Amazon e l’Escatologia

Escatologia non c’entra con le scatole che Amazon o affini ci consegnano in misura esponenzialmente maggiore avendoci tolto il gusto di incontrare il commesso/a di un qualunque negozio; certo c’è il fattorino che deve correre e non si ha nemmeno il tempo di salutare anche se qualcuno ha imparato a riconoscere il nostro indirizzo e gentilmente sa a quale ora arrivare o dove consegnare in nostra assenza. Sicuramente però l’escatologia di Amazon ci fa risparmiare soldi seppure dovremmo domandarci se a scapito di chi o cosa. Ma qui si apre un altro discorso che forse però non è troppo lontano dall’escatologia quella con la E maiuscola.
I giornali di questi ultimi giorni, dopo i faticosi ma positivi accordi di Brussel e forse la possibilità dell’Europa di aprirsi a nuove prospettive, hanno ripreso a parlare del male che si vede e del bene che non si vede e non solo dei Carabinieri (di alcuni Carabinieri) e non solo di ragazzini e giovani italiani o adulti stranieri o papà che uccidono le mogli (rigorosamente italiani) e degli USA e…
Sembra che la pandemia e le chiusure che abbiamo dovuto vivere e/o subire abbiano compresso e poi sprigionato una violenza inusitata.
Un cristiano, un cristiano vero, non uno di quelli tiepidi, cosa dovrebbe pensare e dire e vivere?
Un cristiano dovrebbe vivere di più di Escatologia, cioè testimoniare con la propria vita che non si vive di solo oggi, ma di realtà ultime.
Il cristiano per quanto viva nell’oggi non vive solo dell’oggi, detto in altro modo, per quanto un cristiano viva delle e-scatole di Amazon, però non vive solo di quelle, non diventa un promoter di Amazon ma deve essere un promoter delle “cose ultime”. Le “cose ultime” sono la vita nuova, cioè la vita stessa di Dio in noi, che il Battesimo ha innestato nella nostra esistenza per non arrivare impreparati a quel giorno dopo il nostro ultimo giorno.
La violenza vecchia, solita, ma per molti versi nuova che ha ripreso a “disarmare” il mondo si può vincere solo con l’Escatologia, cioè quel modo di vivere proprio del cristiano che sa sempre trovare cose nuove per cui abbandonare tutto il resto, che sa sempre cercare la perla preziosa per la quale vendere ciò che ha minor valore così da ottenere il massimo rendimento non in borsa, ma nella vita.
E quando trova ciò che cerca esplode nella gioia; non la gioia dopo aver fumato una canna, ma la gioia del senso delle cose ritrovato; la gioia che la vita con Dio non riguarda solo il giorno dopo il nostro ultimo giorno ma il giorno ogni giorno in cui sappiamo godere del bene fatto e ricevuto per donare bene costi quello che costi.
È chiaro perciò che la gioia escatologica non è acquistabile su Amazon ma dalla consapevolezza che Dio è in te e con te, che il suo sorriso diventa il tuo sorriso, che il suo Amore diventa il tuo Amore, che il tuo Amore diventa Amore per gli altri.
Qualche giorno fa Ekaterina A., nata l’1 gennaio 2020 si è tolta la vita. Ha ricevuto premi e riconoscimenti mondiali per la sua carriera di pattinatrice ma quelli che cercava, che voleva trovare era solo “Amore”. Questa sola parola il suo messaggio di saluto.
Di fronte a tutto ciò il cristiano non deve arrendersi, non deve essere semplicemente ottimista ma pieno di speranza (not optimist, but hopeful) come canta nella sua ultima bella canzone Will Butler: surrender!
L’Escatologia è quella speranza dell’Amore che non puoi comprare su Amazon ma che puoi cercare e trovare sotto il tappeto di casa tua, la tua coscienza, là dove Dio e l’uomo si parlano come tra amici.

Giannicola Maria Simone

Le sedie

Oggi il vangelo ci parla di sedie.

