La scienza della felicità

La radio è sempre viva. Radio3 Rai ancora di più con Fahrenheit, programma condotto da Loredana Lipperini che ultimamente ha parlato nientemeno che di felicità con Susanna Tamaro e Stefano Zamagni (questi emeriti per voi sconosciuti tra poco si riveleranno in tutte le proprie potenzialità).
La scrittrice racconta di come è stato difficile iniziare un’attività con il fine di creare nuovi posti di lavoro, soprattutto perché il problema non risiedeva nell’incompetenza o nell’inadeguatezza delle persone. Tutt’altro. Ciò che rendeva impossibile essere competitivi e addirittura affrontare le piccole incombenze quotidiane era il senso di impotenza difronte al “mostro” della burocrazia. Anche se certamente negli ultimi anni l’Italia ha dato segno di volersi rialzare dalla devastante crisi finanziaria del 2008, solamente le grandi industrie stanno registrando un reale progresso. Di fatto, le piccole aziende famigliari, una realtà molto diffusa in Italia, se non addirittura prevalente nel nostro territorio, vengono sommerse e paralizzate dai vincoli burocratici. Ogni piccola entità, con una limitata disponibilità di risorse, perde tempo cercando di capire, interpretare e uscire dalle valanghe burocratiche di un sistema malato. Sono, dunque, l’immobilismo, l’impotenza e i tecnicismi esagerati che ci conducono verso la via più diretta per l’infelicità.
L’economista Stefano Zamagni, invece, ha espresso la sua personale opinione riguardo al Rapporto Mondiale sulla Felicità, pubblicato per la prima volta nel 2012 e la cui quarta e ultima edizione è stata presentata lo scorso 20 marzo 2016 alla Banca d’Italia. In questo Rapporto l’Italia si troverebbe al cinquantesimo posto nella classifica dei paesi “felici”. Esperti mondiali di economia, psicologia, statistica, sanità, politica e non solo descrivono come i dati relativi al benessere possano aiutare a valutare efficacemente il progresso delle nazioni e classificare 156 paesi in base al loro livello di felicità. Zamagni, come il docente LUMSA Luigino Bruni, sostiene che l’Italia è la patria della felicità, perché mentre nel 1700 in Inghilterra l’economia nasceva come scienza della ricchezza, in Italia prendeva il nome di scienza della pubblica felicità. Nel mondo anglosassone felicità è sinonimo di utilità, come ben insegna il modello tayloristico del 1911. Il mondo latino, al contrario, ritrova la felicità nei rapporti interpersonali: non si può essere felici da soli, perché la felicità è una forma alta di bene comune.
Quando sono stati stabiliti internazionalmente i parametri per lo studio empirico della felicità, noi italiani non siamo riusciti a imporre i nostri indici e sono prevalsi quelli britannici. Termini validi, ma non sufficienti per descrivere esaustivamente i nostri valori. L’economista sostiene che misure prettamente legate al reddito, come quelle attualmente in uso, possono nascondere i fattori di estremo stress e ansia di competizione legati a una società che vive per produrre. Inoltre, la vita all’interno delle scuole e le università non si basa più sulla cooperazione, ma su una competizione sfrenata, un individualismo totale. Certamente la produttività aumenta, ma di pari passo la felicità diminuisce. Stefano Zamagni rimane, però, ottimista e crede che la gente stia cominciando a distinguere l’utilità dalla felicità.
La mancanza di quest’ultima ostacola, inoltre, la creatività e dunque il processo d’innovazione, la componente essenziale del vantaggio competitivo tra le aziende. Proprio per questo, gli americani si sono già dati da fare, ma non solo loro. Il nuovo welfare aziendale è un programma che prevede un orario lavorativo compatibile con la vita familiare; è già presente in un discreto numero di imprese italiane e punta a promuovere una definizione di felicità non più basata sul singolo, ma sulla presa coscienza dell’importanza della comunità.
Mai quanto oggi è indispensabile (ri)trovare la felicità e la fiducia in una comunità, che è tenuta e deve impegnarsi a promuovere il bene comune e a lottare contro l’egoismo, l’odio, la diffidenza e la violenza in ogni sua forma. Sulla scia di Tamaro e Zamagni in questo anno della misericordia forse dobbiamo aggiungere una nuova opera corporale e spirituale coltivare e realizzare la felicità.

Giorgia Lombardini