Il multiverso o Dio?

«Poiché ci sono troppi / molti universi come poter pensare a un Dio capace di governare mondi così distanti tra loro? il razionale davvero non implica l’ipotesi di Dio?».

Trovando questa citazione ho cercato di dare una risposta, senza la pretesa di studi accurati, però con la curiosità che mi pervade anche per gli studi di astrofisica che affronto in università.

Subito è affiorata una domanda: “Oggi si è meno credenti? Cosa è cambiato rispetto al passato?”.

Credo di sì. È possibile vedere come, passando da una generazione all’altra, la percentuale delle persone credenti diminuisca drasticamente, passando dalla generazione dei nostri nonni/bisnonni, così fedeli e devoti, alla generazione dei nostri genitori, in cui il concetto di fede per lo più esiste ancora ma è sicuramente meno sentito, fino ad arrivare alla generazione di noi ragazzi, dove la maggior parte non crede all’esistenza di alcun dio.

Questo calare della fede lo attribuisco all’evoluzione scientifica che ha caratterizzato e sta caratterizzando il nostro periodo. L’aumento delle scoperte scientifiche ha portato ad una totale fiducia nella scienza, e a credere a tutto ciò che possa essere spiegato in maniera razionale e scientifica.

Personalmente, il mio distacco dalla fede, e dal pensiero che possa esserci un Dio, è dovuto soprattutto con le scoperte scientifiche legate all’universo. Negli ultimi secoli l’universo conosciuto (inteso come tutto ciò che ‘circonda il nostro pianeta) è aumentato sempre di più, fino a raggiungere dimensioni spaventose, ed è ancora molto da scoprire. Siamo passati dalla concezione che l’universo si espandesse fino al sistema solare, fino ad arrivare ad osservare galassie distanti da noi miliardi e miliardi di anni luce.

Tutto questo mi ha portato a chiedere se esistesse veramente un Dio in grado di governare e vegliare su un mondo così enormemente vasto. Una risposta più plausibile potrebbe essere che di Dio ne esista più di uno, ma allora quanti ce ne devono essere? Gli ultimi studi parlano di un universo in espansione, quindi anche il numero di Dio è in espansione? Era già difficile credere all’esistenza di un Dio, figuriamoci alla possibilità che ce ne siano infiniti.

Allora la risposta più semplice è che non c’è un Dio (o almeno inteso come nella Bibbia).

Alessandro Bevilacqua – Napoli

Bellezza tra arte e scienza

 

Vi sarà certamente capitato di ragionare sul concetto di bellezza e vi sarete sicuramente accorti di quanto sia complicato dare una definizione soddisfacente del termine. Forse perché, come spiegava Kant nella “critica del giudizio”, essa è indefinibile in termini logici, scientifici o matematici. “Il senso della bellezza”, documentario del 2017 accetta questa inconoscibilità insita nel concetto stesso di bellezza ma indaga sul rapporto tra arte e scienza (in particolare la fisica) e su come esse possiedano come fattore comune proprio la bellezza. Come può qualcosa di così emotivo e sensitivo avere a che fare con complesse formule matematiche o acceleratori di particelle giganteschi?

Oggi la scienza viene definita, non a torto, la religione del nostro tempo: una mano immateriale che neanche gli scienziati sanno dove ci condurrà. I fisici, per la prima volta nella storia, non hanno una strada maestra da seguire e con le loro ricerche indagano l’ignoto, ciò che non è conosciuto dall’uomo. Nessuno sa cosa verrà scoperto con i nuovi esperimenti in corso al Cern di Ginevra, ma attraverso l’LHC (Large Hadron Coolider, il più grande acceleratore di particelle del pianeta) si cerca di scoprire il senso dell’universo e quindi, in un certo senso, il fondamento della bellezza. Sì, perché il concetto di bellezza è strettamente legato al mondo fisico. La natura ricerca nelle sue forme armonia, corrette proporzioni, simmetria e semplicità che sono le caratteristiche che rendono un oggetto o un ente differente dagli altri. Sempre, però, con un miscuglio tra ordine e caos perché un universo totalmente simmetrico e perfetto sarebbe paralizzante.

Questa idea è stata perfettamente compresa non solo dagli artisti ma anche dagli uomini del passato. Un’antica leggenda racconta come i tessitori di tappeti persiani lasciassero appositamente una piccola imperfezione nelle loro opere perché temevano che nelle geometrie troppo perfette dei loro tappeti la loro anima si intrappolasse e vi rimanesse incastrata per l’eternità.

Ma la bellezza, continua il documentario, è nello sguardo dell’osservatore perché risiede nella nostra mente: ovunque potremmo vedere bellezza se solo fossimo predisposti a concepirla. Tuttavia i segreti della natura potremo comprenderli solamente quando avremo risolto ogni dubbio della fisica quantistica, perché è in essa che viene gelosamente custodita la sua essenza.

Purtroppo il mondo quantistico non è percepibile dai sensi umani, ma al contrario ricade spesso in paradossi assolutamente insormontabili se continuassimo ad affrontarli con le leggi della fisica classica. A Ginevra è stata costruita quella che è probabilmente la più affascinante macchina inventata dall’uomo: l’LHC, un enorme occhio capace di fotografare la materia, permettendoci di osservarla come mai prima d’ora. È grazie ad essa che sono state fatte incredibili e rivoluzionarie scoperte come la supersimmetria, il bosone di Higgs o sono state scattate le prime immagini degli scontri tra particelle.