La sedia è un oggetto importante nella storia degli uomini, forse oggi importantissimo perché dobbiamo passare molto tempo seduti. Non è facile progettare e costruire una sedia. La sedia fa parte di noi ma designa anche il ruolo sociale… c’è il trono di Dio, i troni degli apostoli… chissà come sarà la nostra sedia in paradiso a meno che non mangeremo in piedi…

Ma oggi siamo ancora preoccupati del posto che dovremo occupare “di là”? noi così materialisti, così preoccupati del “di qua”? così attenti alla scienza che risolverà tutto, dimentichi che poi si apriranno nuovi varchi, nuove prospettive e forse nuove ansie? La scienza è importante e necessaria ma parla con i numeri, non usa le parole di cui l’uomo ha bisogno per capire, per tentare di capire.

Gesù non usa solo i numeri, sa che deve parlare ai suoi discepoli.
Il discorso del vangelo di oggi segue la denuncia dell’imminente tradimento ecco perché i discepoli sono preoccupati, non capiscono. Gesù sapeva che dopo 3 giorni sarebbe risorto, ma non usa la “scienza matematica” per sostenere la risurrezione, usa le parole della fede; Gesù ha fiducia nei discepoli, ha fiducia nel Padre suo e loro e nostro.

Questo discorso è il discorso dell’addio; ma addio non significa “non ci vediamo più”, bensì ad Deum, verso Dio, verso l’avvenire. Con l’ad-Dio l’avvenire, proprio e degli altri, è posto in Dio. Gesù, che ha sempre vissuto le sue relazioni nell’ad-Dio, cioè davanti a Dio e per Dio, vi pone anche il suo avvenire.
Forse ci sembra un po’ difficile ma è bello sapere che c’è un avvenire fatto non di certezze numeriche ma di parole e gesti e opere di amore.

Come è drammatico sapere che in casa mia, che nella mia vita una sedia magari rimane vuota (e quante ne sono rimaste vuote in questi mesi), però è consolante, è bello, è vero sapere che ci sarà sempre una sedia, un posto con Gesù e la schiera dei santi.
Questa consolazione non nasce da ignoranza, ma dal sapere che prima di noi Gesù ha vissuto la sua vita sempre con ad Deum, con il Padre e per questo può raccontarlo a tutti noi, anche ai più inadatti e ignoranti e lontani da lui.

L’imprevedibile allora non è una pandemia che la scienza non si aspettava, ma che Dio si è fatto Padre nel Figlio che ci racconta con la sua vita e con le sue parole questa vita nuova a cui siamo chiamati. L’addio, l’ad Deum allora non è soltanto un pensiero per la sedia, il posto che occuperemo domani, ma la sicurezza che questa sedia, questo posto dove stare è già qui nella nostra casa, nelle nostre chiese.

Ecco l’Opera di Dio, che la prima e seconda lettura ci spiegano più dettagliatamente: edificare un posto dove sederci tra noi per discutere tra me e Dio e qual è questo posto?
La coscienza di ognuno di noi!
Abbiamo due belle sedie nella nostra coscienza per imparare a stare con Dio?

Tra poco riprenderemo a celebrare insieme e ne siamo contenti, ma in questo tempo di clausura abbiamo qualificato il nostro stare con Dio, il nostro riconoscerlo presente comunque tra di noi? Perché altrimenti siamo dei feticisti? Siamo degli insani abitudinari, non degli amanti sani!
Ecco l’opera grande che Dio vuole compiere con noi: che crediamo in lui, perché chi crede compirà le sue opere e anche di più grandi.

Quali sono queste opere più grandi? La carità prima di tutto (grazie a quanti stanno aiutando persone indigenti): a questo proposito vi invito ad avere sempre una sedia, un posto libero alla vostra tavola per ricordarci che i poveri ci sono sempre.
Ma una opera grande che dobbiamo fare è quella di evitare il distanziamento sociale! Siamo invitati a un distanziamento fisico, non sociale! Non lasciamo che questa pandemia aumenti l’individualismo già imperante della nostra società. Mentre camminiamo per strada non abbiamo paura di guardare negli occhi (conosciuti o sconosciuti) scoperti da una mascherina, e magari di dire buona sera, buon giorno, ciao, fare un cenno con la mano.

Ci prenderanno per matti?
Ma uno che crede di avere un posto qui e un posto di là non è forse un matto!
È non forse matta la fede di chi in questi giorni continua a pregare:
Cristo è risorto, è veramente risorto?