“Giovani distratti? Adulti, gli insegnanti!”. Intervista a P. Lello Lanzilli membro del Sinodo Giovani


Sinodo Giovani, Cari amici di Giovani Barnabiti, una nuova tappa del nostro cammino di riflessione sul Sinodo Giovani, che inizierà oggi  mercoledì 3 ottobre 2018 qui a Roma, dove ci troviamo adesso insieme a padre Lello Lanzilli, gesuita, che fa parte del equipe di organizzazione ai livelli più alti del Sinodo, “I giovani la fede e il discernimento vocazionale”; gentilmente ci concede un po’ di tempo per ragionare insieme su questa bella opportunità che la Chiesa sta giocando come sfida nell’ incontro con voi giovani. Qualche domanda, quasi una chiacchierata amichevole, per entrare un po’ di più in questa macchina così importante e anche su qualche riflessione in risposta a domande da voi poste.

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Il Sinodo è l’assemblea primaria dei vescovi del mondo voluta da Paolo VI per aiutare il papa a riflettere sui temi importanti e talvolta difficili della Chiesa, dei cristiani, prima di tutto cosa significa il titolo del Sinodo, “I giovani la fede e il discernimento vocazionale”?

Il Sinodo che è dedicato ai giovani ha l’intenzione di concentrare l’attenzione di tutta la Chiesa sulla realtà giovanile, su questa età della vita in cui tutti siamo chiamati e siamo impegnati a prendere delle decisioni importanti, sia per quanto riguarda lo stato di vita, sia per quanto riguarda le scelte professionali, sia per l’inserimento nella società. Per questo i giovani sono al centro dell’attenzione della Chiesa, ma non come soggetti passivi come se la Chiesa si interessasse a loro con un atteggiamento di tipo statistico o sociologico, sono al centro della vita della Chiesa, perché la Chiesa desidera che siano sempre più protagonisti. E quindi il tema della Fede è il tema della possibilità che loro hanno di esprimere la relazione che hanno con il trascendente, la relazione che hanno quelli che sono cristiani cattolici con Nostro Signore Gesù Cristo. E poi il discernimento vocazionale, e bisogna dire che il discernimento è un tema che i giovani nella riunione pre sinodale hanno faticato a comprendere, nessuno o quasi sapeva con precisione cosa significasse la parola discernimento, ma è semplicemente il discernimento e l’opportunità che viene data affinché i giovani possano scoprire qual è la loro vocazione, cioè qual è il loro posto nel mondo, nella società e nella vita, e farlo non in maniera superficiale ma a seguito da una riflessione alla luce dello Spirito che orienti la loro comprensione della loro vita e del loro posto nella società.

Il Papa ha invitato i giovani, credenti cristiani e non, non credenti per un dialogo in cui riuscire a sbriciolare un po’, per far comprendere meglio l’importanza di questa parola “discernimento”, ma anche l’importanza della parola “vocazione”: credo che sia un impegno molto importante. Come hanno accolto i giovani la sfida di questa parola magari poco usata nella loro quotidianità?

Mi riferisco soprattutto ai 300 giovani della riunione pre-sinodale, dal 19 al 24 marzo, convocati qui a Roma da tutto il mondo e dai vari ambiti della società, ma anche provenienti dall’esperienza di droga o carcere, poi giovani sportivi e giovani vittima di tratta perché proprio in questo Sinodo il Papa desidera che nessun giovane si senta escluso dall’attenzione e sollecitudine della Chiesa e dalla possibilità di partecipare attraverso le diverse forme che abbiamo individuato, come il questionario online, per esempio, di partecipare a questo momento di vita della chiesa cattolica. Alla riunione pre-sinodale oltre 300 giovani hanno partecipato anche 15.000 giovani, tutti hanno contribuito alla stesura del documento finale. A Roma erano presenti anche 5 o 6 non credenti; 7 giovani di altre confessioni cristiane; anche questi, sebbene il termine discernimento non facesse parte del loro vocabolario, hanno compreso l’importanza di fermarsi a riflettere in maniera seria e approfondita e alla luce di un criterio di alcuni criteri, un metodo, a riflettere su quello che è la loro vita e la possibilità di scelta e di progetti seri perché la propria vita abbia un senso, perché la propria vita possa sentirsi una vita realizzata non nel senso di potere raggiungere gli apici del successo, ma di potere raggiungere la gioia e la felicità, perché in fondo quello che è in linea con i sinodi precedenti, ma un po’ con tutto il magistero del Papa, quello che è importante è che i giovani capiscano che c’è una via per la gioia, che c’è una via per la felicità, che c’è la gioia dell’amore, che c’è anche la gioia della scienza.

Parlare di gioia significa anche, credo, parlare di salvezza; effettivamente alla domanda quale è la salvezza che ti aspetti molti si sono sentiti con le spalle al muro. La cercano in modi diversi.Nel suo ultimo viaggio nei Paesi Baltici Papa Francesco denunciava la disaffezione dei giovani per la Chiesa, a causa degli scandali della chiesa o della troppa commistione con il potere. Chiedeva alla Chiesa di riprendere ad ascoltare i giovani. Secondo te sarà facile o difficile ascoltare i giovani, specialmente tenere conto delle loro parole, delle loro denunce che purtroppo sono reali? Quando li incontri hanno una tensione verso la Chiesa ma sono preoccupati o allontanati da queste situazioni, se pur riconoscono che non è solo questo la Chiesa.

