Greta, Carola, Olga e tante altre: le ragazze non temono i potenti

L’ultima è stata Olga Misik. Prima di lei Carola Rackete e prima ancora Greta Thunberg. Sarà un caso che sono tutte ragazze? E che siano diventate icone transnazionali dei maggiori dossier della nostra epoca: il clima, l’accoglienza, i diritti? Un modo speciale di fare la rivoluzione, il loro, che passa attraverso l’imposizione di un’energia nuova, dove prevale una forma tutta femminile di aggressività: la difesa. Si tratti di difendere l’ambiente da politiche senza futuro, i rifugiati da chi non riconosce il loro diritto alla dignità, o la libertà di espressione dalla violenza della dittatura, il messaggio lanciato ai potenti da queste ragazze è lo stesso: siamo qui per difendere ciò che ci è stato affidato. C’è anche una bellezza speciale nel modo che hanno di condurre le battaglie: Greta e il suo cartello sotto la pioggia, Carola con la stralunata fierezza da capitana di un vascello di sventurati, Olga a gambe incrociate che legge la Costituzione a voce alta come fosse un gioco di ruolo.

Si sono scelte inoltre degli avversari di peso: Trump e i potenti della Terra, la leadership sovranista di Matteo Salvini, il presidente russo Vladimir Putin. E li hanno affrontati con i codici della civilizzazione di cui sono figlie – le parole, i gesti belli – mostrando non soltanto di avere un indiscutibile coraggio personale, ma anche di incarnare la forza di una collettività che malgrado tutto ha trasmesso loro la libertà, se non come dato acquisito, almeno come possibilità da conquistare. Non stupisce che siano state coperte di insulti, sbeffeggiate, diversamente umiliate; stupisce piuttosto che resistano, che continuino, che non si mettano paura.

Guardandole in azione si guarda già un’epoca nuova, come se il tempo della muscolarità, ma anche del progresso tecnico che ha segnato il Novecento si fosse esaurito, e fosse cominciato un tempo in cui è più importante conservare, riparare, distribuire che non produrre all’infinito, sfruttare al massimo le risorse, concentrare il potere e le ricchezze. Per farlo c’è bisogno di dialettica, della forza che viene dalla persuasione (i greci avevano un culto speciale per Peitho, la dea della persuasione, considerata l’anima della vita pubblica, sempre in opposizione alla violenza), la stessa che abbiamo sentito nei discorsi di Greta Thunberg, Carola Rackete, Olga Misik. La loro storia di ragazze occidentali (sì, anche Olga è un prodotto della grande cultura occidentale) è già di involontario esempio – o forse si tratta di un irresistibile contagio – per altre latitudini del mondo: ci sono le ragazze iraniane che sfidano il regime degli ayatollah togliendosi il velo e postando le immagini sul web, c’è Alaa Salah, la giovane sudanese che guida la rivolta contro il presidente Omar al-Bashir, e c’è stata Malala, un esempio per tutte le ragazzine che sceglievano l’istruzione, “whatever it takes”. Il fatto nuovo, che le accomuna tutte, è una diversa energia nell’interpretazione dei diritti, a dimostrazione che l’emancipazione raggiunta fino a oggi mette in circolo forze che non sembrava si sarebbero facilmente liberate. È una fortuna che il loro mondo sia anche il nostro.