Politica significa costruire la città dell’uomo ovvero l’arte della preoccupazione per la polis.
Abbiamo appena pubblicato una cronachetta semplice ma significativa scritta da un nostro collaboratore sulle recenti elezioni. Forse potrebbe sembrare superata, dopo 15 giorni, ma poiché quella data del 25 settembre c’entrerà con i nostri anni successivi, non è mai tardi ragionarci sopra. Forse non è l’analisi di un esperto di politica, ma sicuramente è il segno di una attenzione per la cosa pubblica che va tenuta in considerazione perché significa che non tutti sono indifferenti alla società in cui vivono.
Ecco il punto, non restare indifferenti.
Avrei voluto ragionare un po’ di più sui flussi elettorali da tutte le loro prospettive, ma oltre al tempo credo non averne le competenze. Eppure questi flussi ci dicono sì uno spostamento a destra dell’elettorato e uno sfaldamento della sinistra (posto che oggi siano ancora valide queste categorie di destra e sinistra) ovvero un aumento dell’astensionismo. Ma ci dicono, i flussi, anche che non ci sono stati grossi spostamenti verso destra, semmai verso un astensionismo dovuto a una incapacità della nostra politica di preoccuparsi delle nuove esigenze geografiche dei cittadini (non parlo di quelli che sono in giro per vacanza) e sicuramente alla scelta di non sacrificarsi troppo oggi per andare a votare. Della Sinistra i dati e la situazione attuale è sotto gli occhi di tutti, ci si domanda se saprà approfittare della crisi attuale per cambiare rotta. I risultati elettorali poi ci dicono delle contraddizioni (forse già accadute in passato) di questo ultimo volto rispetto alle scelte regionali e locali: forse il nazionale spaventa meno del regionale e del locale? O forse poiché quando non si sa più dove andare a sbarcare si prova anche l’ultima novità (non è successo così in molte tornate elettorali precedenti?)? O forse è giusto che sia così, perché questa è la libertà dei cittadini, nel pensare ai propri interessi?
È vero, la politica deve pensare ai propri interessi, io voto un partito e non un altro perché salvaguardi i miei interessi. Però la politica, quella con la P non può pensare solo agli interessi di una parte, perché quando è al governo, specialmente a quello nazionale deve preoccuparsi anche degli interessi degli altri, specialmente dei più deboli. Deve preoccuparsi anche della salvaguardia delle opposizioni, perché queste garantiscono la democrazia, che ci piaccia o no. A questo proposito pare che la nuova maggioranza del nuovo parlamento oggi non concederà la presidenza di una delle due camere alle opposizioni, perché è maggioranza schiacciante e gioca l’asso pigliatutto. Riguardo ai più deboli il concetto di debole, di indifeso è molto labile ovvero elastico, ma questo vale per tutte le parti se ci pensiamo bene: colui che è debole per me non è debole per l’avversario e viceversa; se volete capire meglio leggete dalla prospettiva dei cosiddetti diritti civili, argomento quasi tabù da una parte e esasperato dall’altra.
Non sappiamo come procederà questo parlamento, dovrebbe essere giusto, è giusto augurare un lavoro continuo e proficuo al di là del voto che abbiamo messo perché questo è il gioco della democrazia.
Questo “gioco” però va monitorato, va rielaborato con quel lavoro continuo e capillare di tante persone di buona volontà – per la verità meno che in passato pare – che lavorano nei più disparati ambiti della nostra società e che hanno la responsabilità di far funzionare e crescere la nostra società, lo stato italiano. Il Parlamento è certamente lo specchio della società; alla società il compito di mantenere sempre limpido questo specchio, altrimenti non si ha il diritto di lamentarsi.
