Per le strade

La strada, non una strada qualsiasi, anzi le strade è la caratteristica dei Magi che vanno a Betlemme. Oggi, ma non è proprio così, si chiude il tempo del Natale, con questa immagine tra il fantastico e il romantico. Ma non è questa la strada che ci vuole tracciare il Dio fatto bambino a Betlemme e uomo, dopo 33 anni, a Gerusalemme.
La strada che un credente è chiamato a percorrere è quella dell’innamorato, è quella del costruttore di Pace – lo dicevano a Natale e al 1 gennaio, è quella del cercatore della verità – lo diciamo oggi.
I Magi non sono degli abitudinari, sono degli Innamorati della vita e forse diventeranno innamorati di questo Dio fatto bambino. Ma Dio non si formalizza, Lui è tanto innamorato di ognuno di noi che si “accontenta” che noi ci innamoriamo della Vita, della Pace, dell’Umanità. D’altra parte nel racconto dei Magi non si dice il nome di Dio: Gesù, ma semplicemente “videro il bambino con Maria sua madre”. Il volto di questo bambino è il volto dell’Umanità.
Un cristiano innamorato è un cristiano che si sa inginocchiare davanti al volto di questa umanità offrendo i propri doni: ognuno quelli che ha! Anche i propri peccati – parola desueta!
Siamo innamorati o abitudinari?
L’innamorato è colui che è sempre in ricerca sulle strade della Vita; è colui che conosce il rischio di poter sbagliare strada; è colui che non si assoggetta al potere ma sa distinguerlo tra vero e falso; è colui che adorare, contemplare perché la verità non è un veloce messaggio: richiede tempo e profondità. L’innamorato è colui che non cerca il nulla, l’ignoto, ma un volto; è colui che supera l’individualismo ma si affida ad altri e dona fiducia ad altri. I Magi non erano 1, forse 3, forse di più. Uomini e donne che hanno imparato il rischio della fiducia reciproca.
Concludo con le tre citazioni che mi hanno accompagnato in queste feste di Natale:

«Ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. È questione di amore. Ci vuole coraggio per amare… La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare.» papa Francesco.
«Com’è possibile che in ogni ambito si studino teorie e pratiche innovative, mentre la violenza rimane l’unico, arcaico mezzo per risolvere i conflitti fra gruppi, popoli, nazioni?
Com’è possibile che manchino sempre le risorse per la salute, l’istruzione, la lotta alla povertà o al cambiamento climatico, mentre i soldi per le armi si trovano sempre, persino nei paesi più disastrati? Cercare la pace interiore non significa pacificare la nostra coscienza. La pace può e deve convivere con l’inquietudine, col dubbio, con le domande che danno senso e sapore all’esistenza.» Don Luigi Ciotti
«Poi gli offriamo i nostri doni: l’oro, cioè la libertà (la cosa più preziosa che hai), la decisione di giovarti col segno. L’incenso, cioè la preghiera – la Messa, le lodi, i canti… – e la mirra. E questo è il dono più difficile; perché è il sacrifico, l’offerta, il dono di sé.» Angelo Scola, vesc.

La magia dell’Epifania

Ci risulta un po’ strana e forse un po’ “magica” questa festa dell’Epifania.

È la festa del Natale ortodosso perché secondo il più antico calendario giuliano il 6 gennaio cadeva il solstizio di inverno, quindi in quella data doveva nascere il Salvatore.

Forse una festa un po’ “magica” con questi cercatori venuti dall’Oriente, una stella che illumina, dei segreti da scoprire e comprendere.

Sì, la magia c’è: la magia del non arrendersi, del cercare, del porsi delle domande, di scoprire qualche cosa di inaudito.

Possiamo riflettere e contemplare su questa festa dal punto di vista di Dio o da quello dell’uomo, meglio se dal punto di vista di entrambi perché Dio si è fatto uomo, conosce l’uomo e l’uomo ha imparato a conoscere Dio.

E il punto di vista è: abbiamo ancora domande oggi? Voglia di cercare oggi? Voglia di arrivare oggi? L’uomo infatti scopre se stesso e si afferma come tale solo quando si riconosce capace di porsi domande importanti, fondamentali, capace di fermarsi nel silenzio della propria coscienza per godere del dono di se stesso e, perché no, del dono degli altri.

Anche all’uomo di oggi non mancano le domande, manca la pazienza e la passione di ascoltarsi e di cercare. La festa dell’Epifania ci invita proprio a fermarci per scegliere la giusta guida per percorrere la giusta strada verso la verità.

Nel quadro del Vangelo, e delle letture che lo preparano, si rivela un Dio che non ha risposte preconfezionate (mai nel Vangelo Gesù ha risposte preconfezionate, se non quella della Carità), ricette pronte, ma un Dio capace di accogliere chiunque si pone domande semplici, come quelle dei pastori; domande articolate, come quelle dei Magi, forse. E Dio risponde con la semplicità di un bambino, con la calda sobrietà del luogo dove nasce.

E questi uomini venuti da lontano offrono oro, incenso e mirra.

L’oro, tutto se stessi, le proprie esperienze, la proprie vite; l’incenso, le proprie domande, che sono preghiere quando sono vere; la mirra, la domanda sul finire della vita, di chi “non ha paura” di farsi delle domande sul morire, perché Cristo è nato per morire per noi e per il nostro vivere.

Allora chiediamo a questa Epifania che ci doni la possibilità di inginocchiarsi davanti a noi stessi con umiltà, semplicità e molta gioia, la gioia di scoprire che nella nostra coscienza non siamo mai soli ma possiamo trovare un Dio che ama parlare con noi, come si parla a un amico. È quello che è accaduto a questi Magi d’oriente: arrivati dove la stella li aveva condotti provarono una gioia grandissima!