Le fatiche del femminismo cristiano

Gli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo furono anni di grande cambiamento e fermento, in cui movimenti culturali e femministi iniziarono a reclamare a gran voce il riconoscimento dei diritti per le donne.
Oltre ai noti movimenti suffragisti inglesi e americani, ne esistevano diversi anche in Italia, portati avanti da studiose, filosofe e giornaliste. In molti casi, si trattò di associazioni definite di “femminismo cristiano”: le affiliate, infatti, aspiravano ad unire temi di denuncia sociale a principi e valori di ispirazione evangelica.
Tra le madri fondatrici di tali movimenti, vi fu Adelaide Coari, maestra cattolica che proponeva la costruzione di un programma minimo femminista, sulla scia delle rivendicazioni Socialiste di inizio secolo.
Tra le figure più importanti troviamo Elisa Salerno. Nata e vissuta a Vicenza, si interessò in particolare allo studio e alla denuncia delle condizioni operaie delle lavoratrici e dei lavoratori veneti. Formatasi da autodidatta, imparando il latino, il francese e il tedesco, la filosofia e la teologia, impiegò tali conoscenze per fondare, all’inizio del ‘900, il suo giornale dal titolo “La donna e il Lavoro”.
All’interno dell’editoriale, l’attenzione è posta in particolare su studi, ricerche e interviste alle donne della classe operaia vicentina, mettendo in luce, nel dettaglio, aspetti quali il divario salariale fra uomini e donne, le precarie e insalubri condizioni di lavoro, le continue sopraffazioni morali e sessuali a cui venivano sottoposte. L’idea di fondo di tale ricerca era che, oltre alla giusta battaglia sindacale e sociale, fosse soprattutto necessario una battaglia culturale e ideale, che partisse dall’istruzione, nel tentativo di avviare un radicale cambiamento ideologico.
In tale contesto, Salerno accusò pubblicamente la Chiesa e le sue istituzioni, che nonostante professassero la necessità di difendere e proteggere i deboli e gli ultimi, di fatto perpetravano la situazione di subalternità delle donne, a causa di un intrinseco antifemminismo nella patristica e nella scolastica.
Per tali coraggiose affermazioni, la studiosa fu prima condannata dalla Chiesa Locale, poi dalle Curia Romana e infine fu scomunicata, nel 1927, anno in cui interruppe definitivamente la sua produzione editoriale.
Giulia C. – Firenze

Le donne

Evviva le donne, verrebbe da scrivere commentando le letture di oggi, 4 domenica di Avvento.
Si perché anche se la Chiesa non sempre è stata “femminista” il vangelo, e non solo quello di oggi, è assolutamente femminile!
Dio non ha scelto di rivelarsi in modo extranaturale, ha scelto il semplice corpo di una donna qualunque di un paese qualunque.
Ma la assoluta normalità di Maria non le ha vietato di ragionare e scegliere come rispondere alla proposta di Dio. Le paure e le preoccupazioni di Zaccaria, marito dell’altra donna del Vangelo, Elisabetta e di Giuseppe non fanno parte del vigore e della determinazione di Maria.
Maria, in questo racconto, è forse la vera icona del vero cristiano; nel vangelo di oggi leggiamo infatti il modello del cristiano.
Maria p colei che per prima riceve il dono dello Spirito santo in modo definitivo da qui ne consegue il suo “alzarsi” e “correre” verso la cugina Elisabetta.
Il verbo alzare è lo stesso verbo usato per indicare la risurrezione di Cristo: colei e colui che ricevono lo Spirito santo sono rialzati dalla sua forza a una vita nuova! E, come i discepoli all’incontro con il risorto, si comincia a correre ad annunciare a tutti la bella notizia. Il nostro caro SAMZ direbbe di “correre come matti verso Dio e verso il prossimo!”.
Dove trova Maria la forza per tale corsa? Nell’azione dello Spirito santo che non solo dona vita addirittura “contamina” Elisabetta, ignara di tutto, facendole sussultare il grembo.
L’azione dello Spirito santo dona vita, dona forza per correre, e contagia quanti incontra.
La comunità cristiana di Luca che aveva fatto esperienza di Pentecoste, pone Maria come prototipo, come modello dell’azione dello Spirito santo; lei che si ritroverà nel Cenacolo a pregare con i discepoli aveva già fatto esperienza dell’azione dello Spirito nel suo corpo, vero e primo cenacolo.
Attendere Gesù che viene significa perciò attendere, voler sperimentare la dolce potente azione dello Spirito santo perché, nonostante il nostro peccato, fecondi i nostri corpi per renderli portatori di Cristo, per insegnare loro a correre verso Dio e verso il prossimo, per farli capaci di contagiare tutti coloro che il Signore pone sulle nostre strade.
Solo così saremo degni di poter recitare la preghiera dell’Ave Maria e cantare con lei: Magnifica il Signore l’anima mia…