Dopo aver cercato di descrivere come siano correlate fisica e bellezza cercherò di sintetizzare quale siano invece i punti di contatto tra arte e scienza studiati dal documentario e come essi abbiano concetti di bellezza molto simili tra loro. Innanzitutto c’è una poetica inutilità nelle ricerche fisiche che vengono svolte a Ginevra: esse non servono a nulla se non a cercare risposte. Ciò che accomuna gli scienziati e gli artisti è la passione verso la conoscenza, entrambi provano a comprendere il ruolo dell’uomo nell’universo e il senso delle cose. Il fisico crede che la natura comunichi con un suo linguaggio specifico che è quello matematico e attraverso gli esperimenti cerca di esprimere la propria creatività come un artista con una tela. Non solo, entrambi sono fortemente ispirati dal mondo naturale e così come esso fa un uso incredibile dell’immaginazione e della fantasia anche loro vi fanno spesso ricorso. Infatti, come un uomo che osserva un panorama non può sapere cosa vi sia oltre l’orizzonte ma può solo immaginarlo, noi non possiamo vedere le cose come sono ma solo come appaiono. Dietro ad un’incredibile complessità della natura vi si nasconde un’estrema semplicità ed è questa la sua bellezza. Perciò più le leggi fisiche possiedono un’estetica semplicità più esse sono esatte, in quanto scoprono l’essenza delle cose. Se consideriamo che l’universo non ha alcuna conoscenza del costrutto umano, è assolutamente affascinante come i Greci che costruirono il tempio di Agrigento, pur non sapendo nulla di fisica quantistica, utilizzarono le medesime proporzioni che 2500 anni dopo sono state ritrovate nelle particelle sub-atomiche dai fisici di oggi.

Ma gli studi al Cern, come nel resto del mondo, non sono ancora finiti. Resta da scoprire circa il 95/96% del nostro universo ancora totalmente ignoto all’essere umano. In questo senso gli esperimenti compiuti a Ginevra, con lo scopo di simulare nella maniera più vicina alla realtà possibile il Big Bang, stanno provando a scoprire i misteri del mondo fisico a partire dalla sua nascita. Nessuno sa quali nuove leggi riusciranno a descriverli. Quel che è certo è che saranno bellissime.

Luigi Cirillo– Roma

Onde gravitazionali

Onde gravitazionali ovvero, il senso della ricerca.

Questa settimana la fisica ha raggiunto un altro risultato fenomenale: sono state individuate le onde gravitazionali.

Esse sono un’increspatura dello spazio-tempo generate dalla fusione di due buchi neri. Nonostante la loro esistenza sia una diretta conseguenza della relatività generale, teorizzata 100 anni fa da Albert Einstein, fino ad oggi non si era riusciti a dimostrarne l’esistenza. Data la loro natura, abbiamo dovuto aspettare un secolo per avere la tecnologia sufficiente per poterle rivelare. Ma grazie ai progressi tecnologici e come sempre grazie ad un pizzico di fortuna abbiamo raggiunto questo importante obiettivo. Perché importante?

Perché innanzitutto è un’ulteriore conferma della teoria di Einstein e in secondo luogo apre la porta a nuove tecniche di indagine del cosmo, che fino ad ora è stato studiato utilizzando la luce.

Tuttavia ciò che mi ha lasciato perplesso in questi giorni è la reazione di molti italiani di fronte a questa eccezionale scoperta. Confrontandomi con i miei amici e leggendo i commenti delle notizie, ho riscontrato una certa indifferenza di fronte a questo avvenimento.

Il perché è semplice.

La scienza si è evoluta enormemente nell’ultimo secolo. Ora si parla di Big Science, poiché le nuove scoperte vengono effettuate dai grandi centri di ricerca e dai gruppi di ricercatori. La figura del singolo scienziato, capace di creare da solo una teoria, è quasi sparita.

Il motivo è che si è raggiunto un livello di complessità che necessita un approccio di massa, per risolvere i problemi. E sono necessari anche grossi investimenti per costruire macchine sempre più potenti.

Il nocciolo della questione è proprio questo: la complessità degli argomenti nasconde l’utilità pratica delle scoperte effettuate nell’ultimo quarto di secolo. Allora per i non addetti ai lavori è quasi giustificata la perplessità di fronte a queste notizie ed è quasi lecito che il popolo si chieda perché non investire quell’enorme quantità di soldi in progetti all’apparenza più utili.

Tutto ciò perché ciò che spesso si ignora sono le conseguenze pratiche della ricerca di base. Tutto ciò che ci circonda, le lampadine, la risonanza magnetica, internet e i computer, derivano proprio dalla ricerca di base, che come prodotto secondario fornisce la tecnologia che usiamo quotidianamente. Forse noi scienziati dovremmo essere più bravi nel comunicare questo fatto, in modo da poter far conoscere l’importanza della ricerca scientifica.

Inoltre è proprio la curiosità dell’uomo che ha permesso la sua evoluzione nella storia. Una curiosità fine a se stessa. Un po’ come la letteratura, la musica, la pittura e il teatro. Tutto ciò non risolve i grandi problemi del mondo, ma permette all’uomo di innalzarsi e di vivere, non solo di sopravvivere.

Roberto Nava