politica
Elezioni del 25 settembre 2022
Dopo diversi anni, un governo viene eletto e scelto dal popolo. Se ci pensiamo, la situazione italiana è paradossale perché per quasi un decennio “non si è più riusciti” a instaurare un Governo attraverso le elezioni e, per una Nazione come l’Italia, cioè una repubblica democratica, si è andati “contro” la propria Costituzione. Nelle passate elezioni del 25 settembre 2022, quelle con la più bassa percentuale di affluenza della storia italiana, Giorgia Meloni ha confermato di gran lunga i pronostici vincendo insieme al centrodestra sia alla Camera che al Senato. Complice di ciò è sicuramente una campagna elettorale di basso livello da parte dei rivali, a partire dal PD. La campagna elettorale della sinistra, a detta anche di moltissimi giornalisti politici, è stata incentrata prevalentemente sulla critica e sull’opposizione delle idee della destra senza però portare avanti spunti concreti per migliorare il Paese. Oltre a ciò, il PD ha dovuto affrontare diverse scissioni interne che si sono rivelate essere state più significative del previsto come quella di Calenda che, unendosi a Renzi, ha posto una base solida per il futuro creando il cosiddetto Terzo Polo.
Tutto ciò ha scoraggiato molti giovani studenti fuorisede, per lo più votanti di sinistra nel campione preso in analisi, che hanno preferito restare a casa anziché andare a votare. Se Letta ha avuto una debacle e si è dimesso, Salvini non può ritenersi del tutto soddisfatto di queste elezioni. La Lega è uscita decimata seppur vincente; i suoi elettori sono rimasti per lo più soltanto al Nord e neanche più in maniera rilevante. Il leader del Carroccio ha pagato (e non poco) la scelta di andare al Governo senza l’appoggio della coalizione. Il risultato è che ora rischia di essere la terza forza della destra alle spalle di Fratelli d’Italia e di Forza Italia che ha incredibilmente raggiunto l’8% grazie anche a un Berlusconi capace di captare e scegliere sempre le strategie migliori. Un risultato impensabile se si pensa che nel 2018 era il secondo partito d’Italia dopo il Movimento 5 Stelle. Quest’ultimo, senza più Di Maio (il suo partito è rimasto fuori dal Parlamento) ha ricevuto un altro, ennesimo, duro colpo post politiche 2018. In questa campagna elettorale, Conte ha attuato una politica molto rischiosa e sbagliata, ma che si è rivelata essere letalmente vincente, soprattutto al Centro-Sud. L’ex premier, incentrando i propri discorsi sul fatto che volesse mantenere il reddito di cittadinanza e ricordando agli italiani che è grazie a lui se attualmente possono beneficiarlo, è riuscito a superare le aspettative di tutti i sondaggi superando il 15%. Nonostante il loro leader sia rimasto molto soddisfatto (un ottimo risultato, gli exit poll lo davano intorno al 11%), la verità è che continua a perdere voti di elezione in elezione e attualmente può fare ben poco per mantenere le promesse elettorali.
Infine, arriviamo alla vera vincitrice di queste elezioni: Giorgia Meloni, la prima donna a capitanare il primo partito d’Italia e forse anche la prima Presidente del Consiglio donna! Un successo per lei, ma anche e soprattutto per tutte le donne che in Italia e nel mondo vengono discriminate in molti settori lavorativi e non solo. Sicuramente la leader di FdI ha avuto dalla sua il fatto di essere stata all’opposizione (ricordiamo che è più facile evidenziare i problemi quando non si governa), ma anche essere una brava nonché efficace comunicatrice sotto tutti i punti di vista. Il suo partito ha visto aumentare i voti a dismisura nel giro di qualche anno, ma mai nessuno avrebbe pensato che raggiungesse il 25% dei voti degli elettori. Di certo, c’è da dire che ha vinto in un periodo storico nel quale i governi continuavano a cadere e i rivali non hanno mai portato dei veri e propri programmi concreti. In più, numerose scissioni interne e litigi estivi hanno fatto sì che molti elettori di sinistra perdessero la fiducia nei loro vecchi partiti andando a fare il classico voto di protesta. Alla luce di ciò, mi auguro un Governo di Ministri che lavorino per il bene del nostro Paese e non per i propri interessi personali; mi auguro persone competenti e all’altezza del ruolo che ricoprono e non burattini messi lì per conoscenze. Mi auguro quindi un Governo che possa lavorare fino alla fine del suo mandato perché qualora dovesse nuovamente cadere significa che avremo perso tutti; mi auguro infine che il nuovo Governo possa far affluire il numero di persone ai seggi, magari attraverso una legge che conceda ai fuorisede il voto nella città di domicilio e non di residenza.