Tutto il percorso sinodale durato 2 anni, dall’ annuncio il 6 ottobre 2016, fino ad arrivare all’assemblea generale che comincerà il 3 ottobre 2018, fino alla stesura delle linee guida per la discussione, è stato un percorso di ascolto dei giovani in varie forme. Attraverso le conferenze episcopali (maniera classica), le associazioni o il web; tutti hanno ricevuto un documento preparatorio con annesso 15 domande generali e 3 per ogni continente. Anche questa è una particolarità, una novità di questo Sinodo. Sappiamo benissimo che la realtà giovanile, pur avendo diversi tratti in comune, ha anche delle differenze enormi, diversa è la società in cui vivono i giovani che sono stati oggetto di attacchi dell’ Isis per esempio e vivono situazioni di guerra, di tratta. Diverse dalle situazioni dei giovani che vivono nelle società occidentali dove i bisogni primari sono stati soddisfatti e magari c’è più un senso di insoddisfazione diffusa, di noia rispetto alla vita. Quindi i giovani sono stati protagonisti della prima fase del Sinodo, con l’ascolto diretto della riunione pre-sinodale e del documento finale; con il seminario di studi nel settembre 2017, con 50 esperti a livello mondiale più una ventina di giovani; con il questionario online che conteneva delle domande diverse rispetto a quello mandato ai Vescovi, domande più specifiche alla realtà dei giovani. Uscirà il report tra non molto, del questionario online, e ci sono delle sfumature particolarmente interessanti. Sono arrivati più di tremila contributi di singoli giovaniMi sono commosso leggendo questi contributi, mi sono commosso per il loro desiderio di vivere una vita piena di senso, per la loro difficoltà a farlo e il sentirsi prigionieri in una società e un mondo che non promuovono le cose più belle dentro di loro. Le loro solitudine e difficoltà di vivere con un mondo di adulti, che continua a rimproverarli ma non vuole lasciargli le chiavi di casa sebbene ci dia degli esempi che sono pessimi e sono scandalosi. Noi parliamo spesso dei problemi dei giovani. Credo che il problema fondamentale siano gli adulti, non sono i giovani. Gli adulti che non sono stati in grado di indicare ciò che veramente vale nella vita. E continuano ad andare dietro a quelle cose. Rimproverano i giovani: sono distratti, stanno al cellulare, pensano solo alla palestra, ma questo l’hanno imparato dagli adulti. Genitori che prima di pensare alla possibilità di educare davvero i propri figli in molti casi hanno pensato al proprio autoreferenziale modo di vivere.

Passiamo ora a un altro aspetto più vicino a noi in Europa e Italia. Alcuni nostri giovani brasiliani e messicani mi dicono che forse questo Sinodo riguarda più l’Europa, l’Occidente, la sua ormai poca fede che il resto del mondo. Cosa ne pensi?

Si ci può essere questo rischio, però devo dire che c’è stata un’attenzione da parte di tutti ad allargare gli orizzonti, per esempio le domande specifiche per ogni Continente. Nella riunione pre-sinodale personalmente ho avuto l’impressione che la vitalità della chiesa è sicuramente nei continenti come l’Asia, l’Africa e l’America Latina. Piccolo esempio. Alla riunione abbiamo invitato i giovani per un momento di festa. Ognuno a seconda dei propri Continenti hanno presentato dei numeri, degli spettacoli. Hanno iniziato gli africani, molto bello e coinvolgente; hanno continuato gli asiatici con un loro stile più compassato, ma con humor molto sottile; poi il Medio Oriente, con canti molto armonici; l’America Latina ha concluso tutto con un trenino. Gli unici continenti che non hanno presentato nulla sono America del Nord ed Europa. Sicuramente la vita della Chiesa deve guardare sempre di più a questi continenti dove anche i numeri dicono che la realtà ecclesiale sta crescendo e dove c’è, in molti casi, un desiderio di accogliere la proposta di vita nuova, quale quella del Vangelo, che, a volte, nel mondo occidentale, sembra essersi perso; dico sembra perché, probabilmente, quello che si è perso non è il gusto, il desiderio, il senso, ma la capacità di saperlo trasmettere, in una maniera che sia sensata.

Torniamo al discorso degli adulti; è un Sinodo dei giovani ma che dovrebbe essere molto seguito da parte di tutti gli adulti, anche nella vita della Chiesa. Non tocchiamo ora la questione della trasmissione della fede ai giovani, ma sono d’accordo che noi adulti dovremmo interrogarci e quindi capire in cosa siamo stati mancanti, non per accusarci ma per essere più coerenti e capaci di comprendere la Verità.

Io faccio sempre un esempio; alcuni anni fa, nei tempi della mia gioventù, della mia adolescenza, il modello di riferimento della pubblicità, della società, delle riviste, era la persona adulta; si sapeva che la persona realizzata, colui che aveva raggiunto la pienezza dell’essere uomo, era l’adulto, con alcune caratteristiche: un senso di responsabilità, una capacità di sapersi divertire ma senza fare male agli altri; se guardiamo oggi, il modello che viene proposto, anche per gli adulti, è l’adolescente, cioè, colui che cerca di divertirsi, si ubriaca, passa il tempo solamente per il proprio piacere, il proprio tornaconto, questo è il modello di riferimento; non ci siamo resi conto che, noi vogliamo che i giovani siano adulti, ma in realtà, stiamo costringendo gli adulti a essere adolescenti. Altro tema su cui si spalancherebbero diverse riflessioni.

Ancora due domande; come funzionerà esattamente il Sinodo?

