UN TEMPO FINISCE

Un tempo finisce, un altro comincia.
L’inizio di un anno, per forza di cose, fa pensare al futuro, specialmente se pensare al passato è difficile o doloroso come lo è in questo tempo.
Mi diceva una mia amica Martina l’altra sera: ma la gente oggi ragiona ancora o non ragiona più? Difficile a dirsi.
Poiché sono ottimista credo che la gente comunque continui a ragionare, forse non sempre delle cose più importanti, ma continua a ragionare; a pensare. Prima o poi dovrà ragionare anche su ciò che è più importante dell’ultimo gol o dell’ultimo oggetto hi-tech.
Dovremmo ragionare sulle centinaia di migliaia di persone che sono morte in poco tempo, portando via uno o più anelli generazionali, non soltanto in Italia. Certo non ha decimato via le generazioni più giovani, come nella tratta degli schiavi, ma ha portato via la memoria.
Non possiamo dimenticare chi non c’è più, non è umano, anche se talvolta ci preoccupiamo di più di cani e gatti.
Ci dimentichiamo invece che tante cose di cui non ci si poteva dimenticare o fare a meno, non abbiamo più potuto farle o viverle, forse perché non erano così importanti o indispensabili.
Dimenticare significa dimenticare che la nostra vita è fatta di relazioni con gli altri e non di contatti con cose e beni materiali.
Forse l’anno che si apre ci darà il tempo necessario per riprendere a tessere relazioni vere con le persone e con le cose.
Forse ci darà il tempo per riprendere a guardare con rinnovata attenzione e cura quanti saranno intorno a noi, più di quanto guardiamo cose o animali.
L’anno che si apre avrà tutto il tempo che vogliamo per reimparare l’ABC della relazione umana, ma anche per reimparare a curare il dolore e la sofferenza che molti portano con sé.
Non voglio scrivere tutto ciò che l’anno trascorso mi ha tolto o donato, mi basta scrivere quanto vorrei ancora di più ricevere anche quando dovrò sperimentare altri vuoti.
Ho il dono della fede.
Non è il dono dell’ingenuità, ma della responsabilità di continuare a sperare perché vivo della vita di Uno che è vivo e vivifica, anche tra i dirupi del dolore.
Di questa speranza vivente voglio continuare a godere e donare in ogni giorno che il nuovo anno mi darà.
Sperare è un dovere, non un lusso.
Sperare non è sognare, al contrario,
è il mezzo per trasformare un sogno in realtà.
Felici coloro che osano sognare
e che sono disposti a pagare il prezzo più alto,
perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini.

chi potrà salvarsi?