Marco C. – Milano
Gesti politici nello sport
Il primo gesto politico avvenuto nel mondo dello sport può essere quello delle Olimpiadi del ’68, quando Smith e Carlos, una volta ricevute le relative medaglie, ascoltarono l’inno nazionale sollevando un pugno chiuso ricoperto da un guanto. Questo gesto esprimeva solidarietà nei confronti delle Black Panthers, organizzazione che lottava per porre fine alla discriminazione degli afroamericani. Tale posa è stata ripresa in tempi moderni da Hamilton, pluricampione di Formula 1, per combattere il razzismo in America e nel mondo.
Purtroppo, però, almeno per quello che posso vedere in Italia, si sta strumentalizzando troppo la questione, la quale non può essere definita soltanto come un qualcosa a due colori, bensì di mille sfumature. Nel compiere un gesto politicamente forte, la persona deve crederci e porre degli ideali in essere. Non basta farlo. Moltissime persone non compiono i gesti proprio perché non credono sia la strada giusta per combattere il razzismo. Quindi non sentono una motivazione valida. Non è vero che se una persona non si fa fotografare mentre combatte le disuguaglianze allora è una persona razzista. Non sono azioni complementari. Ne sa qualcosa il ferrarista Leclerc, pilota molto presente in campagne solidali, che ha dovuto rispondere in maniera molto forte, attraverso i suoi canali social, alle accuse di chi lo ha criticato per non essersi inginocchiato prima dei Gran Premi. Per il pilota monegasco, infatti, “contano maggiormente i fatti e i comportamenti delle persone nella vita piuttosto che i gesti formali che potrebbero essere giudicati controversi in alcuni Paesi”.
Una situazione simile si è verificata durante gli indimenticabili Europei di calcio del 2020: alcune squadre si sono volute inginocchiare in solidarietà al movimento BLM mentre altre no. Questo contesto ha visto l’Italia come protagonista assoluta in quanto, durante la partita contro il Galles, metà squadra era rimasta in piedi mentre l’altra era inginocchiata. Ho visto persone criticare e insultare duramente i giocatori, la squadra e i dirigenti. Fino a prova contraria, però, esiste l’articolo 21 della Costituzione che dà diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Pertanto, se una persona non dovesse essere d’accordo relativamente a un gesto o una parola, non vedo perché dovrebbe emularlo, cadendo poi nella banalità. Penso, inoltre, che l’Italia nella decisione presa contro il Galles si sia dimostrata un Paese democratico, come affermato nella Costituzione, in cui ognuno può sentirsi libero di esprimere la propria opinione. Obbligare tutti allo stesso tipo di comportamento in nome di uno spirito di squadra mi sembra assurdo. I calciatori sono persone normali, possono essere amici anche avendo opinioni e modi di dimostrarle differenti.
Ripeto, bisogna avere rispetto nei confronti delle persone perché un gesto formale non implica che la persona che lo compie è razzista o meno. Inoltre, bisogna anche essere onesti con sé stessi quando si prendono queste iniziative. Durante il quarto di finale Italia-Belgio, il calciatore Spinazzola si è rotto il tendine d’Achille ed è uscito piangente in barella. Nessun giocatore belga, che qualche ora prima si era inginocchiato in senso di rispetto verso il prossimo, si è avvicinato per chiedergli come stesse, non uno ha bloccato il lancio di oggetti dagli spalti verso di lui, non uno ha avuto un qualsiasi moto di compassione. A questo punto mi viene da pensare, come dice Leonardo Tondelli nel suo blog, che veramente c’è il rischio di non sapere perché ci si inginocchia. Mi viene da dire che molti si inginocchiano e si inginocchieranno per conformarsi alla massa e aderire ad una scelta politica che però, nei fatti reali, è abbastanza sterile. Come si può sostenere la causa di milioni di persone sconosciute se non si riesce a rispettare nemmeno chi è a due metri da te? Penso, inoltre, che l’Italia nella decisione presa contro il Galles si sia dimostrata una Nazione democratica in cui ognuno può sentirsi libero di esprimere la propria opinione. Obbligare tutti allo stesso tipo di comportamento in nome di uno spirito di squadra mi sembra assurdo. I calciatori sono persone normali, possono essere amici anche avendo opinioni e modi di dimostrarle differenti.