Il Sinodo inizierà Mercoledì 3 Ottobre con una celebrazione eucaristica sul sagrato di San Pietro e poi già nel pomeriggio cominceranno i lavori.Il Sinodo prevede la partecipazione dei padri sinodali, 266, con diritto di voto; in più ci sono gli uditori, 35 giovani e 16 formatori, i quali possono intervenire, anche nei circoli minori, ma non hanno diritto di voto; in più ci sono gli esperiti, 23, che collaboreranno con i segretari speciali e il relatore generale, proprio per l’elaborazione del documento finale. Ci saranno delle congregazioni generali, cioè delle riunioni in assemblea di tutti i Vescovi, in cui ciascuno potrà prendere la parola su una delle tre parti in cui è diviso l’Instrumentum laboris; la prima parte è relativa alla condizione giovanile, la seconda parte al discernimento e alla vocazione e la terza relativa alla prassi, all’azione pastorale della Chiesa. Ogni vescovo potrà fare un intervento su una di queste parti, poi si svolgerà il lavoro nei circoli minori, cioè dei circoli linguistici (francese, inglese, italiano, portoghese, spagnolo e tedesco)in cui verranno fatti degli emendamenti, delle proposte di cambiamento al testo dell’Instrumentum laboris, che sarà il testo base anche per l’elaborazione del documento finale. Quindi possono essere fatte proposte di cambiamento, di eliminazione di parti, di aggiunta di altre parti, di altre frasi e quindi, attraverso quelli che vengono chiamati “i modi”, si procederà all’elaborazione del documento finale che sarà compito del relatore generale insieme ai segretari speciali. Questo sinodo ha 2 segretari speciali e ad una commissione di membri eletti proprio a questo scopo.

Grazie perché sapere come funziona una macchina credo che sia importante. L’ultima domanda a Padre Lello che ha una grande esperienza sia missionaria (abbiamo condiviso momenti belli anche in Albania appena dopo il crollo della dittatura), sia formatrice e che ringrazio per questa disponibilità di tempo, l’ultima domanda: che cosa ti aspetti, che cosa desidereresti di più visto da questo sinodo che stai vivendo ancora di più dal suo interno?

Ma credo che il mio desiderio e la mia speranza sia un po’ quella di tutti ed il Papa l’ha già espresso, l’augurio che questo sinodo possa davvero contribuire al rinnovamento e al ringiovanimento della Chiesa, ringiovanimento nel senso forte del termine, non nel senso adolescenziale che dicevo prima, ma nella possibilità che la Chiesa riscopra quella carica di entusiasmo, quella apertura alla vita, quel desiderio di costruire qualcosa di importante che è propria dei giovani di oggi tempo che, come dicevamo forse, nella nostra società occidentale sta venendo un po’ meno e di rinnovamento nel senso che grazie anche ai giovani, alla loro parola, alla loro creatività e al loro entusiasmo un po’ tutta la vita della Chiesa possa riprendere slancio anche nelle sue strutture e nelle modalità di celebrazione. Ecco ringiovanimento e rinnovamento della Chiesa e tutto questo non limitato esclusivamente ad usum interno, diciamo, ma perché la Chiesa possa essere davvero un fermento di vita per tutta la società. Una delle esperienze forti della riunione pre-sinodale, al di là del documento finale che, secondo me, è molto bello e molto interessante, è stata esattamente la convivenza dei giovani cattolici con giovani non credenti, giovani di altre religioni, perché gli stessi cattolici si sono accorti che il loro modo di essere, il loro linguaggio era troppo da ghetto. Hanno detto che la presenza di altri qui insieme a loro ha costretto a ripensare e a riformulare la nostra fede in una maniera che sia comprensibile per il mondo di oggi; non solo come qualcosa da condividere tra di loro, quasi fosse un codice segreto, quasi fosse una setta. I giovani, hanno detto, hanno fatto un’esperienza di Chiesa così come la vorrebbero, una Chiesa davvero sinodale, una Chiesa che accoglie tutti, pur non negando le differenze che ci sono, che accoglie tutti e che davvero si preoccupa per il bene di tutti.

Bene, avremmo ancora forse altre domande, ma ci fermiamo qui e ringraziamo di cuore Padre Lello Lanzilli della Compagnia di Gesù che ci ha dedicato questo tempo per riflettere e sicuramente i suoi spunti cercheremo di svilupparli e di “sbriciolarli” un po’ di più nelle nostre realtà, per momenti di incontro e di crescita e, chissà, forse, ci rivedremo dopo il Sinodo per sentire se ha risposto anche più di quello che magari ci si aspettasse. Grazie ancora.

Grazie a voi e buona vita a tutti

 

( Hanno collaborato:

Massimiliano Serino, Andrea Pistelli, Margherita Pedron, Bianca Contardi e Bernardo Bonaccorsi – Firenze;

per la parte tecnica Giacomo Camilletti e p. Giannicola M. Simone – Roma)

 

 

Papa Francesco ai Giovani, 19 marzo 2018

Discorso di papa Francesco apertura pre-sinodo (19.03.2018)

Cari giovani, buongiorno!

Saluto tutti i 15340! Speriamo che domani siano di più in questo nostro interloquire per fare uscire quello che ognuno di voi e di noi abbiamo nel cuore. Parlare con coraggio. Senza vergogna, no. Qui la vergogna si lascia dietro la porta. Si parla con coraggio: quello che sento lo dico e se qualcuno si sente offeso, chiedo perdono e vado avanti. Voi sapete parlare così. Ma bisogna ascoltare con umiltà. Se parla quello che non mi piace, devo ascoltarlo di più, perché ognuno ha il diritto di essere ascoltato, come ognuno ha il diritto di parlare.
Grazie per aver accettato l’invito di venire qui. Alcuni di voi hanno dovuto fare un lungo viaggio. Altri, invece di andare a dormire – perché è ora di andare a dormire da loro – sono collegati con voi. Faranno la notte ascoltando. Venite da tante parti del mondo e portate con voi una grande varietà di popoli, culture e anche religioni: non siete tutti cattolici e cristiani, nemmeno tutti credenti, ma siete certamente tutti animati dal desiderio di dare il meglio di voi. E io non ho dubbi su questo. Saluto anche quelli che si collegheranno, e che lo già hanno fatto: grazie del vostro contributo!
Voglio ringraziare in modo speciale la Segreteria del Sinodo, il Cardinale Segretario, l’Arcivescovo Segretario e tutti, tutti quelli che lavorano nella Segreteria del Sinodo. Hanno lavorato fortemente per questo e hanno avuto una capacità di inventare cose e creatività molto grandi. Grazie tante, Cardinale Baldisseri, e a tutti i vostri collaboratori.

