“Restare in piedi e non cadere” (1Co 10,12)

Terza domenica di Quaresima, occasione per fare il punto del nostro cammino di avvicinamento alla Pasqua e di conversione, anche perché proprio il vangelo di oggi ci chiama a prendere posizione, a non stare fermi di fronte alla possibilità di essere salvati.
Prima di tutto cosa proclama la parola di Dio?
Proclama la rivelazione di Dio a Mosé, attraverso san Paolo dice a chi sta parlando Dio, infine san Luca – dopo avere parlato di Gesù nelle due domeniche precedenti – racconta come “restare in piedi”, come “non cadere”; cosa significa avere fede.
Il primo dato è che Dio entra nella storia degli uomini, vive con gli uomini, con essi cresce, pazienta, spera, agisce.
L’uomo non è mai solo, anche nel momento del peccato, quando deliberatamente sceglie di allontanarsi da Dio, Dio non lo lascia.
La prima conversione da operare perciò è quella di domandarci quale idea, quale esperienza di Dio ho? Un Dio lontano? Un Dio cattivo? Un Dio che punisce? Un Dio macchinetta delle merendine? Un Dio che non ascolta il grido di chi soffre?
Quante volte anche noi parliamo e pensiamo di Dio come colui che punisce, che castiga: certo Dio corregge, pota, educa, ma non con il ricatto, la vendetta o con la violenza. Dio, che con l’incarnazione del suo Figlio ormai vive in mezzo alla vigna che gli è affidata – noi – non usa la violenza, ma la pazienza e la misericordia.
Con ciò non si afferma che Dio non giudicherà, questo accadrà alla fine dei tempi, nel frattempo egli ci cura, egli ci coltiva: certo noi dobbiamo stare attenti a non farci trovare impreparati.
Crediamo ancora che Dio ci giudicherà? Che idea abbiamo del giudizio di Dio? Quale sarà il metro di misura?
Nell’orazione all’inizio della messa abbiamo letto: Dio misericordioso… hai proposto… il digiuno, la preghiera e la carità…; a noi che riconosciamo le nostre colpe… ci sollevi la tua misericordia.
Dio è misericordioso e ci sollecita alla continua misericordia; perché impariamo a essere misericordiosi, a portare frutti di misericordia e di giustizia, egli ci invita al digiuno, alla preghiera, alla carità (questi sono gli attrezzi con i quali Dio cura il fico sterile).
Noi siamo troppo sazi ormai, dobbiamo imparare ad avere fame se vogliamo coltivare la giustizia e la verità; siamo troppo sazi e non vediamo più dov’è il male, quindi lo facciamo crescere! Questo accade verso i migranti, ma anche verso chi vive accanto a noi!
Poi siamo chiamati a pregare, per imparare a pensare come pensa Dio: una preghiera di dialogo, di domande, di fiducia, come quella di Mosé con Jhwh!
Quindi invitati a vivere la carità, non tanto una monetina, ma un cambiamento di atteggiamento verso il prossimo*, verso l’ambiente.
La preghiera termina com’è iniziata: la misericordia di Dio. Questo è il fondamento della vita del discepolo e della chiesa. Come dice un’altra colletta quaresimale: “Con la tua continua misericordia, Signore, purifica e rafforza la tua chiesa e poiché non ha alcuna consistenza senza di te, guidala sempre con il dono del tuo Spirito” (lunedì della terza settimana).

*
Per quanto riguarda il prossimo vi allego questa citazione dal Corriere della Sera di oggi:
Il fenomeno delle migrazioni sta diventando un processo mondiale che il nostro sistema di vita non è capace di ordinare. Quelle fiumane di gente sventurata che chiede solo di poter vivere potrebbero diventare così grandi da rendere oggettivamente difficili dar loro possibilità di vivere. Forse quelle migrazioni sono l’avanguardia oscura di un grande e non lontano cambiamento simile alla fine del mondo antico, un cambiamento che non riusciamo a immaginare. I nuovi, arroganti e beoti padroni della terra si illudono che il loro dominio, i loro bottoni che spostano a piacere uomini, cose, ricchezza e povertà, sia destinato a durare in eterno. Esso potrebbe crollare come è crollata Babilonia e i migranti di oggi o meglio i loro prossimi discendenti si aggireranno fra le rovine della ricchezza tracotante e volatilizzata come un tempo i barbari fra le colonne e i templi abbandonati.

