Ora una pagina nuova si apre.
La COP non è la bacchetta magica per risolvere i problemi del clima nel mondo, ma la pista di lancio per tracciare le strade su cui lavorare per il miglioramento del nostro Creato. Nonostante e forse proprio a causa degli esiti non attesi di questa COP30 (La Cina ha bloccato la road-map per le tempistiche della riduzione dei carboni fossili e con le anche gli stati arabi: quella che sembrava finalmente una possibilità 10 anni dopo Parigi, a meno di colpi di scena, sfuma!) ora, più che nelle altre edizioni, è necessario non solo divulgare, ma formare le coscienze.
La nostra mostra fotografica Esta è a floresta è stata apprezzata non solo per le foto presentate, ma specialmente per il coinvolgimento delle persone a diversi livelli dall’Italia a Benvides. Il grande lavoro svolto da BarnabitiAPS fino a questa COP30 non può essere nascosto in una cantina, è necessario che porti frutto. Sarà un lavoro “concreto-materiale” la prossima estate, ma anche uno “concreto-culturale” da giocare insieme, in Italia, in Brasile, tra i Barnabiti.
Qui scatta la sfida più grande ancora di quella appena passata: investire in cultura.
Come hanno ricordato martedì mattina il vescovo di Belem, Paulo, e il nostro amico prof. Tito dell’Università Cattolica, ora bisogna far passare i contenuti raggiunti, le idee approfondite in queste due settimane perché diventino realtà. Parafrasando il dato della fede cristiana è necessaria una “incarnazione” delle riflessioni sull’ambiente. È necessario far capire che la spiritualità, anche quella delle liturgie, non può restare su un altare, ma deve entrare nella vita dell’umanità, specialmente la più povera e dimenticata.
Qui c’è un primo zoccolo duro da affrontare anche tra noi cristiani: la questione ecologica non è tema marginale o di moda, bensì una questione di economia della salvezza. L’uomo si salva con l’ambiente o non si salva. L’ambiente è la casa dove l’uomo e la donna sono stati posti per poter crescere insieme. Non parliamo solo di ambiente, ma di ecologia integrale, del creato nella sua complessa totalità.
Quando San Paolo afferma che tutto è stato ricapitolato in Cristo intende proprio tutto. E se si dimentica o privilegia solo una parte di questo tutto, si è mancanti verso Cristo, si è nel peccato. Il lavoro da operare ora è proprio quello di rielaborare il nostro approccio culturale alla fede e alla vita quotidiana.
Il lavoro è comprendere che non si può pregare senza che la preghiera diventi lievito nelle diverse realtà in cui si è chiamati a vivere.
Il lavoro è comprendere che non si può vivere senza una radice spirituale forte, profetica direi, che sostenga e guidi la vita ordinaria.
Il lavoro è capire che il Vangelo chiede di essere testimoniato specialmente tra, per e con i poveri, ma questa testimonianza non è semplicemente una elemosina ai poveri, bensì una rielaborazione del nostro rapporto con i poveri così come Gesù ci ha insegnato ma che per molto tempo non siamo stati capaci di mettere in pratica.
Il lavoro da fare, parafrasando quanto scrive un “mio ragazzo”, è smettere di continuare a scrollare uno smartphone pensando sia la realtà, per guardare invece la realtà e costruire un progetto grande. Perché il futuro non arriva da solo, arriva quando smettiamo di scrollare e cominciamo a muoverci.
p. Giannicola M.
ecologia integrale
La radice umana della crisi ecologica
Nel terzo capitolo dell’enciclica Laudato sì, che stiamo rileggendo con voi, la riflessione di Papa Francesco si concentra sulle radici umane della crisi ecologica su un’analisi del paradigma tecnocratico dominante.
La riflessione inizia con un elogio dei progressi tecnologici e scientifici, che sono in grado di produrre “cose preziose”, trovando rimedi per i mali che affliggono l’essere umano e aiutandolo a compiere un salto nel mondo della bellezza. La tecnica infatti esprime la tensione dell’uomo verso il graduale superamento dei suoi limiti materiali.
Allo stesso tempo, però, le nostre acquisizioni scientifiche e tecnologiche offrono un enorme potere a coloro che detengono le conoscenze e le risorse economiche per sfruttare la conoscenza che nel corso della storia l’essere umano ha acquisito, i quali possono sfruttare tale conoscenza come forma di dominio sul resto del mondo. A questo proposito vengono citate le bombe atomiche e gli strumenti via via più tecnologicamente avanzati che vengono sempre più usati in guerra.
Il grande problema, afferma Papa Francesco, è che l’uomo moderno “non è sato educato al retto uso della potenza”, poiché la crescita e lo sviluppo tecnologico non sono stati accompagnati da un necessario sviluppo morale, di valori e di coscienza, ma anzi l’uomo si trova a vivere in un’epoca in cui le pretese principali sono di utilità e sicurezza (Laudato Sì, cap. 3.I).
Le cause di tale processo sono da rintracciare nel paradigma tecnocratico che è stato adottato dall’uomo nella sua interazione con la tecnologia, nel quale il soggetto non si trova più ad assecondare e accompagnare le possibilità offerte dalle cose stesse, ma è teso a comprendere progressivamente per poi possedere l’oggetto che si trova all’esterno, per estrarre tutto quanto è possibile dalle cose.