Siete invitati perché il vostro apporto è indispensabile. Abbiamo bisogno di voi per preparare il Sinodo che a ottobre riunirà i Vescovi sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. In tanti momenti della storia della Chiesa, così come in numerosi episodi biblici, Dio ha voluto parlare per mezzo dei più giovani: penso, ad esempio, a Samuele, a Davide e a Daniele. A me piace tanto la storia di Samuele, quando sente la voce di Dio. La Bibbia dice: “In quel tempo non c’era l’abitudine di sentire la voce di Dio. Era un popolo disorientato”. È stato un giovane ad aprire quella porta. Nei momenti difficili, il Signore fa andare avanti la storia con i giovani. Dicono la verità, non hanno vergogna. Non dico che sono “svergognati” ma non hanno vergogna e dicono la verità. E Davide da giovane incomincia con quel coraggio. Anche con i suoi peccati. Perché è interessante, tutti questi non sono nati santi, non sono nati giusti, modelli degli altri. Sono tutti uomini e donne peccatori e peccatrici, ma che hanno sentito il desiderio di fare qualcosa di buono, Dio li ha spinti e sono andati avanti. E questo è bellissimo. Noi possiamo pensare: “Queste cose sono per le persone giuste, per i preti e per le suore”. No, è per tutti. E voi giovani di più, perché avete tanta forza per dire le cose, per sentire le cose, per ridere, anche per piangere. Noi adulti tante volte, tante volte, abbiamo dimenticato la capacità di piangere, ci siamo abituati: “Il mondo è così… che si arrangino”. E andiamo avanti. Per questo vi esorto, per favore: siate coraggiosi in questi giorni, dite tutto quello che vi viene; e se sbagli, un altro ti correggerà. Ma avanti, con coraggio!

1. Troppo spesso si parla di giovani senza lasciarci interpellare da loro. Quando qualcuno vuole fare una campagna o qualcosa, ah, lode ai giovani!, non è così?, ma non permette che i giovani li interpellino. Lodare è un modo di accontentare la gente. Ma la gente non è sciocca o stupida. No, non lo è. La gente capisce. Soltanto gli scemi non capiscono. In spagnolo c’è un motto bellissimo che dice: “Loda lo scemo e lo vedrai lavorare”. Dare la pacca sulla spalla e lui sarà contento, perché è scemo, non se ne accorge. Ma voi non siete scemi! Anche le migliori analisi sul mondo giovanile, pur essendo utili – sono utili –, non sostituiscono la necessità dell’incontro faccia a faccia. Parlano della gioventù d’oggi. Cercate per curiosità in quanti articoli, quante conferenze si parla della gioventù di oggi. Vorrei dirvi una cosa: la gioventù non esiste! Esistono i giovani, storie, volti, sguardi, illusioni. Esistono i giovani. Parlare della gioventù è facile. Si fanno delle astrazioni, percentuali… No. La tua faccia, il tuo cuore, cosa dice? Interloquire, sentire i giovani. A volte, evidentemente, voi non siete, i giovani non sono il premio Nobel per la prudenza. No. A volte parlano “con lo schiaffo”. La vita è così, ma bisogna ascoltarli.
Qualcuno pensa che sarebbe più facile tenervi “a distanza di sicurezza”, così da non farsi provocare da voi. Ma non basta scambiarsi qualche messaggino o condividere foto simpatiche. I giovani vanno presi sul serio! Mi sembra che siamo circondati da una cultura che, se da una parte idolatra la giovinezza cercando di non farla passare mai, dall’altra esclude tanti giovani dall’essere protagonisti. È la filosofia del trucco. Le persone crescono e cercano di truccarsi per sembrare più giovani, ma i giovani non li lascia crescere. Questo è molto comune. Perché? Perché non si lascia che vengano interpellati. È importante. Spesso siete emarginati dalla vita pubblica ordinaria e vi trovate a mendicare occupazioni che non vi garantiscono un domani. Non so se questo succede in tutti i vostri Paesi, ma in tanti… Se non sbaglio il tasso di disoccupazione giovanile qui in Italia dai 25 anni in su è verso il 35%. In un altro Paese d’Europa, confinante con l’Italia, 47%. In un altro Paese d’Europa vicino all’Italia, più del 50%. Cosa fa un giovane che non trova lavoro? Si ammala – la depressione –, cade nelle dipendenze, si suicida – fa pensare: le statistiche di suicidio giovanile sono tutte truccate, tutte –, fa il ribelle – ma è un modo di suicidarsi – o prende l’aereo e va in una città che non voglio nominare e si arruola nell’Isis o in uno di questi movimenti guerriglieri. Almeno ha un senso da vivere e avrà uno stipendio mensile. E questo è un peccato sociale! La società è responsabile di questo. Ma io vorrei che foste voi a dire le cause, i perché, e non dire: “Neanch’io so bene il perché”. Come vivete voi questo dramma? Ci aiuterebbe tanto. Troppo spesso siete lasciati soli. Ma la verità è anche il fatto che voi siete costruttori di cultura, con il vostro stile e la vostra originalità. È un allontanamento relativo, perché voi siete capaci di costruire una cultura che forse non si vede, ma va avanti. Questo è uno spazio che noi vogliamo per sentire la vostra cultura, quella che voi state costruendo.
Nella Chiesa – sono convinto – non dev’essere così: chiudere la porta, non sentire. Il Vangelo ce lo chiede: il suo messaggio di prossimità invita a incontrarci e confrontarci, ad accoglierci e amarci sul serio, a camminare insieme e condividere senza paura. E questa Riunione pre-sinodale vuol essere segno di qualcosa di grande: la volontà della Chiesa di mettersi in ascolto di tutti i giovani, nessuno escluso. E questo non per fare politica. Non per un’artificiale “giovano-filia”, no, ma perché abbiamo bisogno di capire meglio quello che Dio e la storia ci stanno chiedendo. Se mancate voi, ci manca parte dell’accesso a Dio.

