno fa, ma che tuttora non viene più nominata, o perché non viene più vissuta, o perché è sempre presente. Ma che non sia più vissuta è impensabile, chi è che non ha mai avuto una crisi durante la propria adolescenza? Allora forse dovremmo riscoprire questa parola, accorgerci quando viene una persona sta soffrendo e porgere loro una mano. (Giulia P., 17, Firenze)
Non capisco perché si dica che gli adolescenti di oggi non vivono una crisi, mi sembra che anzi i giovani di oggi specialmente in questo ultimo anno e mezzo siano stati messi parecchio alla prova.
Quindi non direi che i giovani non vivano un momento di crisi anzi, altrimenti non ci sarebbero tutti i casi di violenza e risse e pestaggi e gente che si ribella alla polizia. (Giulia C. 18, Firenze)
Conoscendo molti ragazzi, nessuno parla dei suoi problemi o di cose negative, tutti parlano solo di cose belle, di quello che possiedono, o di quello che vorrebbero, ma nessuno ti dirà mai, “ehi, oggi sto male per questo motivo”, anche perché tutti i ragazzi di oggi non se ne fregano proprio delle persone, e non vogliono prendersi i problemi degli altri, cercano sempre di evitare il peggio, perché vogliono vivere senza pensieri e vivere da egoisti soprattutto. La parola crisi, tra noi giovani non si usa, nonostante ognuno dentro di sé ne ha una, ma ripeto cercano sempre di non parlarne, perché si sentono giudicati o inferiori ad altre persone, perché purtroppo viviamo in un epoca oggi, che se dici una cosa, vieni criticato immediatamente se è bella o brutta, tutti hanno qualcosa da dire… e molte persone avendo crisi interne invece di sfogarsi con delle persone, si rifugiano in droghe e altro, dove si rinchiudono in casa sprecando la loro vita, senza avere una vita sociale all’esterno, e dove loro pensano di essere forti fuori, ma sono deboli dentro. I giovani di oggi la crisi la scansano perché non sanno affrontarla e hanno paura delle conseguenze, e si riversano sulle cose materiali pur di compensare il loro vuoto interno, che non colmeranno mai…
Fortunatamente al mio fianco ho degli amici di cui mi fido al 101% e ogni mio problema anche il più scemo lo racconto sempre e anche se qualcuno mi giudica, per come sono o per le cose che faccio, non mi interessa perché la vita è mia e faccio quello che voglio! (Luigi A. 20, Napoli).
La parola crisi porta con sé un altro termine che spesso emerge nelle nostre vite: dolore. Non è facile affrontare il dolore, è vero però che per non lasciarci schiacciare dal dolore è necessario sempre ricercare qualcosa di bello, qualcosa che possa “alzare l’asticella del vero” in modo da accorgersi che la bellezza risiede ovunque, anche nel più tenebroso periodo, e che prima o poi ci si rialzerà. (Giulia P. 17, Firenze).

Ciò che può cambiarci

Cari amici, ritengo utili riportare questo breve scritto di Aldo Nove, pubblicato su Avvenire, domenica 7 giugno 2020, perché ci illumina un poco sul nostro rapporto con gli adolescenti.

La maggior parte delle persone che perdono la fede lo fanno in quel difficilissimo periodo detto “dell’età evolutiva” o, più semplicemente, “adolescenza”. Il Paradiso (o l’Inferno) dell’infanzia termina con un’estrema turbolenza in cui alla mutazione del corpo corrisponde, lo sappiamo tutti, una serie di esperimenti di orientamenti “autonomi” sanamente rispondenti all’affermazione di un “io” adulto ma ancora del tutto in formazione, davvero perfettamente ritratto da Collodi nelle avventure del suo burattino (che è un ragazzo, non un bambino) in virtù del suo libero arbitrio e ragionamenti e affezioni che gli siano proprie, il tutto di fronte al prospettarsi del fardello delle responsabilità a cui va incontro. Allora tutto viene messo in discussione. Messo in discussione non vuole dire essere negato, ma posto alla prova dei fatti. Un semplice fatto personale: da bambino, in qualità di capo-chierichetto del paese, andavo a messa tutti i giorni. Da solo. Poi, la domenica, con i miei genitori che, seppi dopo stanchi e malati, smisero di frequentare la messa domenicale. Chiesi loro perché avevano smesso. Non mi risposero e mi dissero “Vacci tu!”. Così smisi di andarci. Per anni. L’adolescenza è un periodo delicatissimo. Un gesto, una parola, possono cambiare le nostri sorti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

La crisi dell’Europa e san Benedetto

Crisi è la parola che più ricorre pensando all’Europa oggi.

Crisi significa anche opportunità, opportunità di guardare oltre le macerie e le fatiche.

Oggi 11 luglio 2016 la Chiesa celebra San Benedetto da Norcia, patriarca del monachesimo occidentale ma anche Patrono principale dell’Europa.

Ricordare san Benedetto significa accendergli una candela perché il suo percorso religioso possa continuare a illuminare la nostra storia. La vera devozione infatti è quella di saper discernere quegli insegnamenti dettati da un’epoca perché la trascendano e possano guidare l’oggi.

Benedetto ha vissuto il travaglio della caduta dell’impero romano, della sua politica, della sua cultura e, con il suo ora et labora ha aiutato quell’epoca a traghettare verso il domani in molti dei suoi ambiti: politico, culturale, religioso, sociale.

Con Spirito illuminato papa Paolo VI scelse quest’uomo come patrono principale del nostro continente quando i traumi delle grandi guerre del secolo scorso cominciavano ad allontanarsi, ma non ancora a spegnersi come dimostrerà la storia successiva.

I momenti di crisi, causata dal corso della Storia ovvero dalla miopia egoistica dei popoli, come nella situazione attuale, accadono e distruggono. In queste crisi può accadere anche la possibilità di affrontare con sapienza e speranza il futuro.

Benedetto ci indica la possibilità di ridare un’anima e un valore alle cose che viene loro dall’azione dello s(S)pirito che aleggia continuamente sull’universo desideroso sempre di piste sulle quali “atterrare”!

Una di queste piste è sicuramente quella di ritornare ai Padri dell’Europa e al loro progetto non solo ideale o meramente economico di Unione Europea.

C’è bisogno di recuperare una paternità se vogliamo capire la strada da percorre per affrontare le molte inadempienze dei politici, le preoccupazioni spesso egoistiche di molti cittadini, le sfide della globalizzazione i sogni e la vita delle nuove generazioni.

Alla base dell’attuale Unione Europea prima ancora di questioni economiche nella mens dei Padri Fondatori, K. Adenauer, R. Schumann e A. De Gasperi c’è stata una idea di persona e di persone chiamate a vivere insieme. Una vita comune animata dalle anime greco-latina, giudeo-cristiana e germanica. Un incontro di popoli con identità diverse quindi con necessari cammini diversificati nei tempi, nelle possibilità di nuove tappe, ma anche di passi indietro. Di queste persone che hanno combattuto per un’Europa di popoli bisogna essere fieri ancora oggi. Come affermava il cardinale di Westminster, deciso sostenitore del “remain”: «We need to grasp again our basic sense of purpose» (Dobbiamo di nuovo cogliere il senso di fondo del nostro scopo).

Accendendo una candela a san Benedetto dobbiamo imparare – come scrive nella sua regola – a cingere i nostri fianchi con la fede e le buone opere per poter un domani abitare nei padiglioni del suo regno.

Ma la prima opera è proprio quella di studiare il passato, capire il presente e costruire il futuro se vogliamo cogliere l’opportunità di questa crisi.

 

Giannicola M. Simone