Detto ciò, non voglio essere frainteso, ma soltanto esprimere la mia opinione dopo tutto quello che ho visto. Vorrei soltanto che le persone che compiono questi gesti fossero consapevoli di ciò che fanno. E non che lo facciano soltanto per “farsi vedere”. Lo stesso vale per le proteste sportive nei confronti delle donne. Credo abbia poco valore dipingersi la faccia, se poi non si fa nulla di concreto per difendere le donne da molestie sessuali o altre discriminazioni. Credo, infine, che per combattere al meglio le disuguaglianze bisogni infliggere delle dure punizioni all’istante e non dopo aver aspettato metà campionato; soprattutto al giorno d’oggi con una tecnologia avanzata e i biglietti nominativi.
Marco C., Milano
Giovani in politica!
«A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà.»
Don Sturzo, nell’ormai lontano 1919 si rivolgeva così agli italiani martoriati dalle disgrazie della guerra invitandoli a rimboccarsi le maniche per ricostruire un futuro migliore per il Paese.
Ispirandosi a queste parole, dopo 100 anni esatti sta nascendo a Genova un’associazione di promozione sociale. “NOI X I GIOVANI” per riavvicinare i giovani alla politica.
Certo, qualcuno, soprattutto chi proclama la quarta repubblica, potrebbe contestarmi che le parole di Don Sturzo a cui mi ispiro sono addirittura riferibili a periodi anteriori alla prima di repubblica, ma rileggendo questa frase mi sono accorto di quanto siano attuali queste parole:
Ci sono ancora degli uomini liberi e forti che vogliono impegnarsi in qualcosa dedicandoci anima e corpo?
Quali sono oggi gli ideali di giustizia e di libertà per cui valga la pena lottare?
Dove sono i giovani in tutto questo?
“NOI X I GIOVANI” nasce non solo per provare a rispondere a questi interrogativi, tramite conferenze e occasioni di confronto tra i giovani ma si pone soprattutto come un contenitore di buone idee, di domande e risposte liberali per costruire, con tutti quelli che vorranno partecipare, qualcosa di più, di migliore.
La politica, anzi, la buona politica, come ho già detto in altre occasioni, si fa mettendoci la faccia, mettendoci il cuore e la mente, le parole, anche se buone e nobili, da sole non bastano.
Noi giovani, nel nostro piccolo, in un mondo in cui aumentano le disuguaglianze materiali e immateriali dobbiamo impegnarci, nell’Università, nei Municipi, nelle Associazioni, nel Volontariato, nello Sport, ovvero in tutte quelle realtà che, attraverso la loro struttura centrale e periferica, promuovono azioni politiche, economiche e culturali per riportare al centro la persona nel suo essere sociale, ripristinando un sistema valoriale fondato su principi liberali, di correttezza, lealtà e partecipazione.
Venerdì 22 febbraio p.v. presenteremo “Noi per i Giovani” ai giovani genovesi.
Personalmente come giovane che vuole fare politica ritengo fondamentale far passare il messaggio che nel delicato rapporto giovani e politica spetta alla politica fare il primo passo.
Per questo motivo inviteremo i presenti e molte altre persone attraverso i social a compilare uno speciale questionario online basato sui problemi reali dei giovani, sui problemi legati al mondo universitario, alla difficoltà di trovare un lavoro dignitoso, dando spazio anche a critiche e consigli in modo tale che il lavoro politico che Noi x i giovani realizzerà nei prossimi mesi non sia frutto di scelte calate dall’alto ma che sia espressione di una politica che “incontra i giovani” nelle loro esperienze di vita.
Con questa iniziativa speriamo di raccogliere, nel miglior modo possibile, quel invito di Papa Francesco a gettare il seme buono del vangelo attraverso il servizio dell’impegno politico, mettendoci in gioco anche attraverso la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale.