2. Il prossimo Sinodo si propone in particolare di sviluppare le condizioni perché i giovani siano accompagnati con passione e competenza nel discernimento vocazionale, cioè nel «riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza» (Documento preparatorio, Introduzione). Tutti noi abbiamo questa chiamata. Voi, nella fase iniziale, siete giovani. Questa è la certezza di fondo: Dio ama ciascuno e a ciascuno rivolge personalmente una chiamata. È un dono che, quando lo si scopre, riempie di gioia (cfr Mt 13,44-46). Siatene certi: Dio ha fiducia in voi, vi ama e vi chiama. E da parte sua non verrà meno, perché è fedele e crede davvero in voi. Dio è fedele. Per i credenti dico: “Dio è fedele”. Vi rivolge la domanda che un giorno fece ai primi discepoli: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Anch’io, in questo momento, vi rivolgo la domanda, a ognuno di voi: “Cosa cerchi? Tu, cosa cerchi nella tua vita?”. Dillo, ci farà bene ascoltarlo. Dillo. Di questo abbiamo bisogno: di sentire il vostro cammino nella vita. Cosa cerchi? Vi invita a condividere la ricerca della vita con Lui, a camminare insieme. E noi, desideriamo fare lo stesso, perché non possiamo che condividere con entusiasmo la ricerca della vera gioia di ciascuno; e non possiamo tenere solo per noi Chi ci ha cambiato la vita: Gesù. I vostri coetanei e i vostri amici, anche senza saperlo, aspettano anche loro una chiamata di salvezza.

3. Il prossimo Sinodo sarà anche un appello rivolto alla Chiesa, perché riscopra un rinnovato dinamismo giovanile. Ho potuto leggere alcune e-mail del questionario messo in rete dalla Segreteria del Sinodo e mi ha colpito l’appello lanciato da diversi giovani, che chiedono agli adulti di stare loro vicini e di aiutarli nelle scelte importanti. Una ragazza ha osservato che ai giovani mancano punti di riferimento e che nessuno li sprona ad attivare le risorse che hanno. Poi, accanto agli aspetti positivi del mondo giovanile, ha sottolineato i pericoli, tra cui l’alcool, la droga, una sessualità vissuta in maniera consumistica. Sono dipendenze, no? E ha concluso quasi con un grido: «Aiutate il nostro mondo giovanile che va sempre più a rotoli». Non so se il mondo giovanile vada sempre più a rotoli, non so. Ma sento che il grido di questa ragazza è sincero e richiede attenzione. Sta a voi rispondere a questa ragazza, colloquiare con questa ragazza. È una di voi e bisogna vedere questo “schiaffino” che ci dà, dove ci porta. Anche nella Chiesa dobbiamo imparare nuove modalità di presenza e di vicinanza. È molto importante. Mi viene in mente quando Mosè vuole dire al Popolo di Dio qual è il nocciolo dell’amore di Dio. E dice: “Pensate: quale popolo ha avuto un Dio così vicino?”. L’amore è vicinanza. E loro, i giovani di oggi chiedono alla Chiesa vicinanza. Voi cristiani, voi che credete nella vicinanza di Cristo, voi cattolici, siate vicini, non lontani. E voi sapete bene che ce ne sono tante, tante modalità di allontanarsi, tante. Educate tutti, con guanti bianchi, ma prendere distanza per non sporcarsi le mani. I giovani, oggi, ci chiedono vicinanza: ai cattolici, ai cristiani, ai credenti e ai non credenti. A tutti. E a questo proposito, un giovane ha raccontato con entusiasmo la sua partecipazione ad alcuni incontri con queste parole. Così dice: «La cosa più importante è stata la presenza di religiosi in mezzo a noi giovani come amici che ci ascoltano, ci conoscono e ci consigliano». Uomini e donne consacrati che sono vicini. Ascoltano, conoscono e a chi chiede consiglio, consigliano. Io conosco alcuni di voi che fanno questo.
Mi viene in mente lo splendido Messaggio ai giovani del Concilio Vaticano II. È anche oggi uno stimolo a lottare contro ogni egoismo e a costruire con coraggio un mondo migliore. È un invito a cercare nuovi cammini e a percorrerli con audacia e fiducia, tenendo fisso lo sguardo su Gesù e aprendosi allo Spirito Santo, per ringiovanire il volto stesso della Chiesa. Perché è in Gesù e nello Spirito che la Chiesa trova la forza di rinnovarsi sempre, compiendo una revisione di vita sul suo modo di essere, chiedendo perdono per le sue fragilità e inadeguatezze, non risparmiando le energie per mettersi al servizio di tutti, col solo intento di essere fedele alla missione che il Signore le ha affidato: vivere e annunciare il Vangelo.

