Dal nostro amico e “corrispondente” in stanza in Afghanistan
Questa mattina mi sveglio con il tubare di due tortorelle che stanno allestendo il loro nido vicino alla finestra della mia stanzetta. Che piacevole canto, mi piacerebbe sapere che cosa quelle care tortorelle si dicono.
Cosa si diranno le due tortorelle che mi hanno svegliato questa mattina di sole. Forse hanno capito che è arrivato il giorno tanto atteso. Vi ricordate i 4 gemelli che avete aiutato? Oggi andiamo a trovarli! Non si può descrivere l’euforia che aleggia nell’aria tra noi. Da giorni programmiamo quest’uscita, ma i talebani hanno annunciato l’offensiva di primavera.
Gli obiettivi indicati dal Mullah Omar sono le sedi diplomatiche, le basi militari e i centri di intelligence delle forze internazionali impegnate in Afghanistan, a partire dalle 5 del mattino di oggi, venerdì 24 aprile 2015. I nostri colleghi di Mazar-i-Sharif se la sono vista brutta, trascorrendo così almeno sei ore nei bunker. Almeno due razzi sono stati lanciati contro Camp Marmal, la più grande base della Bundeswehr al di fuori dei confini della Germania. Mazar-i-Sharif è la quarta maggiore città afghana, con una popolazione di circa 300.000 abitanti.
Finalmente il via libera per uscire dalla nostra base; le nostre Mercedes GL blindate sono in movimento.
Siamo fuori, c’immettiamo sulla ring road, quell’anello d’asfalto che corre attraverso il territorio dell’Afghanistan e unisce le maggiori città. È un via vai di torpedoni, autovetture motociclette caricate all’inverosimile. Guardiamo ogni veicolo ogni persona con sospetto. La tensione è altissima. Soltanto ieri a Kabul ci sono stati due attentati suicidi nei confronti di altrettanti veicoli delle forze internazionali e che solo per mero caso non hanno prodotto morti. Dopo tre quarti d’ora, e 25 km a est di Herat, arriviamo al villaggio Abdul Abad: sono già tutti lì ad attenderci Aesha, Roqeya e Farahulldin. Oltrepassiamo una porta di ferro ed ecco la piccola corte e la casa, si e no 20 metri quadri, due camerette in tutto, per una famigliola cresciuta un po’ troppo. Ma sentiamo già la voce di chi, come per incanto, avvertendo la nostra presenza, sa che siamo arrivati per loro. I quattro gemellini sono stati vestiti a festa. Appoggiati sul tappeto della stanza principale. Nessuno di noi riesce a esprimere una sola parola. Lo splendore di questi bimbi ha qualcosa di magico! Seppur questa famiglia viva nella più estrema povertà ha espresso una dignità che ha pochi eguali. Rimaniamo colpiti di quanto amore c’è stato da parte della mamma nella cura dei particolari, i vestitini, le scarpette, le cuffiette.
Consegniamo al papà la scorta di latte e qualche altro piccolo aiuto. Tutta la famiglia si è riunita per accoglierci e ognuno di loro ha una parola di affetto per noi che siamo un po’ meno “stranieri” per loro.
Mentre la mamma ci prepara il tè che ha un gusto unico, approfittiamo per scattare qualche foto. Non lo sanno ancora, ma sarà l’ultima volta che potremmo far loro visita: si percepisce già un po’ di malinconia. Non c’è l’allegria tipica delle famiglie numerose.
Torneremo alle nostre famiglie, ai nostri affetti. Ma questi visi non li dimenticheremo mai. In questo angolo del mondo dove il progresso non è riuscito a portare alcun beneficio, questo spettacolo della natura ha inciso per sempre i nostri cuori!
Ciao Safa, ciao Marwa, ciao Madena e ciao Atiquallah (il maschietto)
“Allah sia sempre con voi e con le vostre famiglie”, con questa benedizione il capofamiglia, con gli occhi lucidi, ci saluta e ci abbraccia.
Addio Badraddin!