Luca Marcato – Genova
Politica sogno o realtà
I sogni sono parte di tutti noi, che si voglia o no comprenderli.
Ho recentemente sognato una persona cara: una volta mi accompagna su un aereo, controlla che tutto sia in ordine nella cabina e poi mi lascia partire; un’altra mi lascia un paio di scarpe nuove per proseguire i miei cammini. I sogni possono far percepire il futuro o aiutare a capire la realtà.
Fermiamoci alla realtà. Come camminare nella realtà odierna?
Stiamo vivendo una realtà affaticata, sempre più difficile e complicata che richiede un maggiore sforzo di discernimento al di là delle proprie idee, appartenenze politiche. È normale che si abbiamo delle idee, delle appartenenze, ma non è consueto non avere uno spirito critico. Coltivare uno spirito critico è il primo e necessario gradino da salire se non vogliamo essere travolti dalle situazioni, se desideriamo vivere da cittadini, altrimenti si rischia il caos quotidiano.
Coltivare uno spirito critico obiettivo, capace di riconoscere il bene o il male là dove effettivamente si trova, non solo nell’amico o nel nemico!
Sì, il problema odierno è questo dividersi assolutamente tra bravi e cattivi, migliori e peggiori, ma poiché si è chiamati a vivere insieme, su una stessa terra, bisogna trovare un altro modo di vivere.
Anche in questo la faticosa ricerca del bene comune dei padri costituenti è emblematica perché altrimenti si rischia un vizio tipicamente italiano: una continua e ripetuta divisione tra guelfi e ghibellini.
È il loro esempio da tenere in considerazione specialmente in una fase sociale e politica dove pare sia necessario distruggere tutto, tutto il tessuto sociale e relazionale e politico (nel senso alto del termine) fin qui costituito. Ciò non significa il mantenimento dello status quo che sarebbe la contraddizione del crescere un sano spirito critico.
Colui che si occupa di politica a qualsiasi livello deve tener presente l’impegno a costruire superando le fasi passate, ma non distruggendole a oltranza. Questa consapevolezza è importante se consideriamo che un paese, anche l’Italia, è specialmente composto da persone che vivono una vita e una visibilità media ma non per questo insignificante.
Forse per troppo tempo si è invece indotto (quindi educato) a preoccuparsi di questioni frivole, a cercare un nemico per forza per cui oggi si sta perdendo la cura della classe normale e maggioritaria della società, ma se ne sta assumendo il controllo!
Avere cura è ben diverso dal controllare, seppure l’uomo tende al controllare, ad avere potere sul proprio simile.
Avere cura significa capire che nonostante le promesse elettorali roboanti che ogni politico “deve” fare in campagna elettorale, le fatiche della realtà quotidiana sono altre, le strade da prendere sono differenti.
L’algoritmo principale che dovrebbe avere la politica di oggi è l’arte del tessere la trama delle relazioni tra le persone di una città, della città Italia, della metropoli Europa anche di quanti non mi hanno votato. Non è facile tessere relazioni ma è letale tagliarle tout court per mantenere una sorta di purezza che non è proprio la qualità principale di ogni essere umano!
L’algoritmo altro poi dovrebbe essere il rispetto delle Istituzioni, non un rispetto deferente con derive kafkiane, ma attento e costruttivo, altrimenti si rischia lo sfascio di queste con l’indubbia conseguenza di un disamoramento, di un misconoscimento del valore della Istituzione che dovrebbe travalicare il colore politico.
Infine, la politica, per un cristiano, è fatta di valori: il Bene Comune, la Charitas, la Solidarietà, i Poveri, tutti i Poveri, la Sussidiarietà, l’Educazione, la Vita in tutte le sue dimensioni.
Probabilmente la sempre maggiore età del nostro paese, il sempre minor numero di giovani e non parliamo di bambini ci porta alla conservazione piuttosto che al rischio, al presente piuttosto che al sogno.
Non basta connettersi a per comunicare, per dire di capire e fare: occorrono motivi per scambiare idee, progetti comuni e una cultura di fondo che aiuti a riconoscere nel diverso da me un valore applicabile anche al di fuori del mio pensare abituale e chiuso. Altrimenti si rischia con il rimpiangere il passato, non saper vedere un futuro e si perdono le opportunità.