4. Cari giovani, il cuore della Chiesa è giovane proprio perché il Vangelo è come una linfa vitale che la rigenera continuamente. Sta a noi essere docili e cooperare a questa fecondità. E tutti voi potete collaborare a questa fecondità: che siate cristiani cattolici, o di altre religioni, o non credenti. Vi chiediamo di collaborare alla fecondità nostra, a dare vita. Lo facciamo anche in questo cammino sinodale, pensando alla realtà dei giovani di tutto il mondo. Abbiamo bisogno di riappropriarci dell’entusiasmo della fede e del gusto della ricerca. Abbiamo bisogno di ritrovare nel Signore la forza di risollevarci dai fallimenti, di andare avanti, di rafforzare la fiducia nel futuro. E abbiamo bisogno di osare sentieri nuovi. Non spaventatevi: osare sentieri nuovi, anche se ciò comporta dei rischi. Un uomo, una donna che non rischia, non matura. Un’istituzione che fa scelte per non rischiare rimane bambina, non cresce. Rischiate, accompagnati dalla prudenza, dal consiglio, ma andate avanti. Senza rischiare, sapete cosa succede a un giovane? Invecchia! Va in pensione a 20 anni! Un giovane invecchia e anche la Chiesa invecchia. Lo dico con dolore. Quante volte io trovo comunità cristiane, anche di giovani, ma vecchie. Sono invecchiate perché avevano paura. Paura di che? Di uscire, di uscire verso le periferie esistenziali della vita, di andare là dove si gioca il futuro. Una cosa è la prudenza, che è una virtù, ma un’altra è la paura. Abbiamo bisogno di voi giovani, pietre vive di una Chiesa dal volto giovane, ma non truccato, come ho detto: non ringiovanito artificialmente, ma ravvivato da dentro. E voi ci provocate a uscire dalla logica del “ma si è sempre fatto così”. E quella logica, per favore, è un veleno. È un veleno dolce, perché ti tranquillizza l’anima e ti lascia come anestetizzato e non ti lascia camminare. Uscire dalla logica del “sempre è stato fatto così”, per restare in modo creativo nel solco dell’autentica Tradizione cristiana, ma creativo. Io, ai cristiani, raccomando di leggere il Libro degli Atti degli Apostoli: la creatività di quegli uomini. Quegli uomini sapevano andare avanti con una creatività che se noi facciamo la traduzione a quello che significa oggi, ci spaventa! Voi create una cultura nuova, ma state attenti: questa cultura non può essere “sradicata”. Un passo avanti, ma guarda le radici! Non tornare alle radici, perché finirai sotterrato: fai un passo avanti, ma sempre con le radici. E le radici – questo, perdonatemi, lo porto nel cuore – sono i vecchi, sono i bravi vecchi. Le radici sono i nonni. Le radici sono quelli che hanno vissuto la vita e che questa cultura dello scarto li scarta, non servono, li manda fuori. I vecchi hanno questo carisma di portare le radici. Parlate con i vecchi. “Ma cosa dirò?”. Prova! Ricordo a Buenos Aires, una volta, parlando con i giovani, ho detto: “Perché non andate in una casa di riposo a suonare la chitarra agli anziani che sono lì?” – “Ma, Padre…” – “Andate, un’oretta soltanto”. [Rimasero] più di due ore! Non volevano uscire, perché i vecchi che erano così [un po’ addormentati], hanno sentito la chitarra e si sono svegliati, svegliati, svegliati e hanno incominciato [a parlare], e i giovani hanno sentito cose che li toccavano dentro. Hanno preso questa saggezza e sono andati avanti. Questo il Profeta Gioele lo dice tanto bene, tanto bene. Al capitolo terzo. Per me questa è la profezia di oggi: “I vecchi sogneranno, e i giovani profetizzeranno”. Noi abbiamo bisogno di giovani profeti, ma state attenti: mai sarete profeti se non prendete i sogni dei vecchi. Di più: se non andate a far sognare un vecchio che sta lì annoiato, perché nessuno lo ascolta. Fate sognare i vecchi e questi sogni vi aiuteranno ad andare avanti. Gioele 3,1. Leggi questo, ti farà bene. Lasciatevi interpellare da loro.

Per sintonizzarci sulla lunghezza d’onda delle giovani generazioni è di grande aiuto un dialogo serrato. Vi invito allora, in questa settimana, a esprimervi con franchezza e in tutta libertà, l’ho detto e lo ripeto. Con “faccia tosta”. Siete i protagonisti ed è importante che parliate apertamente. “Ma ho vergogna, mi sentirà il cardinale…”. Che senta, è abituato. Vi assicuro che il vostro contributo sarà preso sul serio. Già da ora vi dico grazie; e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. E quelli che non possono pregare, perché non sanno pregare, almeno mi pensino bene. Grazie.

I giovani: la Chiesa che manca!

È necessario che le comunità mostrino ai giovani la differenza cristiana. Enzo Bianchi, OssRom 25 04 2018

Cari amici credo che questo articolo di Enzo Bianchi valga leggerlo a giovani e adulti e… preti.

A marzo i giovani hanno vissuto una riunione presinodale nella quale è stato elaborato un documento da offrire alle istituzioni del prossimo sinodo su «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», affinché da esso si sentano ispirate nell’elaborazione dell’Instrumentum laboris, la traccia per il confronto e la discussione comune. Un documento concepito da trecento giovani provenienti da tutto il mondo, collegati online attraverso gruppi di Facebook con altri quindicimila coetanei, non può essere pienamente rappresentativo di una realtà così plurale e complessa qual è la gioventù di molte e diversissime aree culturali nelle quali è presente la Chiesa cattolica. Resta tuttavia significativo che in questo testo si possano scorgere alcune convergenze, soprattutto sulle sfide e sulle opportunità dei giovani nel mondo di oggi. Va anche riconosciuta un’innegabile evidenza: le numerose indagini sociologiche e le diverse letture da parte di attenti osservatori del mondo giovanile non contraddicono ciò che i giovani hanno espresso in prima persona in questo confronto.

Questo documento ha il pregio di aiutare a percepire i giovani come parte della Chiesa e noncome semplici interlocutori di un’istituzione a loro esterna. I giovani si sentono Chiesa, anche quando hanno consapevolezza di essere “la Chiesa che manca”, secondo la felice espressione di don Armando Matteo, e hanno la capacità di prendere la parola per richiedere al corpo di cui fanno parte un cambiamento di rotta e di stile. È significativo che si esprimano giudicando «la Chiesa come troppo severa e spesso associata a un eccessivo moralismo» e chiedendo che essa sia «accogliente e misericordiosa, […] capace di amare tutti, anche quelli che non la seguono» (1.1). Dunque i giovani fanno richieste non scontate né rivoluzionarie, ma pacate e determinate. Ciò che tuttavia dal documento emerge come urgente per i giovani di oggi è la ricerca del senso dell’esistenza. Ricerca che si è fatta faticosa e difficile e che avviene ormai lontano dai percorsi indicati dalle religioni e soprattutto lontano da un itinerario di fede, perché proprio la fede non è stata loro trasmessa dalla generazione precedente, quella dei loro genitori. I millennials, nati negli ultimi due decenni del secolo scorso, possono anche essere definiti la “prima generazione incredula”, ma si faccia attenzione e si legga con discernimento quanto avvenuto nella generazione precedente, resasi estranea alla Chiesa soprattutto attraverso un’inedita incoerenza: si diceva cattolica ma non frequentava più abitualmente la liturgia domenicale e non sentiva l’appartenenza al cattolicesimo se non a livello culturale, in quanto erede di una cultura tradizionalmente cattolica.