Questo paradigma tecnocratico, così diffuso e omnicomprensivo da portare l’uomo a avanzare pretese di dominio sulla natura, si applica non solo alla tecnica in senso stretto ma anche all’economia e alla politica, sottoposte alle logiche utilitaristiche del profitto. L’economia, infatti, assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza considerare eventuali conseguenze negative per l’essere umano, soffocata dalla logica della finanza internazionale. Papa Francesco sottolinea come la logica economica dominante, tutta improntata al profitto e alla crescita del mercato, non considera a sufficienza fattori di sviluppo umano e di integrazione sociale, portando a quello che viene definito un “supersviluppo umano dissipatore e consumistico che contrasta con perduranti situazioni di miseria disumanizzante” (Laudato Sì, cap. 3, II).
A questo si ricollega una riflessione generale sulla specializzazione economica, che porta a frammentazione, atomizzazione e mancanza di uno sguardo di insieme che si soffermi sulle relazioni fra le cose. Questa visione così frammentata sarebbe una delle cause alla base della difficoltà di risolvere problemi così complessi come la crisi climatica e la povertà, questioni indissolubilmente interconnesse ma che richiederebbero uno sguardo di insieme più ampio.
Per questo quindi la cultura ecologica si dovrebbe porre agli antipodi rispetto a questa visione frammentata e proporsi come uno sguardo diverso, un pensiero, una politica e un programma educativo alla base di uno stile di vita nuovo. Quindi ciò che è necessario è che l’uomo agisca non come sottomesso al paradigma tecnocratico, ma metta la tecnica al servizio degli altri con un tipo di progresso sano, umano, sociale e integrale.
Tale ecologia integrale deve avere come fondamento il valore fondamentale del lavoro. L’intervento umano che favorisce lo sviluppo del creato, infatti, è il modo più adeguato per prendersi cura del creato stesso ed è quindi il modo con cui l’uomo si pone a strumento di Dio. È pertanto necessario recuperare una corretta concezione del lavoro, poiché in esso si esplica il fulcro dell’interrogativo circa il senso e la finalità dell’azione umana sulla realtà. Il lavoro dovrebbe essere l’ambito in cui avviene il multiforme sviluppo personale dell’essere umano, mettendo in gioco la propria creatività, le proprie capacità, l’esercizio di valori, la relazione con gli altri. Tuttavia, le crisi economiche e la perdita di posti di lavoro intaccano questo processo di maturazione, di sviluppo e di realizzazione, oltre che causare ulteriori danni economici.
La riflessione di Papa Francesco, infine, si conclude con un breve accenno alle questioni etiche sollevate dalla questione degli OGM e degli interventi umani a modificare il mondo vegetale e animale, affermando che secondo la Chiesa, le sperimentazioni in tali campi sono legittime solo se si mantengano in limiti ragionevoli e contribuiscano a salvare vite umane, e che on ogni caso è contrario alla dignità umana infliggere sofferenze sugli animali e non rispettare l’integrità della creazione. In ogni caso, è sempre necessario considerare gli impatti sociali che tali interventi hanno in zone del pianeta già fragili, a vocazione agricola, in cui tali colture finiscono nelle mani di grandi produttori, determinando perdite di lavoro, migrazioni, povertà e perdita di diversità. (continua)
Giulia C. – Firenze
In viaggio verso Belém do Parà
Belem non è solo la meta di questo mio viaggio, Belem, la porta dell’Amazzonia, è la città scelta per ospitare nel novembre 2025 la COP30 (conferenza delle parti organizzata dall’ONU riguardo i problemi del clima).
Che c’entro io con la COP30?
Che c’entrano i Barnabiti?
Non sono forse io un cittadino di questo mondo?
Non sono forse i Barnabiti chiamati a servire questo mondo, a riconoscerne i gemiti e i dolori, a portare speranza e giustizia?
La questione climatica non è solo ideologia o moda del momento: per un credente è prendersi cura del creato in cui Dio ci ha posti. L’ecologia riguarda il clima e l’ambiente ma prima di tutto l’uomo in sé, il modo in cui l’uomo e la donna si ri-conoscono oltre o prima di ri-conoscere l’ambiente.
A Belem i Barnabiti sono presenti da 110 anni, chi più di loro sperimenta i cambiamenti climatici e le conseguenze sulla natura e sugli uomini e le donne?
Chi più di loro può aiutarci a costruire dei percorsi di verità e giustizia?
A senso che un semplice e sconosciuto uomo vada a disturbarli dall’Italia?
Siamo cittadini di questo mondo, responsabili dei danni operati e delle soluzioni da offrire e costruire.
Lo dobbiamo prima di tutto ai giovani e bambini con cui lavoriamo, se non vogliamo essere ipocriti.
Lo dobbiamo alla Verità. Lo dobbiamo a Dio!
Forse i nostri giovani potranno intervenire direttamente alla COP30, ma non è questa la meta finale.
Belem non è solo la meta del mio viaggio, Belem è l’occasione per sollecitare noi Barnabiti a una rinnovata pastorale per una ecologia integrale.
Giannicola M. prete
29 gennaio 2024