Chi potrà salvarsi? Chiede un tizio a Gesù che passava per la sua città (cfr. Lc 13,22-30)
Forse a quei tempi tale domanda aveva un senso, tutti erano religiosi, oggi non più.
Alessandro 22 anni, non si interessa a questa domanda, cerca di vivere bene la propria vita, con onestà, giustizia, verità, il dopo non lo interpella.
Il tema della salvezza come l’intende Gesù non interessa quasi più nessuno, forse i politici del nostro Parlamento, ma le chiese sono mezze vuote e la gente si pone altre domande.
Forse nemmeno ai tempi di Gesù la domanda era così scontata, pensate ai due ladroni: uno chiede di essere ospitato in Paradiso, l’altro non si pone il problema, ormai è lì, sulla croce.
Recentemente uno psichiatra scriveva che Dio è una immaginazione che solo l’uomo poteva concepire e l’uomo una immaginazione di Dio.
Ma perché immaginarsi un Dio che da una parte ti opprime con 742 precetti da osservare, per essere salvato, e dall’altra parte per salvarci si fa crocefiggere e ci chiede di passare attraverso la medesima porta?
Ha ragione Alessandro, meglio vivere il presente in verità e crescere nella vita.
Forse Alessandro non ha ancora provato una sofferenza grande, quindi perché porsi questa domanda?
Attenzione, è pericoloso fondare il bisogno di salvezza sul dolore, può accadere, ma è pericoloso.
Non è il dolore della Croce che permette di riconoscere il desiderio di salvezza, ma il riconoscere la Croce come la porta per entrare in un tempo più grande, infinito per la mia storia.
Certo la Croce è una porta stretta, perché è una porta dell’Amore e l’Amore quando è tale chiede la fatica di passare da sentieri più stretti.
Croce, infinito, amore.
Per noi cristiani la Croce è il segno massimo dell’amore di Dio, un amore infinito.
Si può dire che l’Amore di Dio è infinito? Quando noi vogliamo bene veramente a qualcuno gli diciamo che il nostro amore è per sempre: per sempre.
L’Amore di Dio è per sempre, forse l’uomo di oggi è spaventato da questo “per sempre”, ha paura dell’eternità, preferisce il giorno dopo giorno, il mordi e fuggi.
“per sempre” è la porta stretta per la quale siamo chiamati a passare.
Da questa porta stretta sembrano passare di più i lontani, gli stranieri, coloro che forse non hanno mangiato alla tavola con Gesù (come dice il Vangelo), ma mangiando con gli ultimi, con i dimenticati, con le “buone maniere” (si può ancora dire “le buone maniere” in questo spettacolo del turpiloquio quotidiano?) hanno cercato di onorare la vita.
Non basta mangiare alla tavola con Gesù per ottenere la salvezza, bisogna desiderare di attraversare la porta stretta della Croce insieme a Gesù.
Non ho la pretesa di convincere Alessandro o chi per lui alla salvezza, la salvezza è un dono di Dio, ma di chiedere di continuare a vivere con onestà, rettitudine e verità la sua vita sì!
Mi passerà davanti all’ingresso della porta del regno dei cieli insieme a peccatori e prostitute? Sarò contento di vederlo davanti e poter entrare con lui.
Prima o dopo non importa, nel regno dei cieli il tempo sarà un eterno presente dove si incontreranno, permettete la metafora, non gli amanti del fast food, ma gli amanti del slow food, di coloro che hanno trovato il tempo di guardare anche solo negli occhi un fratello, qualunque esso sia, e offrirgli anche solo un sorriso.
pJgiannic

Jovem do nosso mundo

Diversas vezes nos vemos inseridos em situações de correria e agitação causadas pelo nosso trabalho, estudo e pelas tarefas que, religiosamente, temos que cumprir todos os dias. Levantamos e saímos cedo de nossas casas para chegar ao trabalho ou a faculdade. Comemos mal ou ficamos sem comer. Em nosso celular não param de surgir mensagens. A hora passa voando e o dia parece não durar o suficiente para fazermos tudo aquilo que desejamos.

Toda essa velocidade norteia a nossa jornada de jovem. Há muito movimento lá fora, o tempo não permite que paremos e é essa a marca da nossa sociedade contemporânea. Full Time. A informação é instantânea, surge num piscar de olhos, num deslizar de dedos sobre a tela do celular. Não percebemos o dia, as horas e o ano passando.

Esquecemos até de rezar e agradecer a Deus por mais um dia de vida. Agradecer por todas as graças e bençãos que recebemos d’Ele.

É nessas horas que devemos voltar o coração para o Senhor e silenciar por alguns minutos. Parar. Refletir, orar e nos recordar do Seu sacrifício na Cruz, por exemplo. Nos recordar de nossos irmãos que sofrem em algum outro lugar do planeta. Pedir perdão pelas nossas falhas. Pedir forças para continuar e sabedoria para, assim fazê-lo bem.