Claudio Magris 27 febbraio 2016

MERCOLEDì DELLE CENERI 2016,

Inizio del cammino di Quaresima
Oggi comincia la Quaresima, i 40 gg verso la Pasqua, la festa più importante dei cristiani, alla quale seguiranno i 50 giorni di Pasqua sino alla Pentecoste.

Partiamo subito dalla parola di Dio perché ci faccia capire il motivo per cui siamo qui oggi.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (5,20-6,2)
Fratelli, noi, in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.
Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti:
«Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso».
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
Parola di Dio

Dal Vangelo secondo Matteo (6,1-6.16-18)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Parola del Signore

Riflessione

Noi cerchiamo di essere amici di Dio, ma non sempre ci riusciamo; anzi molti nostri amici che credono di meno o non credono ci osservano e subito ci fanno notare quando siamo nell’errore!
Tutti gli uomini fanno degli errori, ma i cristiani devono essere più attenti, anche perché per loro l’errore si chiama peccato. Un errore è un errore e basta, un peccato è un errore che fa male anche a Dio che cammina con noi, che è nostro amico, che ci ha creati per il bene! Un peccato rompe l’alleanza tra noi e Dio.
La quaresima è un tempo speciale per riflettere sui propri peccati e cercare di cambiare, di diventare più santi!
Lasciamoci riconciliare da Dio… ecco il momento favorevole, il momento della salvezza!

San Paolo ci ricorda che Dio ha mandato il suo Figlio per annientare il nostro peccato. Quindi il peccato c’è! Ma spesso noi ci dimentichiamo che siamo peccatori, che pecchiamo. La società di oggi allontana il peccato, perché dà fastidio. Ma il cristiano non si lascia imbrogliare e resta all’erta, in guardia. Resta un poco in pensiero, davanti alle tante porte del peccato e della salvezza, ma poi sceglie. Il vangelo di oggi ci aiuta a scegliere come superare il peccato, attraverso la porta dell’elemosina, la porta del digiuno, la porta della preghiera. Sono queste le porte che ci permettono di riconoscere e superare il peccato: il peccato dell’egoismo, dell’avarizia; il peccato dell’ingordigia, dell’avidità; il peccato dell’autosufficienza, del narcisismo. Ma il Signore è ricco di misericordia e ci invita a varcare la porta della sua misericordia per crescere, per diventare più santi.

Siamo nell’anno della misericordia, quello della porta che vogliamo attraversare per camminare verso la santità! Avete visto il nuovo poster che abbiamo affisso sulla scala, che abbiamo messo su questo foglio: un uomo davanti a tante porte. Possiamo decidere se sono le porte del peccato o della misericordia.

Per vivere bene la Quaresima, per entrare nella ruota della misericordia di Dio siamo chiamati a passare tre porte: preghiera, digiuno, carità/elemosina, come dice il vangelo. Oggi, in questo mercoledì delle Ceneri, vogliamo impegnarci a vivere bene la preghiera, il digiuno, la carità/elemosina.
La preghiera è lo strumento che ci mette in armonia con noi e con Dio, con i fratelli e con l’universo.
Il digiuno è lo strumento che ci fa capire quali sono le cose essenziali per una vita felice.
La carità è lo strumento che ci fa superare l’egoismo, l’individualismo, l’indefferenza.

Preghiera, digiuno, carità/elemosina sono gli strumenti che ci permettono di superare la globalizzazione dell’indifferenza per raggiungere la globalizzazione della responsabilità! L’indifferenza si annida nelle piccole cose e raggiunge le situazioni più grandi;
la responsabilità parte dai piccoli semi per diventare una grande pianta.

La preghiera, perché non sia solo una formula, deve partire dalla parola di Dio: avete un vangelo a casa? Perché tutti hanno sicuramente un cell sempre in mano ma non il vangelo? Perché quando entriamo nelle case dei nostri amici cristiani vediamo la tv, i telefoni, il superfrigor… e mai vediamo un vangelo: abbiamo paura di testimoniare che siamo cristiani?

Per favore tirate fuori il vostro vangelo/bibbia e ponetelo in un luogo visibile.