Negli ultimi decenni del secolo scorso la Chiesa cattolica, in particolare quella italiana, è parsa aver smarrito lo slancio dell’aggiornamento conciliare e non si è più impegnata nella formazione e nella cura del fedele, affinché la sua fede fosse pensata, adulta e dunque emergesse la figura del cristiano maturo, corresponsabile nella comunità cristiana. Ha preferito spendere tutte le sue energie in una logica di presenza nella società, fino a cercare di occupare spazi abitati dalla “religione civile”. Così è avvenuta una rottura della trasmissione generazionale della fede ed è emersa una figura di cattolico astenico e poco convinto che, come tale, non poteva comunicare ai figli né le esigenze evangeliche della sequela né una concreta appartenenza alla comunità cristiana.

Va anche detto che questa generazione adulta di fine millennio è stata incapace di comunicare una grammatica umana ai figli, che oggi si trovano poco abilitati al vivere quotidiano, ad assumere una responsabilità, a trovare senso. È soprattutto questa “ricerca di senso” a essere oggi in affanno, come testimoniano le indagini sociologiche e come sperimentano quanti sono in ascolto dei giovani (come i monasteri o le comunità che li accolgono abitualmente). «Chi sono veramente io? Chi voglio essere? Come diventare me stesso? Che cosa posso sperare? Che senso dare alla mia vita? Mi ritrovo davanti a un muro: come abbatterlo? O devo forse scalarlo?». Queste le domande dei giovani, a volte vissute in modo tragico, nella sensazione che non vi siano risposte se non il nulla.

Occorre ascoltare i giovani, ascoltarli nelle loro speranze e nelle loro ansie con molta pazienza, cercando soltanto di essere vicini a loro, compagni di strada, niente di più, senza avere la pretesa di suggerire o di proporre alcunché. Proprio perché queste sono le domande drammatiche che li abitano, oggi il riferimento a Dio sembra di nessun interesse, anche se questa aporia non desta alcuna confessione o militanza ateistica. Semplicemente, Dio non è più interessante e i giovani sono convinti che si possa vivere una vita felice senza di lui. E non si dica che, di conseguenza, i giovani abbandonano la Chiesa. Questa è estranea di per sé, come un mondo che non riesce più a dire nulla né attraverso la sua liturgia né attraverso le sue prediche. Dio è una parola rifiutata ed espulsa perché è risuonata troppo, perché le sue immagini sono state percepite come false e nemiche dell’uomo, mentre la Chiesa è estranea perché — come più volte mi hanno detto i giovani — «vive in un altro mondo». Resta però significativo che quei giovani che hanno ricevuto una qualche conoscenza di Gesù Cristo e della sua radicale umanità non sono indifferenti alla sua figura esemplare e al suo messaggio, anche se non giungono a una confessione di fede in lui.

Proprio per queste considerazioni, diventa urgente e decisivo un cambiamento nel vivere la fede cristiana: un cambiamento che riguarda innanzitutto la generazione adulta dei padri e delle madri, la generazione dei quarantenni-cinquantenni che deve essere raggiunta dal Vangelo, da quel Vangelo che non è stato loro indirizzato nel tempo della formazione cristiana. Occorre riaccendere un cristianesimo di testimonianza, in cui comportamento e stile siano veramente coerenti con il Vangelo professato. La trasmissione della fede deve cominciare nello spazio della famiglia, anche della famiglia ferita: solo se c’è convinzione salda, mite e intelligente, allora la fede si fa eloquente, parla ad altri e si fa comprendere come un tesoro per la vita. Se invece le istituzioni della Chiesa continuano a ignorare i fedeli, a lasciarli in una condizione di destinatari passivi del culto e della predicazione, se non riescono a farli partecipare con responsabilità alla vita della comunità, continuerà una fuga senza contestazioni e nel recinto dell’ovile resterà un numero sparuto di pecore.

Lasciamo perdere la retorica sui giovani e, mi permetto di dire, anche sulle donne. È controproducente caricare queste realtà di aggettivi pieni di complimenti e di immagini poetiche ma vuoti di sostanza: occorre invece un mutamento, affinché queste parti della Chiesa che stanno per mancare, o addirittura già mancano, trovino uno spazio di appartenenza e di vera fraternità e sororità vissuta in una comunità che sappia mostrare “la differenza cristiana”, in mezzo agli uomini e alle donne presenti nella storia e nella società, non contro di loro. I giovani oggi sono sempre più lontani dalla fede cristiana, ma abitano non una terra atea bensì una terra di mezzo in cui regna l’indifferenza per Dio e per la Chiesa. Questo è però un terreno aperto alla ricerca, alla vita interiore, alla spiritualità, un terreno assetato di grammatica umana.