Abbiamo bisogno di riprendere il volo, di mettere ai piedi nuove scarpe non per fuggire bensì per intraprendere nuovi viaggi di impegno e di Servizio Politico. È importante studiare la Costituzione, leggere i giornali che ci piacciono e no, liberarci dagli algoritmi della rete perché la nostra mente possa viaggiare libera e fiera non di essere prima degli altri, ma prima con gli altri in Italia e in Europa.
Giannicola M. Simone
10 febbraio 2019
Percezione politica
La mia attuale percezione è che la politica in Italia non sia più lo strumento tramite il quale si risolvano i problemi sociali, bensì una grande messa in scena dove la nostra classe dirigente litighi o faccia finta di litigare su questioni più o meno importanti. Il punto fisso della scena politica italiana è il disaccordo, la distanza, la bocciatura da parte di qualsiasi colore, partito, movimento, verso qualunque altro. L’ultimo governo per poter venire ad esistere ha dovuto stilare un vero e proprio contratto, presidiato e garantito da un avvocato, divenuto, addirittura, presidente del consiglio dei ministri. Non credo che sia sbagliato nell’amministrazione della res publica obiettare, contraddire e far valere la propria, sacra, libertà di pensiero, tuttavia trovo ossessiva la ricerca del contrasto indipendentemente dal concetto, tralasciando spesso ciò che è il bene della nazione, per rincorrere interessi personali e di partito.
L’Italia è un paese ricco di storia, bellezza, arte, cristianità, cultura, ma anche di ignoranza, povertà e mafia, disunito e combattuto nei secoli, unito e diversamente combattuto nell’età moderna, un territorio dunque molto complesso da governare. La politica italiana è caratterizzata dall’essere avvolta in un sistema mediatico e giornalistico che, in moltissimi casi, a una corretta informazione preferisce la destabilizzazione di un equilibrio politico già precario, aizzando polemiche, rinforzando un sistema privo ormai della sua utilità sociale e fatto di scontri, litigi e teatrini che occupano giornali e programmi tv, ma che tolgono all’Italia la serietà e la serenità con cui si lavora e progredisce veramente.
Se alla natura di un popolo, seppur molto variegato, non si può mettere mano e quindi ci sarà sempre quel folclore caotico intorno alla politica italiana, si può e si deve mettere mano alla struttura dell’ordinamento, con rivoluzioni che rendano meno complesso il buon funzionamento dello Stato. L’Italia ha bisogno di una riforma costituzionale; la nostra magnifica Carta disciplina in molti suoi punti situazioni che non esistono più o che sono cambiate in modo notevole rispetto a quando fu scritta, in primisbasti pensare alla presenza di una sovranità europea dalla quale riceviamo regolamenti e direttive che non bisogna far altro che applicare e seguire.
Da prendere più che in considerazione in ottica di riforme sono sicuramente sia il rapporto tra Stato centrale ed enti locali, che mai è stato chiaro e che incessantemente presenta controversie e tensioni, sia il nostro obsoleto e stagnante sistema parlamentare che riflette questi suoi difetti in tanti dei settori di sua competenza: sanitario, infrastrutture e opere pubbliche, ambiente, previdenza sociale e lavoro.
Nel vento del cambiamento necessita inoltre di essere compreso tanto l’ordinamento giudiziario, caratterizzato da tempistiche bibliche, formalismi esasperati e protezionismi ultraconservatori, quanto il sistema amministrativo, inceppato molto spesso da una burocrazia straziante. È per questi urgenti e palesi motivi che avremmo bisogno di più dialogo e collaborazione in tutta la classe politica, che questa lavori unitariamente, seppur con idee e opinioni diverse, verso un obiettivo principale e totale: il bene della Nazione. La diversità di vedute, opinioni e idee è umana, bellissima e meritevole di tutela, questa deve però accrescere e arricchire il dialogo e non impoverirlo o negarlo, come, a prescindere, avviene ormai solitamente.
Paolo Peviani, Casalpusterlengo (LO)