Down by Law

Commedia “impassibile”, Down By Law (1986) di Jim Jarmusch è da qualche anno in ristampa. Ho avuto la fortuna di vederlo settimana scorsa su un grande schermo della capitale, e non riesco ancora a capacitarmi di quanto sia stato illuminante, rivelatore.
Della premiere nel 1986, il film mantiene ancora la sua ipnotica colonna sonora, le straordinarie prestazioni attoriali e la superba cinematografia monocromatica di Robby Müller. Tutto questo rende il primo lungometraggio del regista americano un gioiellino, una pietra preziosa da mettere da parte e custodire nel cassetto insieme alle prime opere di David Lynch e Spike Lee.
Se si tratti di un’opera assolutamente inimitabile, rimando a pareri più esperti e scienti del mio: tuttavia bisogna affermare che trova il suo fiorire soprattutto se messo a confronto con le successive fatiche del regista, reo di aver portato alla ribalta personaggi come Bill Murray (Broken Flowers, 2005) e Tilda Swinton (Only Lovers Left Alive, 2013). Non che non fossero famosi prima eh, ma quantomeno hanno acquistato quel velo di dignità richiesto per essere credibili.
Guadagna anche nella scelta della sceneggiatura, così semplice e lineare da costringere lo spettatore a perdere il filo qua e là, a perdersi e domandarsi, per poi ritrovarsi a un bivio finale – chi ha visto, capirà.

L’inquietante città fantasma di New Orleans evocata in Down By Law è una trasposizione post-apocalittica di Detroit, città sempre cara a Jarmusch, dove nei suoi anni d’oro trova e realizza il miracolo della semplicità nel cinema, partorendo un cinema senza tanti fronzoli e sovrastrutture, in cui ogni personaggio ha il dono miracoloso di saper trovare il vuoto e colmarlo, di saper rendere bello tutto quello che a un primo sguardo potrebbe non sembrarlo, di trovare ciò che non è inferno nell’inferno, e farlo durare, e dargli spazio. (cit.)
Di sapere rendere il cinema un’arte.

Down By Law è un film rilassato senza sforzo, superbamente elegante, che guadagna in credibilità grazie anche a degli attori geniali: Tom Waits nei panni di Zack, il DJ disoccupato che si è trovato in una cella della Louisiana per un crimine che non ha commesso; Jack, un pappone squallido interpretato da John Lurie, musicista e grande amico di Waits; e Roberto Benigni, nei panni di Roberto, lui che un uomo l’ha ucciso veramente, e che viene incarcerato e internato nella stessa cella degli altri due. Da un incontro così casuale, ma fatale, nasce un’amicizia che porta i tre a progettare di scappare assieme e trovare il loro senso ultimo altrove, a metà strada tra il Texas e il Mississippi, nelle paludi stagnanti piene di coccodrilli e insetti.

Il surrealismo della pellicola è, a volte, decisamente marcato e un po’ troppo palese, stucchevole, ma la bravura di Jarmusch nel dirigere e quella dei tre attori (otto se si contano tutte le comparse dall’inizio alla fine) nello stare al gioco, rende Down By Law un perfetto esempio di come si possa fare del buon cinema senza budget milionari, colonne sonore da Oscar e una fotografia scarna, minimalista, nordica, veicolando un senso di purezza più credibile di ogni altra presuntuosa messa in scena odierna.

Andate e vedetene tutti.

Fabio Greg Cambielli