Essa relação paradoxal que nós jovens vivemos é por diversas vezes inquietante. Ao mesmo tempo que corremos para cumprir obrigações cotidianas convencionadas pela nossa sociedade, não temos o mesmo afinco para nos dedicar a Deus e até mesmo ao próximo. Muitas vezes não sabemos como dar o primeiro passo. Exercer o nosso espírito missionário é uma dificuldade muito grande para nós. Evangelizar o próximo tornou-se tarefa quase impossível. É preciso que vençamos a nossa preguiça, vençamos a tibieza e corramos como loucos como o nosso fundador brilhantemente nos apresenta em um de seus escritos: “Coragem, irmãos! Se até agora houve alguma falta de firmeza em nós, vamos jogá-la fora junto com a negligência e corramos como loucos não só para Deus, mas também para o próximo, pois é o próximo que recebe tudo aquilo que não podemos dar a Deus, porque Ele não precisa de nossos bens.” (10216).

Que a alegria de ser jovem não seja sufocada por todas as mazelas do nosso mundo contemporâneo. Que o sentimento de mudança tome conta do nosso espírito para que por Cristo, com Cristo e em Cristo, façamos de tudo para revelar a Sua Sagrada face para aquele nosso irmão que tem fome e sede de justiça. Tem fome e sede da única fonte de vida eterna que o mundo conheceu.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana

 

Giovani del nostro mondo

Diverse volte ci vediamo immersi in situazioni di corsa e di agitazione causati dal nostro lavoro, dallo studio e da altre attività che “religiosamente”, dobbiamo compiere tutti i giorni.

Ci alziamo e partiamo presto dalle nostre case per recarci al lavoro o all’università. Mangiamo male o rimaniamo senza mangiare. Nel nostro cellulare arrivano in continuazione messaggi. Il tempo vola e il giorno sembra non durare abbastanza a lungo per fare tutto quello che vogliamo. Tutta questa velocità guida il nostro cammino di gioventù.

C’è molto movimento fuori, il tempo non ci permette di fermarci ed è questo il segno distintivo della nostra società contemporanea. Full Time.

L’informazione è immediata, arriva in un lampo, in uno scivolo di dita sullo schermo del cellulare. Non ci rendiamo conto il giorno, l’ora e l’anno che passa. Dimentichiamo perfino di pregare e ringraziare Dio per un altro giorno di vita. Ringraziare per tutte le grazie e le benedizioni che riceviamo da Lui.

È in questi momenti che dobbiamo volgere i nostri cuori al Signore e rimanere in silenzio per qualche istante. Fermarsi. Riflettere, pregare e ricordarci del Suo sacrificio sulla Croce, per esempio. Ricordarci dei nostri fratelli che soffrono in qualche altro luogo del pianeta. Chiedere perdono per le nostre mancanze. Chiedere la forza di continuare e la saggezza, di continuare bene.

Questo rapporto paradossale che noi giovani viviamo è spesso inquietante. Mentre corriamo per compiere impegni quotidiani concordati dalla nostra società, non abbiamo lo stesso tempo da dedicare a Dio e anche al prossimo. Spesso non sappiamo dove fare il primo passo.

Esercitare il nostro spirito missionario è una grande difficoltà per noi. Evangelizzare il prossimo è diventato un compito quasi impossibile.

È necessario che noi superiamo la nostra pigrizia, vinciamo la tiepidezza e corriamo come matti, come il nostro Fondatore brillantemente ci presenta in uno dei suoi scritti: «Sù, sù, Fratelli! Se finora in noi è stata alcuna irrisoluzione gettiamola via, insieme con la negligenza: e corriamo come matti non solo a Dio, ma anche verso il prossimo, il quale è il mezzo che riceve quello che non possiamo dare a Dio, non avendo Egli bisogno dei nostri beni» (10216).

Che la gioia di essere giovani non sia soffocata da tutti i problemi del nostro mondo contemporaneo. Che il sentimento di cambiamento si prenda cura del nostro spirito perché per Cristo, con Cristo e in Cristo, facciamo di tutto per rivelare il Suo sacro volto verso quel nostro fratello che ha fame e sete di giustizia. Ha fame e sete dell’unica fonte di vita eterna che il mondo ha conosciuto.

Lucas Borges, Rio de Janeiro – Copocabana