Il digiuno, non è solo una dieta, ma capire che non tutto è necessario, che si può vivere in modo più sobrio, ci ricorda che molti vivono nella povertà, nell’indigenza e noi non possiamo approfittare delle nostre ricchezze solo per noi stessi. Il digiuno ci ricorda che le ricchezze forse ci sono date per fare del bene agli altri. Il digiuno ci insegna a vedere i tanti poveri che spesso non vogliamo vedere. Il digiuno ci aiuta a vincere quella distrazione che non ci fa vedere le cose importanti per il nostro fratello, per l’ambiente, per Dio. quando uno è troppo sazio non può vedere, preoccuparsi dell’altro.

La carità / elemosina, non è solo una moneta che do a chi tende una mano e poi io resto la persona indifferente che sono: la carità è la condivisione del mio tempo, delle mie cose, delle mie responsabilità con l’altro, con l’ambiente, con Dio.

La carità significa che la mia coscienza si è lasciata toccare dall’esperienza di Dio (preghiera e digiuno) e diventa azione viva e vivificante.

Concretamente, alcune indicazioni:
Preghiera: il vangelo nella mia casa.
Digiuno: sigarette, telefono, alcol, sporcizia (non sporcare l’ambiente).
Carità: volontariato, bottiglie, cura dell’ambiente.

IMPOSIZIONE DELLE CENERI

Santo Natale 2015

È notte, anche se è giorno il momento in cui celebriamo questa messa, è comunque notte, perché il Natale rimanda alla notte, al buio, alle stelle, al silenzio.
La notte richiama il tempo che scorre, l’ignoto e il bisogno di senso;
le stelle il cosmo, l’universo intero con i suoi misteri, la sua scienza, le sue misure;
gli angeli, i messaggeri straordinari di Dio che appaiono quando c’è qualche cosa di veramente importante ed eccezionale;
poi ci sono i pastori, sporchi, ignoranti, non adatti ad ascoltare la parola di Dio;
e il silenzio, come nella notte dei tempi, quando Dio creò Adamo ed Eva.
Ma non mancano i potenti, la città con le sue frenesie – un poco come le code di macchine e ai supermercati di questi giorni –, per una volta di giorno, alla luce del sole, quasi che la bibbia volesse dire che l’iniquità, le ingiustizie non possono più essere nascoste.
In tutto questo quadro così essenziale, ma così preciso, un uomo e una donna obbediscono alla sete di potere di Augusto che voleva contare il suo popolo, ma non l’imperatore e i suoi ministri, bensì Dio prende per mano Maria e Giuseppe e li conduce nel luogo dove nascerà il loro primogenito che sarà chiamato Gesù, il Salvatore; Emmanuele, Dio-con-noi!
Non l’imperatore, ma Gesù è il Salvatore; non un tempo vuoto, ma un tempo pieno, Dio-con-noi!
(Quando penso a molte di voi, donne e nonne di questa terra, a molte di voi affaticate, schiacciate da situazioni difficili, da lavori pesanti, da potenti che vi rendono schiavi; quando vedo la vostra fede, capisco cosa significhi Gesù è il Salvatore, Emmanuele Dio-con-noi!).
Certo oggi l’uomo è più maturo, più autonomo, più libero, non ha bisogno di Dio e anche molti cristiani vivono con un Dio che non si chiama più Emmanuele, Dio-con-noi; quanti cristiani atei ci sono.
Eppure Dio sceglie oggi di nascere con questo uomo non per togliergli l’autonomia, bensì per dire che da Natale non è più solo; non per togliergli la libertà, ma per insegnargli la libertà; non per renderlo schiavo, bisognoso, ma per fargli capire che Dio ha “bisogno” dell’uomo per annunciare a tutto l’universo la giustizia, la pace, la misericordia e la verità.
E non ha bisogno dei potenti, dell’imperatore, Dio ha bisogno di due sconosciuti, Giuseppe e Maria per farsi uomo, Dio-con-noi; Dio ha bisogno dei pastori, sì di questi uomini ignoranti, sporchi, che non avevano il diritto di ascoltare la parola di Dio; Dio ha bisogno di questi pastori per annunciare la gioia della salvezza: la pace, la giustizia, la misericordia, la verità.
E qui vorrei pregare per tutte quelle persone, quelle donne – anche qui a San Felice – che lottano per la pace, per la giustizia, per la misericordia, per la verità.
Dio non ha avuto paura a farsi uomo per noi, noi non abbiamo paura a celebrare la giustizia, la pace, la misericordia, la verità!
Dio non si è chiuso nel suo cielo, ma è sceso tra noi, tra la nostra povertà, o tra le nostre ricchezze.
Vorrei chiedervi un regalo per questo Natale: aprite un poco le porte delle vostre case all’altro; preoccupatevi un poco di più e meglio di quanto accade intorno a voi; fate anche solo un piccolo gesto per qualcuno che forse non se lo merita, ma chi di noi si merita la misericordia di Dio?; fate sì che le vostre preghiere, le vostre messe non siano solo delle belle parole – come quelle dei potenti – ma diventino lievito di pace e di giustizia.
A Natale Dio si è fatto Dio-con-noi perché anche noi, a nostra volta, diventiamo di più portatori di gioia e di salvezza tra gli uomini tutti che Dio ama. Ma non portatori per finta, perché Dio non si è fatto uomo per finta, si è fatto uomo davvero sino alla morte! Alla morte per noi!
Santo Natale a tutti voi.

