SAMZDAY 2023

Oggi è la festa del nostro amato e simpatico e ganzo e innovativo e instancabile e… SAMZ!
Non scrivo cose su di Lui, già lo ha fatto Paolo recentemente e non solo lui. Piuttosto credo che il modo migliore sia quello di ragionare su come mettere in pratica i suoi insegnamenti e renderlo presente oggi.
Recentemente don Alberto R. a scritto che il rischio dei preti e della Chiesa è di dire: “abbiamo sempre fatto così”, un rischio pernicioso e mortale. Una Chiesa che dovrebbe essere il normale alveo della fantasia rinnovatrice dello Spirito santo rischia in effetti di arenarsi nel “abbiamo sempre fatto così”.
Non è facile uscire da questo ritornello, non credo sempre e solo per accidia pastorale, bensì perché è complesso trovare strade nuove. Meglio, è facile tentare nuove strade e o strategie ma non altrettanto mantenerle perché l’oggetto dei tentativi si stanca facilmente ovvero ha gusti difficili o non si interessa a nulla.
Sicuramente il problema della Chiesa oggi, anche in Italia, è quello di non riuscire ad arrivare ai giovani a tanti più giovani anche se diverse immagini di questi giorni sui nostri Campi Estivi sembrano dimostrare il contrario.
I giovani che collaborano con me hanno letto e commentato l’articolo di don Alberto, lo hanno apprezzato ma ritengono sia una questione non così reale e importante perché la maggior parte dei loro coetanei non è interessata a nulla se non a ciondolare di qua o di là perché è estate, perché devono essere liberi, perché non amano puzza di incenso o di impegno qualsiasi.
Uno dei motivi per cui 40 anni fa decisi di intraprendere la strada della vita consacrata, del sacerdozio, fu proprio quella di far conoscere a tanti miei coetanei la bellezza dell’amicizia con Gesù. Ho cercato strade e strategie anche nuove, ho notato delle costanti e dei cambiamenti tra le generazioni incontrate. Ho cercato di trasmettere ai miei confratelli più giovani il gusto della cura dei giovani e adolescenti più che dei pizzi e merletti. Non devo certo fare una statistica dei risultati ottenuti (è necessaria?). Mi accorgo che non è facile appassionare a Cristo, al vivere in Cristo; non è facile formare a una “evangelizzazione per attrazione” o far “scendere dal divano” i giovani.
Eppure tre settimane fa ho incominciato – dopo anni di sosta – l’oratorio estivo forte della mia formazione milanese ma anche preoccupato per la mancanza di animatori e altri collaboratori: non volevo comunque si perdesse l’occasione di una cura dei bambini e dell’attenzione alle loro famiglie, in vista di una “capitalizzazione” per il futuro. Le cose sono andate bene, anche con un po’ di “copia e incolla”, tranne per i ragazzi 11/13 (ma questo è un altro discorso).
Specialmente con gli animatori ho notato una fedeltà che non mi sarei aspettato (compresa la pausa Coldplay a Milano!!!) e una capacità di coinvolgere loro coetanei a dare un contributo (ciò che non ero riuscito a fare io).
Gli “altri” giovani, anche quelli che al termine delle attività arrivavano a frotte per giocare a basket o… non è stato possibile coinvolgerli, nemmeno in attività alternative come scrivi don Alberto.
È giusto dire che sono contento di poter dare loro almeno un sorriso, un chiamarli per nome, uno spazio accogliente?
È giusto “accontentarsi” degli animatori vecchi e nuovi, come di quelli impegnati nella maturità o i nostalgici ora all’università che percorrono nuove strade? Lavorare con loro richiede molto tempo e pazienza e molta preparazione e non è facile trovarne per altro: è una considerazione comoda?
È corretto che l’età di don Alberto, più giovane della mia, si ponga la preoccupazione che è anche la mia: “abbiamo sempre fatto così”. Non è facile trovare una alternativa, ma con pazienza, comunione tra noi, i giovani e lo Spirito santo, credo che la troveremo.
Antonio Maria Zaccaria è sempre stato preoccupato di riformare se stesso prima degli altri, per riformare gli altri e la Chiesa; Antonio Maria ha sempre considerato l’errore dell’altro come un fatto necessario per crescere e costruire, perché, Antonio Maria prima di tutto ha sempre creduto nella libertà dell’altro per crescere nella libertà di Cristo.
Con questi pensieri grazie a tutti voi celebriamo oggi la festa del nostro Padre e Fondatore.
Giannicola M. Simone prete

Non ebbe paura! il SAMZ

Antonio Maria Zaccaria, 1502-1539; 37 anni di vita intensa, coraggiosa, incosciente, testarda, amabile, preoccupata, cordiale, umile, santa.