Attraverso le loro domande, sovente mute, i giovani chiedono che sia indicato loro il senso, la chiamata/vocazione alla vita. Sì, la vocazione che vorrebbero ascoltare e discernere è la vocazione alla vita, al vivere che è la chiamata unica e irripetibile per ogni persona da parte di Dio, anche nella fede cristiana. Come tutti gli umani, anche i giovani sono chiamati a vivere in pienezza, a fare della propria vita, per quanto è possibile, un’opera d’arte consapevole: chiamati dunque alla felicità, perché la vita buona e bella sa anche dare la felicità. Nessuna visione banalmente ottimistica sul “duro mestiere di vivere”, ma se questo invito alla vita è rivolto a un giovane da chi ha fiducia e comunica fiducia, se è fatto nella piena gratuità, non per farlo entrare nella Chiesa, non per farne un discepolo, ma perché si vuole che diventi un soggetto capace di pienezza di vita, allora l’appello è veramente credibile. Solo degli anziani, degli adulti capaci di fiducia e dunque di fede sanno anche mostrare la gratuità della loro cura dei giovani e sono capaci di fare strada insieme a loro, verso la vita.

Accogliendo i giovani, nel monito presinodale Papa Francesco ha usato parole commoventi per loro, invitandoli al rischio, all’entusiasmo della fede e al gusto della ricerca. Ha chiesto loro di non temere, di non spaventarsi mai sui nuovi sentieri da percorrere. Nella domenica delle Palme ha chiesto loro di gridare perché, se non grideranno i giovani, grideranno le pietre, come aveva detto Gesù dopo il suo ingresso a Gerusalemme (cfr. Luca, 19, 40). Dunque i giovani non siano mai letti né fuori dalla Chiesa né come semplici destinatari delle parole della Chiesa, né senza i padri e le madri, senza gli anziani, perché solo tutti insieme, come un solo corpo, si cammina con fiducia e solo in comunione ci si salva.

Giovani parlate con coraggio!

Parlate con coraggio cari giovani.
Con queste parole di papa Francesco è cominciato il pre-sinodo 2018, i Giovani, la fede e il discernimento vocazionale: un momento di ascolto e confronto con ben 15340 giovani di tutto il mondo cattolico, di altre religioni e non credenti presenti a Roma o in collegamento streaming.
«Cari giovani, vi abbiamo invitato per aiutare la Chiesa a riflettere con voi sul nostro lavorare con voi. Vi chiedo di parlare con coraggio, senza vergogna, ma anche di ascoltare con umiltà specialmente quando ci sono idee divergenti». Così ha cominciato papa Francesco il suo saluto, ha poi ricordato come già nella bibbia e nella storia della Chiesa Dio ha voluto parlare attraverso i giovani perché questo non dovrebbe accadere anche oggi? Parlare dei giovani e per i giovani non riguarda solo la gerarchia. «No, è per tutti. E voi giovani di più, perché avete tanta forza per dire le cose, per ridere, anche per piangere. Noi adulti tante volte abbiamo dimenticato la capacità di piangere, ci siamo abituati alle cose. Per questo vi esorto, per favore: siate coraggiosi in questi giorni».
I giovani non sono scemi! Parlare della gioventù è facile, ma non basta lodarli e/o criticarli, è importante incontrarli, ascoltarli. La gioventù infatti non esiste, esistono i giovani, le storie, gli sguardi, le illusioni. Esistono i giovani.
Io vorrei che questo Sinodo sia l’occasione per prendervi sul serio! «Troppo spesso siete lasciati soli. Ma la verità è anche il fatto che voi siete costruttori di cultura, con il vostro stile e la vostra originalità. Eppure voi siete capaci di costruire una cultura che forse non si vede, ma va avanti. Questo è uno spazio che noi vogliamo per sentire la vostra cultura, quella che voi state costruendo».
La Chiesa non vuole incontrare i giovani per un giovanilismo di ritorno, ma perché ha bisogno di capire meglio quello che Dio e la storia ci sta chiedendo. «Se manca l’incontro con voi, manca – questo mi sembra assai importante – una parte dell’accesso a Dio, della comprensione della volontà di Dio!».
Dio ha fiducia nei giovani, li ama e li chiama e non li abbandona. Dio sa aiutarli a cercare la risposta alla domanda fondamentale: “Che cercate?”.
Ma questo Sinodo potrà essere anche l’occasione per un rinnovato dinamismo della Chiesa, una Chiesa che necessita di una rinnovata vicinanza a voi giovani perché è questo che ci chiedete insistentemente per voi, per i vostri coetanei lontani, credenti e non credenti.
A questo punto papa Francesco evidenzia come il cuore della Chiesa è giovane perché il Vangelo è simile a una linfa vitale che la rigenera continuamente, ma deve essere docile e cooperare a questa fecondità. Per questo a tutti voi, credenti cristiani o di altre religioni, o non credenti, la Chiesa chiede di collaborare a questa fecondità.
Cooperare significa anche saper osare sentieri nuovi seppure ciò comporta dei rischi. Bisogna rischiare, se si vuole crescere, accompagnati dalla prudenza, dal consiglio. Senza il rischio un giovane diventa vecchio subito e anche la Chiesa.
I giovani sono portatori di una cultura nuova e devono rischiare per costruire questa cultura, ma attenzione a non perdere le radici, non a tornare alle radici perché così si rischia di rimanere sotterrati, ma a tornare alle radici. «E le radici – questo, perdonatemi, lo porto nel cuore – sono i vecchi, sono i bravi vecchi. Le radici sono i nonni. Le radici sono quelli che hanno vissuto la vita e che questa cultura dello scarto li scarta, non servono, li manda fuori». Qui papa Francesco cita il profeta Gioele (3,1): “I vecchi sogneranno, e i giovani profetizzeranno”. La Chiesa ha bisogno giovani profeti, ma si diventa profeti quando non si abbandonano i sogni dei vecchi. È importante far sognare i vecchi, perché solo questi sogni permetteranno di andare avanti.
Se forse pensiamo che i vecchi abbiamo esaurito i sogni, papa Francesco ci chiede di svegliare i loro sogni.
Voi GIovaniBarnabiti avrete il coraggio di svegliare i sogni per rinnovare il nostro essere famiglia zaccariana in tutte le sue possibilità? Cosa ci consigliate? Aspetto le vostre risposte.

pJgiannic