La corsa della gioia

La domenica del cristiano non è semplicemente un giorno di pausa necessaria per ricomporre la propria storia, la propria umanità.
La domenica del cristiano è il giorno in cui la parola di Dio, di quel Dio al quale egli dice di credere, bussa con maggiore forza alla porta della sua vita.
Il pane di vita al quale ci accostiamo ogni domenica, trova il suo senso, la sua forza, la terra in cui adagiarsi per porre radice e portare frutto, nella parola di Dio.
La parola di Dio oggi ci parla di gioia (oggi è la cosiddetta domenica gaudete) perché il Signore è ormai vicino a noi, con la nostra storia facile e difficile.
Il profeta Sofonia (1^ lettura) in un momento drammatico della vita del suo popolo, (quando la monarchia ormai è alla fine e) il dramma dell’esilio si profila all’orizzonte, dopo aver richiamato alla conversione e dopo aver proclamato minacce per le nazioni e per Israele, alla fine in nome di Dio pronuncia parole meravigliose di speranza: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio è in mezzo a te: è un salvatore potente. Gioirà per te. Ti rinnoverà con il suo amore. Esulterà per te con grida di gioia”.
La lettera di Paolo ai Filippesi (2^ lettura), pur non nascondendo le difficoltà che l’apostolo sperimenta nel suo cammino, è un continuo richiamo alla gioia, dall’inizio (Fil.1,18.25) alla fine, con il piccolo brano che oggi leggiamo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù” (Fil.4,4-7).
Sono parole stupende quelle di Sofonia e di Paolo: è l’esperienza personale di Dio, una relazione d’amore che ringiovanisce la vita, l’esperienza di un Dio vicino, dello sposo che con la sposa esulta con grida di gioia. È l’esperienza della fede, che Sofonia preannuncia e che Paolo annuncia come realizzata in Gesù, il figlio che dona la vita per noi: la fede è l’esperienza dell’amore di Dio per noi. Se Dio ci ama, noi siamo liberi da tutte le paure, nei momenti difficili possiamo rivolgere a lui le nostre invocazioni, siamo nella pace, la nostra vita spoglia di ipocrisie, rivendicazioni, desiderio di potere, è bella, gioiosa, felice.
Queste parole sono già una risposta alle richieste etiche, di cambiamento, di azione concreta che Giovanni Battista (vangelo) chiede a quanti si rivolgono a lui, nel vangelo di oggi. Già meditare quanto il profeta Sofonia e san Paolo raccontano è una risposta concreta al bisogno di conversione che la fede, che l’incontro con Cristo chiedono: “Se Dio ci ama ci sentiamo veramente liberi?”; “liberi di essere sereni, cioè nella gioia sempre?”.
 
È cominciato l’anno di giubileo, cioè di gioia, della misericordia. Siamo capaci di credere e celebrare la misericordia di Dio? Di aprire le porte della nostra coscienza non solo alle parole di Dio, ma specialmente alle domande di senso degli uomini di oggi? Di testimoniare la gioia della misericordia?
“La misericordia esercitata non è buonismo, non è timidezza di fronte al male, ma è esercizio di responsabilità”. “La misericordia è necessaria, prima ancora dei trattati politici internazionali, per poter spianare i terreni di pace e le tante vie degli esodi forzati che stanno mutando il mondo”, perché anche a livello economico, politico e giuridico la misericordia e il perdono devono trovare realizzazioni che aprano a una convivenza buona tra i popoli e le genti. “Non si può capire un cristiano che non sia misericordioso, come non si può capire Dio senza misericordia”. È la misericordia di un Dio che ci “rincorre” sempre e proprio per questo sperimentiamo la gioia.