Nel 2002 in occasione del 500 anni dalla nascita proposi come gadget una boccetta di profumo, un po’ per marketing che è necessario visto che non so fare i miracoli, per ricordare che i santi sono coloro che lasciano un profumo particolare, il profumo di Cristo, la fragranza dello Spirito santo, mi presero per matto!
Un santo lo si riconosce proprio perché ci fa intendere, percepire il profumo di Cristo perché è talmente conformato a Cristo che non può non profumare di Cristo.
SAMZ aveva la forte preoccupazione di lasciarsi talmente conformare a Cristo che avrebbe fatto di tutto per essere una cosa sola con Lui.
Non ebbe paura di affrontare la vita con le sue fatiche, rimase orfano a tre anni; non ebbe paura di preoccuparsi dei poveri già da adolescente; non ebbe paura di lasciare tutti i suoi beni per meglio seguire Gesù; non ebbe paura di cambiare vita, di lasciare il casato nobile degli Zaccaria per costruire un piccolo casato di preti, suore e coniugati o laici con i quali seguire il vangelo per annunciarlo meglio.
Non ebbe paura di continuare a riformare se stesso, insieme ai suoi compagni e compagne di viaggio per meglio riformare la Chiesa. Certo perché SAMZ non pensava solo a se stesso, avrebbe potuto farlo. Quanti cristiani si dicono tali ma non vivono da tali, pensano solo a se stessi, al proprio tornaconto umano e spirituale come se la vita e la fede si potessero comprare come si fa la spesa al supermercato. Quanti cristiani amano parlare e predicare ma non si mettono in discussione, non si lasciano rinnovare dalla parola di Dio.

AmZ non pensava solo a se stesso, alla propria salvezza! Meglio, pensava alla propria salvezza, perché è cosa buona e giusta, ma dentro una chiesa, nel popolo di Dio. Questa era la “retta intenzione”, consapevole che da soli non ci si può né salvare, né salvare l’altro: la riforma della Chiesa e dell’altro passa solo attraverso la riforma di se stesso.
L’unica paura che SAMZ aveva era quella di soccombere alla tiepidezza, alla irresoluzione, alla vanagloria, al non potersi conformare a Cristo!

Sapeva bene SAMZ che la storia del suo tempo non stava vivendo un bel periodo; sapeva che l’avvento della stampa avrebbe cambiato le sorti dell’umanità; sapeva bene che la Chiesa era per buona parte lontana dallo spirito del Vangelo: proprio per questo non avrà paura di combattere contro il mal costume.
Sapeva bene di avere delle responsabilità per la generazione che viene e per questo non smise di combattere e correre come un matto verso Dio e verso il prossimo.
Dalla consapevolezza delle sue responsabilità dobbiamo prendere anche noi esempio, forza di testimonianza per affrontare questa epoca di cambiamento che la pandemia non ancora ritiratasi dalle nostre case ha accelerato e radicalizzato.

Voi tutti siete qui (a messa) perché è domenica, perché siete stati invitati, per amore a questa nostra famiglia barnabitico-zaccariana, ma io mi auguro e lo credo fermamente che non sia solo un gesto di cortesia, bensì una opportunità di impegno per la vostra salvezza, per la nostra salvezza, per la salvezza dell’umanità.
Non è superbia pensare di poter salvare l’umanità, se lo facciamo per il puro e unico onore di Dio, ma servizio a questo mondo che ha bisogno di cura e compassione;
non è superbia perché sappiamo di non poter agire da soli, ma solo nella Chiesa – pur con i suoi limiti, peccati.

Oggi abbiamo invitato specialmente il corpo medico e paramedico, perché SAMZ era un medico, perché abbiamo bisogno di ringraziare e sostenere quanti anche qui a Firenze hanno lavorato in questa emergenza; abbiamo invitato in particolar modo due miei cari amici, Beppe ed Eleonora, medici di base a Lodi; dire Lodi potrebbe bastare!
Credo che un medico che volesse lavorare da solo, come unico salvatore del suo paziente e non pensasse di essere una parte di un tutto, non sarebbe un buon medico.
Credo che un medico che si occupasse solo del suo settore anatomico e non tenesse conto della totalità della persona, non sarebbe un buon medico.
Credo che la medicina del corpo da sola non sia sufficiente per salvare l’umanità, è necessaria anche una sana medicina dell’anima, della coscienza, dello spirito.
Essere fedeli a SAMZ chiede che ci preoccupiamo del bene dell’umanità con la stessa passione e spirito con il quale tanti nostri medici hanno operato nelle zone colpite più drammaticamente dal Covid e non solo. Questo Significa correre come matti verso Dio e verso il prossimo.

Voglio chiudere con un grazie a tanti giovani, anche nostri, che in questi mesi e in queste due sere hanno pregato con noi barnabiti e ci hanno testimoniato una passione che ci dà speranza e stimola a lavorare sempre di più per la Chiesa di Dio.
Pregate per noi barnabiti, e per il dono di sante vocazioni.