Noi i privilegiati!
Omelia per la veglia di Pasqua di risurrezione, 2022
Cristo è risorto, è veramente risorto.
Voi, noi, siamo dei privilegiati perché possiamo annunciare, cantare, urlare queste parole di vita.
Non semplici parole di fiducia nella vita, ma parole di quanti credono alla vita che nasce dalla morte in forza dell’amore di Cristo.
Voi, noi, siamo dei privilegiati perché a differenza dei primi testimoni sappiamo cosa diciamo quando cantiamo e proclamiamo: “Cristo è risorto, è veramente risorto!”, perché i dubbi di quelle prime donne e dei discepoli sono ormai fugati.
Voi, noi, siamo dei privilegiati perché il battesimo che abbiamo ricevuto, è partecipazione alla morte e risurrezione di Gesù: se siete stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione! (cf. Rm 6,3ss)
Voi, noi, siamo dei privilegiati perché viviamo di una vita che nasce dall’amore di un Dio che ha letteralmente perso la testa per noi, fino a morire sulla Croce, perché siamo belli ai suoi occhi.
Voi, noi siamo dei privilegiati perché chiamati come i primi discepoli, le prime donne, ad annunciare che Cristo è risorto, è veramente risorto in un mondo nuovamente pagano – o quasi -, in un mondo indifferente a Dio.
Siamo consapevoli di questo privilegio o preferiamo restare nel chiuso delle nostre case, delle nostre tristezze, come i discepoli di Emmaus?
E non diciamo: ma io cosa posso fare?
La Pasqua non è solo un’emozione, la paura di non trovare un corpo morto, un punto di riferimento, ma un dubbio che diventa verità, perché muove dall’incontro delle donne e dei discepoli con l’indicibile e il confronto con le Scritture: “non ci aveva forse detto che sarebbe morto e dopo tre giorni risorto?”, “non ci ardeva forse il cuore quando ci spiegava le Scritture?
Ecco il metodo, ecco quello che possiamo fare: pensare insieme e verificare con le Scritture e la Chiesa, trovarci per pregare e ragionare insieme. Non diciamo, ma io cosa posso fare?!
Voi, noi, siamo dei privilegiati perché celebriamo la Pasqua con le nostre famiglie, tra le nostre chiese e città ancora in piedi, non ferite dalle guerre.
E non diciamo: ma io cosa posso fare?
Io posso attingere dal patrimonio della Chiesa che almeno dal 1968, per una felice intuizione di san Paolo VI, comincia ogni anno con un invito a ragionare e fare la pace.
«La pace – diceva qualche giorno fa il cardinale di Bologna Matteo Zuppi – non significa essere neutrali, negare le responsabilità, non schierarsi con le vittime. Ma significa guardare oltre il presente per permettere il futuro. Non siamo chiamati a essere pacifisti ma a farci artigiani della pace, che è il vero modo di essere realisti, dentro la storia. Abbiamo pensato che la pace fosse un dato acquisito. Anche durante la pandemia abbiamo reagito nello stesso modo, come si potesse restare sani in un mondo malato e gli altri non ci riguardassero.»
Voi, noi, siamo dei privilegiati: approfittiamo di questo dono, di questa responsabilità per correre come le donne, per piangere come Maria, per amare come il discepolo amato, per confermare come Pietro così da poter vivere e annunciare a tutti che: Cristo è risorto, è veramente risorto!